• Testo MOZIONE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.1/01765    premesso che:     in questi anni si sta purtroppo assistendo a un costante definanziamento in termini reali della sanità pubblica, e una progressiva diminuzione in...



Atto Camera

Mozione 1-01765presentato daFOSSATI Filippotesto diLunedì 4 dicembre 2017, seduta n. 896

   La Camera,

   premesso che:

    in questi anni si sta purtroppo assistendo a un costante definanziamento in termini reali della sanità pubblica, e una progressiva diminuzione in termini di rapporto spesa sanitaria/Pil;

    anche la recente Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2017, conferma la scelta di una riduzione di risorse reali al servizio sanitario nazionale, già prevista dal Documento di economia e finanza 2016 e da quelli precedenti;

    una spesa sanitaria in rapporto al Pil programmata in costante contrazione, significa che, in termini reali, la fetta di risorse spettante alla sanità pubblica continuerà a ridursi nei prossimi anni;

    la sua incidenza sul Pil si conferma in decrescita: era del 7,1 per cento nel 2010; del 6,8 per cento nel 2015; del 6,6 per cento nel 2017 e arriverà al 6,3 per cento nel 2020. Per ritornare ai livelli percentuali del 2010, bisognerà attendere il 2035;

    entro il 2019, la percentuale della spesa sanitaria sarà del 6,4 per cento. Sotto la soglia di quel 6,5 per cento che l'Organizzazione mondiale della sanità individua come livello minimo;

    questo definanziamento della sanità pubblica nazionale, avviene nonostante che nel rapporto spesa sanitaria/Pil, siamo da tempo sotto la media dei rispettivi valori della Unione europea a 15;

    le spese sostenute per finanziare il Ssn si continuano a equiparare a qualsiasi altro centro di costo, e la conseguenza di questa visione miope è che, al pari di altri costi, diventa azione «virtuosa» quella di ridurne gradualmente la loro incidenza rispetto al prodotto interno lordo;

    sarebbe invece necessario invertire questa tendenza. La nostra sanità ha bisogno di più investimenti e più risorse, e le necessarie risorse da «liberare» al fine di un finanziamento del Ssn, possono e devono essere reperite anche attraverso un vero, serio e credibile contrasto alla corruzione presente nel settore, con un controllo realmente rigoroso degli accreditamenti, alle diseconomie, piuttosto che con una riduzione del diritto primario dei cittadini alla salute;

    si stima che tra corruzione e sprechi in ambito sanitario, se ne vanno in fumo più di 6 miliardi di euro. L'associazione Libera ha segnalato che la sola perdita erariale dovuta all'illegalità in sanità per il triennio 2010/2012 era di circa 1,6 miliardi di euro;

    detta cifra di 6 miliardi di euro, peraltro, non ricomprende un altro ambito, ossia quello legato a tutti quegli sprechi collegati ai conflitti di interesse professionali che, anche se privi di rilevanza giuridica, erodono una percentuale ancora maggiore di risorse pubbliche;

    il conflitto di interessi in ambito sanitario è particolarmente presente e favorisce la diffusione di interventi sanitari (ad esempio farmaci, test diagnostici, interventi chirurgici) a volte inappropriati, ma spesso conseguenti a comportamenti opportunistici. Una delle forme nelle quali si esplicitano in misura maggiore i conflitti di interesse riguarda il mondo della ricerca che produce le informazioni necessarie per guidare i comportamenti professionali. Oggi, infatti, l'agenda della ricerca è in buona parte dettata dall'industria biomedicale e farmaceutica; le riviste biomediche hanno enormi autonomie per decidere quali studi pubblicare; i medici ottengono la maggior parte delle informazioni sui farmaci dagli informatori scientifici. Così come il conflitto di interesse finisce troppo spesso per condizionare le prescrizioni e le erogazioni di molti interventi sanitari inappropriati, particolarmente quando il profitto commerciale diventa il movente principale del mercato e i meccanismi di regolazione sono inesistenti o inefficaci. Un altro ambito nel quale si evidenzia una maggiore diffusione del conflitto di interesse, è quello legato alle società scientifiche. A fronte di interessi economici, i conflitti di interesse possano pregiudicare l'indipendenza delle società scientifiche, anche perché in Italia non esiste alcun obbligo di rendicontare pubblicamente l'entità dei finanziamenti ricevuti dall'industria. È diffusa l'abitudine per la quale l'organizzazione dei congressi delle società scientifiche viene spesso sponsorizzata da aziende biomedicali e farmaceutiche;

    nel settore sanitario le frodi e la corruzione producono effetti non solo economici (in particolare sulla finanza pubblica), ma sottraggono risorse ai programmi di assistenza, e intaccano inevitabilmente la fiducia nel sistema di tutela della salute da parte dei cittadini;

    la corruzione in sanità ha quindi diverse ricadute negative: sui cittadini, che potrebbero aspirare a una maggiore qualità del servizio o comunque a un servizio meno costoso; sulle casse dello Stato, che vedono disperdersi in piccoli o grandi rivoli corruttivi fino a 6 miliardi di euro all'anno; sul tessuto produttivo italiano, che perde in innovazione e competitività;

    con l'entrata in vigore della legge n. 190 del 2012 tutte le pubbliche amministrazioni sono state chiamate a formulare ed adottare, entro il 31 gennaio di ogni anno, un documento con il quale si struttura internamente un lavoro di analisi finalizzato a definire una strategia di prevenzione del fenomeno corruttivo;

    nel novembre 2015 è stato presentato il «Rapporto sullo stato di attuazione delle azioni adottate dalla sanità pubblica in materia di trasparenza ed integrità» in Italia, frutto della collaborazione tra Agenas e Libera. Il settore sanitario, infatti, è considerato uno dei più esposti al rischio di illegalità e per questo – si legge nel Rapporto – necessita di adeguati livelli di trasparenza: date le notevoli dimensioni della spesa, la pervasività delle asimmetrie informative, l'entità dei rapporti con i privati, l'incertezza e l'imprevedibilità della domanda, l'alta specializzazione dei prodotti acquistati e delle prestazioni fornite, la necessità di complessi sistemi di regolazione, e altro;

    il monitoraggio del Rapporto si è concentrato sulla pubblicazione dei piani triennali di prevenzione della corruzione (Ptpc) con riferimento ai trienni 2014-2016 e 2015-2017, ed ha avuto ad oggetto le relazioni annuali relative al 2013 e 2014, un documento che i responsabili della prevenzione della corruzione devono predisporre ogni anno per documentare l'attività svolta e i risultati ottenuti;

    il 18 per cento delle Asl non ha ancora adottato, né pubblicato il piano di prevenzione della corruzione;

    riguardo l'attuazione dei piani anticorruzione, previsti dalla citata legge n. 190 del 2012, di 230 aziende sanitarie emerge però che, nel 40 per cento dei casi, queste si sono limitate a un adempimento formale dell'obbligo di legge, non inserendo all'interno del piano né l'analisi dei rischi di corruzione, né le misure di prevenzione, mentre il 33 per cento ha svolto un'analisi parziale e solo una struttura sanitaria su quattro ha risposto in pieno al dettato normativo;

    la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 dell'Autorità nazionale anticorruzione, riporta come la valutazione condotta dall'Anac medesima su un campione di 247 piani di prevenzione della corruzione (PTPC) di Asl, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e Irccs ha fatto rilevare una generale carenza nell'analisi del contesto esterno che spesso è risultata del tutto assente. La mappatura dei processi e delle attività non sempre è stata sviluppata in modo esaustivo e anche l'individuazione delle specifiche misure in relazione agli eventi rischiosi è risultata inadeguata. Non tutte le aziende hanno indicato ulteriori aree di rischio, cosiddette «aree di rischio specifiche», omettendo quindi un approfondimento che è, invece, di particolare rilievo ove si consideri la peculiarità del settore in cui le stesse operano;

    la medesima determinazione n. 12 del 2015, indica tra i maggiori fattori di rischio, quelli collegati in particolare agli acquisti e agli appalti in ambito sanitario. Sotto questo aspetto, l'Anac sottolinea la «condizione di potenziale intrinseca “prossimità” di interessi, generata dal fatto che i soggetti proponenti l'acquisto sono spesso anche coloro che utilizzano i materiali acquistati, con conseguenti benefici diretti e/o indiretti nei confronti dello stesso utilizzatore: ad esempio, i clinici proponenti l'acquisto di materiale di consumo (come ad esempio protesi, farmaci), sono anche i soggetti che impiegano tali beni nella pratica clinica e possono quindi orientare la quantità e tipologia di materiale richiesto. In effetti, i prodotti sanitari, avendo un elevato contenuto tecnico, si prestano per la loro peculiarità, a un interesse “oggettivo” alla scelta da parte del committente/clinico. In questo contesto è utile quindi introdurre misure di prevenzione e di sicurezza che documentino le motivazioni ovvero le ragioni tecniche sottese alla richiesta di acquisto di quel particolare prodotto, con assunzione delle relative responsabilità»;

    dalla relazione sull'attività svolta dall'Autorità nazionale Anticorruzione per il 2016, trasmessa al Parlamento il 28 giugno 2017, emerge come per la parte specifica sulla sanità, il campione di piani triennali di prevenzione della corruzione (Ptpc), analizzati nel monitoraggio 2016, risulta ancora lontano dal risultato atteso. «Dall'analisi del monitoraggio risulta che le indicazioni contenute nell'aggiornamento 2015 al PNA sono state seguite dagli enti interessati solo in parte. Infatti, se si considerano le amministrazioni facenti parte del campione e interessate all'analisi, una bassa percentuale di ASL e Policlinici universitari hanno censito alcuni dei processi tipici delle amministrazioni del comparto (tra cui, attività libero professionale e liste di attesa per circa il 35%, attività conseguenti al decesso in ambito intraospedaliero per circa il 28% delle amministrazioni campionate). Anche con riferimento alle misure specifiche suggerite dall'Aggiornamento 2015 al PNA nel focus sulla sanità, i livelli di recepimento rimangono tendenzialmente bassi (comunque sempre inferiori al 40%)»;

    risulta indispensabile chiamare alla responsabilità tutte le Asl, le aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e gli Irccs che non hanno dato corso ai piani previsti dalla legge anticorruzione. Sotto questo aspetto è necessario applicare il principio di responsabilità ed un sistema di premi e punizioni, anche nei confronti dei dirigenti che non hanno ancora applicato la legge, o lo hanno fatto solo formalmente;

    il rapporto «Curiamo la corruzione 2016», promosso da Transparency International Italia in partnership con Censis, Ispe-Sanità e Rissc, riporta come la corruzione si conferma un problema esiziale per il Ssn e costituisce un pesante freno in termini di efficienza, soprattutto a causa di una forte ingerenza del pubblico nel privato non sempre caratterizzata dalla massima trasparenza e per via delle infiltrazioni criminali all'interno delle strutture;

    l'indagine rivela che i cinque rischi più gravi per il Ssn consistono in: accordi preventivi tra i partecipanti ad una gara, soprattutto nella spartizione dei lavori in subappalto; definizione di esclusività di un servizio, che elimina la concorrenza a favore dell'impresa titolare del servizio o del bene; rimodulazione indebita del cronoprogramma in funzione delle esigenze o a vantaggio dell'appaltatore; la nomina di soggetti di parte nelle commissioni di gara per garantire un occhio di favore nella selezione del contraente; il comodato gratuito o la donazione di attrezzature, farmaci e dispositivi per generare maggiori consumi o spese non previste o non autorizzate;

    il secondo e più recente Rapporto «Curiamo la corruzione 2017» di Transparency International, mostra come nel 25,7 per cento delle aziende sanitarie si sarebbe verificato almeno un caso di corruzione negli ultimi dodici mesi, mentre per il 65 per cento dei responsabili anti-corruzione il fenomeno è dato come «stabile»: nulla sarebbe cambiato, insomma. I rischi più alti che vengono attribuiti ai settori degli acquisti e delle forniture, dunque al buco nero degli appalti, ma anche alla gestione delle liste d'attesa negli ospedali e perfino alle assunzioni;

    nel giudizio della Corte dei Conti al Rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2016, la sanità è indicata come Settore a rischio di diseguaglianze, ma anche di conflitti di interesse, illeciti anche penali e corruzione;

    nell'ambito del suddetto giudizio, il 27 giugno 2017, nella sua Requisitoria orale, il Procuratore generale Claudio Galtieri, ha ricordato come meccanismi di spesa efficienti, trasparenti, tempestivi e sotto monitoraggio continuo, impediscono la creazione di quelle «zone grigie» in cui più facilmente «si possono insinuare e trovare terreno fertile conflitti di interesse e illeciti di rilievo anche penale». È inoltre rilevato che «I rilevanti effetti distorsivi e le irregolarità e gli illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della spesa, come quelli della sanità (...), richiedono un approccio più sostanziale che (...) affronti il fenomeno della corruzione in una logica sistematica che tenga in adeguata considerazione la diffusività del fenomeno e l'insufficienza delle misure finora apprestate dell'ordinamento»;

    sempre in ambito sanitario, è peraltro quanto mai urgente una revisione del sistema degli appalti pubblici. In sanità vi è infatti il più alto tasso di proroghe e rinnovi spesso a prezzi non concordati e non in linea con il mercato. È necessario che nei piani di prevenzione della corruzione (Ptpc) il tema dei contratti venga affrontato con particolare riguardo all'intero ciclo degli approvvigionamenti, a partire dal rafforzamento dei livelli di trasparenza;

    nell'ambito del fenomeno degli illeciti e della corruzione in sanità, come ha in più occasioni ricordato lo stesso Raffaele Cantone, le liste di attesa e l'attività libero professionale intramoenia (Alpi), rientrano in quegli ambiti sanitari potenzialmente esposti a rischi corruttivi;

    questo aspetto è ben presente nella già citata determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 dell'Autorità nazionale Anticorruzione (Anac), nella quale l'attività libero professionale e le liste d'attesa vengono ricomprese espressamente tra le «aree di rischio specifiche». Nel provvedimento citato, si segnala tra l'altro come «l'attività libero professionale, specie con riferimento alle connessioni con il sistema di gestione delle liste di attesa e alla trasparenza delle procedure di gestione delle prenotazioni e di identificazione dei livelli di priorità delle prestazioni, può rappresentare un'area di rischio di comportamenti opportunistici che possono favorire posizioni di privilegio e/o di profitti indebiti, a svantaggio dei cittadini»,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per mettere in atto tutti gli strumenti utili a garantire la massima trasparenza nel settore sanitario, anche al fine di ridurre i fenomeni di illegalità e di conflitti di interesse;

2) ad assumere iniziative volte a prevedere che tutte le risorse rinvenienti dalle misure e dalle attività di contrasto alle frodi e alla corruzione in ambito sanitario, nonché alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, siano reinvestite nel Servizio sanitario nazionale;

3) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare e garantire che tutte le Asl, le aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico attuino effettivamente, e non in maniera meramente formale, efficaci e corretti piani di prevenzione della corruzione previsti dalla legge n. 190 del 2012, anche prevedendo l'applicazione del principio di responsabilità nei confronti dei dirigenti responsabili dell'adozione dei suddetti piani di prevenzione, qualora i medesimi piani non risultino essere stati presentati o risultino palesemente inidonei a prevenire il rischio di corruzione e si limitino ad un solo adempimento formale dell'obbligo di legge;

4) ad assumere iniziative per estendere gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari, previsti dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, anche ai servizi sanitari e socio-sanitari erogati da strutture private accreditate, così come proposto dalla stessa Anac con la delibera n. 958 del 7 settembre 2016;

5) ad assumere iniziative per introdurre specifiche previsioni in materia di appalti pubblici nel settore della sanità pubblica, al fine di eliminare le distorsioni legate al troppo frequente ricorso a proroghe automatiche e taciti rinnovi di appalti, nonché per incrementare la trasparenza e il controllo nelle procedure che riguardano i meccanismi di spesa;

6) ad adottare opportune iniziative anche di carattere normativo, per un efficace contrasto alla corruzione e ai conflitti di interesse, con particolare riguardo alle aree di maggior rischio del settore sanitario, quali, per esempio, quelle che riguardano: i rapporti con gli informatori dell'industria, i compensi per consulenze effettuate dai professionisti per conto dell'industria, la regolamentazione delle sponsorizzazioni e delle donazioni;

7) con riguardo all'attività libero-professionale, al fine di ridurre sensibilmente i rischi di corruzione o di profitti indebiti, e di uniformare i tempi di attesa della struttura pubblica a quelli della medesima attività libero professionale, ad avviare in particolare tutte le iniziative efficaci, per quanto di competenza, volte a garantire una gestione trasparente, informatizzata e centralizzata delle procedure di gestione delle prenotazioni e delle liste di attesa di tutte le strutture pubbliche e convenzionate per prestazioni, esami, visite specialistiche e ricoveri;

8) ad assumere iniziative volte a prevedere esplicitamente che, nell'ambito delle procedure per il conferimento degli incarichi di direzione sanitaria, compresi gli incarichi di struttura complessa, queste siano rispettose dei principi di massima trasparenza, in coerenza con la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015 e il Piano nazionale anticorruzione dell'Anac.
(1-01765) «Fossati, Murer, Fontanelli, Laforgia, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Bossa, Capodicasa, Cimbro, D'Attorre, Duranti, Epifani, Fava, Ferrara, Folino, Formisano, Carlo Galli, Kronbichler, Lacquaniti, Leva, Martelli, Matarrelli, Pierdomenico Martino, Melilla, Mognato, Nicchi, Giorgio Piccolo, Piras, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Rostan, Sannicandro, Scotto, Simoni, Speranza, Stumpo, Zaccagnini, Zappulla, Zaratti, Zoggia».