• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/05176 ormai è da anni che mari italiani sono sottoposti a rischio inquinamento a causa delle trivellazioni, ovvero dell'attività di ricerca petrolifera in corso lungo i litorali italiani che sempre...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05176presentato daGRILLO Giuliatesto diMercoledì 18 giugno 2014, seduta n. 248

GRILLO, MANTERO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, BARONI, DALL'OSSO, CECCONI e DI VITA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
ormai è da anni che mari italiani sono sottoposti a rischio inquinamento a causa delle trivellazioni, ovvero dell'attività di ricerca petrolifera in corso lungo i litorali italiani che sempre più numerose scandagliano coste e fondali;
secondo una stima di Legambiente, di qualche mese fa, se tutte le richieste di trivellazioni offshore dovessero essere accettate, l'area coinvolta dagli scavi raggiungerebbe una superficie complessiva di circa 30 mila chilometri quadrati, superiore all'intera Sicilia;
inoltre, la maggior parte delle domande, arriva da compagnie petrolifere estere, che sperano di approfittare delle vantaggiose condizioni di ricerca offerte dall'Italia;
dunque si continuano a privilegiare gli interessi delle compagnie petrolifere a discapito di una maggiore tutela delle risorse del mare che possano favorire l'economia locale;
infatti, non bisogna tralasciare che l'Italia è una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri, come previsto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, e successive modificazioni e integrazioni, secondo cui le royalties gravano per il 10 per cento sugli idrocarburi liquidi e gassosi estratti on-shore, e, per il 4 per cento su quelli estratti in mare, contro una media delle aliquote applicate negli altri Paesi del mondo che oscilla tra il 20 e l'80 per cento;
tanto è stato maggiormente permesso con l'approvazione durante il governo tecnico Monti della SEN, Strategia energetica nazionale, con decreto-legge del 27 dicembre 2012 del Ministro dello sviluppo economico;
senza contare che a seguito del medesimo disegno di legge, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2013, è divenuto più allarmante il pericolo di trivellazioni off-shore in un'area che costituisce parte della piattaforma continentale italiana e si estende a est nel Mare Ionio meridionale e a sud-est nel Canale di Sicilia;
infatti il provvedimento ha disposto il più grande allargamento di una zona marina concedibile per attività petrolifera «Zona marina C – settore sud, in Sicilia» per la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi in mare, prevedendo tre mesi per richiedere i permessi, e che si sovrappone addirittura ai blocchi di mare di Malta per cui si è reso necessario a novembre 2013 un incontro tra il Presidente del Consiglio dei ministri e il premier maltese Joseph Muscat con il fine di superare, attraverso un accordo, l’impasse sull'esplorazione nelle aree contese;
inoltre in Sicilia, come in tutta Italia, per ogni singola concessione c’è una franchigia annua per le prime 50 mila tonnellate, per le estrazioni offshore equivalenti a 300 mila barili di petrolio, mentre sotto questa soglia produttiva, le società non sono obbligate a pagare l'esiguo 4 per cento per le estrazioni offshore. Inoltre va sottolineato che è la compagnia l'unica responsabile della corretta misurazione delle quantità prodotte comunicate mensilmente all'URIG;
prevedendo dunque la semplificazione dell’iter autorizzativo per il rilascio alle compagnie petrolifere dei permessi per la ricerca e sfruttamento degli idrocarburi anche in prossimità di coste e zone protette, sarebbero sostanzialmente esclusi gli aspetti di carattere ambientale; senza contare che tutti i soggetti interessati possono presentare istanze di permesso di prospezione o di ricerca per idrocarburi liquidi e gassosi ai sensi delle norme vigenti; le associazioni ambientalistiche, Greenpeace, insieme a Stoppa la Piattaforma, Apnea Pantelleria e le associazioni di pescatori, Agci-Agrital Sicilia e LegaCoop Pesca Sicilia, si sono opposte con forza alle trivellazioni off-shore;
preme rilevare, che la normativa italiana si contrappone alla risoluzione legislativa votata in prima lettura dal Parlamento europeo il 21 maggio 2013, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e produzione nel settore degli idrocarburi, con la quale si avvia a compimento il procedimento per l'adozione del nuovo regolamento che prevede sostanziali innovazioni normative in materia di autorizzazione delle attività estrattive, prevenzione degli incidenti, responsabilità per il danno ambientale e cooperazione fra gli Stati membri dell'Unione europea, secondo la quale qualsiasi attività di trivellazione deve essere sottoposta a verifiche e controlli periodici, prevedendo che per ottenere una licenza siano indispensabili una valutazione di impatto ambientale e un piano di risposta alle possibili emergenze –:
quale esito possano produrre ovvero hanno prodotto le suddette attività e quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla prosecuzione delle attività di ricerca;
se non ritenga, il Ministro interrogato, di dover decidere l'immediata sospensione dei lavori e di attivarsi adottando provvedimenti di immediata moratoria di ogni tipo di ricerca e trivellazione in mare;
in che modo e con quali tempi intenda procedere alla istituzione nel canale di Sicilia di una zona di protezione ecologica come previsto dalla legge n. 61 del 8 febbraio 2006;
se ritenga opportuno dover rivedere il complesso delle autorizzazioni per la ricerca, le prospezioni e le perforazioni in mare rilasciate a seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 dicembre 2012, che ha ampliato la zona marina «C». (4-05176)