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Atto a cui si riferisce:
C.1/01732    premesso che:     il 4 giugno 2013, dopo appena pochi mesi dall'inizio di questa legislatura, il Parlamento approvò, pressoché all'unanimità, una mozione sottoscritta...



Atto Camera

Mozione 1-01732presentato daBINETTI Paolatesto diMartedì 17 ottobre 2017, seduta n. 872

   La Camera,

   premesso che:

    il 4 giugno 2013, dopo appena pochi mesi dall'inizio di questa legislatura, il Parlamento approvò, pressoché all'unanimità, una mozione sottoscritta anche dalla prima firmataria del presente atto di indirizzo per la lotta e il contrasto alla violenza sulle donne. Il 28 maggio 2013 è stata approvata la legge di autorizzazione alla ratifica della Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, dell'11 maggio 2011. Più tardi sono state approvate dal Parlamento la legge contro il femminicidio e molte altre iniziative legislative, tutte centrate sulla lotta alla violenza, nelle sue molteplici forme, compresa la violenza che si manifesta sui social media, che con tanta volgarità aggrediscono senza motivo donne, fortemente impegnate nel loro ruolo pubblico;

    l'articolo 1 della Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne delle Nazioni Unite del 1993 afferma: «violenza contro le donne significa ogni atto di violenza fondato sul genere che abbia, o possa avere, come risultato un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata»;

    si è eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha reso più difficile essere fino in fondo se stessa, e ha impoverito tutta la società di autentiche ricchezze spirituali. Non sarebbe certamente facile additare precise responsabilità, considerando la forza delle sedimentazioni culturali che, lungo i secoli, hanno plasmato mentalità e istituzioni. È giunto il momento di guardare con il coraggio della memoria e il riconoscimento delle rispettive responsabilità alla lunga storia in cui le donne hanno dato un contributo non inferiore a quello degli uomini e il più delle volte in condizioni ben più disagiate, esposte alla sottovalutazione, al misconoscimento ed anche all'espropriazione del loro apporto intellettuale. Della molteplice opera delle donne nella storia, purtroppo, molto poco è rimasto di rilevabile con gli strumenti della storiografia scientifica;

    ancora oggi sono molti gli ostacoli che, in tante parti del mondo, impediscono alle donne il pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica. Basti pensare a come viene spesso penalizzato, più che gratificato, il dono della maternità, a tal punto che in Italia si soffre una crisi demografica senza precedenti. È urgente ottenere dappertutto l'effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri di chi vive in una democrazia come la nostra, pur con le sue luci e le sue ombre. Si tratta di un atto di giustizia, ma anche di una necessità. I gravi problemi sul tappeto vedono nella nostra politica sempre più coinvolte le donne: tempo libero, qualità della vita, migrazioni, servizi sociali, eutanasia, droga, sanità e assistenza, ecologia e altro. In tutti questi campi, una maggiore presenza sociale della donna appare preziosa, necessaria per far esplodere le contraddizioni di una società organizzata su puri criteri di efficienza e produttività. Eppure la violenza si scatena sulla donna anche in abito domestico, laddove il suo contributo è più concreto, continuativo e competente;

    uno degli aspetti più delicati della situazione femminile nel mondo è la lunga e umiliante storia di soprusi perpetrati nei confronti delle donne nel campo della sessualità. Non basta condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che hanno per oggetto le donne. In nome del rispetto della persona non si può non denunciare una sempre più diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità, inducendo anche ragazze in giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla mercificazione del loro corpo. Una pubblicità volgare e sessista, legata ad oggetti che nulla hanno a che vedere con la stessa sessualità, appare spesso in televisione e nei grandi cartelloni che si trovano in città dal centro alle periferie;

    in Italia ogni due giorni una donna viene uccisa. Solo lo scorso anno sono state 120 le vittime ammazzate da un marito, fidanzato o convivente. Per capire il fenomeno basta dare uno sguardo ai dati aggiornati, presentati nell'indagine condotta dall'Istat in collaborazione con il Ministero della giustizia. Il fenomeno ha enormi proporzioni e i numeri parlano chiaro: quasi sette milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso nel corso della loro vita. Dalle violenze domestiche allo stalking, dallo stupro all'insulto verbale, la vita femminile è costellata di violazioni della propria sfera intima e personale. Spesso un tentativo di cancellarne l'identità, di minarne profondamente l'indipendenza e la libertà di scelta. Il tragico estremo di tutto questo è rappresentato dal femminicidio, che, anche se in leggero calo rispetto agli anni precedenti, dimostra di essere ancora un reato diffuso ed un problema che necessita di una risposta non solo giudiziaria, ma culturale e educativa;

    e proprio il femminicidio, l'uccisione di una donna con la quale si hanno legami sentimentali o sessuali, rappresenta la parte preponderante degli omicidi contro il genere femminile. Più dell'82 per cento dei delitti commessi a scapito di una donna, nel nostro Paese, sono classificati come femminicidi. Un numero gigantesco: oltre quattro su cinque. Negli ultimi 5 anni si registrano 774 casi di omicidio di donne, una media di circa 150 all'anno. Significa che in Italia ogni due giorni (circa) viene uccisa una donna. Il 16,1 per cento delle donne italiane, secondo lo stesso rapporto, è stato invece vittima di stalking nella maggioranza dei casi da parte di un ex partner. Le conseguenze di queste violenze a breve e lungo termine non si limitano alle lesioni patite, ma anche a stati di depressione cronica, dipendenza da sostanze stupefacenti e alcol e suicidi;

    cinque anni fa c'è stato il richiamo dell'Onu al Governo: «In Italia resta un problema grave, risolverlo è un obbligo internazionale». Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne, rivolgeva al nostro Paese critiche pesanti: «Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita. In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l'adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza, ma questi risultati non hanno però portato a una diminuzione di femminicidi e non si sono tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine»;

    la violenza sulle donne, pur essendo un fenomeno molto diffuso, vede ben poche denunce, anche perché spesso le stesse denunce sottopongono le donne ad una diversa e più sottile forma di violenza: la violenza di non essere credute o di essere indotte a minimizzare l'offesa subita. Esse sono soggette a percosse, spintoni e abusi sessuali, ma anche vessazioni psicologiche, minacce e stalking. Oltre a riempire periodicamente le pagine di cronaca nera, la violenza sulle donne è un fenomeno vasto e dalle sfumature complesse, drammaticamente diffuso ancora a ogni latitudine. Lo dicono i numeri raccolti che tracciano una tendenza chiara, in Italia come all'estero;

    ai nostri tempi la questione dei «diritti della donna» ha acquistato un nuovo significato nel vasto contesto dei diritti della persona umana. La stessa violenza dell'uomo non si sconfigge con la violenza sull'uomo, ma sembra che in tanti anni alcuni uomini non abbiano ancora finito di scoprire questa verità elementare e trasparente: l'unità che si genera dalla differenza è la principale ricchezza dell'intero genere umano;

    diventa necessario a questo punto agire su di un doppio fronte: promuovere in tutti i modi opportuni le donne, valorizzando il femminile che c'è in loro, con un preciso processo di empowerment e contrastare ogni forma di violenza, che scaturisce spesso da uomini immaturi, prepotenti, incapaci di una apertura affettiva che li ponga su di un effettivo piano di integrazione delle differenze,

impegna il Governo:

1) ad accelerare l'adozione e l'effettiva attuazione di una rinnovata politica nazionale anti-violenza e anti-discriminazione, che tenga conto della specificità femminile anche in relazione alla maternità, agli impegni familiari, e alla tutela professionale, soprattutto in quegli ambiti in cui finora la discriminazione è stata maggiore;

2) a promuovere campagne di sensibilizzazione per politici, giornalisti, insegnanti e altre figure professionali al fine di accrescere la comprensione che la violenza femminile è una ferita profonda a tutto il sistema sociale e che la partecipazione piena, uguale, libera e democratica delle donne, nella vita politica e pubblica, è requisito indispensabile per la piena attuazione dei diritti umani delle donne;

3) ad assumere iniziative per rivedere la normativa sullo stalking e sulle molestie sessuali, che attualmente non risulta del tutto efficace per il raggiungimento degli obiettivi specifici;

4) ad assumere iniziative affinché già dal disegno di legge di bilancio 2018 si possa prevedere attraverso politiche sociali adeguate la possibilità di sostenere le donne che hanno subito violenza facilitando l'allontanamento da casa, con i figli e favorendo nuove e diverse forme di inserimento professionale, nonché agevolare la possibilità per le ragazze che desiderano lasciare la prostituzione di sottrarsi a vere e proprie forme di schiavitù e di trovare attività lavorative alternative, assicurando risorse umane, tecniche e finanziarie per la realizzazione sistematica ed efficace delle misure di contrasto della violenza contro le donne;

5) a sostenere, nell'ambito della politica internazionale e nel rapporto con i diversi Stati, i diritti delle donne attraverso misure di contrasto positive alla violenza e alla discriminazione della donna.
(1-01732) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».