• C. 1851 EPUB Proposta di legge presentata il 25 novembre 2013

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Atto a cui si riferisce:
C.1851 Modifica all'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati derivante dall'attività di interpretazione di norme di diritto o di valutazione del fatto e delle prove


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1851


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato BRUNETTA
Modifica all'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati derivante dall'attività di interpretazione di norme di diritto o di valutazione del fatto e delle prove
Presentata il 25 novembre 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Il tema della responsabilità civile dei magistrati è stato trattato in più occasioni nel corso della XVI legislatura. Peraltro l’iter delle proposte avanzate non si è concluso. Particolare rilievo ha assunto un emendamento approvato dalla Camera dei deputati nel corso dell'esame del disegno di legge comunitaria per il 2011 (atto Camera n. 4623) e volto ad ampliare le ipotesi di responsabilità dei magistrati.
      La responsabilità civile dei magistrati è oggi disciplinata dalla legge 13 aprile 1988, n. 117, la cosiddetta legge Vassalli, che ha dato alla materia una nuova regolamentazione all'indomani del referendum del novembre 1987, che ha comportato l'abrogazione della previgente normativa, fortemente limitativa dei casi di responsabilità civile del giudice.
      Questa norma ha raccolto gli esiti della consultazione referendaria del 1987, ma nel farlo ha cercato di contemperare due fondamentali princìpi: quello per cui i funzionari e i dipendenti dello Stato sono direttamente responsabili secondo leggi penali, civili e amministrative delle violazioni dei diritti (articolo 28 della Costituzione) e quello di indipendenza e imparzialità della magistratura (articoli 101, 104 e 108 della Costituzione).
      Da questo bilanciamento di interessi è nata la disciplina attuale, costituita dalla possibilità di adire il tribunale per il risarcimento di danni subiti da un magistrato nell'esclusivo esercizio delle proprie funzioni. L'azione si esperisce nei confronti dello Stato e solo in caso di avvenuto risarcimento questo può rivalersi nei confronti del giudice responsabile, nei limiti di un terzo dello stipendio annuale.
      In particolare, l'articolo 2 della citata legge n. 117 del 1998 afferma il principio della risarcibilità del danno ingiusto. Secondo la costante interpretazione della giurisprudenza, il danno ingiusto risarcibile, secondo la nozione recepita dall'articolo 2043 del codice civile, è quello che produce la lesione di un interesse giuridicamente rilevante, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo (Cassazione, III sezione, ord. 10 agosto 2002, n. 12144; Sezione III, sentenza 19 luglio 2002, n. 10549).
      Il danno deve rappresentare l'effetto di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell'esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente «a diniego di giustizia».
      L'articolo 2, comma 3, della legge n. 117 del 1998, prevede che costituiscano colpa grave: la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.
      La giurisprudenza della Cassazione civile ha affermato che «In tema di risarcimento del danno per responsabilità civile del magistrato, l'ipotesi di colpa grave di cui all'articolo 2, comma 3, della legge n. 117 del 1988 sussiste quando il comportamento del magistrato si concretizza in una violazione grossolana e macroscopica della norma ovvero in una lettura di essa contrastante con ogni criterio logico, che comporta l'adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore, la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo e lo sconfinamento dell'interpretazione nel diritto libero» (Sezione III, sentenza n. 7272 del 18 marzo 2008).
      La legge chiarisce, comunque, che non possono dare luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove (articolo 2, comma 2), ferme restando le ipotesi di possibile responsabilità disciplinare del magistrato in presenza di un'abnorme o macroscopica violazione di legge ovvero di uso distorto della funzione giudiziaria. La tutela delle parti, in tali ipotesi, è di natura esclusivamente endoprocessuale, attraverso il ricorso al sistema delle impugnazioni del provvedimento giurisdizionale che si assume viziato.
      Sotto il profilo processuale (articoli 4 e 5), l'azione di risarcimento del danno contro lo Stato: deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e davanti al tribunale del capoluogo del distretto della corte d'appello competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura civile e dell'articolo 1 delle norme di attuazione del codice di procedura penale; il tribunale, ai sensi dell'articolo 5, delibera in camera di consiglio sull'ammissibilità della domanda.
      La presente proposta incide sulla legge Vassalli in un punto fondamentale: attraverso l'abrogazione del secondo comma dell'articolo 2 contenente la cosiddetta «clausola di salvaguardia», costituita appunto dall'esenzione di responsabilità nei confronti delle interpretazioni di leggi, fatti e prove, amplia in modo consistente l'ambito di responsabilità del giudice.
      Tale disposizione è inoltre coerente con le considerazioni della Corte di giustizia dell'Unione europea, che, decidendo con sentenza nella causa C-379/10 Commissione c. Italia (24 novembre 2011), ha rilevato che la disciplina italiana sul risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, laddove esclude qualsiasi responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora tale violazione derivi dall'interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove effettuate dall'organo giurisdizionale medesimo, e laddove limita tale responsabilità ai casi di dolo o di colpa grave, è in contrasto con il principio generale di responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto dell'Unione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Il comma 2 dell'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è abrogato.