• C. 1882 EPUB Proposta di legge presentata il 6 dicembre 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.1882 Disposizioni per la corresponsione di borse di studio ai medici specializzandi ammessi alle scuole di specializzazione negli anni dal 1983 al 1991


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1882


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato DISTASO
Disposizioni per la corresponsione di borse di studio ai medici specializzandi ammessi alle scuole di specializzazione negli anni dal 1983 al 1991
Presentata il 6 dicembre 2013


      

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Onorevoli Colleghi! In materia di formazione dei medici specialisti e di corsi per il conseguimento dei relativi diplomi, le direttive 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, e 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, e poi la direttiva 93/16/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, che, assorbendole, ne aveva però riprodotto in parte le disposizioni, avevano prescritto che le attività di formazione – sia a tempo pieno, sia a tempo ridotto – devono costituire oggetto di «adeguata remunerazione»; l'articolo 16 della richiamata direttiva 82/76/CEE, in ossequio agli articoli 5 e 189, terzo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea (Trattato CEE), indicava agli Stati membri – quale termine ultimo per l'adeguamento della normativa nazionale ai princìpi in essa statuiti – la data del 31 dicembre 1982.
      Di contro, il legislatore italiano fino al 1991 ha disatteso tale perentoria disposizione: i medici specializzatisi in varie discipline e iscritti ai corsi tra gli anni 1982 e 1991 hanno continuato a non percepire nessuna remunerazione durante l'espletamento delle attività di formazione e in dipendenza delle stesse e delle correlate prestazioni mediche; tanto che la Corte di giustizia delle Comunità europee, con la sentenza del 7 luglio 1987 (causa C-49/86, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana), dichiarava che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato CEE.
      Soltanto con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, il legislatore nazionale, riordinando l'accesso alle scuole di specializzazione e le relative modalità di formazione, stabiliva in favore degli specializzandi una borsa di studio annuale di lire 21.500.000, prevedendo però – al comma 2 dell'articolo 8 – un'applicazione limitata delle disposizioni e cioè unicamente in favore dei medici ammessi alle scuole di specializzazione a decorrere dall'anno accademico 1991/92. Proprio in ragione della ritardata e, comunque, parziale attuazione delle direttive europee richiamate, i provvedimenti adottati dall'amministrazione sono stati dichiarati illegittimi (conseguendone l'annullamento) per contrasto con le direttive, sia dai tribunali amministrativi regionali che dal Consiglio di Stato, a definizione del contenzioso instaurato da alcuni medici esclusi.
      Con la successiva legge 19 ottobre 1999, n. 370, veniva attribuita una borsa di studio annua onnicomprensiva di 13 milioni di lire ai soli medici destinatari delle sentenze amministrative passate in giudicato e ciò forfettariamente per tutta la durata del corso (articolo 11); anche in tal caso si è trattato di un provvedimento legislativo non perfettamente in linea con i princìpi enunciati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee che, con la sentenza del 25 febbraio 1999 (causa C-131/97), ha statuito che l'obbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione dei medici specialisti deve considerarsi incondizionato e sufficientemente preciso, sicché il giudice nazionale è tenuto nell'applicazione delle disposizioni nazionali precedenti o successive alla direttiva a interpretarle, quanto più possibile, alla luce della lettera e dello spirito della sentenza; in buona sostanza, la Corte individuava un'applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della direttiva proprio al fine di porre rimedio alle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla sua tardiva attuazione (sempre che questa fosse stata regolarmente recepita).
      Nella successiva sentenza del 3 ottobre 2000 (causa C-371/97), il supremo organo di giustizia europeo ha precisato che l'obbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione deve ritenersi incondizionato e sufficientemente preciso tanto per la formazione a tempo pieno, quanto per la formazione a tempo parziale.
      A completamento del quadro normativo sommariamente ricostruito, il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, attuativo della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli, ha previsto tra l'altro l'inquadramento dell'attività svolta dal medico durante il periodo di formazione specialistica in uno specifico contratto di formazione lavoro, con la corresponsione di un trattamento economico annuo, onnicomprensivo, determinato con decreto ministeriale, ogni tre anni (articolo 37), pur escludendo ancora una volta un'applicazione retroattiva.
      Sulla base di quanto ha costituito oggetto delle direttive europee (anche di quelle meramente interpretative di precedenti) e delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, appare indiscusso il riconoscimento ai medici specialisti di un vero e proprio diritto alla remunerazione; d'altra parte, il principio si rinviene anche nel nostro diritto interno e precisamente nell'articolo 36 della Costituzione, per il quale «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa».
      Sta di fatto che né lo Stato italiano, né le singole amministrazioni (centrali o periferiche) si sono ancora attivate per dare attuazione alle indicazioni della Corte di giustizia delle Comunità europee o alle direttive europee richiamate nei confronti dei medici specialisti (iscritti ai corsi di specializzazione tra gli anni 1982 e 1991), come pure non si è provveduto a dare esecuzione in maniera puntuale e completa alle sentenze degli organi di giustizia amministrativa che avevano annullato i provvedimenti di carattere generale in quanto contrastanti con le disposizioni richiamate, estendendone l'efficacia erga omnes e non solo nei confronti dei ricorrenti dei provvedimenti resi. Si è dunque assistito; da un lato, alla violazione e alla conseguente lesione di un diritto pienamente riconosciuto sia dalla normativa comunitaria (come interpretata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee) sia dalla normativa interna e, dall'altro, all'evidente violazione dei legittimi interessi degli istanti a che l'amministrazione convenuta provvedesse tempestivamente e correttamente a dare esecuzione ai provvedimenti resi dagli organi interni, oltre che alle vincolanti indicazioni contenute nelle norme comunitaria europee.
      In capo allo Stato italiano, quindi, persiste l'obbligo morale e giuridico di attuare pienamente le direttive europee e di adeguarsi alle decisioni del supremo organo di giustizia europea, senza, peraltro, poter opporre l'intervento di presunte decadenze o prescrizioni di tali diritti che, per giurisprudenza consolidata sia europea che interna, sono sempre esercitabili fino a che lo Stato membro non attui correttamente e completamente tali direttive; a ciò si aggiunga che i diritti de quibus sono sorti e sono stati pienamente riconosciuti a partire dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del febbraio 1999 e dell'ottobre 2000.
      Ancora sul piano della giurisprudenza di merito, si registrano la sentenza resa dal tribunale di Roma, II sezione civile, del 28 giugno 2006, con cui la Presidenza del Consiglio dei ministri, previo riconoscimento, operato dal giudicante, alle direttive europee in materia, del carattere di direttive «self-excuting» (per cui, pur non essendo state integralmente recepite dal nostra Stato, hanno comunque il potere di esplicare effetti, non richiedendo per la loro attuazione ulteriori previsioni e disposizioni da parte dello Stato membro), è stata condannata a corrispondere a ciascuno degli attori la somma di 33.311,46 euro, oltre agli interessi legali; e la sentenza del tribunale di Messina, II sezione civile, del 21 novembre 2006, con la quale il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, il Ministero della sanità, il Ministero del tesoro e l'università degli studi di Messina sono stati solidalmente condannati al pagamento della somma di 6.713,94 euro per ciascun anno della durata legale del corso di specializzazione oltre agli interessi legali; da ultimo, la stessa autorità giudiziaria ha emesso sentenza in favore di altri settecentocinquanta medici specializzati tra gli anni 1983-1991, per un valore complessivo di circa 34 milioni di euro (sentenza del 1 dicembre 2006).
      La presente proposta di legge è volta, quindi, a risolvere definitivamente la situazione, mediante l'adeguamento completo alle indicazioni provenienti dalle direttive e dalle sentenze europee e interne, contestualmente evitando che dall'imponente contenzioso promosso dai medici interessati, nonché da quello che sarà promosso alla luce dei richiamati precedenti giurisprudenziali positivi, possano derivare a carico dello Stato oneri finanziari eccessivi. La proposta di legge rappresenta una risposta concreta a un problema che interessa migliaia di medici che hanno prestato il loro servizio durante il periodo di formazione e che con tale attività hanno contribuito sensibilmente e in maniera positiva allo svolgimento dell'attività sanitaria delle strutture presso cui hanno svolto l'attività di specializzazione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Riconoscimento economico retroattivo del periodo di formazione).

      1. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca corrisponde, per tutta la durata del corso di specializzazione, a titolo forfettario, una remunerazione annua onnicomprensiva di importo pari a 11.000 euro ai medici ammessi alle scuole di specializzazione in medicina istituite presso le università dall'anno accademico 1982/1983 all'anno accademico 1990/1991.
      2. Nel caso in cui i soggetti di cui al comma 1 abbiano beneficiato di sentenze passate in giudicato, con le quali è stato riconosciuto il diritto a remunerazione per la partecipazione al corso di specializzazione, è loro corrisposta una somma pari a quella stabilita dalle sentenze medesime.
      3. Nel caso in cui i soggetti di cui al comma 1 risultino destinatari di sentenze sfavorevoli passate in giudicato, la remunerazione è pari al 50 per cento della somma di cui al medesimo comma 1.
      4. Il diritto alla corresponsione della remunerazione di cui al comma 1 è subordinato all'accertamento, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del possesso dei seguenti requisiti:

          a) aver frequentato un corso di specializzazione in base alla normativa prevista dal decreto dei Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, per l'intera durata legale del corso di formazione;

          b) avere conseguito il diploma di specializzazione.

      5. Se, durante il corso di specializzazione, i soggetti di cui al comma 1 erano dipendenti, a tempo pieno o parziale, di

strutture sanitarie pubbliche o private, la remunerazione di cui al medesimo comma 1 è ridotta del 50 per cento.
Art. 2.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 100 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.