• C. 4781 EPUB Proposta di legge presentata il 13 dicembre 2017

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Atto a cui si riferisce:
C.4781 Modifica all'articolo 609-septies del codice penale, concernente l'estensione del termine per la presentazione della querela per i reati di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenne


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4781


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MARZANO, LOCATELLI, PASTORELLI
Modifica all'articolo 609-septies del codice penale, concernente l'estensione del termine per la presentazione della querela per i reati di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenne
Presentata il 13 dicembre 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — Bastano veramente sei mesi per denunciare una violenza sessuale? Sono sufficienti per recuperare le parole, superare la vergogna, trovare la forza, recarsi in una questura o in un commissariato, affrontare gli sguardi altrui, raccontare la violenza subita? In Italia, attualmente, sembrerebbe proprio di sì poiché l'articolo 609-septies del codice penale prevede che per i delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter e 609-quater dello stesso codice, cioè nel caso di atti sessuali commessi o subiti con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità – che sono punibili a querela della persona offesa – il termine per la proposizione della querela è di soli sei mesi. Ecco perché, passati i fatidici sei mesi, in Italia non c'è più nulla da fare. Anche se «i fatti in contestazione possono essere valutati come realmente accaduti», come hanno spiegato i giudici del tribunale del riesame di Bari nel corrente mese di dicembre affrontando il caso di una dottoressa violentata mentre era in servizio in una guardia medica, un accusato non è nemmeno processabile.
      Ripercorriamo brevemente i fatti della vicenda trattata dai giudici del tribunale del riesame di Bari per il carattere emblematico della vicenda. La presunta violenza sessuale subita dalla dottoressa barese risaliva a dicembre 2016. La donna, però, aveva aspettato nove mesi prima di denunciare l'accaduto. Prima non ce l'aveva fatta. Prima era stata travolta dalla vergogna. Prima aveva solo sperato che finisse tutto, anche se il suo aggressore, un cinquantunenne di Acquaviva delle Fonti, non sembrava avere alcuna intenzione di smetterla e, dopo l'episodio del 2016, aveva continuato a perseguitarla, minacciandola persino di morte. Per il cinquantunenne, hanno spiegato sempre i giudici, nel corrente mese di dicembre restava l'accusa di stalking nei confronti della dottoressa, visto che gli episodi erano più recenti. Ma la presunta vittima, in ragione dell'improcedibilità dello stupro, si è ritrovata non più solo vittima delle presunte violenze subite, ma anche vittima di uno Stato che, fissando a sei mesi il tempo limite per la proposizione della querela, sembra non capire che i termini stabiliti per denunciare uno stupro sono del tutto inadeguati.
      Quando si subisce una violenza sessuale spesso ci vuole molto tempo prima di riuscire a parlarne. Lo spiega molto bene la filosofa americana Susan Brison in un libro autobiografico in cui racconta lo stupro subito più di dieci anni prima: una violenza sessuale distrugge «ogni riferimento logico» e annienta il «valore dell'essere»; all'improvviso ci si scopre impotenti e fragili; d'un tratto si dubita di se stessi e della propria dignità, ci si colpevolizza e ci si convince di non valere niente, ci si chiude a chiave in se stessi e si pensa di non meritare più nulla. Talvolta ci vogliono anni e anni anche solo per raccontare quello che è successo, dubitando della propria memoria e rimettendo in discussione tutto quello che si è sempre fatto o pensato. È solo con il passare del tempo che si riesce a ripercorrere l'accaduto, a trovare la forza per andare avanti, a ricostruire quel minimo di fiducia in se stessi che è poi la condizione stessa per ricominciare anche a credere negli altri.
      Come si può allora anche solo pensare che siano sufficienti sei mesi per sporgere denuncia? I tempi non dovrebbero essere spostati molto in avanti – se proprio si vuole dare un termine di scadenza ed evitare così i rischi di possibili ricatti – per dare la possibilità alle vittime di fare quel percorso interiore, spesso lunghissimo, che è necessario per rimettere insieme i «cocci» di un'identità sbriciolata? Perché non prendere spunto dalle norme vigenti in altri Paesi, come la Francia, che stabilisce che il limite temporale per sporgere querela nel caso di determinati reati come lo stupro non può essere inferiore a dieci anni?
      È facile – e banale, superficiale e al limite dell'insulto – affermare, come talvolta si sente dire, che una persona che non denunci subito una violenza sessuale perde ogni credibilità. Più è grande la violenza subita, più aumenta il tempo necessario per trovare non solo le parole adeguate per raccontare l'accaduto, ma anche la forza per superare la vergogna e il senso di inutilità che invade tutto, assolutamente tutto. La violenza devasta sempre. Ma uno stupro, come ricorda Susan Brison, non è una violenza come le altre. È un «assassinio senza cadavere» che, anche solamente per essere nominato, ha bisogno di un coraggio immenso.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Al secondo comma dell'articolo 609-septies del codice penale, le parole: «il termine per la proposizione della querela è di sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «il termine per la proposizione della querela è di dieci anni».