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Atto a cui si riferisce:
C.4640 Istituzione del XGiorno dell'internato militare italiano"


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4640


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
FABBRI, NACCARATO, CUPERLO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BARUFFI, PAOLA BOLDRINI, BOLOGNESI, CARRA, CASELLATO, DE MARIA, D'OTTAVIO, ERMINI, FAMIGLIETTI, GIANNI FARINA, FERRARI, FIANO, FIORIO, FUSILLI, CARLO GALLI, GASPARINI, GIACOBBE, GIORGIS, GNECCHI, GRIBAUDO, INCERTI, LATTUCA, LAURICELLA, PATRIZIA MAESTRI, MARANTELLI, MOGNATO, MONTRONI, MOSCATT, PAGANI, POLLASTRINI, RICHETTI, FRANCESCO SANNA, GIOVANNA SANNA, SCHIRÒ, TARICCO, TULLO
Istituzione del «Giorno dell'internato militare italiano»
Presentata il 14 settembre 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — La Seconda guerra mondiale fu causa di sofferenze materiali e morali per tutta l'umanità: bombardamenti devastarono città e campagne, causando milioni di morti e di feriti.
      Il potere della Germania nazista tenne in scacco tutta l'Europa occupata, manifestandosi con soprusi legalizzati, rappresaglie e deportazioni in massa. L'Italia, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, ne fece le spese, in quanto l'armistizio non pose fine alla guerra come sperava ma, al contrario, intensificò le sofferenze e i primi a esserne colpiti furono i militari, in particolare quelli che si trovavano in quel momento fuori del territorio nazionale, abbandonati a se stessi.
      La presente proposta di legge, che istituisce il «Giorno dell'internato militare italiano», nasce al fine di non disperdere il patrimonio storico, culturale e umano legato al grande dramma che, tra l'8 settembre 1943 e il maggio 1945, coinvolse più di 600.000 uomini delle Forze armate, catturati su più fronti dalle truppe tedesche dopo l'armistizio dell'Italia con gli alleati e che subirono la deportazione, l'internamento nei lager e il lavoro coatto nei territori del Terzo Reich o da esso controllati.
      Il regime nazista, dopo averli considerati in un primo tempo prigionieri di guerra, il 20 settembre 1943, nel disprezzo delle norme di diritto internazionale, modificò il loro status in «internati militari», per utilizzarli coattivamente come forza lavoro. Il termine «internato militare» ricorre nel diritto internazionale solo con riferimento ai militari di uno Stato belligerante che si trovino sul territorio, inteso in senso lato, di uno Stato neutrale (articoli 57 e seguenti della Convenzione de L'Aia del 1899 sulle leggi e gli usi della guerra terrestre).
      Agli oltre 600.000 militari italiani fu data la possibilità di non subire il lager se avessero accettato di continuare la guerra a fianco della Germania nazista o se avessero aderito alla Repubblica sociale italiana.
      Il rifiuto di continuare la guerra a fianco della Germania fu, sia per gli ufficiali che per i soldati, una scelta individuale. In particolare questi ultimi non furono influenzati dalle indicazioni dei superiori; lontani dall'Italia e dalle loro famiglie, si trovarono a dover prendere una decisione autonomamente. La risposta, quasi univoca e corale, fu un rifiuto a qualsiasi collaborazione a quei regimi dittatoriali che avevano fatto della guerra uno dei principali obiettivi. Dopo l'8 settembre 1943 in tutti questi individui, nati e cresciuti durante il fascismo, cominciò a formarsi una coscienza civile che portò, dopo la fine della guerra, alla nascita della Repubblica italiana la cui Costituzione democratica, all'articolo 11, dichiara che «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
      Gli internati militari italiani (IMI) preferirono, quindi, restare nei lager ed essere sottoposti per venti lunghi mesi a un trattamento disumano; subirono umiliazioni, fame, le più tremende vessazioni e lavoro coatto nei settori più pesanti, in una Germania particolarmente ostile che li considerava traditori. Circa 50.000 non fecero più ritorno e quelli che tornarono furono segnati per sempre.
      Anche il rientro in Italia degli internati nei lager a fine guerra fu causa di ulteriori pene e umiliazioni, in quanto essi furono considerati come reduci da una normale prigionia di guerra, quando addirittura non furono sospettati di aver lavorato «volontariamente» per il regime nazista. Molti di loro si chiusero nel più assoluto silenzio, in pubblico e in famiglia, e non ebbero la forza di raccontare gli incredibili patimenti subiti.
      Una coltre di silenzio ha coperto per molti decenni la vicenda degli IMI, «resistenti senza armi», ma da qualche tempo molte famiglie ricercano le storie che hanno coinvolto i loro padri o i loro nonni.
      Nel vertice bilaterale italo-tedesco, tenutosi il 18 novembre 2008, i due Governi, nel ribadire la loro fedeltà agli ideali di riconciliazione, solidarietà e integrazione, che sono alla base del processo di costruzione europea, hanno convenuto di dare vita a una Commissione costituita da storici italiani e tedeschi, con il mandato di un approfondimento comune sul passato di guerra italo-tedesco e in particolare sugli IMI, come contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria.
      A conclusione dei suoi lavori, la Commissione ha presentato, il 19 dicembre 2012, presso la Farnesina, un articolato rapporto, che dedica un intero capitolo alla drammatica storia degli IMI, segnalando i momenti salienti della complessa vicenda individuale e collettiva. Il racconto degli storici sintetizza situazioni, stati d'animo, cause e concause che determinarono certe scelte, sia da parte dei militari italiani, sia da parte delle autorità del Terzo Reich. Si accenna, in un veloce excursus, alle condizioni di vita e di lavoro, al rapporto con gli organi di controllo, alle violenze fisiche e morali perpetrate verso quanti avevano deciso di non collaborare con il nazionalsocialismo, pronunciando ripetutamente il loro «no» di fronte alle profferte che avrebbero potuto alleggerire la loro condizione. Ben delineati, inoltre, sono gli interessi economici tedeschi legati all'uso dei militari italiani come forza lavoro e le modalità attraverso le quali, per una politica di sfruttamento, fu conseguente «l'arbitrario» cambiamento di status: da prigionieri di guerra a internati militari e successivamente a lavoratori civili, tra il luglio e il settembre del 1944.
      Per perpetuare la memoria degli IMI che furono deportati e costretti al lavoro per l'apparato bellico tedesco è necessario far conoscere quei fatti che furono alla base della ricostruzione morale e materiale della nazione. A tal fine è opportuno affiancare alla concessione della medaglia d'onore, disposta dall'articolo 1, comma 1272, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, iniziative che promuovano il ricordo di quei tragici eventi, soprattutto presso i giovani, coinvolgendo in particolare le istituzioni universitarie e scolastiche di ogni ordine e grado.
      Le associazioni storiche combattentistiche: Associazione nazionale ex internati (ANEI) – e Associazione nazionale reduci della prigionia, dall'internamento e dalla guerra di liberazione e loro familiari (ANRP) –, enti morali costituiti con decreto del Presidente della Repubblica, posti sotto la vigilanza del Ministero della difesa, con i rispettivi impegni e in coerenza con le proprie finalità statutarie, provvedono a «mantenere viva la memoria di coloro che immolarono la loro vita per la salvezza della patria e a tributare loro ogni onoranza», nonché a «conservare e custodire il patrimonio morale che gli IMI, con le loro sofferenze e la loro partecipazione morale e materiale alla lotta di Liberazione hanno acquisito, con l'impegno di trasmetterlo alle nuove generazioni». In particolare, l'opera dell'ANEI – attraverso il Museo dell'internamento di Padova – e dell'ANRP – attraverso la realizzazione e l'aggiornamento dell'Albo degli IMI caduti nei lager nazisti 1943-1945, la Mostra permanente – vite di IMI – e il Centro studi, documentazione e ricerca con biblioteca specializzata di Roma, hanno permesso di mantenere e diffondere la memoria degli eventi e delle vicende che coinvolsero oltre seicentomila militari italiani internati nei lager tedeschi.
      Pensiamo sia utile che tale ricordo resti nella coscienza dei popoli perché l'uomo di oggi e di domani non consideri inevitabili le situazioni di guerra e possa essere trattato nella sua piena dignità umana, ma soprattutto perché gli orrori e l'infamia che hanno disonorato il nostro tempo siano, per quanto possibile, risparmiati alle future generazioni.
      Per facilitare tale intento si propone di istituire, come data commemorativa degli IMI, il giorno 20 settembre, che nel 1943 fu la data in cui il regime nazista, nel disprezzo delle norme di diritto internazionale, modificò il loro status da prigionieri di guerra a «internati militari», per utilizzarli come forza lavoro. Gli IMI si sacrificarono per raggiungere quella pace che oggi, a distanza di oltre settanta anni, ancora l'Europa è capace di mantenere. La denominazione di IMI, voluta dal nazismo, a violazione di tutte le leggi di guerra, dei diritti inalienabili della persona e quale atto di coercizione, deve trasformarsi in un messaggio di pace.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. La Repubblica riconosce il 20 settembre quale «Giorno dell'internato militare italiano» al fine di conservare e di rinnovare la memoria dell'inizio della lunga sofferenza degli oltre 600.000 militari italiani internati nei lager nazisti i quali, per aver deciso di non collaborare con il nazionalsocialismo, rifiutando, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, di continuare un conflitto a fianco del Terzo Reich e della Repubblica sociale italiana, regimi dittatoriali che consideravano la guerra uno dei loro obiettivi, subirono volontariamente violenze fisiche e morali e furono costretti al lavoro coatto.
      2. Il Giorno di cui al comma 1 del presente articolo è considerato solennità civile ai sensi dell'articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260. Esso non determina riduzioni dell'orario di lavoro degli uffici pubblici né, qualora cada in giorni feriali, costituisce giorno di vacanza o comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado, ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54.

Art. 2.

      1. Nel Giorno di cui all'articolo 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi e della drammatica vicenda degli internati militari italiani, in particolare presso i giovani delle università e delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa. È altresì favorita la promozione di manifestazioni pubbliche, incontri e dibattiti, momenti comuni di ricordo dei fatti e di riflessione, ricerche e pubblicazioni, organizzate dall'Associazione nazionale ex internati e dall'Associazione nazionale reduci della prigionia, dall'internamento e dalla guerra di liberazione e loro familiari, che hanno custodito la memoria di quegli eventi.