• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/01390 (7-01390) «Daga, Busto, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli».



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01390presentato daDAGA Federicatesto diVenerdì 10 novembre 2017, seduta n. 884

   L'VIII Commissione,

   premesso che:

    il contratto di fiume è stato definito nel corso del II Forum mondiale dell'acqua (L'Aja, marzo 2000) come «strumento che permette di adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale e sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale»;

    il contratto di fiume si configura come un accordo negoziato e volontario fra soggetti pubblici e privati interessati alla gestione, all'utilizzo e alla tutela della risorsa «acqua», dei bacini idrici in generale e del relativo contesto ambientale circostante. Esso si lega strettamente al perseguimento degli obiettivi delle normative in materia ambientale, con particolare riferimento alla direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro sulle acque), che prevede il raggiungimento del «buono stato» di qualità dei corpi idrici, alla direttiva 2007/60/CE (direttiva alluvioni), e alle direttive 42/93/CEE (direttiva Habitat) e 2008/56/CE (direttiva quadro sulla strategia marina), in quanto utile strumento per la mitigazione e la prevenzione di fenomeni di dissesto, inondazione e di siccità, per l'utilizzo sostenibile dell'acqua, la protezione dell'ambiente e degli ecosistemi faunistici e floristici;

    i contratti di fiume in Europa si sono sviluppati, a partire dalla Francia nei primi anni ’80, per poi diffondersi in pochi anni in molte altre nazioni come il Belgio, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Spagna e l'Italia, in molti casi sotto forma di processi transfrontalieri che interessavano più territori. I contratti francesi richiamano gli accordi ambientali a carattere volontario non aventi natura vincolante e si basano su un livello di concertazione tra enti e tra livelli di pianificazione e programmazione molto forte e su un coinvolgimento delle comunità locali principalmente legato alle fasi informativa e consultiva;

    nel contesto nazionale i contratti di fiume, anche sottoforma di contratti di lago, falda, foce, costa, paesaggio fluviale, costituiscono una vera innovazione, una rivoluzione pacifica, democratica e dal basso, principalmente per reagire al continuo diffondersi del dissesto idrogeologico e della precarietà di un territorio reso sempre più drammaticamente vulnerabile dall'eccessiva antropizzazione e dalla carenza di manutenzione. Con tale strumento si tenta di contribuire a superare la logica dell'emergenza, mettendo in campo una politica integrata preventiva e condivisa attraverso accordi, impegni veri e propri programmi di azione per la manutenzione del territorio, attraverso l'implementazione del ruolo ambientale dell'agricoltura e/o altre attività culturali e turistiche sempre coerenti con le previsioni di piani e programmi già esistenti nel bacino idrografico di riferimento/sub-bacino;

    i contratti di fiume possono contribuire ad integrare e riorientare la pianificazione locale e migliorare i contenuti degli strumenti di pianificazione sovraordinata, in conformità con gli obiettivi delle normative ambientali;

    nel 2007 è nato il Tavolo nazionale dei contratti di fiume, gruppo di lavoro del coordinamento A21 locali italiane, con l'obiettivo di creare una community in grado di scambiare esperienze e promuovere i contratti di fiume in Italia. Il Tavolo nazionale dei contratti di fiume, con il coordinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Ispra ed il contributo di 35 esperti ha fissato nel 2015 i criteri di qualità dei processi con il documento «Definizioni e Requisiti Qualitativi di base dei contratti di fiume». Ad oggi sono ormai 15 le regioni che hanno aderito alla Carta nazionale dei contratti di fiume (Milano 2010) e altre sono in corso di adesione. Esperienze di contratto di fiume sono presenti su tutti i grandi fiumi italiani sia al nord che al sud del Paese (Po, Piave, Tevere, Adda, Arno, Brenta, Trebbia e altro);

    a livello normativo, la definizione di contratti di fiume («I contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree») è stata introdotta nel codice dell'ambiente, decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 68-bis, con l'articolo 59 della legge n. 221 del 2015 (il cosiddetto collegato ambientale),

impegna il Governo:

   a promuovere su tutto il territorio nazionale, in collaborazione con le regioni e le autorità di distretto/una pratica innovativa nella gestione dei bacini fluviali come quella dei contratti di fiume – soprattutto dei corsi minori – sostenendo strumenti di programmazione dal basso che puntino a garantire – attraverso un approccio innovativo e di partecipazione – la tutela e la corretta gestione delle risorse idriche, la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia delle aree dal rischio idraulico assumendo iniziative capaci di supportare, indirizzare, informare, formare, ai vari livelli regionali e locali, soggetti sia pubblici che privati;

   ad avviare un sistema di monitoraggio e coordinamento nazionale sui contratti di fiume, al fine di verificare lo stato di attuazione delle varie fasi e azioni, la qualità dei progetti e dei processi deliberativi conseguenti, nonché l'esito conclusivo dell'intervento, promuovendo anche un approccio organico e integrato con i contratti di lago, falda, foce, costa, paesaggio fluviale;

   a promuovere l'impiego di strumenti e mezzi che garantiscano una efficace informazione al fine di attuare dei contratti di fiume collegialmente condivisi con la collettività, nell'ambito di un procedimento partecipato, facendo in modo che i dati e le informazioni sui contratti di fiume siano resi accessibili al pubblico, così come richiesto dalle direttive 4/2003/CE sull'accesso del pubblico all'informazione e 35/2003/CE sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali su piani e programmi ambientali, attraverso una pluralità di strumenti divulgativi, utilizzando al meglio tutti i canali di comunicazione, soprattutto il web;

   ad avviare percorsi virtuosi e progetti di studio, anche in collaborazione con le università, gli ordini professionali o altri soggetti interessati a vario titolo, al fine di promuovere l'attuazione di interventi innovativi in grado di valorizzare i corsi d'acqua e il territorio circostante, dal punto di vista sociale, didattico, culturale, fruitivo, turistico e paesaggistico, garantendo un concreto presidio e una corretta manutenzione del contesto;

   ad assumere iniziative volte a introdurre misure di defiscalizzazione che incentivino soggetti privati, soprattutto la categoria degli agricoltori, a ricorrere ai contratti di fiume, accettando di svolgere attivamente un ruolo di presidio e manutenzione del territorio;

   ad assumere iniziative per destinare risorse economiche specifiche ai contratti di fiume, prevedendo che nei programmi triennali definiti nell'articolo 69 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, oltre ai fondi previsti dal comma 2 sia prevista una quota non inferiore all'8 per cento degli stanziamenti da destinare proprio ai contratti di fiume, sottoforma anche di contratti di lago, falda, foce, costa, paesaggio fluviale.
(7-01390) «Daga, Busto, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli».