• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
S.7/00379 esaminate, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento: la Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento (UE) 2017/825 per aumentare la...



Atto Senato

Risoluzione in Commissione 7-00379 presentata da VILMA MORONESE
mercoledì 24 gennaio 2018, seduta n.860

La 5ª Commissione,
esaminate, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento:
la Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento (UE) 2017/825 per aumentare la dotazione finanziaria del programma di sostegno alle riforme strutturali e adattarne l'obiettivo generale (COM (2017) 825 definitivo);
la Proposta di Regolamento del Consiglio sull'istituzione del Fondo monetario europeo (COM (2017) 827 definitivo)
esaminate altresì:
la Comunicazione della Commissione - Ulteriori tappe verso il completamento dell'Unione economica e monetaria dell'Europa: tabella di marcia (COM (2017) 821 definitivo);
la Comunicazione della Commissione - Nuovi strumenti di bilancio per una zona euro stabile nel quadro dell'Unione (COM (2017) 822 definitivo);
la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea su un Ministro europeo dell'economia e delle finanze (COM (2017) 823 definitivo);
la Proposta di Direttiva del Consiglio che stabilisce le disposizioni per rafforzare la stabilità di bilancio e l'orientamento di bilancio a medio termine negli Stati membri (COM (2017) 824 definitivo);
considerate:
la risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 sulla capacità di bilancio della zona euro;
la risoluzione del Parlamento europeo del 26 ottobre 2017 sulle politiche economiche della zona euro;
premesso che:
le istituzioni comunitarie hanno risposto alla crisi economica con strumenti che si ritiene necessario superare;
nel 2012, infatti, è stato istituito il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) per sostenere i Paesi dell'Ue in difficoltà finanziaria in cambio dell'impegno ad attuare un percorso di risanamento della finanza pubblica. Questo percorso, come ha dimostrato il caso greco, si è rivelato, nei fatti, un calvario che ha distrutto l'economia del paese ellenico. L'Italia, per finanziare questo fondo europeo, ha speso 14,3 miliardi di euro in qualità di terzo Paese sottoscrittore per dimensione, dopo Germania e Francia;
sempre nel 2012 è stato introdotto il Fiscal Compact, che rende ancora più stringenti i parametri di bilancio del Trattato di Maastricht, imponendo un percorso a tappe forzate verso il pareggio di bilancio e verso l'abbattimento del debito pubblico. I vincoli legati ai suddetti trattati hanno provocato politiche economiche inefficaci: in caso di crisi economico-finanziaria l'austerità imposta non ha fatto altro che acuire la crisi stessa. In sintesi, sino ad ora, questi trattati hanno prodotto un quadro giuridico-economico insostenibile non solo per l'economia italiana ma anche per quella dell'intera Eurozona;
si ritiene, dunque, necessario superare i citati vincoli al fine di favorire investimenti in deficit in settori chiave per il benessere dei cittadini e innovativi per il rilancio dell'economia;
valutato altresì che:
a partire dagli anni '90 il processo d'integrazione europea ha attraversato diverse tappe: dal Trattato di Schengen, che ha aperto le frontiere interne, al Trattato di Maastricht, che ha definito i parametri per l'ingresso degli Stati nell'Unione Europea, a quello di Amsterdam, primo tentativo di riformare le istituzioni europee, fino al Trattato di Lisbona, che ha delineato l'attuale assetto istituzionale europeo.
Durante questo processo d'integrazione il Parlamento europeo ha assunto un ruolo sempre più rilevante a livello decisionale, divenendo una vera e propria Camera legislativa, di fatto chiamato a rappresentare le istanze e i bisogni dei cittadini europei e a esercitare una funzione di controllo sulle decisioni europee. Il Parlamento ha assunto, in pratica, il ruolo di colegislatore su un piano di parità con il Consiglio, esaminando con quest'ultimo, nella cosiddetta "procedura legislativa ordinaria", le proposte normative avanzate dalla Commissione, a cui spetta in via esclusiva il potere d'iniziativa legislativa. Questo metodo si applica alla maggior parte dei provvedimenti europei e resta del tutto marginale la cosiddetta "procedura di consultazione", in cui il Parlamento è chiamato a esprimere un mero parere;
la crisi economica degli ultimi dieci anni ha però messo in ombra il ruolo del Parlamento, con un evidente rafforzamento della Commissione e del Consiglio sulle questioni cruciali per l'Europa, in primis l'economia e le politiche di bilancio dei singoli Stati membri;
si è alterato profondamente il peso politico dei diversi Stati membri, facendo emergere in modo molto più evidente la differente forza decisionale tra di essi, tanto che oggi l'Unione Europea è, di fatto, influenzata da un ristretto gruppo di Stati, inficiando così lo stesso carattere democratico delle istituzioni Ue. Questo ha fatto sì che i vincoli di bilancio ed economici siano stati imposti senza considerare le prerogative di tutti i singoli Stati Ue. Una politica economica che, ignorando i bisogni reali dei cittadini, ha escluso qualsiasi misura compensativa di tutela sociale per prevenire ricadute negative sul benessere delle comunità europee;
considerato altresì che:
nell'arco degli ultimi 20 anni in Italia il rapporto tra debito pubblico e PIL è cresciuto di 15,7 punti, da 116,9 a fine 1995 a 132,6 a fine 2016. A far salire improvvisamente il rapporto debito/ Pil negli anni successivi alla crisi finanziaria sono stati principalmente due fattori: 1) il salvataggio delle banche (soprattutto in Spagna, Portogallo, Irlanda e Grecia), finanziato attraverso l'emissione di nuovo debito; 2) la recessione stessa, che ha colpito tutti i paesi indistintamente. La recessione, infatti, da un lato fa diminuire il denominatore del rapporto mentre dall'altro spinge in alto il numeratore, perché diminuiscono le entrate (meno reddito, meno introiti fiscali) e aumentano le spese (più sussidi di disoccupazione, pensioni anticipate, ecc.);
l'Italia in realtà è tra i paesi europei quello che mostra uno dei migliori avanzi primari, ovvero il saldo tra entrate e uscite al netto degli interessi: nel 2016 è stato pari all'1,5% del Pil. Senza il peso degli interessi sul debito pubblico il bilancio pubblico italiano potrebbe essere quindi ben più espansivo e consentire di riprendere a fare investimenti in ambiti fondamentali, come infrastrutture e innovazione. In Italia vige quindi un paradosso: con un avanzo primario continua a crescere il rapporto del debito pubblico con il Pil e quindi a vacillare la nostra immagine presso gli investitori; l'unica via è quella di recuperare sul tasso di crescita allentando la morsa del rigore fiscale;
volendo dare uno sguardo al deficit primario, il deficit pubblico scorporato dalla spesa per interessi sul debito, l'Italia risulta essere il paese dell'Eurozona che più di tutti ha accumulato persistenti avanzi primari, comprimendo notevolmente la spesa pubblica e aumentando le tasse alle famiglie e alle imprese. Tuttavia, le politiche di austerità sono risultate essere fallimentari persino per contenere i bilanci pubblici;
per oltre venti anni, con il "mantra delle riforme", sono state implementate scellerate politiche di privatizzazioni di asset pubblici, di compressione degli stipendi dei lavoratori, di tagli ai servizi essenziali della cittadinanza e di ridimensionamento dei bilanci pubblici, limitando notevolmente l'intervento pubblico nell'economia reale. La conclusione è che ridurre il debito richiede un lungo periodo e politiche mirate che riducano il numeratore, cioè conti pubblici in attivo, o per lo meno un avanzo di bilancio al netto degli interessi e un tasso di crescita del Pil più alto del costo del debito. Le potenziali soluzioni dovranno ridurre il numeratore, il debito, oppure aumentare il denominatore, il PIL. Solo una bilanciata combinazione di azioni su entrambe le leve potrà riportare il debito pubblico italiano ad un livello sostenibile;
all'interno dell'equazione del debito pubblico, la crescita conta molto. Come prima cosa è necessario allentare gli attuali vincoli di bilancio europei e individuare ricette di politica economica per la crescita economica. Una soluzione che richiede, tra le altre cose, un elevato grado di cooperazione tra i Paesi;
le nostre priorità devono quindi essere: maggiori investimenti pubblici ad alto moltiplicatore e crescita dell'occupazione al fine di far crescere l'economia e quindi il PIL unitamente ad un a drastica riduzione delle spese improduttive e degli sprechi di denaro pubblico e la lotta all'evasione fiscale. Spingere l'occupazione con investimenti ad alto moltiplicatore per ridurre il debito pubblico, macigno che pesa soprattutto sulle giovani generazioni. Due obiettivi che devono essere portati avanti in parallelo attraverso un mix intelligente di maggiori investimenti produttivi e di taglio agli sprechi nella spesa pubblica. In questo modo pensiamo di poter incidere con decisione sulla riduzione del rapporto debito/Pil;
valutato inoltre che:
qualsiasi revisione dell'assetto dell'Unione europea dovrà prevedere una profonda revisione dei vincoli economici contenuti nei trattati. Deve essere avviato un percorso per scardinare l'approccio adottato finora dai leader europei volto a imporre un'Unione europea a due velocità, senza argomentare sulle pesanti condizionalità e implicazioni socio-economiche che porterà con sé questa proposta né coinvolgere adeguatamente i cittadini europei. È prioritario aprire un dibattito pubblico a livello internazionale sul futuro dell'Unione Europea e sui costi degli squilibri causati dall'introduzione della moneta unica come vincolo economico tra gli Stati membri. Riteniamo indispensabile introdurre nei trattati e nel quadro normativo europeo alcune specifiche procedure tecniche, economiche e giuridiche che consentano agli Stati membri di recedere dall'unione monetaria o di restarne fuori attraverso una clausola di opt-out permanente, nel caso in cui ci sia una chiara volontà popolare in tal senso;
riteniamo necessario:
1. modificare radicalmente l'impianto della governance economica europea (Patto di Stabilità e crescita - Fiscal compact - MES e le altre norme di vigilanza sui bilanci pubblici) basato sul predominio del mercato e sul rispetto di vincoli stringenti, infondati e insostenibili dal punto di vista economico e sociale;
2. definire meccanismi di governance economica realmente sostenibili e solidali, in grado di dare un vero sostegno ai cittadini;
3. definire obiettivi chiari (lotta alla disoccupazione, alla povertà e alle diseguaglianze);
4. al fine di sostenere la crescita dell'Eurozona e accrescere gli investimenti in Europa, attivare un meccanismo specifico diretto al finanziamento di grandi progetti di investimento a livello europeo;
5. attivare meccanismi di condivisione dei debiti pubblici e, attraverso questi, di condivisione dei rischi di shock che possono colpire alcuni partecipanti all'Eurozona;
occorre procedere su proposte ambiziose per smantellare il sistema di elusione ed evasione fiscale nell' Eurozona, che crea forti distorsioni della concorrenza a danno delle nostre piccole e medie imprese e sottrae risorse essenziali alle casse pubbliche degli Stati a beneficio delle multinazionali;
le riforme europee del sistema bancario e finanziario non sono assolutamente in grado di proteggere i cittadini da crisi bancarie future e dal rischio di nuovi salvataggi pubblici, stante anche la mancata previsione di un moderno Glass-Steagall Act basato sulla separazione delle attività di credito tradizionali da attività finanziarie speculative. L'attuale assetto dell'Unione bancaria europea, che attribuisce alla BCE nuove funzioni di vigilanza e risoluzione, va totalmente rivisto. E' altresì necessario, pertanto:
- concentrare gli sforzi politici e tecnici affinché la vigilanza e la regolamentazione bancaria rafforzino l'attenzione sugli enormi rischi sistemici, legati alle esposizioni in derivati e al sistema bancario ombra;
- introdurre una vigilanza adeguata sul processo di erogazione del credito per evitare concessioni clientelari;

la procedura del bail-in, volta a scaricare le perdite bancarie su risparmiatori e correntisti, va smantellata perché in contrasto con le Costituzioni nazionali che tutelano il risparmio (art. 47 della Costituzione italiana ). Occorre costruire un solido sistema di protezione dei depositi bancari, basato sulla garanzia illimitata di una banca centrale che funga da prestatore di ultima istanza. Se necessario e senza limitazioni predefinite, la banca centrale deve poter acquistare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà in misura sufficiente da evitare l'insostenibilità del debito o costi eccessivi di finanziamento;
ritenuto infine che:
la nomina di un Ministro Europeo dell'economia e delle finanze, in questa fase, è da valutare quantomeno prematura, poiché è prioritario il raggiungimento di intese comuni sulle sue funzioni e i suoi compiti e, in subordine, procedere alla sua nomina che dovrà essere operativa solo con l'insediamento della nuova Commissione europea; a tal riguardo si ritiene altresì necessario che la Commissione venga composta sulla base di membri eletti e non nominati e che vengano affidati poteri più incisivi al Parlamento; queste stesse considerazioni ci inducono, sul piano più strettamente metodologico, a sottolineare che le tematiche in esame, per la loro importanza sia a livello nazionale che europeo, dovrebbero più opportunamente essere affrontate da un Parlamento nella pienezza dei propri poteri;
per quanto sopra esposto, si pronuncia in senso contrario alle proposte di regolamento e agli atti comunitari in esame.
(7-00379)
MORONESE, LEZZI, BULGARELLI, MANGILI, MONTEVECCHI