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Atto a cui si riferisce:
C.1/01687    premesso che:     l'assetto della finanza locale è stato investito, negli ultimi dieci anni, da un processo di ridefinizione tracciato principalmente dalla riforma...



Atto Camera

Mozione 1-01687presentato daOCCHIUTO Robertotesto presentato Martedì 12 settembre 2017 modificato Mercoledì 13 settembre 2017, seduta n. 849

   La Camera,
   premesso che:
    l'assetto della finanza locale è stato investito, negli ultimi dieci anni, da un processo di ridefinizione tracciato principalmente dalla riforma federalista prevista con la modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001 e in seguito delineata con la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, recante i princìpi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale;
    dopo circa dieci anni dalla legge delega sopra citata, il quadro definito dalla stessa risulta implementato nel nostro ordinamento solo parzialmente, poiché in parte rallentato e aggravato a causa degli intrecci determinati dalle manovre relative al consolidamento dei conti pubblici, in considerazione della crisi economica e finanziaria, da cui è scaturita una maggiore centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa;
    il disegno iniziale, delineato dalla legge delega n. 42 del 2009, prevedeva che i fabbisogni standard fossero definiti in riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni per le funzioni fondamentali e che la loro perequazione integrale fosse garantita dall'istituzione del fondo di solidarietà comunale (FSC), finanziato attraverso la fiscalità generale, in presenza di un totale dei fabbisogni superiore al totale delle capacità fiscali;
    il rapporto presentato dall'Ifel, il 31 marzo 2017, recante «temi per l'analisi degli effetti della perequazione delle risorse comunali» mostra chiaramente come il sistema implementato dalla riforma federalista si distacchi in modo sostanziale dalle corrispettive previsioni contenute nella legge delega e come il disegno federalista promosso nel 2009 sia stato in larga misura modificato e addirittura «disatteso»;
    il sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti, avviato nel 2015, nell'ambito del fondo di solidarietà comunale (FSC) integralmente finanziato con le risorse proprie dei comuni (decreto legislativo n. 23 del 2001) si allontana da quanto stabilito dalla legge delega n. 42 del 2009 che prevede il contributo dello Stato alla perequazione delle funzioni fondamentali;
    il rapporto dell'Ifel precisa, altresì, che per quanto concerne i livelli essenziali dei servizi da garantire, il lavoro per la loro definizione è in una condizione di «stallo», poiché ci si è accorti delle sue difficoltà intrinseche: non essendo assicurate risorse necessarie a garantire livelli essenziali o minimi dei servizi su tutto il territorio, la loro applicazione rischierebbe che i divari tra i territori vengano colmati abbassando i livelli di servizio proprio ove maggiormente presenti, anche in considerazione del fatto che nel nostro ordinamento non sono previsti vincoli di destinazione per i trasferimenti perequativi;
    per le modalità con cui è strutturato il meccanismo del fondo di solidarietà comunale, nella formula di determinazione di trasferimenti comunali i fabbisogni standard e le capacità fiscali pesano soltanto per una quota minoritaria, mentre il peso preponderante, nei fatti, è attribuito ai trasferimenti storici;
    in questo modo le zone rimaste «indietro», per lo più al Sud d'Italia, sono condannate a vivere tale arretramento, dal momento che eventuali tagli alla distribuzione delle risorse si concretizzano non guardando al bisogno effettivo ma alla spesa consolidata, per cui laddove si è speso poco si faranno tagli maggiori, mentre, in realtà, il bisogno è esattamente contrario;
    per la ripartizione delle risorse del fondo perequativo si utilizza, dunque, l'inconcepibile criterio della spesa storica che premia proprio chi, potendo spendere di più grazie agli introiti delle imposte comunali, ha storicamente più servizi da offrire ai propri cittadini;
    il meccanismo delineato, quindi, tenderebbe a riconoscere maggiori fabbisogni ai comuni con maggiore spesa sotto l'ipotesi che questi siano anche i comuni con il maggior numero di servizi offerti e tale fattispecie si verifica principalmente nel caso dei servizi sociali;
    l'attività di monitoraggio svolta dalla Sose spa, società tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze, con il primo «Rapporto concernente la ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi» consegnato il 30 gennaio 2017 al Ministero dell'economia e delle finanze evidenzia nei servizi un forte divario dei livelli delle prestazioni effettivamente erogate tra le regioni del Centro-nord e quelle del Sud, divario che si riflette nei livelli di spesa mediamente più bassi registrati nel Mezzogiorno;
    il Rapporto citato redatto ai sensi del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, con sei anni di ritardo, specifica che se si prendono in considerazione i settori dei servizi sociali e degli asili nido che propongono come target i livelli di servizio minimo più bassi il divario tra Nord e Sud ammonterebbe a circa 1,4 miliardi di euro;
    in base ai dati del 2013, la Sose specifica che la spesa sociale giudicata essenziale, cioè relativa a servizi indispensabili, in Italia è di 18,8 miliardi di euro e che tali risorse non sono distribuite in modo omogeneo nelle quindici regioni a statuto ordinario (alle cinque regioni a statuto speciale non si applica la legge delega sul federalismo fiscale) per cui tra i cittadini, soprattutto i più deboli, non c’è uguaglianza;
    nel comparto degli asili nido, secondo il rapporto Sose, per il 2013 il livello di copertura medio nazionale, ovvero la quota percentuale di bambini frequentati gli asili nido e il numero di utenti che percepiscono voucher sulla popolazione residente in età 0-2 anni, risulta pari al 12,73 per cento, ma la distribuzione del servizio mostra che le regioni del Centro-nord sono caratterizzate da percentuali di copertura prossime o superiori al 15 per cento, mentre le regioni del Sud, ad eccezioni dell'Abruzzo e della Basilicata, non superano mai il 5 per cento di copertura;
    se nel 2018 si seguirà il medesimo ragionamento anche per il servizio pubblico locale, il rischio è di assistere ad un continuo arretramento di molte zone del sud Italia: nel settore dei trasporti, riservato alla popolazione scolastica, nel 2015 si registra un grave peggioramento nei comuni della Puglia, con una flessione del servizio del 13 per cento e una copertura limitata al 5 per cento degli studenti, un terzo dello standard;
    per portare i servizi di assistenza ad un adeguato livello, stima la Sose, bisognerebbe accrescere la spesa del computo dai 5 miliardi attuali a 6,9 miliardi di euro e per gli asili nido bisognerebbe prevedere un costo massimo aggiuntivo di 1,9 miliardi di euro rispetto agli 1,3 attuali;
    nelle quindici regioni a statuto ordinario, il servizio delle mense scolastiche è erogato a 1.367.998 alunni: nello specifico, in Italia gli utenti sono rimasti stabili nel passaggio dal 2013 al 2015, con una variazione positiva allo 0,25 per cento, anche se in Calabria e in Basilicata gli utenti sono diminuiti del 6 per cento e nei comuni della Campania addirittura del 10 per cento;
    i dati riportati evidenziano un mutamento profondo delle regole di allocazione fra i diversi territori della spesa pubblica a danno del Mezzogiorno, come se si fosse deciso di salvaguardare le regioni più forti e di concentrare le sofferenze in quelle più deboli;
    si è giunti, dunque, ad una visione distorta del federalismo fiscale reso evidente principalmente da fatto che sono stati stabiliti parametri secondo i quali per cui «chi ha più riceve», accentuando, in questo modo, le differenze e rendendo disomogenei i diritti di cittadinanza giungendo ad una violazione di quell'eguaglianza sancita dall'articolo 3 della Costituzione;
    con il federalismo fiscale si dovrebbe puntare, essenzialmente, all'effettiva realizzazione dell'autogoverno regionale e alla responsabilizzazione delle regioni nei confronti delle rispettive comunità, dando concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a prevedere, nella ripartizione delle risorse del fondo di solidarietà comunale, la definizione di specifici criteri volti a incrementare progressivamente il peso della componente perequativa rispetto a quella compensativa storica, al fine di rovesciare il meccanismo vigente secondo il quale si attribuiscono maggiori risorse alle amministrazioni che offrono maggiori quantità di servizi;
2) ad assumere le opportune iniziative normative volte a dare completa attuazione alla riforma del federalismo fiscale prevista dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, con cui si stabilisce il principio dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
(1-01687) «Occhiuto, Carfagna, Russo, Sisto, Catanoso Genoese Francesco, Luigi Cesaro, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Genovese, Giammanco, Gullo, Laboccetta, Labriola, Minardo, Palese, Prestigiacomo, Santelli, Sarro, Elvira Savino, Vella».