Testo MOZIONE
Atto a cui si riferisce:
C.1/01709 premesso che:
la riforma del federalismo fiscale ha segnato una svolta senza precedenti nel nostro sistema: si tratta di un rinnovato corpus normativo volto a definire...
Atto Camera
Mozione 1-01709presentato daSIMONETTI Robertotesto presentato Martedì 26 settembre 2017 modificato Mercoledì 27 settembre 2017, seduta n. 859
La Camera,
premesso che:
la riforma del federalismo fiscale ha segnato una svolta senza precedenti nel nostro sistema: si tratta di un rinnovato corpus normativo volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, con lo scopo di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma anche delle stesse politiche pubbliche che si dipanano tra i diversi livelli di governo;
il duplice scopo del federalismo fiscale è quello di arrivare ad una razionalizzazione nella gestione delle risorse pubbliche che possa, al contempo, garantire, anzi migliorare, l'offerta dei servizi per i cittadini. Attraverso un simile strumento, inoltre, si mira anche a responsabilizzare maggiormente gli enti territoriali e locali, implementando il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale previsti nell'articolo 118 della Costituzione;
tale normativa, prevista nella legge n. 42 del 2009 di attuazione della delega costituzionale dell'articolo 119 della Costituzione, rimane però oggi ancora sostanzialmente inattuata;
il fondo di solidarietà comunale (FSC) ha sostituito, nel 2013, il vecchio fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal decreto n. 23 del 2011 sul federalismo municipale, mantenendo lo scopo di limitare le disuguaglianze del gettito immobiliare tra città ricche e città povere;
ad oggi, il fondo di solidarietà comunale secondo quanto si apprende dalla nota metodologica del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 gennaio 2017, è articolato in due componenti: la prima è la componente tradizionale, a sua volta articolata in una parte destinata al riequilibrio delle risorse storiche, che avviene attraverso la trattenuta dall'Imu, e una parte perequativa; la seconda è la componente costituita dal ristoro dei gettiti perduti per le esenzioni e agevolazioni Imu e tasi previste dalla legge di stabilità 2016;
a partire dal 2015, per le assegnazioni a ciascun comune, è stata utilizzata l'applicazione di criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard pari ad una quota pari al 20 per cento delle risorse del fondo, aumentata progressivamente al 30 per cento nel 2016 e al 40 per cento nel 2017. Il coefficiente di riparto delle risorse standard complessive è stato costituito portando il peso della componente relativa alla differenza tra i fabbisogni standard e capacità fiscali dal 70 all'80 per cento e il peso della popolazione (capacità fiscale pro-capite) dal 30 per cento al 20 per cento. In futuro il peso dei due parametri è destinato a crescere progressivamente visto che la fetta di risorse distribuite sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni salirà al 55 per cento nel 2018, al 70 per cento nel 2019, all'85 per cento nel 2020 e al 100 per cento a decorrere dal 2021. La componente di ristoro rimane invece sostanzialmente la stessa;
nonostante l'implementazione dei criteri perequativi basati sui fabbisogni e sulle capacità fiscali standard, nel 2016, si è utilizzato un aggiustamento statistico proprio per la distribuzione di questo 30 per cento del fondo, al fine di mitigare gli effetti negativi che i comuni meno virtuosi avrebbero subito per lo scostamento tra spesa storica e spesa standard. Il correttivo statistico operava quindi in favore di quegli enti che in sede di prima assegnazione avevano registrato un differenziale negativo tra la dotazione standard e la dotazione storica uguale o maggiore al 2 per cento;
ugualmente, quest'anno, l'articolo 14 della manovra correttiva (decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50) prevede un nuovo correttivo statistico per attenuare gli scostamenti negativi più ampi. Ciò, in sostanza, è equivalso a non tagliare di netto i fondi a quei comuni che hanno una spesa storica più alta, che sarebbero stati penalizzati ancora una volta, dai costi standard;
si tratta di 14 milioni di euro ancora non distribuiti (degli 80 previsti dalla legge di bilancio 2017 per le compensazioni sul minor gettito della Tasi) e di 11 milioni ancora non distribuiti (dei 155 milioni di euro previsti dalla stabilità 2016 a titolo di compensazione per il minor gettito dovuto agli aggiornamenti catastali). Durante l'esame presso la Camera dei deputati, è stata inoltre accolta una proposta governativa che ha aumentato l'FSC di 25 milioni di euro proprio con lo scopo di costituire un accantonamento in favore dei comuni che presentano una variazione negativa della spettanza del fondo di solidarietà comunale rispetto alle risorse storiche, a titolo di correttivo del meccanismo di perequazione. A decorrere dal 2022 i 25 milioni di euro saranno poi destinati alle fusioni dei comuni;
dunque, il criterio basato su risorse standard rimane ancora sostanzialmente insufficiente ed è evidente come i correttivi applicati ritardino l'applicazione completa dei costi standard e non aiutino gli enti maggiormente virtuosi, che, operando una razionale ed oculata gestione delle proprie risorse, hanno invece rispettato i patti di stabilità e contribuito al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica derivanti dalla normativa interna e dall'appartenenza dell'Italia alla zona euro. Allo stesso modo, non è stato dato adeguato rilievo, nelle note metodologiche di riparto del fondo di solidarietà comunale, al differenziale positivo o negativo del residuo fiscale comunale che, segnando la differenza tra tutte le entrate e le risorse che in quel territorio vengono spese, costituisce anche un indicatore della virtuosità degli enti locali nella razionalizzazione delle spese di fondi pubblici;
al contempo, è stato sempre previsto un ampio spettro di esclusione dalle sanzioni per i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità prima in vigore o il pareggio di bilancio ora vigente;
per poter razionalizzare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard;
i tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi, cosa che ad oggi non viene fatta. Il passaggio dalla spesa storica al costo standard orienterà la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato;
è necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi), al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
la pubblica amministrazione è il fronte sul quale va combattuta la principale battaglia per l'efficienza e il risparmio;
gli sprechi della pubblica amministrazione non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa. Si tratta di situazioni nelle quali la spesa, sebbene utilizzata dagli attori per finalità pubbliche, non è impiegata nel modo migliore, più produttivo e più efficace, a causa di un approccio non rigoroso, sul piano del metodo, alla progettazione delle politiche e dei servizi pubblici;
infine, riguardo ancora al fondo di solidarietà comunale, è necessario ricordare come la metodologia di ripartizione dello stesso comporti significativi svantaggi per i piccoli comuni. La capacità fiscale, infatti, in questi centri, risulta gonfiata dal gettito potenziale di imu e tasi, determinata da un patrimonio immobiliare spesso abbandonato, ma considerato ancora potenzialmente produttivo di reddito da parte del fisco;
tale problematica è stata nuovamente sollevata, in sede di audizione presso la Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, dalla direttrice generale del dipartimento delle finanze Fabrizia Lapecorella che ha spiegato come nei piccolissimi comuni (sotto i 500 abitanti) la capacità fiscale pro capite per il 2018 raggiungerà quota 629 euro. Nella classe demografica che va da 500 e mille abitanti, invece, si scende a 491 euro pro capite, ma si tratta sempre di cifre che, se appaiono realistiche per un comune di grandi dimensioni (483 euro è infatti la capacità fiscale pro capite degli enti tra 60 mila e 100 mila abitanti) risultano abnormi per un mini-ente;
ciò è possibile perché l'ingente patrimonio immobiliare presente in questi piccoli comuni, costituito spesso da seconde case non più abitate, spalmato su una popolazione esigua, porta inevitabilmente la capacità fiscale pro capite a livelli pari a quelli delle metropoli (695 euro è il valore di riferimento per le città sopra i 250.000 abitanti);
i piccoli comuni sono quindi penalizzati, perché il loro alto valore di capacità fiscale, che non viene compensato da elevati fabbisogni come nel caso delle grandi città, rischia di portare inevitabilmente a una penalizzazione nella distribuzione delle risorse;
la riduzione della capacità fiscale porterà a una riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale 2018, fermo restando che il totale delle risorse a disposizione dei comuni resterà invariato;
si consideri infine che la stessa criticità si presenta anche per i comuni ad alta vocazione turistica,
impegna il Governo:
1) ad attuare tempestivamente ed integralmente, mediante provvedimenti ad hoc o nell'ambito della prima iniziativa utile, la normativa sul federalismo fiscale, così come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, al fine di completare l'attuazione del nuovo articolo 119 che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa, di cui non è mai stata completata l'attuazione, come specificato in premessa;
2) con lo scopo di aumentare il risparmio pubblico e razionalizzare la spesa pubblica mantenendo al contempo una erogazione ottimale dei servizi ai cittadini, ad assumere iniziative per prevedere una disciplina più vantaggiosa per gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità interno e il pareggio di bilancio, tenendo conto del residuo fiscale positivo, al fine di premiare altresì i comuni virtuosi ed incentivare così i meno virtuosi ad allinearsi ai costi standard;
3) ad adottare al più presto adeguati strumenti normativi di riparto del fondo di solidarietà comunale al fine di non penalizzare, come esposto in premessa, i «mini-enti», così come pure i comuni a vocazione turistica, in modo da evitare che l'elevata capacità fiscale prodotta da questi causi una sproporzionata riduzione della quota perequativa del fondo di solidarietà comunale per il prossimo anno.
(1-01709) (Nuova formulazione) «Simonetti, Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».