• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.6/00261 esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017; premesso che: l'Italia è ancora il Paese che cresce più lentamente in Europa, mentre a livello europeo ed...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00261 presentata da PAOLO ROMANI
mercoledì 4 ottobre 2017, seduta n.889

Il Senato,
esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017;
premesso che:
l'Italia è ancora il Paese che cresce più lentamente in Europa, mentre a livello europeo ed internazionale si è registrato un netto miglioramento. Nonostante il Governo faccia dichiarazioni in merito alla ripresa dopo la durissima crisi, il PIL italiano, nel 2016, è cresciuto soltanto dello 0,9 per cento, ossia uno 0,1 per cento in più rispetto al dato del 2015, confermando l'Italia all'ultimo posto dell'Eurozona: Infatti, secondo i dati dell'OCSE e del FMI, nel 2017, la Francia è cresciuta a ritmi stimati tra lo l'1,5 e l'7,7 per cento, la Germani tra l'1,8 per cento e il 2,2 per cento e la Spagna continua la sua scalata con una media tra il 3,1 per cento e il 2,8 per cento;
il dato di crescita economica, pur confermandosi di segno positivo, si attesta dunque a livelli inferiori rispetto alla media europea. La Commissione europea, infatti, nel suo ultimo rapporto relativo alle previsioni di primavera, da un lato, ha confermato le stime italiane sul PIL a +0,9 per cento nel 2017 e a+1,1 per cento nel 2018, dall'altro ha alzato le previsioni sull'area euro, portando il Pil 2017 a +1,7 per cento da +1,6 per cento stimato in inverno;
la crisi finanziaria globale resta ancora lontana dalla sua risoluzione e sulla ripresa italiana ed internazionale gravano ancora le incognite legate alla stretta monetaria che le banche centrali stanno attuando negli Stati Uniti, nell'Eurozona e in Giappone, al persistente contesto di bassa inflazione (lowflation) che i banchieri centrali non riescono ancora a spiegare, al possibile rallentamento dell'economia cinese, all'ulteriore, possibile aumento dei tassi di interessi da parte della Federal Reserve e al rischio di una nuova crisi sistemica del settore bancario dei Paesi del Sud Europa, dopo l'entrata a regime della direttiva europea sul bail-in e in seguito al recente downgrade di Deutsche Bank;
i Governi di centrosinistra, nell'ecatombe bancaria che ha afflitto l'Italia, hanno enormi colpe, avendo recepito la direttiva europea senza effettuare prima una attenta riflessione sui suoi possibili effetti, causando così l'azzeramento dei risparmi di quasi duecentomila famiglie italiane, che ancora attendono di essere rimborsate;
il quadro macroeconomico e di finanza pubblica presentato dal Governo con la Nota di aggiornamento al DEF sembra essere caratterizzato da eccessivo ottimismo, soprattutto in relazione alle previsioni sul tasso di crescita del PIL per il prossimo triennio, se si effettua un confronto delle previsioni fornite dall'Esecutivo con quelle fornite dalle principali istituzioni internazionali, che hanno presentato stime decisamente più basse, soprattutto per il prossimo biennio;
nel loro dossier sulla Nota di aggiornamento, il Servizio studi e del bilancio di Camera e Senato hanno espresso numerose critiche nei confronti del documento presentato dal Governo: sottovalutazione dei rischi legati all'andamento economico internazionale, eccessivo ottimismo nella stima legata alle entrate, soprattutto quelle derivanti dalla voluntary disclosure bis, giudicate troppo aleatorie, errori di contabilizzazione, mancate informazioni sulla rilevazione delle spese e numerose altre. Per quanto riguarda le spese, la critica più pesante si riferisce al capitolo pensioni, ritenute troppo basse, in quanto il Tesoro, nel quantificarle, sembra non aver tenuto in debita considerazione il peggioramento della situazione demografica del Paese, relativamente alla variabile dei flussi migratori legati a motivi di lavoro e a quella del tasso di fecondità totale;
l'intenzione del Governo di fare ricorso ad una ennesima manovra in deficit, ricorrendo ad ulteriori margini di flessibilità garantiti dall'Unione europea, appare attuabile soltanto grazie all'esistenza di un tacito accordo politico con gli alti funzionari di Bruxelles, dal momento che l'applicazione della cosiddetta clausola per "circostanze eccezionali" (sisma e immigrazione), utilizzata nel recente passato, non è più utilizzabile;
leggendo la Nota, il Governo sembra dare già per acquisita la concessione di maggior deficit, su cui la Commissione europea e l'Eurogruppo, però, non si sono ancora espressi, se non attraverso una generica promessa. Tali valutazioni, infatti, possono essere effettuate ufficialmente soltanto a seguito dell'analisi dei documenti programmatici degli Stati membri, dopo la presentazione della legge di bilancio, il cui termine è fissato per il 15 ottobre, e comunque non prima del 30 novembre;
il fatto che il ministro Padoan abbia più volte parlato di un "sentiero stretto dei conti pubblici" lascia intendere, in ogni caso, una grande difficoltà per l'Italia nel disporre di margini di manovra sufficientemente ampi per attuare gli ambiziosi piani espansivi del Governo;
se pure all'Italia venisse concesso di aumentare il rapporto deficit/Pil per il 2017 fino al livello del 1,6 per cento, rispetto all'1,2 per cento previsto dal DEF di aprile, pesanti manovre correttive dovrebbero essere attuate negli anni successivi dal futuro governo in carica, al fine di raggiungere il pareggio strutturale di bilancio previsto dalla Costituzione e già concordato con le autorità europee, sempre annunciato da tutti i governi di centrosinistra che si sono succeduti e finora mai raggiunto;
questo dimostra come la strategia di politica economica dell'Esecutivo sia egoista e irresponsabile, esclusivamente orientata a creare deficit di breve periodo, facendo finta di dimenticare che questo si tradurrà, ancora una volta, in un aumento di debito pubblico, che ha già raggiunto la cifra record di 2.300 miliardi di euro; un fardello irresponsabilmente addossato sulle future generazioni;
il debito pubblico italiano si attesterà, infatti, al 131,6 per cento nel 2017, nonostante il miglioramento del PIL e contrariamente alle promesse del Governo di una sua riduzione sostanziale. La mancata riduzione è dovuta, in larga parte, alla totale assenza di entrate da privatizzazioni, il cui peso rispetto al PIL è stato addirittura rivisto al ribasso nella Nota, e da dismissione del patrimonio pubblico, praticamente inesistente. L'Italia conferma così, anche nel 2017, di avere il secondo debito pubblico più alto di tutta l'Eurozona, secondo soltanto a quello della Grecia. Una vera e propria bomba ad orologeria pronta a scoppiare, proprio nel momento in cui la riduzione del programma di allentamento quantitativo è stato annunciato dalla Banca centrale europea, evento che provocherà un forte aumento dei rendimenti dei BTP italiani e della spesa per interessi, con ulteriore aumento di deficit e debito;
eppure, qualche condizione positiva da sfruttare ci sarebbe, per il Governo. La forza dell'euro rispetto al dollaro, per esempio, potrebbe infatti ridursi a breve, a seguito della decisione della Federal Reserve di aumentare i Fed funds e ridurre le dimensioni del suo bilancio. Una opportunità unica per le nostre imprese con forte vocazione all'export. Inoltre, il basso prezzo del petrolio causato dalla rivoluzione dello shale oil americano e dai continui litigi tra i Paesi OPEC hanno finora contribuito a tenere bassa l'inflazione in tutta l'Eurozona. Tuttavia, la cessazione del programma straordinario di acquisti di asset da parte della BCE rischia di creare una serie minacce per le finanze pubbliche italiane. Non avere approfittato delle circostanze economiche e monetarie favorevoli per intraprendere riforme economiche strutturali, da lungo tempo invocate da Mario Draghi, focalizzate sul mercato e sui suoi meccanismi di funzionamento, può costare molto caro;
la dimostrazione di quanto appena detto si ritrova nelle previsioni dei principali organismi internazionali. Secondo il Fondo monetario internazionale, infatti, nei prossimi anni l'Italia sarà tra i paesi dell'Eurozona che cresceranno di meno;
allo stesso modo, non si comprende come la riforma del bilancio dello Stato e la ridefinizione delle regole dell'equilibrio di bilancio di regioni ed enti locali possano portare a veri risparmi, senza il passaggio dalla spesa storica (finora sinonimo di sprechi) al costo standard (benchmark di riferimento per l'erogazione di prodotti e servizi di qualità). Quest'ultimo, infatti, è l'unico efficace metodo per orientare la politica delle amministrazioni pubbliche verso una nuova logica meritocratica che superi le note inefficienze del passato, attivando il circuito della responsabilizzazione degli enti e favorendo la trasparenza dei processi decisionali di spesa, al fine di garantire un elevatissimo grado di gestione responsabile del pubblico denaro;
in assenza di drastiche misure di contenimento della spesa pubblica e in presenza di continui ricorsi a manovre finanziarie in deficit, infatti, è plausibile che, come già avvenuto per il 2017, anche nel 2018 il disegno di assestamento evidenzi che il sentiero di riduzione della spesa è ancora lontano dagli obiettivi prefissati;
in tema di riduzione della spesa, risparmio e gestione oculata delle risorse pubbliche, il settore in cui è maggiormente possibile ottenere questi risultati è proprio l'ambito della pubblica amministrazione in cui gli sprechi non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa;
in questa direzione, la riforma del federalismo ha voluto inserire, nel nostro ordinamento, un sistema di finanza multilivello che assicurasse un coordinamento unitario e coerente fra le stesse politiche pubbliche che si sviluppano a diversi livelli di governo;
si rende necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi) al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
ciò accade anche perché in questo Paese non è stata mai adottata una reale politica federalista. Il che ha avuto ripercussioni in merito alla mancata responsabilizzazione degli amministratori locali che in molti casi ha avuto effetti degenerativi che hanno contribuito, anche, a far dilagare i fenomeni corruttivi e ad allontanare i cittadini dalle istituzioni e dalla politica. Come prima ricordato, oltre ad alimentare, quindi, un patologico uso criminale delle risorse, il centralismo ha perpetrato un sistema strutturato di cattiva gestione delle finanze pubbliche;
è necessario quindi riavviare il più presto possibile il percorso federalista. Il prossimo 22 ottobre con il referendum consultivo che si terrà nelle regioni Veneto e Lombardia sarà il popolo, nell'esercizio del proprio libero voto, a fornire l'occasione per riconsiderare l'importanza storica di permettere alle regioni, non solo a quelle strettamente interessate dalla consultazione, di esercitare in piena autonomia le competenze legislative e di gestire le risorse finanziarie provenienti dai propri territori;
tenuto conto dei dati demografici allarmanti che si rilevano dalla Nota, accanto all'attuazione della riforma del federalismo e delle autonomie, si rendono necessarie nuove e più organiche riforme, soprattutto nel campo delle politiche sociali e familiari: tali misure non devono essere i soliti frammentati interventi "spot", dettati esclusivamente da esigenze di natura elettorale, ma, come rileva la stessa Corte di conti devono costituire "un'azione incessante e prolungata di riforme strutturali in grado di ingenerare fiducia, accrescere i tassi di natalità, promuovere gli investimenti in infrastrutture materiali", prima fra tutte gli asili nido e i servizi socio-educativi, al fine di creare "nuove condizioni perché gli scenari demografici ed economici alla base della nuove proiezioni siano capovolti";
a questo riguardo, si ricorda che il Governo, nell'ultimo disegno di legge sull'assestamento del bilancio 2017, ha previsto un aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui, però, 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori. Al contempo, ha operato un taglio di ben 50 milioni di euro alle politiche per l'infanzia e la famiglia e di ben 234,4 milioni alle politiche di sostegno per le non autosufficienze;
in considerazione della situazione di difficoltà personale e fisica che le persone con disabilità, gli invalidi civili e le persone non autosufficienti vivono ogni giorno, con i relativi costi economici che queste persone e le loro famiglie devono sostenere, è inaccettabile che uno Stato, che nel suo testo costituzionale reca principi di ordine sociale, possa diminuire risorse destinate al sostegno di queste situazioni di svantaggio sociale ed economico;
è nota, inoltre, nel nostro Paese, la difficile situazione economica in cui versano molte famiglie italiane a causa della crisi ancora non superata, la quale ha portato ad un incremento preoccupante della povertà che, a luglio 2017, ha registrato il picco di 5 milioni di italiani in condizioni di assoluta indigenza (tra cui 1,6 milioni di famiglie); in particolare, l'incidenza di povertà assoluta sul totale delle famiglie è pari al 6,3 per cento, praticamente in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Tra le famiglie con tre o più figli minori l'incidenza della povertà assoluta, anzi, è aumentata quasi del 50 per cento passando dal 18,3 al 26,8 per cento;
si rendono dunque necessarie nuove politiche sociali destinate al sostegno della famiglia e della natalità;
la mancata implementazione dei costi e fabbisogni standard, già previsti dalla (finora inattuata) riforma del federalismo fiscale, inoltre, ha avuto ed avrà in futuro delle pesanti ripercussioni sulla sanità pubblica, in cui i tagli lineari indiscriminati si sono ripercossi e si ripercuotono pesantemente sui cittadini, soprattutto su quelli più poveri che, nel corso degli ultimi tempi, rinunciano sempre più spesso alle sempre più costose cure;
da anni si discute della necessità di effettuare risparmi nel settore sanitario, confondendo però il concetto di taglio strictu sensu con quello di spending review; la vera revisione della spesa consiste, infatti, nell'applicare i costi standard immediatamente, tagliando gli sprechi, imponendo best practices a tutte le Regioni ed evitando che i tagli lineari siano a detrimento dell'erogazione dei servizi;
quanto sostenuto dal ministro Padoan riguardo alla spesa sanitaria, nel corso dell'audizione svoltasi nelle Commissioni bilancio riunite del Senato e della Camera, è del tutto insoddisfacente. L'Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito che il livello minimo di finanziamento per un'assistenza sanitaria sufficiente richiede una spesa pari al 6,5 per cento del PIL: al di sotto di tale percentuale si compromette la qualità delle prestazioni erogate. La nostra spesa è inferiore a quella degli altri Paesi europei, e le difficoltà di accesso dei cittadini alle cure sono note e in aumento. Giova inoltre sottolineare che i LEA introdotti recentemente devono essere adeguatamente finanziati. Per tale motivo, parlare di aumento in termini assoluti della spesa sanitaria, quando la percentuale rispetto al PIL scenderà fino al 6,3 per cento nel 2020, significa voler mascherare una precisa scelta politica del Governo, ossia quella di non tagliare sugli sprechi, ma sulla salute;
come emerge dal "Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva", allegato alla presente Nota, per quanto riguarda le locazioni l'evasione tributaria (tax gap) è passata, tra il 2010 ed il 2015 da 2,3 a 1,3 miliardi di euro, mentre la propensione al gap è scesa dal 25,3 per cento al 15,3 per cento. Tale riduzione è stata favorita dall'introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi;
con riguardo alla spesa pensionistica, risulta quanto mai sconcertante la previsione-già contenuta nel DEF 2017- di un'impennata di tale spesa quale conseguenza della riduzione dei flussi migratori;
anche nella nota di aggiornamento al DEF il Governo insiste sulla teoria che se i conti sulla spesa pensionistica non tornano è perché il numero di immigrati è inferiore a quelli previsti;
tali presupposti, del tutto errati a parere dei firmatari del presente atto, lasciano temere un nuovo giro di vite sulle pensioni nella prossima legge di bilancio, sulla falsariga di quanto avvenuto con il decreto n. 214 del 2011, invece che interventi mirati per accrescere l'occupazione, favorire il ricambio generazionale e combattere il fenomeno delle "culle vuote";
l'errore grave, peraltro, è nel non considerare che, se un tempo l'immigrato chiamato dall'impresa col cosiddetto "decreto-flussi" poteva rappresentare una ipotetica risorsa per le casse dell'Inps, oggi la figura dell'immigrato nel nostro Paese è colui che, entrato illegalmente, vi permane in attesa di ottenere lo status di rifugiato o di profugo o altra forma di protezione internazionale e, come tale, rappresenta un costo per lo Stato, in termini di assistenza sociale, sanitaria e giudiziaria;
in tema di pensioni, invero, il Governo dovrebbe abbassare l'età anagrafica dell'età pensionabile, atteso che l'Italia ha già abbondantemente oltrepassato la media europea nell'età pensionabile e che l'innalzamento dell'età anagrafica operato dalla riforma Fornero ha già assorbito gli eventuali ulteriori aumenti derivanti dall'adeguamento dei requisiti pensionistici all'incremento della speranza di vita;
sul tema delle riforme nel campo della scuola, si nota che all'inizio di ogni anno scolastico migliaia di docenti assegnati nelle scuole in tutta Italia hanno fatto ritorno nelle regioni d'origine, in alcuni casi in modo definitivo, in altri con assegnazioni provvisorie legate a permessi per malattia, legge 104 (familiare con disabilità), avvicinamento per figli minori; con il risultato che all'inizio dell'anno scolastico molti presidi sono stati costretti a ricorrere a numerosi supplenti;
i gruppi parlamentari Forza Italia e Lega Nord e Autonomie, effettuata una attenta riflessione sulla Nota di aggiornamento al DEF denunciano preoccupazioni reali, come premessa per poter procedere ad ulteriori sviluppi e confronti parlamentari, dai quali non intendano sottrarsi, nella consapevolezza dei rischi futuri che gravano sulla economia italiana,
impegna il Governo:
ad attuare tempestivamente ed integralmente, mediante provvedimenti ad hoc o nel primo provvedimento utile, la normativa sul federalismo fiscale, così come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, al fine di completare l'attuazione del nuovo articolo 119 che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa di cui non è mai stata completata l'attuazione, come specificato in premessa;
al fine di garantire maggior liquidità agli enti locali da impiegare nell'implementazione dei propri servizi ed investimenti, ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo affinché gli enti medesimi possano iscrivere, ai fine del pareggio di bilancio, una quota dell'avanzo libera, come risultato dal rendiconto dell'anno precedente, qualora utilizzata per le finalità quali: la copertura dei debiti fuori bilancio; i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio ove non possa provvedersi con mezzi ordinari; il finanziamento di spese di investimento o delle spese correnti a carattere non permanente; l'estinzione anticipata dei prestiti;
ad introdurre norme aventi l'obiettivo di ridurre la pressione fiscale da record che grava su imprese e famiglie, implementando una radicale riforma del farraginoso sistema fiscale italiano, che preveda la sua totale semplificazione, l'introduzione di una imposta sul reddito basata su una singola aliquota (flat tax), il definitivo superamento delle misure di accertamento basate sui ricavi presunti, anziché su quelli effettivi, la razionalizzazione dell'arzigogolato sistema delle tax expenditures, senza aumentare la pressione fiscale, nonché l'introduzione, anche in via sperimentale, del "quoziente familiare", che considera il nucleo familiare, e non il singolo contribuente, come soggetto passivo dell'IRPEF,
ad evitare di intraprendere qualsiasi politica volta alla distribuzione di risorse a pioggia, focalizzandosi, invece, su una strategia che si concentri esclusivamente sulle necessarie misure di carattere strutturale e permanente;
a rinunciare definitivamente all'utilizzo di coperture aleatorie, vietate, tra le altre cose, dai regolamenti contabili, come quelle derivati da generiche "misure di contrasto all'evasione fiscale";
a descrivere un quadro quanto più esaustivo di misure atte a stimolare la crescita, i consumi, la domanda interna e la produttività dei fattori, in particolare incentivando gli investimenti privati, la formazione e l'accesso al credito, a sostegno dello sviluppo dell'economia reale e del rilancio del sistema industriale e turistico del Paese;
a presentare nella prossima legge di bilancio disposizioni per la riorganizzazione della spesa dei Fondi strutturali nazionali ed europei destinati al Mezzogiorno, contemplando un piano di completa revisione delle procedure e delle strutture dedicate alla assegnazione ed all'utilizzo dei Fondi europei, nell'ottica dell'attuazione di quelle politiche di adeguamento infrastrutturale indispensabili ad un piano di sviluppo del Mezzogiorno ed alla possibilità di gestire virtuosamente un panorama di competitività mediterranea sempre più complesso e ricco di sfide e di opportunità;
a varare un piano straordinario di riduzione del debito pubblico e di valorizzazione del patrimonio pubblico, basato soprattutto su efficaci e pervasive operazioni di privatizzazione delle società a controllo pubblico e di apertura dei mercati alla concorrenza, nonché su un credibile piano di dismissioni del demanio pubblico;
ad intraprendere misure efficaci per la lotta all'evasione fiscale, da attuarsi non attraverso minacciose operazioni di rimpatrio dei capitali dall'estero ma, soprattutto, attraverso la semplificazione degli adempimenti fiscali a carico di imprese e famiglie;
sempre nell'ottica della lotta all'evasione fiscale, a intraprendere misure finalizzate: ad estendere il regime della cedolare secca, attualmente previsto per i canoni di locazione ad uso abitativo, anche ai canoni di locazione del settore non abitativo; ad estendere il regime della cedolare secca agli alloggi di proprietà condominiale; a prorogare a decorrere dal 2018 l'aliquota ridotta al 10 per cento prevista per i canoni concordati;
ad adottare ogni iniziativa volta a razionalizzazione ed efficientare la spesa pubblica, attuando il piano elaborato dall'allora Commissario alla spending review Carlo Cottarelli, dando seguito a tutte le misure in esso contenute, anche aggiungendo ulteriori interventi che consentano un reale efficientamento della macchina amministrativa, implementando l'utilizzo dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni, in particolar modo nel settore della sanità pubblica;
tenuto conto delle risorse stanziate con decreto del Presidente del Consgilio dei ministri del 21 luglio 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 27 settembre 2017- riguardante il riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) - a monitorare che vi sia, in particolare, un corretto utilizzo delle risorse stanziate per gli interventi di ampliamento, riqualificazione, adeguamento e messa a norma delle strutture ospedaliere, finalizzati a perseguire l'efficienza, l'efficacia e l'economicità gestionale delle prestazioni sanitarie offerte e della sicurezza e agibilità dei luoghi di esercizio dell'attività sanitaria;
nell'ambito della strategia di spending review, ad adottare iniziative volte a ridurre le piante organiche delle istituzioni ed enti che partecipano al bilancio consolidato della pubblica amministrazione, in conseguenza di una completa digitalizzazione della PA e di una responsabile semplificazione delle procedure a carico dei cittadini e delle imprese e a rivedere, quindi, i meccanismi stipendiali nella pubblica amministrazione al fine di valorizzare il merito e l'efficienza;
a prevedere le necessarie coperture finanziarie per attuare il processo di cui al terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, in primo luogo, anche in vista delle consultazioni refenderarie di Veneto e Lombardia, per tutte le Regioni che vorranno godere di maggiore competenze e funzioni legislative e finanziarie, secondo il principio della responsabilità;
a valutare la possibilità di impiegare le risorse nazionali destinate al settore dell'immigrazione e dell'accoglienza a programmi ed interventi finalizzati, da un lato, al sostegno economico e reingresso nel mercato del lavoro a favore dei cittadini che si trovano in stato di disoccupazione e grave difficoltà economica, dall'altro, a politiche familiari e sociali indirizzate al sostegno alle famiglie e alla natalità, sia da un punto di vista di sgravi fiscali che da un punto di vista di implementazione delle infrastrutture e dei servizi offerti sul territorio;
a pensare ad un tipo di fiscalità "formato famiglia, soprattutto a vantaggio delle famiglie più numerose, nonché ad incentivare la natalità attraverso strumenti di sostegno economici permanenti;
a riconoscere quale priorità inderogabile nell'attuazione delle linee politico programmatiche la realizzazione di interventi in materia di servizi socio-educativi per l'infanzia finalizzati ad efficientare il funzionamento del servizio territoriale, la sua diversificazione, flessibilità e capillarizzazione sul territorio secondo un sistema articolato in cui concorrono il pubblico, il privato, il privato sociale e i datori di lavoro;
a promuovere l'incremento delle risorse destinate al Fondo nazionale delle politiche sociali verificandone, inoltre l'equa ripartizione garantendo che in tutte le città italiane vi sia la medesima accessibilità ai servizi;
a modificare in maniera drastica e strutturale la cosiddetta riforma Fornero delle pensioni, al fine di abbassare l'età per l'accesso al pensionamento, reinserendo il sistema delle quote e le pensioni di anzianità;
a tener conto, nella revisione delle norme relative al sistema pensionistico, della necessità di garantire una maggiore equità tra le varie coorti, prevedendo tutele in particolare per i giovani a rischio di non poter ricevere, in futuro, un'adeguata copertura pensionistica, anche attraverso un maggior sviluppo del mercato dei fondi pensione e della previdenza complementare, ed eliminando gli ingiusti privilegi ancora esistenti;
ad adottare ogni iniziativa volta alla rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali ed aventi come controparte il Ministero dell'economia e delle finanze o la Cassa depositi e prestiti S.p.A., consentendo così di liberare risorse da destinare agli investimenti e ai servizi essenziali;
ad assumere iniziative per rivedere i parametri per il Patto di stabilità degli enti locali, alleggerendo i vincoli riservati alle spese per investimenti;
a disporre iniziative di riforma del sistema del credito, affinché esso possa garantire maggiore accessibilità ad imprese e famiglie, evitando di gravare tali soggetti delle proprie incapacità gestionali, attraverso l'introduzione di costi surrettizi e a garantire il risparmio, a disporre ulteriori iniziative sul mercato del risparmio per detassare i dividendi e le plusvalenze degli investimenti privati di medio e lungo periodo nelle piccole e medie aziende italiane, anche non quotate sui mercati regolamentati;
a predisporre interventi di politica industriale e del credito volti a potenziare il settore manifatturiero e il ruolo delle piccole e medie imprese nella valorizzazione economica del territorio, sviluppando inoltre condizioni economiche più favorevoli alla creazione di impresa, riducendo drasticamente gli oneri non economici alla libera iniziativa di impresa e diminuendo al contempo l'onere della componente fiscale;
a ridurre strutturalmente l'elevato costo del lavoro, facendolo convergere verso la media europea attraverso l'introduzione di una flate rate, in maniera da aumentare il tasso di occupazione e, contemporaneamente, garantire maggiore competitività alle nostre imprese;
a completare, finalmente, la riforma del federalismo fiscale iniziata con l'ultimo Governo di centro-destra, che si coniughi con una efficace azione di spending review ad ogni livello di governo e con l'istituzione di forme di premialità per le Regioni più virtuose e punitive per le amministrazioni più costose, anche attraverso la previsione legislativa dell'obbligo di imposizione dei modelli più virtuosi alle Regioni più indebitate e con i costi dei servizi più alti;
ad assumere un atteggiamento più proattivo nei riguardi delle istituzioni europee, al fine di ottenere la cancellazione di taluni vincoli di bilancio e al fine di rendersi protagonista dell'imminente processo di riforma della governance economica e finanziaria dell'Unione;
a sostenere, con specifiche e mirate, azioni il settore agricolo prevedendo, in particolare, interventi a favore delle imprese agricole, strutturalmente sane, che si trovano in temporanea difficoltà, anche a causa di ricorrenti calamità naturali, o che siano state danneggiate da crisi di mercato, attraverso agevolazioni creditizie a fronte della realizzazione di un piano finalizzato al ripristino della redditività, tenuto conto dei limiti previsti dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato;
a sostenere ulteriormente il settore del turismo, nonché la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, aumentando gli interventi volti alla sua tutela, valorizzazione e recupero, anche con l'intervento di investitori privati;
a implementare gli interventi di prevenzione del rischio idrogeologico, prevedendo una campionatura dei comuni che autorizzano progetti di urbanizzazione in aree del proprio territorio ad alto rischio idrogeologico.
(6-00261)
Paolo ROMANI, CENTINAIO, MANDELLI, AZZOLLINI, BOCCARDI, CERONI, COMAROLI, TOSATO, BERNINI, D'ALI', FLORIS, MALAN, GASPARRI, PELINO.