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Atto a cui si riferisce:
C.4681 Modifica dell'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di controllo della fauna selvatica


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4681


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
LAFFRANCO, ROMELE, FABRIZIO DI STEFANO,
ALBERTO GIORGETTI, PALMIZIO, SARRO, SISTO
Modifica dell'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di controllo della fauna selvatica
Presentata il 5 ottobre 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — Il tema della fauna selvatica nel nostro Paese sta assumendo contorni molto delicati a causa di una regolamentazione anacronistica e non adatta alle reali esigenze e alla conformazione del territorio e delle singole regioni. La normativa in vigore per la gestione e la protezione della fauna selvatica, infatti, fa riferimento alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», più comunemente nota come «legge sulla caccia».
      La presente proposta di legge intende modificare le disposizioni dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, concernente il controllo della fauna selvatica. Il comma 1 dell'articolo 19 prevede che le regioni possano vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità; il comma 2 riserva alle regioni il controllo delle specie di fauna selvatica, anche nelle zone vietate alla caccia, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, nonché per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche. Tale controllo, esercitato selettivamente, deve essere praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che è subentrato all'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio. Il comma 3 regolamenta l'attuazione dei piani di abbattimento per le province autonome di Trento e di Bolzano.
      Il recente aumento esponenziale del numero di animali selvatici rende le figure incaricate dell'attuazione dei piani di controllo e di abbattimento, individuate dal citato comma 2, insufficienti a fronteggiare numericamente la situazione. Negli ultimi mesi continuano a registrarsi danni causati dagli animali selvatici che distruggono i raccolti agricoli, sterminano gli animali degli allevamenti, provocano numerosi incidenti stradali e in alcuni casi mettono anche in pericolo la sicurezza delle persone. Le coltivazioni, specialmente quelle in altura, vengono costantemente compromesse dagli animali selvatici, la cui presenza comincia a essere sempre più avvertita anche nelle zone pianeggianti. I danni riguardano anche gli impianti di irrigazione, i vigneti, i terreni, le serre e tutto ciò che gli animali incontrano sul loro percorso e assommano a decine di milioni di euro. Il monitoraggio della diffusione degli animali selvatici è, ad oggi, un imperativo per la tutela dell'ambiente e del territorio, della biodiversità, delle imprese agricole, dell'economia e della sicurezza che, nelle aree rurali e periurbane, è spesso in pericolo per la presenza di animali selvatici, cinghiali in primis, che si spingono oramai sempre più frequentemente fino a centri abitati e strade. Le regioni hanno cercato e stanno cercando da tempo di porre rimedio alla presenza incontrollata e sregolata delle popolazioni selvatiche (di ungulati in particolar modo), avendo peraltro registrato perdite economiche stimate in oltre 100 milioni di euro, sommando quelle di ogni singola regione. Il Corpo forestale dello Stato (oggi confluito nell'Arma dei carabinieri – Nucleo ambientale) ha lanciato un vero e proprio allarme già dal settembre 2015 per evidenziare che il problema non va assolutamente sottovalutato, soprattutto in relazione alla carenza del personale. Le regioni si sono dunque fatte carico di emanare leggi volte al controllo e al contenimento di tale fenomeno, nel perseguimento di un evidente interesse pubblico primario, e hanno normativamente previsto di potersi avvalere di privati muniti di licenza di porto di fucile, previamente abilitati a seguito della frequentazione di appositi corsi, come del resto già consentito alle province autonome di Trento e di Bolzano dal citato comma 3 dell'articolo 19. L'interpretazione estensiva dello stesso articolo 19, commi 2 e 3, operata dalle regioni mediante l'approvazione di proprie leggi, è stata tuttavia ritenuta costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con la recente sentenza n. 139 del 14 giugno 2017, avente ad oggetto la legge regionale della Liguria n. 29 del 2015, la quale ha sancito che le sole figure delle quali ci si può avvalere nell'attuazione dei piani di controllo della fauna selvatica sono le guardie venatorie dipendenti delle amministrazioni provinciali, cioè tassativamente quelle riportate nell'elenco contenuto all'articolo 19: «i proprietari dei fondi su cui si attua l'intervento, le guardie forestali e quelle comunali», bocciando così l'integrazione normativa esercitata dalla regione Liguria che prevedeva di potersi avvalere anche di coadiutori appositamente abilitati, cioè di cacciatori «selecontrollori». A seguito di questa sentenza si ripropone con indifferibilità anche per le altre regioni il problema di poter normativamente e legittimamente organizzare, avvalendosi anche di privati abilitati, un efficace contenimento dell'invasione degli ungulati e soprattutto di cinghiali nei territori rurali, periurbani e addirittura urbani. Una situazione che, lo ripetiamo, rischia di divenire insostenibile se non si interviene urgentemente a modificare la normativa in vigore, consentendo alle regioni di far fronte immediatamente all'emergenza mediante interventi di controllo ed, eventualmente, una volta accertata l'inefficacia dei metodi ecologici, di ricorrere a operatori abilitati e, se necessario, di dare attuazione ai piani di abbattimento.
      Per questo la presente proposta di legge interviene tempestivamente per la modifica del richiamato articolo 19 della legge n. 157 del 1992, prevedendo, con un articolo unico, l'introduzione e la contestualizzazione della figura degli «operatori abilitati», muniti di licenza di porto di fucile, previamente abilitati a seguito della frequentazione di appositi corsi, cui le regioni possono ricorrere per fronteggiare in modo efficace l'emergenza.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. L'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è sostituito dal seguente:

          «Art. 19. – (Controllo della fauna selvatica). – 1. Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.

          2. Le regioni, per la tutela della biodiversità e delle attività umane, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, nonché per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica.

          3. Il controllo della fauna selvatica, quale attività di interesse pubblico, non costituisce esercizio di attività venatoria e può essere effettuato sull'intero territorio nazionale, comprese le aree protette e le zone nelle quali è vietata l'attività venatoria, ed è disposto e organizzato dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano o dagli enti gestori delle aree protette. Tale attività di controllo non rientra nella fattispecie di esercizio venatorio di cui all'articolo 12, comma 2, e le regioni ne disciplinano, in ogni caso, lo svolgimento con i tempi, i modi e i mezzi e nei luoghi che ritengono opportuni.

          4. Il controllo, nel caso delle specie autoctone e di quelle elencate nell'allegato I del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2015, è esercitato selettivamente, di norma, mediante l'utilizzo di metodi ecologici, su parere dell'Istituto superiore per la protezione e la

ricerca ambientale. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare catture, abbattimenti o entrambi. Nel caso delle specie alloctone, a esclusione delle specie elencate nel citato allegato I del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 19 gennaio 2015, il controllo è finalizzato all'eradicazione o al contenimento delle popolazioni con l'obiettivo della densità zero, sulla base di appositi provvedimenti regionali, sentito l'Istituto.

          5. Le attività di cattura e di abbattimento devono essere attuate dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali o regionali, che possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano gli interventi medesimi, delle guardie forestali e delle guardie comunali, purché, in caso di abbattimento, muniti di licenza per l'esercizio venatorio.

          6. Le regioni, con proprio atto, possono, altresì, attuare gli interventi di cui al comma 4 anche avvalendosi di operatori abilitati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano previa frequenza di appositi corsi e purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, individuando anche il soggetto incaricato dell'attività di coordinamento.

          7. Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare gli interventi di cui al comma 4 anche avvalendosi di soggetti diversi da quelli individuati dal presente articolo, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio».