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Atto a cui si riferisce:
C.1/01735    premesso che:     Catherine Ashton, già Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea, ha definito la violenza sulle donne «la...



Atto Camera

Mozione 1-01735presentato daVEZZALI Maria Valentinatesto diMercoledì 18 ottobre 2017, seduta n. 873

   La Camera,

   premesso che:

    Catherine Ashton, già Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea, ha definito la violenza sulle donne «la più diffusa violazione dei diritti umani del nostro tempo»;

    la violenza di genere non conosce barriere geografiche, culturali, di classe o etniche;

    nel tempo è stata semplicisticamente ricondotta alla storica disuguaglianza di potere tra donne e uomini. Comprende invece tutti gli atti che si traducono o possono tradursi in lesioni, sofferenze fisiche e sessuali o psicologiche, minacce, coercizione, la privazione della libertà sia pubblica che privata; non essendoci una comune definizione di «violenza sulle donne», a livello europeo e internazionale non esiste una omogeneità di metodi e strumenti utilizzati per la repressione del fenomeno;

    secondo studi condotti dal Consiglio d'Europa, sono state vittime di violenze fisiche almeno una volta nella vita tra il 20 e il 25 per cento delle donne;

    in Europa ogni giorno una donna su cinque subisce una violenza e più di una su dieci l'ha subita con la forza; l'ambito nel quale la violenza è più diffusa è quello domestico dove tra il 12 e il 15 per cento delle donne ne è stata vittima dopo i 16 anni di età;

    le donne subiscono la violenza anche nei luoghi di lavoro fra insulti, mobbing, molestie sessuali, soprattutto nei paesi economicamente più sviluppati;

    fin dal 1999, il 25 novembre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Lo ha decretato, con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea generale delle Nazioni unite a dimostrazione della gravità di un fenomeno di profonda inciviltà che, purtroppo, investe indistintamente tutto il mondo;

    una indagine dell'Istat del 2014 fornisce dati rilevanti: nel complesso diminuisce il numero delle violenze, tranne gli stupri, ma aumenta la loro gravità;

    la stessa indagine dice quanto è alto il costo economico, pubblico e privato, della violenza. Le vittime sono costrette a sostenere spese per cure mediche e psicologiche presso strutture private, per farmaci, legali e per danni alla proprietà. Molte si sono dovute assentare dal lavoro con costi a carico del sistema produttivo o hanno avuto difficoltà a gestire le attività quotidiane. Ai costi diretti vanno aggiunti quelli legati alle prestazioni sanitarie pubbliche, i servizi erogati dai centri antiviolenza, gli interventi di polizia e del sistema giudiziario, nonché i costi sociali indiretti se sono stati coinvolti i figli;

    le donne italiane, purtroppo, denunciano più spesso la violenza se sono vittime di uno straniero e per il tentato stupro il numero di denunce arriva ad essere 10 volte maggiore;

    una indagine dell'Istat condotta nel 2016 stima che siano state 1 milione e 403 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa, hanno subito molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro e che solo una donna su cinque ha raccontato la propria esperienza e quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell'ordine;

    da quando nel 2009 è entrata in vigore la legge che definisce il reato, le condanne per stalking sono in aumento e i reati più frequentemente associati allo stalking sono la violenza privata, le lesioni personali e le ingiurie;

    l'Italia si colloca fra le posizioni più elevate della classifica dei Paesi dove si perpetua il reato di violenza domestica e domestica di genere anche se i dati raccolti a livello ufficiale costituiscono una parte molto ristretta rispetto al dilagare del fenomeno;

    a tale proposito va citata la risoluzione del Parlamento europeo sull'eliminazione della violenza contro le donne del 26 novembre 2009;

    da una rilevazione condotta dal dipartimento delle pari opportunità sul numero di emergenza 1522 risulta che nell'ultimo trimestre siano giunte 222 richieste di aiuto per stalking, 1154 richieste di aiuto da vittime di violenza e che 356 persone hanno segnalato un caso di violenza; tutte richieste esplicite di aiuto che le donne o le persone a loro vicine rivolgono al servizio, in assenza di strumenti alternativi efficaci per rispondere ad un bisogno immediato. La fascia di età più vulnerabile è compresa fra i 35 e i 54 anni;

    la Convenzione del Consiglio d'Europa del 7 aprile 2011 sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, più conosciuta come la Convenzione di Istanbul, evidenzia la relazione fra la violenza e l'assenza di parità di genere; amplia la portata del termine violenza includendo anche quella economica, psicologica e domestica; rileva la necessità di politiche che favoriscano l'effettiva parità fra i sessi e di quelle necessarie ad assicurarne la prevenzione;

    la ratifica ed esecuzione della Convenzione sopra citata è avvenuta con legge n. 77 il 27 giugno 2013; mentre il 15 ottobre dello stesso anno il Parlamento ha approvato la legge n. 119 recante misure urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere; nel 2015, invece, è stato adottato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere,

impegna il Governo:

1) a prevedere campagne di informazione capaci di incoraggiare le donne a denunciare le violenze di cui sono vittime e a richiedere l'assistenza, psicologica, pratica ed economica necessaria all'abbandono dell'ambiente violento;

2) a sostenere il sistema di istruzione affinché promuova fin dall'infanzia forme di comunicazione verbali, figurative e scritte, rispettose della parità di genere anche grazie a corsi di formazione del personale docente per assicurare una educazione che superi vecchi stereotipi, le disuguaglianze e le discriminazioni di genere;

3) a individuare forme efficaci di rilevazione del fenomeno e di condivisione dei dati fra istituzioni pubbliche e forze dell'ordine al fine di comprenderne la reale portata e prevedere misure di contrasto efficaci;

4) a valutare di assumere iniziative per l'inasprimento delle pene per i reati di violenza contro le donne affinché i violenti siano scoraggiati dal riprovarci, visto che per una somma di benefici spesso tornano liberi dopo pochissimo tempo;

5) a valutare la possibilità di recuperare risorse economiche sufficienti al fine di rendere possibile l'uso del braccialetto elettronico per accompagnare i provvedimenti di ammonimento per lesioni e garantire la tutela delle persone offese;

6) a valutare l'adozione di iniziative per l'istituzione di un fondo per le vittime di violenza e per i loro familiari affinché possano avere risorse sufficienti per ricominciare una vita dignitosa, anche in considerazione del fatto che spesso sono costretti a lunghe cure, anche psicologiche, o versano in situazione di invalidità permanente e, per questo sono obbligati a interrompere il lavoro;

7) ad assumere iniziative per prevedere, in presenza di violenze familiari note e reiterate ai danni delle donne, nei casi di separazione, che i maltrattamenti divengano causa di esclusione dell'affido condiviso.
(1-01735) «Vezzali, Francesco Saverio Romano, Abrignani, Auci, Borghese, D'Alessandro, D'Agostino, Faenzi, Galati, Marcolin, Merlo, Parisi, Rabino, Sottanelli, Zanetti».