• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/07970 DI BIAGIO - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che: risultano...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-07970 presentata da ALDO DI BIAGIO
mercoledì 2 agosto 2017, seduta n.871

DI BIAGIO - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che:

risultano all'interrogante crescenti criticità in relazione alla disciplina del Consorzio per la gestione dei rifiuti di beni in polietilene (Polieco), di cui all'art. 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche a causa dell'incertezza del perimetro di operatività del Consorzio;

è opportuno ricordare che nell'ambito delle previsioni generali del codice dell'ambiente, nel 2006 si è ritenuto opportuno introdurre una speciale normativa per alcuni flussi di rifiuti, allo scopo di tutelare l'ambiente e il mercato attraverso strumenti consortili che potessero, da un lato, assicurare la raccolta e il riciclo di beni ad elevato rischio di abbandono, dall'altro, coordinare i rapporti nel settore per assicurare un regime concorrenziale e sovrintendere al recupero di materie con un valore significativo per molte attività imprenditoriali. In particolare tali disposizioni hanno interessato i rifiuti di beni in polietilene e i rifiuti di imballaggi;

per quanto riguarda le disposizioni in materia di polietilene, la normativa ha subito numerose modifiche nel corso degli ultimi anni, che stanno determinando un clima di incertezza in capo agli operatori, produttori e distributori, potenzialmente coinvolti;

nella sua formulazione originaria, il citato articolo 234 prevedeva, al comma 2, che il Ministero dell'ambiente individuasse, con apposito decreto e in maniera puntuale, le tipologie di beni in polietilene ricadenti sotto la gestione consortile, anche al fine di garantire certezza operativa alle imprese;

la lacuna normativa derivante dalla mancata emanazione del decreto è stata colmata in prima istanza solo nel 2014, con la legge di conversione del decreto competitività (decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014), che aveva stabilito con chiarezza l'ambito di operatività di Polieco, ossia i rifiuti di beni "composti interamente da polietilene", da individuare con apposito decreto ministeriale. In via transitoria, poi, in attesa del citato decreto ministeriale, la legge di conversione del decreto competitività aveva individuato una prima elencazione di beni di competenza di Polieco: i teli e reti ad uso agricolo quali i film per copertura di serre e tunnel, film per la copertura di vigneti e frutteti, film per pacciamatura, film per insilaggio, film per la protezione di attrezzi e prodotti agricoli, film per pollai, le reti reti ombreggianti, di copertura e di protezione;

la modifica intervenuta rispondeva alla necessità di offrire un'esplicita definizione al concetto di beni in polietilene, fornendo una norma chiarificatrice e individuando chiaramente i beni ricadenti nella gestione consortile, anche per escludere i beni in cui il polietilene rappresenta solo una parte residua;

d'altra parte nel corso dell'esame del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014 (decreto "sblocca Italia"), presso la VIII Commissione (Ambiente) della Camera dei deputati, il menzionato comma 2 è stato abrogato, dopo soli 3 mesi, eliminando proprio quella disposizione che prevedeva il chiarimento interpretativo sul concetto di "beni in polietilene";

le ulteriori disposizioni di modifica del codice ambientale sul tema, in particolare al comma 13 dell'art. 234, per quanto improntate alla differenziazione del contributo percentuale di riciclo sulla base dell'effettiva percentuale di polietilene contenuta nel bene e della sua durata temporale, non si sono dimostrate, ad oggi, in grado di garantire l'adeguata certezza normativa, come attestato dall'elevato contenzioso tra aziende e Consorzio generatosi nel corso degli ultimi anni;

le modifiche normative successive al 2006 e la mancata entrata in vigore del decreto ministeriale, che avrebbe dovuto dare attuazione alla disciplina del codice relativa a Polieco, hanno creato un vuoto normativo circa il perimetro di azione del Consorzio stesso, che negli anni sembrerebbe aver esteso autonomamente la propria attività in assenza di chiare previsioni normative, che garantissero gli operatori, ai sensi del comma 7 del citato art. 234, circa la possibilità di organizzare autonomamente il sistema di gestione dei rifiuti di beni in polietilene, quanto alla loro raccolta e restituzione al termine dell'utilizzo, con avvio al riciclo o al recupero, previ accordi con aziende che svolgono tali attività, con quantità definite e documentate;

sulla materia sono dovute intervenire, negli anni, numerose pronunce giurisprudenziali, ad esempio del TAR di Roma, III sezione civile, che nel richiamare la possibilità di scelta ai sensi del citato comma 7, sulla modalità di gestione (autonoma o previa iscrizione al consorzio) dei rifiuti in polietilene entro 120 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dello statuto tipo, hanno ricordato espressamente le difficoltà derivanti dal ritardo nell'adozione dei decreti attuativi;

è opportuno ricordare che il decreto ministeriale 29 luglio 2016, adottato dal Ministero dell'ambiente di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, ha approvato lo schema di statuto tipo del Consorzio per la gestione dei rifiuti di beni in polietilene, ma allo stato attuale manca ancora all'appello il decreto definitivo di approvazione, da parte dei citati Ministeri, del nuovo statuto del Consorzio Polieco adeguato allo schema tipo e che il Consorzio avrebbe dovuto trasmettere per l'approvazione, ai sensi dell'art. 234, comma 3. Tale ritardo rappresenta un grave vulnus rispetto a quei principi di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché di libera concorrenza nelle attività di settore, che hanno ispirato la normativa e tutelano l'operatività degli operatori coinvolti;

l'art. 234, comma 2, prevede altresì che: "In ogni caso, del consiglio di amministrazione del consorzio deve fare parte un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico", mentre non risulta all'interrogante che tale decreto sia stato adottato;

vale la pena menzionare che lo schema tipo, di cui al citato decreto ministeriale 29 luglio 2016, prevede una normativa esplicita e dettagliata con richiami che non trovano invece corrispondenza nello statuto, attualmente in vigore, ancorché non ufficialmente approvato, del Consorzio. Un esempio fra tutti è dato dal richiamo esplicito, contenuto nell'art. 1, comma 3, del decreto ministeriale 29 luglio 2016, che, tuttavia, non trova spazio nell'attuale statuto del consorzio, circa il fatto che "Il consorzio opera in posizione alternativa e coordinata rispetto agli altri sistemi di gestione dei rifiuti di beni in polietilene costituiti ai sensi dell'art. 234, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in conformità ai principi di concorrenza e libera iniziativa economica. A tal fine il consorzio non può limitare, impedire o comunque condizionare, direttamente o indirettamente, la libera iniziativa imprenditoriale degli operatori economici che svolgono attività nei settori di interesse del consorzio";

ulteriori criticità in tema di trasparenza sussistono in riferimento al mancato controllo della Corte dei conti e alla verifica degli adempimenti di cui al comma 12 dell'art. 234, concernenti il fatto che "Il Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7 trasmettono annualmente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro delle attività produttive il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione. I Consorzio di cui al comma 1 ed i soggetti di cui al comma 7, entro il 31 maggio di ogni anno, presentano una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dagli stessi e dai loro singoli aderenti nell'anno solare precedente";

stante il fatto che, come peraltro rimarcato già dalle sentenze n. 43347/14 e n. 43341/2014, la continua modifica della normativa negli ultimi anni ha di fatto reso molto complessa l'attività degli operatori coinvolti nel comparto, a fronte di questa mancanza di chiarezza, il contenzioso tra Consorzio e imprese, perdurato dal 2006 ad oggi, ha palesato una forte iniziativa da parte del Consorzio a far valere una presunta obbligatorietà di iscrizione, anche quando questa non era ancora cogente. Risulta altresì all'interrogante che tale iniziativa sia stata condotta nei confronti di aziende non consorziate, attraverso modalità discutibili e comunque di dubbia legittimità, anche con riferimento ai criteri di applicazione del contributo di riciclaggio;

peraltro, a fronte di tale iniziativa, alcune dinamiche gestionali del Consorzio stesso appaiono poco chiare, dal momento che oltre alle richiamate questioni inerenti ai bilanci e alle prescritte relazioni sulla gestione, sembrerebbe sussistere una mancanza di trasparenza relativamente al diritto di accesso del pubblico all'informazione ambientale, di cui al decreto legislativo n. 195 del 2005;

vale la pena di ricordare inoltre che, ai sensi della normativa vigente (art. 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006), l'ammontare dei contributi dovuti al Consorzio, ai sensi del comma 10, lettera b), così come l'ammontare dell'eventuale contributo percentuale di riciclo, di cui al comma 10, lettera d), dovrebbe essere univocamente definito con cadenza biennale mediante decreto ministeriale, ai sensi del già citato comma 13, mentre tale decreto non risulta sia stato ancora adottato;

in mancanza della deliberazione dei citati decreti si assiste ad un procedere autonomo del Consorzio, mediante accordi individuali o collettivi sul territorio: un dato che, nel palesare positive sinergie a livello locale, in mancanza di un chiaro orientamento normativo da parte del Ministero, rischia di determinare condizioni lesive, anche con riferimento ai principi, di cui all'art. 237 del codice ambientale;

su tutta la materia regna ancora una grande incertezza, che si traduce nel paradossale obbligo per gli operatori, stante l'adozione del citato decreto ministeriale 29 luglio 2016, di approvazione dello schema di statuto tipo, di aderire ad una realtà consortile i cui contorni statutari, amministrativi ed operativi risultano ancora non rispondenti ai principi normativamente sanciti e dunque suscettibili di illegittimità;

considerato che:

gran parte del contenzioso tra Polieco e le imprese è scaturito soprattutto a causa di carenze legislative e regolamentari ed è connesso alle previsioni, di natura non normativa, dell'attuale statuto del Consorzio, il quale, nel modificarlo, ha esteso negli anni il suo raggio d'azione a tutti i rifiuti di "beni a base di polietilene", anziché occuparsi dei soli rifiuti di "beni in polietilene" come previsto dalla legge. Tale situazione desta perplessità, in particolare, in relazione ai beni in cui il polietilene rappresenti una parte assolutamente residua e comunque il cui smaltimento presenti delle peculiarità;

la mancanza di una lista definita di beni in polietilene, che consenta di chiarire il campo di applicazione delle attività dei consorzi, di cui all'art. 234, come originariamente previsto dalla normativa, definisce un'impasse derivante dal fatto che, in un sistema consortile principalmente strutturato per tipologia di bene, si definisce un unicum relativo ad un materiale specifico, in questo caso il polietilene, che inevitabilmente determina il rischio di sovrapposizione di competenze tra gestioni consortili differenti, a danno degli operatori, che di fatto si trovano a svolgere attività in un ambito normativamente complesso;

l'urgenza di dare chiarezza normativa e operativa all'ambito delle materie plastiche, e segnatamente al polietilene, è stata riconosciuta dal Governo, proprio in sede di discussione del decreto-legge n. 133 del 2014, accogliendo l'ordine del giorno G/1651/162/8e13 con l'impegno: "ad adottare le opportune misure finalizzate a chiarire la definizione di «prodotti in polietilene», specificando in maniera puntuale le tipologie di beni ricadenti nella gestione consortile di cui all'articolo 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 anche per escludervi quelle tipologie di beni che, per le peculiarità di composizione e trattamento, non siano assimilabili ai beni che hanno una componente significativa di polietilene";

in tal senso l'evoluzione della normativa nazionale sulla materia ha configurato un focus altamente restrittivo su un materiale plastico, quale il polietilene, che in realtà sarebbe tra i più sicuri e più diffusi, configurando una situazione che rischia di provocare alterazioni della concorrenza, tra materie plastiche ed altri materiali, la cui giustificazione non è derivabile neanche da ipotetiche direttive comunitarie;

viceversa, il venir meno della specificità originariamente prevista per la raccolta e gestione dei rifiuti plastici impiegati in agricoltura, rischia di pregiudicare la massimizzazione dei risultati nell'ambito più delicato del recupero e riciclo di beni in polietilene sul territorio, che è proprio l'ambito agricolo, se si considera che il consumo totale di film agricolo in Italia è di circa 90 Ktons e le colture protette al Centro-Sud del Paese ne assorbono circa i due terzi, quindi circa 60 Ktons. A fronte di questi dati, il riciclo si stima in non più di 15 Ktons e una legislazione più dettagliata e coerente con gli obiettivi di recupero dei materiali di contrasto all'inquinamento consentirebbe forse di governarne al meglio la tracciabilità e il recupero, anche attraverso un potenziamento di attività di contrasto dello smaltimento illecito,

si chiede di sapere:

quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano attuare per superare le criticità evidenziate, garantendo certezza operativa alle imprese condizionate dalle lacune normative, nonché tutelando i principi di libera concorrenza e trasparenza, attraverso una definizione dei "prodotti in polietilene", di cui all'art. 234 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che chiarisca puntualmente le tipologie di beni ricadenti nella gestione consortile citata;

se non ritengano opportuna una celere definizione dei decreti di cui all'art. 234, commi 2, 3 e 13, del decreto legislativo n. 152 del 2006;

se non ritengano opportuno chiarire che, stante la grande incertezza normativa che ha caratterizzato il comparto in questi anni e che tuttora non garantisce certezze per la mancanza dei numerosi decreti attuativi previsti dall'art. 234, i contributi, di cui all'articolo 234, comma 10, lettera b), sono dovuti a decorrere dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello statuto del consorzio, di cui al comma 3, quarto periodo, del medesimo articolo;

se non ritengano opportuno chiarire ulteriormente la definizione di "beni in polietilene" anche per escludere quelle tipologie di beni che, per le peculiarità di composizione e trattamento, non siano assimilabili ai beni che hanno una componente significativa di polietilene;

quali iniziative intendano adottare, affinché sia effettivamente garantita la libertà di scelta degli operatori circa le modalità di gestione dei rifiuti di beni in polietilene, ai sensi del comma 7 del citato art. 234 e se siano attualmente in corso procedure di definizione di sistemi alternativi;

quale sia lo stato attuale della raccolta, gestione e riciclo dei rifiuti in polietilene, anche con particolare riguardo ai materiali impiegati in agricoltura e quali siano gli obiettivi minimi di riciclo previsti per il comparto per il prossimo biennio;

se siano state avviate iniziative di monitoraggio sulla gestione dei rifiuti di beni in polietilene anche con riguardo agli adempimenti di cui al comma 12 del citato art. 234.

(4-07970)