• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/08218 PANIZZA, ZELLER, BERGER - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che: la direttiva del Consiglio dei ministri dell'Unione europea del 21 maggio...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-08218 presentata da FRANCO PANIZZA
martedì 10 ottobre 2017, seduta n.894

PANIZZA, ZELLER, BERGER - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

la direttiva del Consiglio dei ministri dell'Unione europea del 21 maggio 1992 recante "Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche", detta direttiva "Habitat" (direttiva 92/43/CE), e la direttiva "Uccelli" (direttiva 79/409/CEE) costituiscono il cuore della politica comunitaria in materia di conservazione della biodiversità e sono la base legale su cui si fonda "Natura 2000";

scopo della direttiva Habitat è "salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato" (art 2);

per il raggiungimento di questo obiettivo la direttiva stabilisce misure volte ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat e delle specie di interesse comunitario elencati nei suoi allegati;

la direttiva è costruita intorno a 2 pilastri: la rete ecologica "Natura 2000", costituita da siti mirati alla conservazione di habitat e specie elencati rispettivamente negli allegati I e II, e il regime di tutela delle specie elencate negli allegati IV e V;

la direttiva stabilisce norme per la gestione dei siti Natura 2000 e la valutazione d'incidenza (art. 6), il finanziamento (art. 8), il monitoraggio e l'elaborazione di rapporti nazionali sull'attuazione delle disposizioni della direttiva (articoli 11 e 17), e il rilascio di eventuali deroghe (art. 16). Riconosce inoltre l'importanza degli elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione ecologica per la flora e la fauna selvatiche (art. 10);

il recepimento della direttiva è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, modificato ed integrato dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120;

considerato che:

il Corpo forestale dello Stato si occupa della gestione di una rete di riserve naturali, molte delle quali, sono comprese nell'elenco dei siti "Natura 2000". Tali aree protette sono ampiamente distribuite nella penisola italiana comprendendo, dalle Alpi fino alla Calabria, una vasta tipologia di ambienti;

sono state individuate diverse tipologie di minacce ambientali che interessano i 33 siti d'importanza comunitaria del progetto "Life Natura 2000". Nelle zone montane si registrano, in particolare, la riduzione degli ecosistemi di prateria, conseguenza dell'abbandono graduale dei terreni e delle tradizionali attività silvo-pastorali, nonché il degrado e le alterazioni della composizione e della struttura dei boschi. Le formazioni forestali in passato hanno subìto pratiche di utilizzo non sostenibili ed incompatibili con le esigenze di conservazione della biodiversità;

l'impoverimento delle formazioni forestali è connesso con la perdita di alcuni microhabitat essenziali per la sopravvivenza della fauna e il generale depauperamento delle catene alimentari è anche un fattore di minaccia per la sopravvivenza di grandi carnivori;

infatti, la direttiva "Habitat" nel disciplinare la situazione del lupo nell'Unione europea, obbliga gli Stati membri ad assicurare la conservazione del lupo, proibendone la cattura, l'uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione;

tenuto conto che:

il 14 settembre 2017, in Sardegna, si è tenuta una Commissione ambiente ed energia in merito alle deroghe al regime di protezione della specie, congiunta a quella delle politiche agricole, durante la quale il Ministro in indirizzo ha spiegato che il futuro provvedimento per la gestione del lupo a livello nazionale, che avrebbe dovuto prevedere la possibilità di abbattere fino al 5 per cento della popolazione degli animali, in caso di necessità, non andrebbe attuato almeno per 2 anni;

la Provincia autonoma di Trento ha espresso contrarietà a questa decisione. Infatti, la situazione della presenza del lupo sulle montagne trentine sta attraversando una fase particolarmente dinamica, l'animale sta dimostrando notevoli capacità riproduttive e velocità nella dispersione sul territorio. Nella provincia e nelle aree confinanti, nell'arco dell'ultimo biennio, si è assistito ad un considerevole aumento del numero di branchi e di coppie. Ed è così che, ad oggi, in Trentino i lupi sono diventati poco più di una ventina. Vi è un branco nella Lessinia (che fino a questa primavera era composto da 10-12 esemplari dei quali 6 cuccioli e tra i 4 e i 6 adulti) il quale in base alle ultime evidenze del monitoraggio si sarebbe riprodotto anche nel corso del 2017. Vi è poi un ulteriore branco sull'altipiano di Asiago in provincia di Vicenza (che sporadicamente sconfina sul settore trentino dell'altipiano stesso). Infine, vi è una coppia in alta Val di Non, un'ulteriore coppia nell'alta Val di Fassa e nella confinante Val Badia e una terza coppia nella zona di Folgaria. Questo significa che a voler attuare davvero la regola dell'abbattimento del 5 per cento della popolazione, sul territorio trentino si arriverebbe, a stento, a sparare ad un solo lupo;

nel momento in cui i lupi raggiungono un buono stato di conservazione nelle regioni europee e cominciano, di conseguenza, a minacciare altre specie, tra cui anche gli animali da allevamento, danneggiando il naturale equilibrio dell'ecosistema, deve essere avviata una procedura di valutazione che permetta di modificare lo status di specie protetta nella regione;

il lupo e l'orso bruno non sono in alcun modo specie a rischio di estinzione. Per questo va riconosciuto che ci sono territori in Europa, come per esempio il Sudtirolo, nei quali il ritorno di questi predatori porta a situazioni di conflitto inaccettabili;

negli ultimi anni, in Italia si osserva un incremento dei lupi ibridi. Circa un terzo dei 2.000 lupi in Italia sono il risultato di un incrocio con i cani. Questo è causato, da un lato, dalle affinità genetiche tra le due specie e, dall'altro, dal numero crescente di lupi, che hanno allargato il loro spazio vitale. Gli ibridi andrebbero rimossi, in quanto assumono spesso i comportamenti dei cani e sono quindi una minaccia per gli agricoltori e le persone in generale;

occorre a parere degli interroganti rivedere lo status di protezione assoluta per i lupi garantita dalla direttiva europea Habitatattraverso prelievi mirati, soprattutto nelle zone fortemente antropizzate, per difendere l'agricoltura di montagna e gli allevamenti, sempre più colpiti dagli attacchi, visto che il lupo non è più a rischio di estinzione e cresce con una media del 30 per cento all'anno. Sarà sempre un animale protetto, ma deve essere possibile il prelievo mirato,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, nell'ambito del regime di protezione del lupo, non voglia adottare decisioni che tengano conto di dati più aggiornati relativi alla sua presenza, che si basino sull'incremento numerico della specie e della sua capacità di diffondersi nell'arco alpino, considerato che la documentazione che sta alla base della decisione della Commissione, rappresenta un quadro ormai troppo lontano dalla situazione attuale.

(4-08218)