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Atto a cui si riferisce:
S.1/00855 premesso che: la legge n. 107 del 2015, all'articolo 1, commi dal 33 al 43, dispone l'attivazione obbligatoria dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo n. 77...



Atto Senato

Mozione 1-00855 presentata da ALESSIA PETRAGLIA
mercoledì 18 ottobre 2017, seduta n.901

PETRAGLIA, DE PETRIS, BAROZZINO, BOCCHINO, GOTOR, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, MINEO - Il Senato,

premesso che:

la legge n. 107 del 2015, all'articolo 1, commi dal 33 al 43, dispone l'attivazione obbligatoria dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo n. 77 del 2015, da svolgere in aziende, enti locali, musei, istituzioni pubbliche e private per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno dei corsi di istruzione secondaria di secondo grado, di 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di 200 ore nei licei, con l'obiettivo di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti;

la previsione normativa, inserendo organicamente l'alternanza scuola-lavoro nell'offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado quale strategia didattica, ha voluto rispondere alle indicazioni della Commissione europea per la quale la diffusione di forme di apprendimento basate sul lavoro di alta qualità è uno dei pilastri della strategia "Europa 2020" per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e confermate nella "New skills agenda for Europe" del 2016;

il decreto legislativo n. 77 del 2005 definisce l'alternanza scuola-lavoro come l'offerta formativa del secondo ciclo d'istruzione atta ad assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. La normativa ha previsto a tal fine l'istituzione presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di un registro nazionale delle imprese e degli enti pubblici e privati disponibili a svolgere i percorsi di alternanza stipulando con le scuole interessate convenzioni e accordi;

dal corrente anno scolastico 2017/2018 l'alternanza entra a regime, e secondo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad essere coinvolti in esperienze di transizione tra scuola e lavoro saranno circa un milione e mezzo di studenti;

nello spirito della legge l'organizzazione o impresa o ente che ospita lo studente dovrebbe assumere il ruolo di contesto di apprendimento complementare a quello dell'aula e del laboratorio. Attraverso la partecipazione diretta al contesto operativo, quindi, si dovrebbero realizzare la socializzazione e la permeabilità tra i diversi ambienti, nonché gli scambi reciproci delle esperienze che concorrono alla formazione della persona, al fine di favorire l'orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali. Ma nel nostro Paese, a causa della totale assenza di regole etiche e di forme di condivisione tra scuola, territorio e mondo del lavoro, e soprattutto dovendo fare i conti con un mercato del lavoro che, chiedendo sempre più manodopera non qualificata e a basso costo, si allontana da ogni profilo formativo e da ogni terreno di crescita e di progresso, tali obiettivi sono difficilmente perseguibili;

infatti, da un'inchiesta pubblicata nel mese di maggio 2017 dal settimanale "l'Espresso", emerge che nel nostro Paese ogni esperienza di collaborazione formativa tra scuola e mondo del lavoro, peraltro attivata in maniera variegata e, senza ossequio al carattere laico della scuola, persino attraverso convenzioni con le diocesi, non ha prodotto i risultati sperati in termini di occupazione dopo il conseguimento del diploma di maturità. Inoltre, evidenzia che l'alternanza scuola-lavoro corre lungo la penisola tra casi di eccellenza e storie di sfruttamento, in un contesto che finisce per riproporre il secolare divario tra Nord e Sud. Infatti, solo nelle regioni del Nord e in qualche singolo caso, i neo diplomati sono riusciti ad inserirsi nel mondo del lavoro, mentre nelle regioni del Centro-Sud hanno dovuto ripiegare su un'occupazione che non garantisce né prospettiva né il riconoscimento di diritti e di tutele per i lavoratori e le lavoratrici. Emerge inoltre un dato inconfutabile, e cioè che in quasi tutti i casi di alternanza scuola-lavoro gli studenti e le studentesse vengono impiegati per mansioni superflue e dequalificate, del tutto slegate dal proprio profilo di studi e dall'acquisizione di conoscenze utili ad un eventuale e conseguente accesso al mondo del lavoro;

non solo, un'inchiesta strutturata dall'organizzazione studentesca UDS, nell'ambito della campagna "Diritti, non piegati", ha raccolto dati significativi sulla qualità dei percorsi: il 38 per cento degli studenti ha dovuto sostenere delle spese per partecipare alle esperienze di alternanza, il 57 per cento è stato coinvolto in percorsi non inerenti al proprio percorso di studi, il 40 per cento ha visto i propri diritti negati, l'87 per cento vorrebbe poter decidere sul proprio percorso di alternanza scuola-lavoro. I dati raccolti evidenziano come lo spirito della normativa introdotta nel 2015 sarebbe stato ampiamente tradito da situazioni ai limiti dello sfruttamento gratuito di manodopera, dimostrando in tal modo come l'alternanza scuola-lavoro sia in realtà un dispositivo di asservimento al profitto ed al mercato del precariato, come testimoniato dai frequenti casi di abuso, di utilizzo degli studenti per 12 ore consecutive intervallate da brevi pause, o di assegnazione di mansioni dequalificate ed estranee al loro percorso di studio (come pulizia di bagni, fotocopie, pulitura di mitili, trasporto di ombrelloni e lettini, eccetera);

secondo un altro recente monitoraggio curato dalla "Rete degli Studenti medi" in collaborazione con la fondazione "Di Vittorio" della Cgil, il 15 per cento dei ragazzi impegnati nei percorsi obbligatori di alternanza scuola-lavoro (che tra l'altro a partire dal 2019 costituiranno titolo per l'accesso e la valutazione finale dell'esame di maturità, in luogo della cosiddetta tesina) sarebbe abbandonato a se stesso; il 33 per cento si sarebbe ritrovato come tutor un dipendente dell'azienda con altre mansioni e solo il 25 per cento degli intervistati è stato seguito da un tutor con una delega specifica. In conclusione, solo uno studente su 4 è soddisfatto dell'attenzione ricevuta da parte della struttura ospitante, mentre i restanti sono relegati in situazioni di precarietà, spesso adibiti a tutto fuorché a esperienze formative, o peggio, a mansioni che non competono loro, a riprova dell'indifferenza e del disinteresse delle aziende a scegliere percorsi congruenti con gli studi e le attitudini degli studenti, e a dimostrazione del fatto che l'investimento in formazione non ë considerato una risorsa per l'impresa e per il Paese;

dalle diverse inchieste emerge chiaramente l'estraneità di questa esperienza rispetto al percorso scolastico e di formazione dello studente. Infatti, la mancanza di una reale discussione sugli obiettivi formativi e sui programmi ha alimentato una sovrapposizione tra didattica scolastica ed extrascolastica, in luogo di una collocazione dell'alternanza all'interno dell'orario curricolare. A tal proposito, oltre la metà degli studenti intervistati afferma di aver svolto quasi tutto il percorso di alternanza al di fuori dell'orario curricolare, al punto da costituire un ostacolo per la fruizione del tempo libero, del riposo o per coltivare altre attività;

tali indagini confermano che fino ad oggi le azioni messe in campo da parte del Ministero per attrarre l'attenzione delle imprese verso i percorsi di alternanza incidano solo ed unicamente sul versante del tornaconto economico per le aziende, senza adottare alcun criterio di selezione delle stesse né garanzie sulla formatività e la qualità dei percorsi che queste metteranno a disposizione;

recenti fatti di cronaca hanno evidenziato che, oltre ai contenuti educativi, sono spesso assenti anche le più elementari misure di sicurezza, e che si sono consumati anche episodi inaccettabili di violazioni dei diritti. Molto spesso gli studenti sostituiscono in toto i dipendenti (segno che per alcune aziende l'alternanza scuola-lavoro rappresenta un mero strumento per reperire manodopera a basso costo), altre volte sono esposti a gravi abusi, come le molestie subite da alcune studentesse in un centro estetico della Brianza, fino all'incidente accaduto a La Spezia ad uno studente diciassettenne, che, essendo stato coinvolto dalla sua stessa scuola in un'attività del tutto impropria, ha riportato la frattura di una tibia a causa del ribaltamento del carrello levatore su cui lavorava;

tutto ciò dimostra che gli studenti sono gli unici a vivere sulla propria pelle l'attuale modello di alternanza scuola-lavoro e che ad essere lesa sembra, in particolar modo, la necessaria relazione di coerenza formativa fra il percorso di studi e l'esperienza lavorativa. Pertanto, quella che avrebbe dovuto essere, nello spirito della legge, un'opportunità di crescita formativa si è trasformata in un ulteriore meccanismo di sfruttamento gratuito di manodopera e di lavoro coatto, privo di qualunque contenuto formativo, e, più in generale, in un drammatico addestramento a quello che gli studenti e le studentesse troveranno al termine del percorso scolastico: lavoro gratuito, sfruttato, dequalificato, povero e non riconosciuto;

la notizia del recente successo accordato alla campagna per l'emissione, da parte delle camere di commercio, di voucher alle imprese che hanno attivato o attiveranno i percorsi di alternanza è un'ulteriore prova di come l'alternanza scuola-lavoro possa rappresentare per certe aziende un facile canale di reclutamento di manodopera a basso costo;

inoltre, poiché la normativa, oltre ad introdurre il monte ore da dedicare all'alternanza scuola-lavoro, non pone limitazioni allo sviluppo dei percorsi anche nei mesi estivi e durante le sospensioni didattiche, vi è il fondato rischio che molti ragazzi, magari spinti da necessità economiche, si ritrovino coinvolti in percorsi di ricatto e sfruttamento lavorativo;

con imponenti cortei svoltisi in tutta Italia il 13 ottobre 2017, gli studenti hanno espresso in modo chiaro e nelle più variegate forme comunicative la propria protesta contro la deriva dell'alternanza scuola-lavoro così come imposta dalla cosiddetta legge sulla "Buona scuola", trasformatasi, da metodologia didattica utile per approfondire la conoscenza della realtà del lavoro e contribuire a trasformarla e migliorarla, a strumento facilmente orientabile verso prestazioni gratuite e di mero sfruttamento, o verso forme di specializzazione produttiva a basso contenuto di sapere e di innovazione;

nell'ambito della manifestazione gli studenti hanno avanzato anche la richiesta, fino ad oggi inevasa, che vengano definitivamente varati uno "statuto", che tuteli i diritti degli studenti impegnati nei percorsi di alternanza, ed un "codice etico" destinato alle aziende, che escluda dai percorsi quelle che inquinano i territori, quelle a rischio di infiltrazioni mafiose e quelle che non rispettano i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici;

il 31 gennaio 2017 il Ministero dell'istruzione ha annunciato l'avvio, assieme al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di una "cabina nazionale di regia sull'alternanza scuola-lavoro", con il compito di costituire una sede permanente di supporto, monitoraggio e valutazione di tutte le attività svolte dagli studenti italiani nell'ambito della formazione "on the job", senza però coinvolgere nel suo ambito le parti sociali e, soprattutto, le rappresentanze studentesche. L'idea di mettere a disposizione "un luogo tecnico" in cui far dialogare tutti gli attori coinvolti escludendo proprio chi, invece, l'alternanza la vive e la pratica ogni giorno e, da protagonista, ne conosce molto bene i limiti, le lacune, e i rischi, ha reso l'iniziativa completamente inutile e disancorata da un'analisi lucida della realtà,

impegna il Governo:

1) ad eliminare l'obbligatorietà dei percorsi di didattica di cui ai commi da 33 a 43 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015, e a prevedere l'adesione volontaria, consapevole e condivisa dei docenti e degli studenti, esclusivamente nell'ambito dell'orario curriculare e scolastico;

2) a garantire l'effettiva gratuità dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e la loro inerenza al percorso formativo degli studenti e delle studentesse;

3) a garantire il pieno diritto all'accesso all'alternanza degli studenti e delle studentesse con disabilità, prevedendo, a tal fine, strumenti di supporto e risorse certe per il trasporto;

4) ad avviare un'inchiesta ministeriale, svolta di concerto con le competenti Commissioni parlamentari, sui percorsi attivati fino ad oggi, al fine di valutarne la qualità, gli esiti e la capacità di approfondire la conoscenza del mondo del lavoro nella prospettiva di un accesso critico e consapevole ad esso;

5) ad adottare il "codice etico" che vincoli le aziende coinvolte nei percorsi di alternanza all'applicazione delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici e delle norme in materia ambientale e di sicurezza sui luoghi di lavoro, alla formazione continua dei dipendenti e all'osservanza di comportamenti rigorosi sul piano della trasparenza, dell'ecosostenibilità e dell'estraneità ad infiltrazioni mafiose e illecite;

6 ad istituire un apposito registro delle aziende, degli enti e delle strutture che abbiano aderito al codice etico;

7) ad adottare, come più volte sollecitato dalle organizzazioni studentesche, uno "statuto delle studentesse e degli studenti impegnati nell'alternanza scuola-lavoro", che garantisca il diritto a decidere e co-organizzare il percorso di alternanza, sulla base dei diversi interessi, attitudini e motivazioni degli studenti e delle studentesse;

8) a coinvolgere nell'ambito della "cabina nazionale di regia sull'alternanza scuola-lavoro", quali componenti attive, le parti sociali e le rappresentanze studentesche.

(1-00855)