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Atto a cui si riferisce:
C.1/01734    premesso che:     la violenza sulle donne è un fenomeno trasversale, che colpisce tutte le età, anche quelle più giovani. Il contrasto e la prevenzione della violenza...



Atto Camera

Mozione 1-01734presentato daBRIGNONE Beatricetesto diMercoledì 18 ottobre 2017, seduta n. 873

   La Camera,

   premesso che:

    la violenza sulle donne è un fenomeno trasversale, che colpisce tutte le età, anche quelle più giovani. Il contrasto e la prevenzione della violenza richiedono necessariamente un cambiamento culturale profondo che va costruito con il contributo di tutti: la cultura del rispetto e della parità tra gli uomini e le donne deve essere uno degli obiettivi fondamentali di ogni livello istituzionale;

    le violenze sulle donne sono un intollerabile attacco alla persona e alla libertà individuale, in violazione dei diritti umani delle donne come riconosciuto dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul), ratificata dall'Italia con la legge 27 giugno 2013, n. 77;

    la violenza contro le donne è costituita da «qualunque atto di violenza sessista che produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica sia nella vita privata», come ebbe già a definirla la «Dichiarazione Onu sull'eliminazione della violenza contro le donne» del 1983;

    nonostante la Convenzione di Istanbul costituisca uno dei più recenti strumenti giuridicamente vincolanti per prevenire gli atti di violenza, proteggere le vittime e perseguire gli aggressori, la situazione relativa alle violenze sulle donne e ai femminicidi rimane grave sul piano fattuale; si pone la necessità di monitorare la sua concreta attuazione e che le istituzioni, pubbliche e private, adottino rapidamente e ad ogni livello tutte le misure utili a produrre risultati positivi e duraturi;

    il Senato della Repubblica nel gennaio 2017 ha istituito una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, che include tra i suoi ambiti di competenza anche l'indagine sulla concreta attuazione della Convenzione di Istanbul e l'accertamento del livello di attenzione e della capacità di intervento delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche, competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza alle vittime di violenza di genere;

    in attesa di potersi avvalere anche delle conclusioni dei lavori di questa Commissione, si rileva la gravità della situazione, che è resa evidente dai numeri diffusi dall'Istat: 1 milione 150 mila donne hanno subito stupri o tentati stupri nel corso della vita, quasi 7 milioni di donne hanno subito violenza fisica o sessuale, il 36 per cento delle donne che hanno subito violenza da partner ha avuto paura per la sua vita;

    i numeri di cui si dispone non consentono, tuttavia, di affermare come la situazione stia cambiando, come ricordato da Linda Laura Sabbadini, perché le indagini statistiche sono costose e in Italia quelle «di genere» non sono svolte ogni anno. Alle rilevazioni del 2006 e del 2014 ne seguirà un'altra solo nel 2019, nonostante già nel 1995 la Conferenza mondiale sulle donne di Pechino abbia dichiarato l'importanza degli studi statistici sulla condizione femminile;

    il bilancio dei primi mesi del 2017 in Italia è drammatico per il ripetersi quotidiano di fatti di cronaca di donne ammazzate, anche se gli ultimi dati del Viminale riferiscono che le denunce per stupro sono in diminuzione;

    la «forza» dei numeri di cui si dispone non è però in grado di rappresentare effettivamente la realtà, in quanto la stragrande maggioranza delle donne continua a non denunciare le violenze subite;

    una grandissima parte di stupri non è denunciata, ad esempio, perché si consuma in famiglia, ad opera di mariti, ex mariti, compagni o ex compagni. Altrettanto sommerse rimangono le altre violenze che avvengono tra le mura domestiche (circa il 90 per cento del totale);

    tutelare le donne che non riescono a denunciare una violenza per paura o per vergogna deve divenire anche un obbligo istituzionale a fronte di un 56,3 per cento delle donne vittima di violenze che non trova un confidente cui rivolgersi anche per la mancanza di fiducia verso le istituzioni;

    i centri antiviolenza e le case rifugio sono nel nostro Paese, gli unici presidi a protezione e sostegno delle donne vittime della violenza maschile;

    in Italia, da Nord a Sud, sono presenti 160 strutture, a fronte di quasi 7 milioni di donne italiane che hanno subito violenza almeno una volta nella loro vita. La sproporzione è impressionante e nonostante si facciano carico quasi per intero degli interventi a supporto delle vittime, sopperendo alle mancanze delle istituzioni, quello che viene fatto è svolto in larga parte senza l'aiuto del Governo e di risorse pubbliche;

    numericamente insufficienti, privi di risorse umane e materiali rispetto all'entità del fenomeno, i centri anti-violenza non riescono a fare fronte a tutte le richieste di sostegno, soccorso e appoggio da parte delle vittime;

    i centri antiviolenza sono coinvolti nei tavoli istituzionali e agli incontri voluti dal Dipartimento Pari Opportunità in vista del nuovo Piano nazionale antiviolenza, ma sono sistematicamente messi da parte nella fase decisionale;

    i fondi, già insufficienti, sono spesso assegnati ad enti e associazioni che decidono di occuparsi di violenza all'ultimo minuto, spesso senza professionalità da spendere e progetti validi. La realtà racconta quanto manchi una visione che valorizzi il patrimonio rappresentato dai Centri antiviolenza;

    un aspetto della violenza che non viene quasi mai preso in considerazione dagli interventi pubblici sono i costi diretti della violenza che vengono sopportati dalle donne, a tacere di quelli pubblici e sociali. L'Istat nel 2015 ha calcolato che tra le vittime, una quota di poco inferiore al 15 per cento (14,3 per cento) ha dovuto sostenere spese per cure mediche e psicologiche presso strutture private, spese per farmaci (18,6 per cento), spese legali (12,3 per cento) e per danni a proprietà (5 per cento); molte donne si sono dovute assentare dal lavoro e hanno avuto difficoltà a gestire le attività quotidiane (rispettivamente 5,7 per cento e il 6,7 per cento), nella maggior parte dei casi per più di 10 giorni;

    un altro corno del problema è rappresentato dalle azioni che vanno adottate per cambiare il paradigma della cultura patriarcale e violenta, permettendo di uscire dalla logica degli interventi emergenziali, che spesso sono frutto di improvvisazione e poco efficaci, come quelli individuati dal decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che usa la norma penale quale strumento privilegiato di protezione delle vittime percepite come soggetti deboli da tutelare;

    presso la VII Commissione della Camera dei deputati, da oltre un anno e mezzo, è in corso l'esame di una serie di proposte di legge abbinate che recano l'introduzione dell'educazione di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione; sarebbe assai auspicabile che tutte le forze politiche si adoperassero per portare a conclusione l’iter in questione molto rapidamente;

    le notizie di stupri, di donne morte ammazzate per mano di un uomo sono oggetto della cronaca quasi ogni giorno, ma le parole e le analisi che le accompagnano, sia nei media, che da parte delle istituzioni, spesso costituiscono esse stesse un'ulteriore forma di violenza poiché le donne, i loro corpi e le loro sofferenze vengono sovente strumentalizzate in occasione di un evento tanto drammatico e doloroso;

    quando si parla della violenza di genere il corpo delle donne è presentato spesso come oggetto di conquista, visto con lo sguardo della cultura patriarcale che porta al conseguente gesto della violenza maschile e alle sue molteplici giustificazioni;

    quando a compiere la violenza è un migrante le donne diventano le «nostre donne» – proprietà dei «patri uomini» – da difendere contro l'invasione straniera. Se, invece, autore della violenza è un maschio italiano, a volte il messaggio che passa è che la violenza possa essere colpa delle donne, delle loro abitudini, nel fatto che credano nel principio dell'autodeterminazione, nell'autodifesa, nella libertà. Il corpo allora andrebbe coperto, circondato da una «corazza protettiva», secondo le parole del «manuale per le donne» di recente pubblicato da Il Messaggero. Oppure, come ripetuto sempre di recente da un rappresentante delle istituzioni, le donne dovrebbero tenere conto che il desiderio maschile è «istinto primordiale», quasi che, se lo dimenticassero, la responsabilità della violenza possa essere loro;

    l'omicidio di una ragazza di 16 anni, uccisa da un ragazzo di 17, ha svelato nella cronaca il comune tentativo di derubricare la violenza a fatto di gelosia e devianza e a occultare questioni ben più scomode, che porterebbero a interrogarsi sui modelli dell'identità maschile piuttosto che stilare vademecum antistupro;

    contrastare gli stereotipi e contribuire ad un cambiamento culturale a partire da un'informazione corretta e un uso consapevole del linguaggio, dovrebbe essere alla base di qualunque attività di formazione e aggiornamento dei giornalisti e di chiunque lavori nel campo dei media, nonché patrimonio di tutti e tutte coloro che operano nelle istituzioni;

    nonostante il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, prevedesse l'adozione di un Piano nazionale antiviolenza, che considerato il contesto normativo nel quale era inserito, avrebbe dovuto essere adottato con urgenza, ci sono voluti ben due anni perché questo fosse approvato; il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, è stato infatti adottato dopo una lunga gestazione tra polemiche e dubbi sull'utilizzo dei fondi da parte delle regioni;

    i contenuti di quel Piano sono stati contestati da associazioni di donne, centri antiviolenza, sindacato, che hanno espresso delusione e rabbia per un'occasione mancata. Il risultato è stato un Piano che appare non innovativo e per certi aspetti peggiorativo della situazione esistente; sarebbe opportuno – a distanza di due anni – produrre un'analisi degli effetti e dei risultati conseguiti da tale piano per non ripetere gli stessi errori;

    a distanza di due ulteriori anni, risulta ancora in gestazione il nuovo piano nazionale antiviolenza, che la Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio con delega alle pari opportunità, a settembre 2017, ha annunciato essere in corso di definizione, e che sarà oggetto dell'approvazione finale da parte della Conferenza unificata e del Consiglio dei ministri, insieme con la proposta di linee guida per le aziende sanitarie e ospedaliere per il soccorso e l'assistenza sociosanitaria alle donne vittime di violenza;

    mentre l'Italia, seguendo la logica emergenziale, continua a procedere molto lentamente, ignorando che le donne vittima della violenza maschile non possono aspettare, altri Paesi si dotano di piani complessi e molto articolati per tentare di risolvere alla radice il problema;

    è il caso, ad esempio, della Spagna, il cui Parlamento il 28 settembre 2017 ha adottato in via definitiva, all'esito di un iter parlamentare di soli sei mesi, un piano che include ben 213 azioni puntuali, che dovranno essere realizzate nella scuola, nell'informazione e nella pubblicità, nel Parlamento e nelle altre istituzioni, nella pubblica amministrazione e nelle forze armate, nell'assistenza alle vittime di violenze sulle donne;

    per realizzare le azioni del piano nazionale spagnolo è stato stanziato un miliardo di euro in 5 anni, mentre – per fare un esempio – la legge di bilancio per il 2017 ha incrementato di soli 5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, lo stanziamento destinato al finanziamento delle azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio, la cui dotazione ammontava a soli 10 milioni di euro annui, a cui sono stati aggiunti ulteriori 12 milioni di euro, a marzo 2016, mediante un bando per il potenziamento delle attività sopracitate. Si tratta di previsioni finanziarie obiettivamente incommensurabili;

    la disattenzione del Governo si è vista secondo i presentatori del presente atto anche nelle recenti iniziative normative assunte che consentono di considerare il reato di stalking fatto di lieve entità, come è accaduto nel recente procedimento svoltosi dinanzi al tribunale di Torino, nel quale uno stalker offriva 1.550 euro di risarcimento alla vittima, che rifiutava, per estinguere il reato. Nonostante il rifiuto, il giudice decideva di «non doversi procedere» in quanto la proposta di risarcimento veniva considerata congrua e il reato era da considerarsi estinto,

impegna il Governo:

1) a dare piena applicazione alla Convenzione di Istanbul, quale strumento che punta a favorire l'autodeterminazione delle donne e a non considerarle soggetti deboli da tutelare;

2) a mettere in atto strategie e azioni strutturate ed integrate per affrontare il problema della violenza maschile sulle donne da un punto di vista educativo e culturale, assumendo come impegno prioritario quello di favorire, per quanto di competenza, un rapido iter delle proposte di legge in materia, con particolare riferimento a quelle in materia di educazione di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione;

3) ad assumere iniziative volte a finanziare attività di formazione dei giornalisti e degli operatori dei media, all'interno di università e scuole di giornalismo, sul tema del contrasto della violenza di genere, favorendo l'utilizzo di un uso consapevole del linguaggio e un'informazione corretta;

4) ad assumere iniziative per rafforzare, con la massima urgenza, gli strumenti di tutela delle donne già vittime di violenza, garantendo la presenza capillare sul territorio dei centri antiviolenza e il numero delle case rifugio, destinando a tali strutture adeguate risorse economiche per conseguire almeno quanto indicato dal Consiglio d'Europa che raccomanda la presenza di un centro antiviolenza ogni 10.000 abitanti e un centro d'accoglienza ogni 50.000 abitanti (Raccomandazione Ue – Expert Meeting sulla violenza contro le donne – Finlandia 8-10 novembre 1999, sugli standard dei centri), prevedendo in particolare di finanziare almeno 5.700 posti letto (a fronte delle poche centinaia oggi esistenti);

5) a riconoscere i Centri antiviolenza operanti sul territorio nazionale, innanzitutto attraverso una mappatura ufficiale, sostenendo una veloce conclusione delle ricerche in corso da parte dell'Istat e del Cnr e indicando chiaramente tali centri come strutture fondamentali del Nuovo piano nazionale antiviolenza;

6) a finanziare le statistiche di genere correlate al fenomeno della violenza maschile sulle donne, aumentandone il numero e la frequenza, quali strumenti indispensabili per l'elaborazione e l'attuazione di politiche efficaci;

7) ad assumere iniziative finalizzate a promuovere l'approvazione di una legge specifica contro la violenza di genere che preveda, oltre al potenziamento dei consultori, il riconoscimento del ruolo delle case delle donne maltrattate, dei centri antiviolenza e delle associazioni che svolgono sul territorio azioni di sostegno alle vittime, nonché l'incremento del Fondo che consenta di garantire continuità all'erogazione dei servizi;

8) ad assumere iniziative volte a garantire il rimborso da parte dello Stato – in forma di indennizzo o di risarcimento – di tutti i costi diretti della violenza che vengono sopportati dalle donne;

9) a estendere e finanziare i centri di ascolto per uomini maltrattanti (Cam), autori di comportamenti violenti, con l'obiettivo di incoraggiarli a riflettere sul comportamento nelle relazioni affettive e aiutarli a uscire dalla situazione di violenza perpetrata ai danni delle donne;

10) ad assumere iniziative normative, al fine di escludere che, con riferimento al reato di stalking, possa in alcun modo trovare applicazione l'istituto dell'estinzione del reato per condotte riparatorie, previsto dall'articolo 162-ter del codice penale;

11) ad assumere iniziative per stanziare una congrua e specifica provvista finanziaria, che incrementi le ridotte risorse previste, da impegnare per tutti gli interventi contro la violenza maschile sulle donne.
(1-01734) «Brignone, Pannarale, Costantino, Gregori, Pellegrino, Marcon, Civati, Fratoianni, Andrea Maestri, Pastorino, Palazzotto, Airaudo».