• C. 2261 EPUB Proposta di legge presentata il 2 aprile 2014

link alla fonte  |  scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.2261 Esclusione delle spese per interventi finalizzati alla bonifica dei siti di interesse nazionale, sostenute dai comuni e dalle regioni ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2261


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CARRESCIA, REALACCI, DONATI, MORETTO, ARLOTTI, MANFREDI, BARGERO, MARANTELLI, CASATI, BARUFFI, CARELLA, MAZZOLI, GARAVINI, BRATTI, MAGORNO, TERROSI, BASSO, FOLINO, ZARDINI, CRIVELLARI, BAZOLI, COMINELLI, GASPARINI, VALIANTE, FEDI, MARCO DI MAIO, AMODDIO, MORETTI, SENALDI, CAPONE, VALERIA VALENTE, MIOTTO, ANTEZZA
Esclusione delle spese per interventi finalizzati alla bonifica dei siti di interesse nazionale, sostenute dai comuni e dalle regioni ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno
Presentata il 2 aprile 2014


      

torna su
Onorevoli Colleghi! La bonifica dei siti inquinati può essere un importante elemento di riqualificazione ambientale e un volàno significativo per il rilancio del sistema produttivo sia per il lavoro che genera sia perché consente poi, in tali siti, nuove iniziative imprenditoriali.
      In base ai dati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) che ha elaborato le informazioni delle agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA) in Italia (Dossier della Legambiente «Le bonifiche in Italia, chimera o realtà», gennaio 2014) sono 6027 i siti potenzialmente inquinati accertati di cui 4.837 definiti come siti contaminati in seguito al superamento dei limiti di legge previsti dalla normativa di settore. I siti bonificati risultano essere 3.088.
      Sul dato nazionale influisce molto il numero dei siti risanati in Lombardia (1.300).
      Dal censimento dell'ISPRA emerge che in Sicilia non risultano siti bonificati (sul totale delle 347 aree inquinate), in Basilicata sono 3 (su 316 siti inquinati), in Puglia 4 (su 198), in Sardegna 5 (su 171), in Calabria 7 (su 52), in Umbria 12 (su 64) e nel Lazio 18 (su 71). Anche il dato relativo al settore produttivo del nord-est è abbastanza emblematico dei ritardi: in Veneto sono stati bonificati solo 55 siti, mentre in Friuli Venezia Giulia 94.
      Numerose sono le criticità che ritardano le bonifiche, dalla complessità tecnica di alcuni interventi di risanamento agli elevati costi, alla complessità delle procedure amministrative alle difficoltà dei comuni e delle regioni ad esercitare i poteri sostitutivi ai quali devono conseguire rilevanti anticipazioni di spesa.
      Numerose disposizioni contenute nel titolo V della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di seguito denominato «decreto legislativo», (articoli 239-253) si occupano della bonifica dei siti contaminati; esse risultano dettate in attuazione del principio europeo «chi inquina paga». Questo principio, piuttosto che ricondurre alla fattispecie illecita integrata dal concorso dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa e dall'elemento materiale, imputa il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della cost-benefit analysis, per cui lo stesso «deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente» (Tribunale amministrativo regionale della Campania, Napoli, sezione V, 27 gennaio 2009, n. 403). La chiarezza del principio trova però problemi applicativi per la difficoltà nell'individuare il soggetto obbligato e a superare condotte scarsamente collaborative per la definizione della bonifica.
      Il responsabile dell'inquinamento, al verificarsi di un evento potenzialmente in grado di contaminare il sito, deve mettere in campo le procedure operative e amministrative (articolo 242 del decreto legislativo). Ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili. Qualora i soggetti responsabili della contaminazione o altri soggetti interessati non dovessero attivare quanto disposto dal citato articolo 242, provvede il comune territorialmente competente e, ove questo non lo faccia, la regione (articolo 250 del decreto legislativo). Il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare (articolo 253, comma 4, del decreto legislativo), sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito.
      Il comune che esegue l'intervento di bonifica può recuperare le somme spese nei confronti del responsabile (in prima battuta), ma anche (in seconda battuta) nei confronti del proprietario non responsabile con il limite economico costituito, in questo caso, dal valore acquisito dall'area una volta ultimata la bonifica (articolo 253 del decreto legislativo).
      Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
      Tali costosi e necessari interventi si scontrano, però, con i limiti del patto di stabilità interno.
      Il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183. Solo con legge è possibile derogare ai limiti del patto di stabilità interno.
      Il rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario – calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, comprese dunque le spese in conto capitale, con l'eccezione di alcune voci – espresso in termini di competenza mista.
      In più occasioni, a tale proposito, la sezione regionale della Corte dei conti della Lombardia ha rilevato che «le modalità di costruzione degli obiettivi del patto di stabilità fissati nella legge finanziaria (...) possano dar luogo a difficoltà operative per gli enti in relazione alla pluralità di elementi che compongono le poste di bilancio. Peraltro la legge (...) non prevede la possibilità di derogare alle modalità di costruzione del saldo se non per quelle voci espressamente indicate dalla normativa» (parere n. 38 del 10 giugno 2008).
      In sostanza, molti comuni, pur avendo le risorse e pur essendo necessario intervenire esercitando i poteri sostitutivi per bonificare aree importanti del proprio territorio non riescono a farlo per non derogare il patto di stabilità interno.
      Per superare tale empasse, la proposta di legge prevede l'esclusione dal patto di stabilità interno delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, utilizzate dalle regioni e dagli enti locali, per interventi finalizzati alla bonifica dei siti inquinati quando tali enti esercitano il potere sostitutivo previsto dall'articolo 250 del decreto legislativo.
      Del resto, seppure per un breve periodo, una norma simile è stata in vigore; era stata infatti prevista dall'articolo 1, comma 24, lettera f-quater), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), poi abrogata dall'articolo 14 del decreto-legge n. 115 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 168 del 2005.
      Peraltro il Governo Monti nel predisporre il Piano nazionale amianto, definito di concerto tra i Ministeri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del lavoro e delle politiche sociali è approvato in Consiglio dei Ministri in data 21 marzo 2013, ha previsto la deroga del patto di stabilità interno per gli interventi di bonifica da amianto, con speciale riferimento ai siti individuati dalla mappatura sul territorio nazionale dei siti contaminati da amianto di cui alla legge n. 93 del 2001 e al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 101 del 2003.
      Consentire ai comuni di intervenire e di anticipare le spese di bonifica che in parte potranno poi essere recuperate nei limiti consentiti dall'articolo 253 del decreto legislativo, significa dare un forte segnale di politica ambientale di risanamento dei territori.
      Per non incidere complessivamente sul sistema di spesa pubblica e del patto di stabilità interno, la proposta di legge prevede che alla copertura si provvede utilizzando le risorse del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali e nei limiti complessivi degli stessi.
torna su
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. In caso di impiego da parte delle regioni e degli enti locali di risorse proprie e di quelle provenienti dallo Stato per interventi finalizzati alla bonifica di siti inquinati e per le bonifiche da amianto quando essi esercitano i poteri sostitutivi previsti dall'articolo 250 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le relative spese sono escluse, nei limiti di 320 milioni di euro per l'anno 2014 e di 350 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, dall'aggregato contabile rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno di cui agli articoli 31 e 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e successive modificazioni.
      2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità attuative per il riparto e per la fruizione, da parte delle regioni e degli enti locali interessati, dell'esclusione di cui al comma 1.
      3. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e d'indebitamento netto derivanti dall'attuazione del comma 1 si provvede mediante corrispondente utilizzo per 320 milioni di euro per l'anno 2014 e per 350 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni.