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Atto a cui si riferisce:
C.1/01713    premesso che:     la legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha rafforzato, nell'ambito del nuovo assetto dei rapporti...



Atto Camera

Mozione 1-01713presentato daPAGLIA Giovannitesto diMercoledì 27 settembre 2017, seduta n. 859

   La Camera,

   premesso che:

    la legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha rafforzato, nell'ambito del nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra i vari livelli di governo delineato dalla riforma dell'articolo 119 della Costituzione, l'autonomia impositiva dei comuni ed avviato un processo di fiscalizzazione dei trasferimenti erariali in loro favore. Obiettivo di fondo della medesima legge è quello di improntare a criteri di efficienza, efficacia ed equità il sistema della spesa pubblica locale, mediante il superamento del criterio della cosiddetta «spesa storica», quale metodo di erogazione dei trasferimenti erariali, a favore degli indicatori di fabbisogno standard, al fine di assicurare autonomia di spesa e di entrata agli Enti decentrati e, contestualmente, favorire la loro massima responsabilizzazione;

    il passaggio da un sistema che finanzia indistintamente servizi ed inefficienze, quale è il criterio della spesa storica, ad uno che finanzia esclusivamente il costo effettivo dei servizi, così da incentivare gli amministratori locali ad una maggiore responsabilizzazione e garantire una maggiore trasparenza ed un elevato grado di efficienza ed efficacia nella gestione della finanza pubblica, rappresenta, senza ombra di dubbio, uno dei punti di forza della legge delega sul federalismo fiscale;

    l'attribuzione di entrate proprie è stata affiancata da un nuovo sistema di perequazione dei trasferimenti, al fine di assicurare alle amministrazioni locali le risorse sufficienti per poter svolgere le funzioni istituzionali loro assegnate, secondo uno schema perequativo imperniato sulla distinzione tra spese riconducibili alle funzioni fondamentali dell'ente e per le quali lo Stato, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale e ad un livello standard, l'offerta di servizi pubblici essenziali, avrebbe provveduto al loro integrale finanziamento mediante un fondo perequativo volto a coprire la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscali, e spese riconducibili alle funzioni non fondamentali rispetto alle quali si sarebbe provveduto ad un loro parziale finanziamento attraverso un fondo perequativo orizzontale basato sulla capacità fiscale per ciascun residente;

    di contro, il sistema perequativo attuale, quale configurato dapprima con il decreto legislativo n. 23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale, e successivamente con la legge n. 228 del 2012, legge di stabilità per l'anno 2013, si discosta notevolmente dalle previsioni iniziali della legge delega, essendo passati in un primo momento dallo schema perequativo originariamente previsto, all'istituzione di un fondo Sperimentale di riequilibrio (FSR) a carattere transitorio, volto a garantire una progressiva ed equilibrata assegnazione di tributi propri agli enti in questione, per approdare, infine, all'istituzione di un fondo di solidarietà comunale (FSC), reso permanente a partire dall'anno 2014 e la cui mission principale è quella di mitigare quel gap (generato dal differente gettito immobiliare risultante dalla differente capacità fiscale), tra enti più ricchi ed enti meno ricchi;

    a partire dal 1977 fino, come si è anzi detto, al 2009, i trasferimenti agli enti locali sono stati dettati dalla logica della «spesa storica», in virtù della quale anno dopo anno venivano semplicemente reiterati senza alcun riguardo al bisogno effettivo del comune beneficiario, né alla sua capacità di farvi fronte con entrate proprie. A decorrere dal 2010, in piena stagione di «spending review», quando anche gli enti locali sono stati chiamati a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, la spesa storica sostenuta dagli stessi è stata soggetta a robusti tagli lineari e nel medesimo anno, anche al fine di efficientare l'operazione di taglio, ha preso l'avvio un processo di standardizzazione della spesa locale volto a determinare il fabbisogno finanziario (cosiddetto fabbisogno standard) di un ente in base alle condizioni di contesto (caratteristiche territoriali, aspetti socio-demografici della popolazione residente e livello dei servizi), nell'ambito dei quali offre un determinato servizio. Pertanto i fabbisogni di spesa standardizzati relativi alle funzioni fondamentali hanno assunto nell'attribuzione delle risorse agli enti locali un ruolo centrale;

    la legge di stabilità 2014 ha modificato la disciplina del fondo di solidarietà comunale, eliminando il limite temporale di vigenza fissato inizialmente al 2014 e trasformandone la natura da transitoria a definitiva, dando così avvio, a partire dal 2015, al sistema di trasferimenti perequativi delle spese correnti. La medesima legge nel dettare i nuovi criteri di riparto del Fondo ha stabilito che una quota gradualmente crescente dei trasferimenti ai comuni (pari al 20 per cento nel primo anno, al 30 per cento nel secondo, al 40 per cento nel terzo anno, al 55 per cento nel quarto anno e così via, per arrivare al 100 per cento a partire dall'anno 2021 del 50 per cento della sua dotazione), venga allocata, con riferimento allo svolgimento delle loro funzioni fondamentali, tenendo conto della differenza tra i fabbisogni standard e la loro capacità fiscale. Ciò al fine di garantire agli enti locali che non riescono a finanziare con entrate proprie le funzioni fondamentali lo stesso livello di standard offerto su tutto il territorio nazionale;

    il fondo di solidarietà comunale dell'anno 2017 vale complessivamente circa 6,1 miliardi di euro, suddivisi in due quote: la prima, pari a 2.349.734.365 euro (1.885.643.346 per i comuni delle regioni ordinarie e 464.091.019 per quelli di Sicilia e Sardegna) viene assegnata sulla base di parametri perequativi; la seconda, che vale 3.832.190.376 euro, serve invece a compensare i mancati gettiti Imu e Tasi derivanti dalle detassazioni introdotte dalla legge di stabilità 2016;

    da quest'anno nelle regioni a statuto ordinario, la perequazione è orientata solo per il 60 per cento dalla spesa storica, mentre per il restante 40 per cento rilevano i differenziali fra capacità fiscali e fabbisogni standard, che lo scorso anno pesavano per il 30 per cento e che entro il 2021 saranno l'unico fattore considerato. Diverso trattamento per Sicilia e Sardegna, per le quali al riparto si applicano ancora il 100 dei parametri che regolavano l'erogazione dei vecchi trasferimenti erariali. Nessuna novità per la seconda quota (quella «compensativa»), per cui sono confermati gli importi 2016, a loro volta basati sui gettiti effettivi 2015;

    i ritardi sulla corretta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e dei fabbisogni standard e, soprattutto, la costituzione del Fondo di perequazione, non più a carico dello Stato ma a carico degli enti locali, stanno alla base della cattiva implementazione del processo di federalismo fiscale. Infatti i fabbisogni standard sono attualmente definiti per alcune funzioni fondamentali (istruzione e asilo nido) in base a funzioni di costo che valorizzano i livelli dei servizi vigenti e non a quelle standard: ciò rischia di ingessare il divario esistente tra i territori per mezzo di un meccanismo che, a parità di capacità fiscali, assegna maggiori fabbisogni ai comuni con un maggior numero di servizi presenti;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che definisce i nuovi fabbisogni standard per l'anno 2017, sulla base di una metodologia completamente nuova e volta a calcolare in modo più semplice e più efficiente il fabbisogno di ogni comune, enfatizza per la prima volta non solo la mera dimensione del costo, ma anche quella del livello di servizio offerto. Più precisamente le innovazioni introdotte dal decreto hanno riguardato una minore influenza della componente storica, un maggior peso della perequazione delle funzioni fondamentali rispetto a quelle non fondamentali, nonché una revisione metodologica del calcolo dei fabbisogni e delle capacità fiscali;

    secondo una relazione risalente al mese di gennaio 2017 dall'Ufficio parlamentare di bilancio e relativa alla ripartizione del fondo di solidarietà comunale, le suddette modifiche metodologiche comporteranno effetti relativamente limitati rispetto alla distribuzione relativa al 2016. Dal punto di vista dimensionale per i comuni fino a 150 mila abitanti la revisione della metodologia 2017 rafforza l'impatto distributivo 2016, mentre per le grandi città agisce in controtendenza rispetto ad essa. In complesso, rispetto alla distribuzione storica, nel 2017 sono penalizzati maggiormente i piccoli comuni, che registrano perdite superiori al 2 per cento delle risorse storiche, mentre sono favorite le grandi città, con un incremento dell'1,1 per cento ed i comuni tra 5 e 50 mila abitanti. Tra le grandi città la nuova metodologia garantisce i maggiori benefici alla capitale con un incremento rispetto al 2016 del 6,7 per cento. Anche Milano riceve più trasferimenti rispetto alla situazione storica, anche se la revisione delle metodologie e dei parametri operate nel 2017 ne riducono il beneficio complessivo. Firenze, Taranto, Napoli e Genova soffrono una riduzione delle risorse superiore al 3 per cento, e sono generalmente penalizzati nella transizione al 2017. L'altra grande città maggiormente beneficiata dalle modifiche dei criteri di ripartizione introdotte nel 2017 è Ravenna, con un incremento pari al 2 per cento rispetto al 2016, mentre quelle maggiormente penalizzate sono Verona, con una perdita pari all'1,8 per cento e Perugia con una perdita pari all'1,6 per cento;

    l'analisi evidenzia anche gli effetti redistributivi ipotizzabili quando, nel 2021, la normativa è destinata ad andare a regime e la componente perequativa verrà applicata in misura rafforzata rispetto ad oggi. Infatti, secondo lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio la proiezione del fondo al 2021, anno in cui il peso della componente perequativa legata ai fabbisogni standard, come si è visto, salirebbe al 40 per cento, evidenzia una generale amplificazione degli effetti distributivi: tra le grandi città Roma beneficerebbe del maggiore incremento dei trasferimenti, con un incremento pari al 16,5 per cento delle risorse storiche, mentre la penalizzazione più elevata la subirebbero Firenze e Napoli, con un decremento pari al 10,5 per cento delle risorse storiche. Nel complesso circa il 90 per cento degli enti subirebbe variazioni di risorse contenute tra il –15 e + 15 per cento delle risorse storiche;

    la fotografia che restituisce l'analisi dell'Ufficio parlamentare del bilancio, evidenzia che dal punto di vista territoriale, la ripartizione del fondo 2017 conferma una riduzione delle risorse rispetto a quelle storiche per i comuni del nord, con una perdita pari allo 0,9 per cento rispetto al passato (con maggiore pregiudizio per quelli del nord-ovest). Sono invece beneficiati dalla revisione del 2017 i comuni del centro, con un incremento del 2,1 per cento, ed in misura più limitata, i comuni del Sud, su cui la revisione ha comportato un impatto molto limitato, con un incremento pari allo 0,5 per cento;

    l'Ufficio parlamentare di bilancio si spinge a sentenziare che: «questo è probabilmente il risultato inevitabile della condizione di invarianza di risorse complessive per il livello comunale imposto con il passaggio al nuovo sistema perequativo e della contrazione degli spazi finanziari per il sistema delle autonomie dovuta alle manovre di consolidamento dei conti pubblici adottate negli ultimi anni, manovre che hanno inciso in particolare sulle risorse dei fondi destinati alla perequazione»;

    mancando ancora l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio e data l'assenza di vincoli di destinazione dei trasferimenti perequativi e l'esistenza di un sistema di trasferimenti close-ended, l'assegnazione dei fabbisogni in base alle sole funzioni di spesa standard, ovvero in funzione esclusivamente dei fattori di domanda potenziale, rischierebbe di accorciare i divari ma al ribasso, riducendo i livelli di servizi pubblici locali là dove sono oggi presenti e conseguenzialmente ledendo fortemente la coesione attorno al progetto perequativo;

    quanto premesso dimostra che il cammino verso un federalismo fiscale compiuto è ancora lungo ed irto di ostacoli,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per completare il processo di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), quali livelli inderogabili di quantità e qualità dei servizi offerti da garantire su tutto il territorio nazionale, anche al fine di rendere più puntuale la stima dei relativi fabbisogni di spesa a carico delle amministrazioni decentrate;

2) ad assumere iniziative per superare l'attuale sistema di perequazione fiscale basato esclusivamente sulla redistribuzione orizzontale delle risorse tra enti decentrati, in favore di trasferimenti che garantiscano l'integrale copertura della spesa, al fine di correggere le disparità territoriali nella capacità di produrre servizi pubblici locali;

3) a rivedere annualmente, in sede di approvazione del disegno di legge di bilancio, la dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà comunale sulla base del fabbisogno finanziario emerso dalle rilevazioni effettuate da Sose spa.
(1-01713) «Paglia, Marcon, Placido, Pastorino».