• C. 3390 EPUB Proposta di legge presentata il 29 ottobre 2015

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Atto a cui si riferisce:
C.3390 Modifiche alla legge 24 aprile 1998, n. 128, e alla legge 8 aprile 2010, n. 61, per garantire la parità tra i sessi nei consigli di amministrazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine protetta, delle indicazioni geografiche protette e delle attestazioni di specificità


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3390


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MONGIELLO, CENNI, CAPOZZOLO, IACONO, MARCHI, AMATO, TIDEI, SGAMBATO, TERROSI, GRIBAUDO, IORI, ANTEZZA, CARLONI, D'INCECCO, CIMBRO, PICCIONE, ROTTA, CAPONE, VALERIA VALENTE, ROMANINI, FABBRI, OLIVERIO
Modifiche alla legge 24 aprile 1998, n. 128, e alla legge 8 aprile 2010, n. 61, per garantire la parità tra i sessi nei consigli di amministrazione dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine protetta, delle indicazioni geografiche protette e delle attestazioni di specificità
Presentata il 29 ottobre 2015


      

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Onorevoli Colleghi! Il 5 marzo 2012 la Commissione europea ha pubblicato una relazione sull'equilibrio di genere nei consigli di amministrazione rilevando, tra l'altro, che l'equilibrio di genere ai vertici aziendali incide positivamente sulle prestazioni delle imprese, sulla competitività e sui profitti. Al riguardo citava uno studio della McKinsey secondo cui le società con rappresentanza paritaria realizzino profitti del 56 per cento superiori rispetto a quelle a conduzione unicamente maschile. Inoltre, un'analisi condotta da Ernst & Young sulle 290 principali società quotate in borsa mostrava come le imprese con almeno una donna nel consiglio di amministrazione realizzino utili decisamente più elevati rispetto a quelle in cui le donne sono del tutto assenti dai vertici aziendali.
      Ai fini della piena attuazione del principio della parità di genere, che trova il suo fondamento negli articoli 3 e 51 della Costituzione, in Italia sono state approvate due importanti leggi: la legge n. 120 del 2011, che riserva al genere meno rappresentato almeno un terzo dei componenti dei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e delle società pubbliche, e la legge n. 215 del 2012, volta a promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nelle amministrazioni locali, che modifica, fra l'altro, il sistema elettorale dei comuni, introducendo la cosiddetta doppia preferenza di genere.
      L'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego è poi oggetto della disciplina recata dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5. Il decreto recepisce la direttiva 2006/54/CE che riunifica e sostituisce una serie di precedenti atti in materia di pari opportunità. Il provvedimento interviene innanzitutto con alcuni correttivi al codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006, precisando che esso è finalizzato all'adozione delle misure volte a eliminare ogni discriminazione basata sul sesso che comprometta o impedisca il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo. Inoltre, la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione, come anche in quelli della formulazione e dell'attuazione di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività.
      In secondo luogo, viene ampliata la definizione di discriminazione, che riguarda anche ogni trattamento meno favorevole subìto in ragione dello stato di gravidanza, di maternità o di paternità, nonché in conseguenza del rifiuto di atti di molestie o di molestie sessuali, mentre il divieto di ogni forma di discriminazione viene esteso alle promozioni professionali.
      Nel solco tracciato ai sensi delle citate normative, appare necessario introdurre l'attuazione del principio della parità di genere anche in seno agli organismi privati che hanno la funzione di tutelare e promuovere le produzioni agricole e agroalimentari protette ai sensi delle denominazioni di origine protetta (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP). Ciò appare ancora più importante se si considera che ormai l'imprenditoria agricola femminile orientata alle produzioni di elevata qualità e ai mercati esteri ha oggi raggiunto elevate quote di presenza e che di norma si tratta di imprese con alti livelli di redditività.
      I dati della Coldiretti-Unioncamere per il II trimestre 2014 hanno mostrato che in Italia un'azienda agricola su tre è «rosa» e che il talento femminile è capace di coniugare tradizione e innovazione. Secondo tale rilevamento, quasi il 30 per cento (28,9 per cento), delle aziende agricole italiane è gestito da donne, per un totale di 220.079 imprese che stanno trasformando il volto dell'imprenditoria in agricoltura: agri-benessere, fattorie sociali e pet-therapy sono infatti solo alcuni dei modi in cui il genere femminile sta reinterpretando il settore.
      La peculiarità delle aziende agricole femminili è quella di sviluppare filoni nuovi e alternativi rispetto alla tradizione. Accanto alla coltivazione, cioè, le imprenditrici sono sempre più inclini a tentare nuove strade: dall'agriturismo ai centri di pet-therapy con gli animali, dalle fattorie didattiche e sociali agli agri-asili, fino alle spa green e alle attività legate all'agri-benessere. Secondo la Coldiretti le donne sarebbero più inclini a cogliere le nuove opportunità che il settore offre, riuscendo a coniugare la tradizione e il recupero dei vecchi saperi con l'innovazione e le nuove tecnologie.
      Secondo uno studio della Commissione europea, nel 2010 il valore delle vendite dei prodotti a denominazione di origine dei 27 Paesi dell'Unione europea ha oltrepassato i 54 miliardi di euro, di cui ben 30,4 miliardi, ovvero il 56 per cento del totale, attribuiti ai vini (il dato è stato stimato considerando i prezzi ex fabrica per il prodotto confezionato), 15,8 miliardi ai prodotti agricoli e alimentari (29 per cento) e 8 miliardi agli spiriti e ai vini aromatizzati (15 per cento).
      Francia, Italia, Spagna, Germania e Portogallo incidono per il 93 per cento sul totale delle vendite in valore di vini a DOP e a IGP, oltre che per il 90 per cento su quelle in volume (ben 87 milioni di ettolitri sono stati venduti nel 2010 dall'Unione europea). In particolare, l'Italia copre una quota del 27 per cento in volume e del 20 per cento in valore. In Italia, secondo dati dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, le superfici in produzione investite a vini a DOP e a IGP sono risultate nel 2011 pari a circa 355.000 ettari, ovvero il 74 per cento delle estensioni a DOP iscritte all'albo e il 53,5 per cento del totale delle superfici vitate italiane.
      D'altro canto, l'Italia rappresenta il 38 per cento dell'intero valore europeo delle produzioni a DOP e a IGP. Un dato che, da una parte, suscita gratificazione per il lavoro svolto dai produttori e dai consorzi che li rappresentano ma, da un'altra parte, fa emergere anche punti dolenti in quanto i rappresentanti di tali produzioni non sono adeguatamente considerati nelle sedi istituzionali e soprattutto non lo sono i soggetti di genere femminile.
      Con riferimento alle sole produzioni agricole e alimentari di qualità certificata (al netto, dunque, dei dati relativi al comparto vini e spiriti), il fatturato totale rilevato per il 2010 ammonta a 15,8 miliardi di euro. Il patrimonio delle IGP italiane, tutelato dai regimi di protezione dell'Unione europea, evidenzia sempre maggiormente la propria vocazione di deciso traino per l'intero settore agroalimentare e i consorzi di tutela delle DOP e delle IGP giocano al riguardo un ruolo decisivo.
      In considerazione di quanto descritto, con la presente proposta di legge si intende aprire alla parità di genere anche il settore della rappresentanza giuridica delle produzioni agroalimentari designate dalle denominazioni di origine geografica: DOP e IGP alimentari e vitivinicole.
      In particolare, la presente proposta di legge mira a prevedere che negli organi direttivi dei consorzi di tutela dei prodotti agroalimentari designati dalle DOP e dalle IGP disciplinati dall'articolo 53 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e in quelli dei consorzi di tutela delle DOP e delle IGP dei vini di cui al decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, sia prevista una corretta presenza di quote femminili o meglio la piena attuazione del principio della parità tra i sessi.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Misure volte all'attuazione del principio della parità di genere negli organi dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle attestazioni di specificità).

      1. Dopo il comma 17 dell'articolo 53 della legge 24 aprile 1998, n. 128, è inserito il seguente:
      «17-bis. Lo statuto dei consorzi di tutela di cui al comma 17 prevede, comunque, che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i due sessi. Il sesso meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti. Tale criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi. Qualora la composizione del consiglio di amministrazione risultante dall'elezione non rispetti il criterio di riparto previsto dal presente comma, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali diffida il consorzio interessato affinché si adegui a tale criterio entro il termine massimo di quattro mesi dalla diffida. In caso di inottemperanza alla diffida, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali fissa un nuovo termine di tre mesi per adempiere. In caso di ulteriore inottemperanza rispetto a tale nuova diffida, i componenti eletti decadono dalla carica. Lo statuto dei consorzi provvede a disciplinare le modalità di formazione delle liste e i casi di sostituzione in corso di mandato al fine di garantire il rispetto del criterio di riparto previsto dal presente comma».

      2. Dopo la lettera b) del comma 3 dell'articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, è inserita la seguente:


      «b-bis) preveda nello statuto, che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i sessi. Il sesso meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti. Tale criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi. Qualora la composizione del consiglio di amministrazione risultante dall'elezione non rispetti il criterio di riparto previsto dai precedenti periodi, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali diffida il consorzio interessato affinché si adegui a tale criterio entro il termine massimo di quattro mesi dalla diffida. In caso di inottemperanza alla diffida, il predetto Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali fissa un nuovo termine di tre mesi per adempiere. In caso di ulteriore inottemperanza rispetto a tale nuova diffida, i componenti eletti decadono dalla carica. Lo statuto provvede a disciplinare le modalità di formazione delle liste e i casi di sostituzione in corso di mandato al fine di garantire il rispetto del criterio di riparto previsto dalla presente lettera;».
Art. 2.
(Disposizioni transitorie).

      1. I consorzi previsti dalle disposizioni di cui all'articolo 1 provvedono ad adeguarsi alle medesime disposizioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.