• Testo DDL 1480

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Atto a cui si riferisce:
S.1480 Modifiche agli articoli 85, 87, 88, 92, 94 e 95 della Costituzione


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1480
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
d’iniziativa del senatore TREMONTI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 MAGGIO 2014

Modifiche agli articoli 85, 87, 88, 92, 94 e 95 della Costituzione

Onorevoli Senatori. -- Un Governo eletto dal popolo, per governare. Un capo dello Stato eletto dal Parlamento ma per due soli anni, per garantire.

L'Assemblea costituente decise di non decidere sulla «forma di governo» e, più in generale, decise di non decidere sul rapporto tra Governo, Parlamento e Presidente della Repubblica. Gli effetti di questa non decisione si sono visti fin dal principio ed oggi si vedono drammatizzati, prima a seguito del crollo dei grandi partiti politici e poi per effetto delle pressioni esterne, che sull'Italia sono la proiezione di forze che esprimono la nuova geopolitica del mondo.

In realtà, al principio, nella consapevolezza dei problemi che potevano presentarsi (allora si aveva soprattutto in mente il rischio dell'assemblearismo e dell'instabilità, tipici dei governi della III Repubblica francese), fu presentato un ordine del giorno (Perassi) in cui si prevedeva che la forma di governo dovesse «disciplinarsi... con dispositivi idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo».

A lato, si cominciò in specie a discutere l'opzione per la forma di governo parlamentare, un'opzione che maturò nella sottocommissione della Commissione dei 75, quando si iniziò la discussione, tanto sulle formule «direttoriali» proposte da Mortati, quanto sulle formule «presidenziali» proposte da Calamandrei.

Nei lavori che seguirono l'Assemblea costituente non dette tuttavia seguito e sostanza, né all'ordine del giorno Perassi, né ad altro.

Più che agnostica, l'Assemblea costituente confidava in realtà sulla forza e sul ruolo che sarebbero stati espressi dai grandi partiti politici.

Di riflesso, la Carta costituzionale risultò quindi priva di strumenti formali di razionalizzazione del governo parlamentare e di limitazione delle possibili successive distorsioni applicative.

Quanto poi è successo ed oggi succede, crollati successivamente i grandi partiti politici e nel nuovo scenario geopolitico, è empirica conferma proprio del fatto che la Costituzione ha rinunciato e non contiene in sé strumenti formali di razionalizzazione della forma di governo, così demandando alla prassi e agli equilibri tra i principali attori (istituzionali e politici) l'individuazione di un punto di equilibrio.

È così che, per una serie di cause istituzionali e politiche, si è via via sviluppato un attivismo presidenziale che, nel corso del tempo, si è manifestato in molteplici e crescenti e proteiformi attività, queste solo talvolta sancite dalla stessa Corte costituzionale.

Non si tratta qui di operare una valutazione sull'operato dei singoli protagonisti della vicenda istituzionale. Lo farà la storia.

Si tratta invece di valutare se l'attuale declinazione della nostra forma di governo sia -- o no -- capace di produrre, in prospettiva, stabilità e di rafforzare il circuito della responsabilità di governo dinanzi al Parlamento e al corpo elettorale.

Il sistema si è infatti sviluppato a singhiozzo, facendo emergere un modello sostanzialmente dualista in cui la figura presidenziale concorre o può concorrere attivamente alle funzioni di governo. Ben oltre, quindi, la mera funzione simbolica dell'unità nazionale.

Nel complesso, il sistema ha infine portato ad attribuire al Presidente della Repubblica una funzione di tipo emergenziale, per assicurare il funzionamento delle istituzioni del governo parlamentare, ovvero una molteplicità di poteri che investono a vario titolo la funzione di indirizzo politico.

In fin dei conti sembra riecheggiare ancora una eco dello Statuto albertino, che (articolo 5) al Re solo attribuiva il potere esecutivo. Ancora nel 1883 Luigi Palma scriveva che: «il Re, meglio rappresentando l'interesse generale a fronte dei partiti che si disputano il potere, mantiene per ciò un generale diritto di vera e propria approvazione delle proposte governative».

In sintesi, oggi la funzionalità della forma di governo simile a quella dell'Italia statutaria, priva di una stringente disciplina, è affidata alla buona volontà e alla capacità di ben interpretarla dei partiti in Parlamento oppure al ruolo del Presidente della Repubblica.

Quale che sia l'interpretazione del dettato costituzionale, le controindicazioni sembrano rilevanti: la mancanza di pubblicità e trasparenza dei processi decisionali, l'assenza di responsabilità politica del Presidente, la connessa deresponsabilizzazione dei principali attori di una forma di governo parlamentare.

Per tutte queste ragioni pare dunque oggi preferibile -- se non necessario -- ricondurre la nostra forma di governo al modello monista, in cui è il governo e la sua maggioranza indicati dal corpo elettorale ad assumersi integralmente la responsabilità dell'azione di governo. Il Presidente della Repubblica è chiamato invece a svolgere esclusivamente una funzione di garanzia e di rappresentanza dell'unità nazionale, senza doversi accollare compiti di supplenza che sconfinino nell'indirizzo politico.

In questa direzione si muove il presente disegno di legge costituzionale, che in sintesi:

-- porta a due anni la durata in carica del Presidente della Repubblica;

-- vieta l'assunzione della carica per più di una volta da parte dello stesso soggetto;

-- vieta a chi abbia rivestito tale carica di potere assumere cariche elettive o di governo;

-- vieta per almeno cinque anni dalla cessazione da tale carica lo svolgimento di attività di rilievo pubblico nel settore privato;

-- precisa le funzioni di garanzia costituzionale del Presidente della Repubblica e il carattere tassativo delle funzioni svolte;

-- lega la nomina di un nuovo Presidente del Consiglio all'esito elettorale;

-- rafforza la legittimazione popolare diretta del Presidente del Consiglio, e il suo collegamento con i candidati alle elezioni delle Camere; il sistema elettorale favorisce la formazione di una maggioranza;

-- rafforza i poteri del Governo in Parlamento;

-- rafforza il ruolo del Presidente del Consiglio all'interno del Governo, a partire dall'attribuzione del potere di nomina e revoca dei ministri;

-- disciplina il procedimento di scioglimento delle Camere, attribuendone la responsabilità al Presidente del Consiglio dei ministri;

-- prevede una disciplina transitoria.

Più in dettaglio, l'articolo 1 prevede che il Presidente della Repubblica sia eletto per due anni e non possa essere rieletto disciplinando le forme successive di incompatibilità.

L'articolo 2 modifica l'articolo 87 della Costituzione, precisando che il Presidente della Repubblica è organo di garanzia costituzionale ed esercita le sole funzioni espressamente conferitegli dalla Costituzione.

L'articolo 3 modifica l'articolo 88 della Costituzione sul potere di scioglimento. L'atto di scioglimento e di indizione delle nuove elezioni spetta al Presidente della Repubblica, che lo può adottare solo su richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri, che ne assume la esclusiva responsabilità, ovvero nei casi di cui agli articoli 92, quarto comma (morte, impedimento permanente o dimissioni del Presidente del Consiglio per cause diverse dalla sfiducia) e 94 (Presidente del Consiglio sfiduciato da una Camera).

La richiesta di scioglimento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri non può essere presentata nel caso in cui lo scioglimento sia già stato disposto su richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri nei dodici mesi precedenti.

L'articolo 4 modifica l'articolo 92 della Costituzione. In particolare si prevede che la candidatura alla carica di Presidente del Consiglio dei ministri avviene mediante collegamento con i candidati all'elezione delle Camere, secondo modalità stabilite dalla legge, che assicura la pubblicazione del nome del candidato Presidente del Consiglio dei ministri sulla scheda elettorale.

La legge disciplina l'elezione dei deputati e dei senatori in modo da favorire la formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni delle Camere, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri. In caso di morte, di impedimento permanente, accertato secondo modalità fissate dalla legge, ovvero di dimissioni del Presidente del Consiglio dei ministri per cause diverse dalla sfiducia, il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni delle Camere, nomina un nuovo Presidente del Consiglio dei ministri. In caso di impossibilità, decreta lo scioglimento delle Camere ed indice le elezioni.

L'articolo 5 modifica l'articolo 94 della Costituzione, stabilendo che il Presidente del Consiglio dei ministri deve illustrare il programma del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina. Viene quindi meno il voto di fiducia iniziale al Governo. Ogni anno il Governo presenta il rapporto sulla sua attuazione e sullo stato del Paese. Può chiedere che le Camere si esprimano, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo. In caso di voto contrario, il Presidente del Consiglio dei ministri rassegna le dimissioni, il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento delle Camere ed indice le elezioni. In qualsiasi momento una Camera può obbligare il Presidente del Consiglio dei ministri alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti. In tal caso il Presidente del Consiglio dei ministri sfiduciato si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento delle Camere e indice le elezioni.

L'articolo 6 modifica l'articolo 95 della Costituzione, attribuendo al Presidente del Consiglio il potere di nomina e di revoca dei Ministri, quello di «determinare» la politica generale del Governo e di «garantire» l'unità di indirizzo politico e amministrativo, anche con funzioni di direzione dell'attività dei ministri.

L'articolo 7 disciplina la fase transitoria. Le modifiche apportate al regime delle incompatibilità, della durata in carica e del limite dei mandati del Presidente della Repubblica si applicano anche a chi si trovi in carica all'entrata in vigore della riforma.

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

(Modifica all'articolo 85
della Costituzione)

1. All'articolo 85 della Costituzione, il primo comma è sostituito dai seguenti:

«Il Presidente della Repubblica è eletto per due anni. Nessuno può essere eletto Presidente della Repubblica per più di una volta.

Chi ha rivestito la carica di Presidente della Repubblica non può ricoprire incarichi di governo, cariche pubbliche elettive o di nomina governativa. Non può, se non siano decorsi almeno cinque anni dalla cessazione dalla carica, assumere cariche o esercitare funzioni di rilievo pubblico, individuate con legge costituzionale».

Art. 2.

(Modifica dell'articolo 87
della Costituzione)

1. All'articolo 87 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato, rappresenta l'unità nazionale ed esercita esclusivamente con funzione di garanzia costituzionale le competenze che gli sono espressamente conferite dalla Costituzione».

Art. 3.

(Modifica dell'articolo 88
della Costituzione)

1. L'articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 88. - Il Presidente della Repubblica, su richiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri, che ne assume l’esclusiva responsabilità, ovvero nei casi di cui agli articoli 92, quarto comma, e 94, decreta lo scioglimento delle Camere ed indice le elezioni entro i successivi sessanta giorni.

La richiesta di scioglimento da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri non può essere presentata nel caso in cui lo scioglimento sia già stato disposto su richiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri nei dodici mesi precedenti».

Art. 4.

(Modifica dell'articolo 92
della Costituzione)

1. L'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 92. - Il Governo della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.

La candidatura alla carica di Presidente del Consiglio dei Ministri avviene mediante collegamento con i candidati all'elezione delle Camere, secondo modalità stabilite dalla legge, che assicura altresì la pubblicazione del nome del candidato Presidente del Consiglio dei Ministri sulla scheda elettorale. La legge disciplina l'elezione dei deputati e dei senatori in modo da favorire la formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni delle Camere, nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri.

In caso di morte, di impedimento permanente, accertato secondo modalità fissate dalla legge, ovvero di dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri per cause diverse da quelle di cui all'articolo 94, il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni delle Camere, nomina un nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri. In caso di impossibilità, decreta lo scioglimento delle Camere e indice le elezioni».

Art. 5.

(Modifica dell'articolo 94
della Costituzione)

1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 94. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri illustra il programma del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina. Ogni anno presenta il rapporto sulla sua attuazione e sullo stato del Paese.

Il presidente del Consiglio dei Ministri può chiedere che le Camere si esprimano, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo. In caso di voto contrario, il Presidente del Consiglio dei Ministri rassegna le dimissioni, il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento delle Camere e indice le elezioni.

In qualsiasi momento una Camera può obbligare il Presidente del Consiglio dei Ministri alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti. In tal caso il Presidente del Consiglio dei Ministri sfiduciato si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento delle Camere e indice le elezioni».

Art. 6.

(Modifica all'articolo 95
della Costituzione)

1. All'articolo 95 della Costituzione, il primo comma è sostituito dai seguenti:

«I Ministri sono nominati e revocati dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri determina la politica generale del Governo e ne è responsabile. Garantisce l'unità di indirizzo politico e amministrativo, dirigendo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri».

Art. 7.

(Disposizione transitoria)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 85 e 87 della Costituzione, come modificati dagli articoli 1 e 2 della presente legge costituzionale, si applicano anche a chi, alla data della sua entrata in vigore, ricopre l'ufficio di Presidente della Repubblica.