• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/01407 (7-01407) «Nicchi, Bossa, Scotto, Cimbro, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Capodicasa, D'Attorre, Duranti, Epifani, Fava, Ferrara, Folino, Fontanelli, Formisano, Fossati, Carlo...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01407presentato daNICCHI Marisatesto diLunedì 27 novembre 2017, seduta n. 891

   La VII Commissione,

   premesso che:

    le prime norme volte a disciplinare l'alternanza scuola-lavoro per far acquisire ai giovani sopra i quindici anni, delle competenze spendibili nel mercato del lavoro, sono contenute nel decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 73;

    la normativa prevedeva due modalità di realizzazione del progetto: a) percorsi di alternanza scuola-lavoro regolamentati dal decreto legislativo n. 77 del 2005 e dai decreti del Presidente della Repubblica n. 87, 88, 89 del 2010, da realizzare negli istituti tecnici, nei licei, e negli istituti professionali; b) percorsi di alternanza scuola-lavoro per le classi IV e V degli istituti professionali (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010), ovvero 132 ore obbligatorie di attività di alternanza che sostituivano la cosiddetta ex «terza area» o «area di professionalizzazione»;

    ad integrare e aggiornare la suddetta normativa, è intervenuta la legge n. 107 del 2015, cosiddetta «Buona scuola», che, tra l'altro, prevede un piano «alternanza scuola-lavoro» da 200 ore per ogni studente del liceo e da 400 ore per gli studenti degli istituti tecnici e professionali, e l'obbligatorietà dell'alternanza per gli studenti delle classi terze dell'anno scolastico 2015/2016, i quali si diplomeranno nel 2017/2018 con il completamento del triennio finale del percorso;

    il Governo prevede che, nel corso dell'anno scolastico 2017/2018, quando l'alternanza sarà entrata a regime, saranno circa 1,5 milioni gli studenti coinvolti in esperienze di transizione tra scuola e lavoro;

    il piano operativo di estensione dell'alternanza scuola-lavoro (ASL) a tutti gli studenti del triennio, e l'obbligatorietà prevista dalla legge n. 107 del 2015, hanno fatto sì che se l'alternanza prima era composta principalmente da progetti pilota e percorsi consolidati, oggi invece ci si trova davanti a progetti di tutti i tipi, spesso incoerenti e approssimativi;

    l'alternanza scuola-lavoro, da metodologia didattica, utile per approfondire la conoscenza della realtà del territorio e del lavoro e contribuire a trasformarla e migliorarla, divenuta obbligatoria con la legge della «Buona scuola», si è trasformata in strumento facilmente orientabile verso prestazioni gratuite e di sfruttamento. L'alternanza ha delle potenzialità che possono essere positive, ma il percorso cui si è arrivati, con la legge n. 107 del 2015, ha creato disparità e se ci sono realtà che hanno saputo dare risposte positive, ne restano una gran parte, molto problematiche;

    è necessario mettere in campo nuovi strumenti per riformare l'alternanza scuola- lavoro, e rivedere l'intera impostazione della legge cosiddetta della «Buona scuola», rivedendo questa esperienza formativa che relaziona la scuola col territorio di cui il mondo del lavoro rappresenta un elemento di fondamentale importanza;

    va rivisto l'obbligo delle ore di alternanza scuola-lavoro, così come la sua stessa trasformazione da metodologia didattica in materia curricolare, facendola diventare oggetto dell'esame di maturità;

    come recentemente ha ben sottolineato Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil, «il punto non è la mancanza di controllo (come invece ritiene la ministra Fedeli, per la quale basta una piattaforma digitale per denunciare gli abusi per fare in modo che spariscano), ma l'obbligo di effettuare un numero preciso di ore, che costringe gli stessi studenti a cercarsi un'azienda, un'impresa commerciale, un luogo (parrocchie, enti di beneficenza, enti pubblici, ecc.), in cui poter fare esperienza di alternanza, senza badare ai criteri e ai progetti formativi, quando ci sono»;

    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il 12 ottobre 2017 ha sottoscritto un protocollo d'intesa con l'Agenzia nazionale politiche attive lavoro (Anpal) volto a favorire «l'integrazione fra il sistema dell'istruzione e formazione e il mondo del lavoro, mettendo a disposizione delle scuole secondarie di secondo grado dei tutor specializzati». L'Anpal sottolinea come i tutor abbiano la funzione di «facilitatori» in grado di migliorare e implementare l'alternanza scuola lavoro «attraverso la qualificazione delle fasi di progettazione, gestione e monitoraggio dei percorsi». Essi hanno anche il compito di supportare le scuole «nella costruzione di rapporti stabili con il mondo imprenditoriale e nella progettazione di percorsi di integrazione tra studio e lavoro»;

    la Flc Cgil, ha evidenziato come la lettura dell'intero documento mostra «la distanza tra le parole (metodologia didattica) ed una pratica che orienta le scelte non verso il miglioramento dei processi educativi, ma verso processi di mera gestione organizzativa e procedurale, tutti finalizzati a dare una risposta immediata alle richieste del mercato del lavoro. Insomma una scuola che trova il suo orizzonte non nel creare cittadini competenti in grado di affrontare la realtà con autonomia di giudizio e creatività nelle scelte, ma nel preparare lavoratori (?) in possesso di competenze (se va bene) utili alle esigenze momentanee di questa o quella azienda»;

    in questi mesi si è assistito a centinaia di cortei in tutta Italia, dove gli studenti della scuola secondaria di II grado sono scesi in piazza per protestare contro queste modalità di concepire l'alternanza scuola-lavoro, introdotte dalla legge n. 107 del 2015, sull'utilità formativa di simili esperienze, scollegate al percorso di studi e che si traducono troppo spesso in manodopera a costo zero per molte aziende. Manifestazioni, dove a essere messo in discussione non è solamente il cattivo funzionamento di questo metodo, ma un'intera concezione di un progetto che espone un milione e mezzo di studenti del triennio delle superiori, a situazioni troppo spesso «vicine» allo sfruttamento gratuito di manodopera, con un sistematico ricorso a mansioni improvvisate, eterogenee e casuali. Le rivendicazioni studentesche sono chiare: uno Statuto che garantisca gli studenti in alternanza scuola-lavoro e che impedisca ad aziende che sfruttano i lavoratori o inquinano l'ambiente, di stringere accordi con le scuole; tutele e formazione durante i tirocini; un'istruzione gratuita e di qualità per tutti e tutte;

    sono troppi i progetti di alternanza scuola-lavoro squalificati e non inerenti ai percorsi di studio. Esperienze negative di studenti che hanno affrontato dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, e che si sono rivelati un'esperienza che ha finito per avere a che fare più con lo sfruttamento che costituire una vera esperienza didattica alternativa;

    quello dell'alternanza scuola-lavoro dovrebbe essere un progetto per garantire l'apprendimento mediante un'esperienza di lavoro. Ma in troppi casi la realtà è ben diversa. E questo è uno dei motivi delle proteste degli studenti che parlano di «sfruttamento»;

    sotto questo aspetto, vale la pena ricordare, una tra le innumerevoli, la recente esperienza di uno studente del quarto anno di istituto agrario di Castelfranco Veneto per il quale, il progetto volto ad approfondire presso una azienda agricola, i nuovi metodi di mungitura delle mucche-robot, sistemi di valutazione della portanza delle mammelle, schede tecniche e processori intelligente; si è tradotto in attività di bassa manovalanza in una stalla: forca e badile in mano e letame da spalare. Il contenuto formativo della sua "alternanza" con gli studi in classe sarebbe consistito nel supplire alla più bassa manovalanza aziendale;

    si rileva anche il progetto che ha riguardato gli studenti di un liceo scientifico e linguistico di Tradate, in provincia di Varese, che ha portato settanta ragazzi del terzo e quarto anno a lavorare per una decina di giorni in quattro ristoranti Mc Donald's, per assistere i clienti, accoglierli all'ingresso, prendere le ordinazioni, accompagnarli ai tavoli e ritirare i vassoi;

    in troppi casi si assiste, di fatto, ad una sostituzione di forza lavoro retribuita con forza lavoro non pagata;

    nell'ottobre 2017, è stata pubblicata l'inchiesta, realizzata durante l'anno scolastico 2016/2017, curata dalla Rete degli studenti medi, con il supporto della Fondazione Di Vittorio e della Cgil sull'alternanza scuola-lavoro;

    riguardo alla capacità di risposta delle scuole e dei soggetti ospitanti nel mercato del lavoro, e alla presenza del tutor scolastico e aziendale, emerge che c'è una migliore risposta da parte delle strutture scolastiche: quasi 1 studente su 2 è stato adeguatamente seguito dalla scuola, contro 1 studente su 4 che è stato adeguatamente seguito dal soggetto ospitante. Se per il 41,2 per cento degli studenti, il loro tutor interno è stato scelto casualmente senza aver ricevuto prima un'adeguata preparazione, il 5 per cento degli studenti non ha avuto un tutor scolastico. Per queste ragioni è fondamentale una discussione sulle competenze che devono acquisire i tutor scolastici per poter ricoprire quel ruolo e su come queste competenze devono venire certificate. Ugualmente importante sarebbe un investimento sulla formazione dei docenti, in modo tale che questi ultimi possano contribuire, con delle competenze acquisite, a un corretto svolgimento e monitoraggio dell'esperienza dello studente;

    sempre dall'inchiesta della Rete degli studenti medi, il mondo del lavoro (pubblico e privato), ha forti difficoltà a formare, non tanto gli studenti in alternanza, quanto in primis i propri lavoratori. Infatti, il dato che emerge dall'indagine è che solo il 25 per cento degli studenti è stato seguito da un dipendente con delega specifica, mentre risulta che il 33 per cento degli studenti ha avuto come tutor aziendale un dipendente con altre mansioni; il 24,6 per cento ha avuto lo stesso datore di lavoro. Infine, il 15,4 per cento di studenti è stato completamente lasciato a sé stesso, privo di una qualsivoglia guida;

    il dato che emerge in maniera abbastanza preoccupante è che quasi il 50 per cento degli studenti ritiene che il proprio percorso non sia stato tarato sui propri interessi e capacità;

    è da valutare criticamente la misura concernente le agevolazioni e gli sgravi per le assunzioni, da parte di datori di lavoro privati, di giovani che abbiano effettuato il 30 per cento delle attività di alternanza scuola-lavoro nell'azienda che chiede lo sgravio, laddove invece l'alternanza scuola-lavoro (ASL) non può e non deve essere una politica attiva al lavoro ma una esperienza didattica alternativa,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per rivedere l'obbligatorietà delle 400 o 200 ore di alternanza scuola-lavoro previste dalla legge n. 107 del 2015, nonché la previsione dell'alternanza scuola-lavoro come materia curricolare e prova d'esame di maturità a tutti gli effetti;

   ad adottare iniziative per stanziare le opportune risorse e garantire che nessuno studente debba sostenere economicamente gli oneri connessi all'alternanza scuola-lavoro;

   ad adottare, di concerto con gli enti territoriali, tutte le iniziative normative, stanziando puntuali risorse finanziarie, volte a garantire realmente agli studenti con disabilità il pieno diritto all'accesso all'alternanza scuola-lavoro;

   ad adottare tutte le iniziative utili, anche di carattere normativo, volte a garantire l'utilità formativa dell'alternanza scuola-lavoro, e la sua piena coerenza col percorso di studi dello studente, impedendo che l'alternanza finisca per tradursi in un'opportunità per molte aziende e strutture ospitanti di manodopera a costo zero;

   ad investire sulle competenze che devono acquisire i tutor scolastici per poter ricoprire questo ruolo, e sulla formazione dei docenti, in modo tale che questi ultimi possano contribuire, con delle competenze acquisite, a un corretto svolgimento e monitoraggio dell'esperienza dello studente;

   ad adottare iniziative per prevedere maggiori risorse, anche attraverso l'attivazione di fondi europei, per una reale attività di formazione dei tutor e delle professionalità educative nei posti di lavoro, nonché per introdurre negli accordi contrattuali riconoscimenti normativi e retributivi per il personale impegnato nelle esperienze scuola-lavoro;

   ad adottare iniziative per introdurre opportuni indicatori di qualità delle aziende e delle strutture ospitanti, e comunque a mettere in atto tutte le iniziative volte a garantire la qualità delle esperienze di alternanza scuola-lavoro, selezionando i soggetti ospitanti in base a criteri che ne assicurino la qualità e la capacità formativa;

   ad adottare iniziative per prevedere che le aziende e le strutture ospitanti debbano comunque possedere capacità strutturali, tecnologiche e organizzative adeguate al percorso progettato, ed essere in grado di progettare, insieme alla scuola, i percorsi formativi in alternanza;

   ad adottare iniziative per prevedere l'obbligatorietà dell'utilizzo del registro nazionale per l'individuazione dei soggetti ospitanti, dove inserire, tra l'altro, tutte le informazioni sulle attività formative realizzate per i propri dipendenti e sul rispetto dei contratti di lavoro e delle norme in tema di sicurezza.
(7-01407) «Nicchi, Bossa, Scotto, Cimbro, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Capodicasa, D'Attorre, Duranti, Epifani, Fava, Ferrara, Folino, Fontanelli, Formisano, Fossati, Carlo Galli, Kronbichler, Lacquaniti, Laforgia, Leva, Martelli, Matarrelli, Pierdomenico Martino, Melilla, Mognato, Murer, Giorgio Piccolo, Piras, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Rostan, Sannicandro, Simoni, Speranza, Stumpo, Zaccagnini, Zappulla, Zaratti, Zoggia».