• C. 2462 EPUB Proposta di legge presentata il 18 giugno 2014

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Atto a cui si riferisce:
C.2462 Modifiche agli articoli 50, 71, 75, 134 e 138 della Costituzione, in materia di diritto di petizione, di iniziativa legislativa popolare e di disciplina dei referendum, per la promozione della partecipazione politica dei cittadini


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2462


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa del deputato CIVATI
Modifiche agli articoli 50, 71, 75, 134 e 138 della Costituzione, in materia di diritto di petizione, di iniziativa legislativa popolare e di disciplina dei referendum, per la promozione della partecipazione politica dei cittadini
Presentata il 18 giugno 2014


      

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Onorevoli Colleghi! Di fronte al sempre più marcato distacco dei cittadini dalla partecipazione attiva alle scelte politiche, reso particolarmente evidente dalla forte diminuzione degli elettori che, nel recente voto per il Parlamento europeo, sono scesi, per la prima volta in un'elezione nazionale, al di sotto del sessanta per cento degli aventi diritto, è necessario intervenire per potenziare la partecipazione politica e il coinvolgimento dei cittadini nella cosa pubblica, cioè di tutti.
      Si tratta di un obiettivo non più rinviabile e che deve essere perseguito su più fronti: dalla salvaguardia di adeguate sedi di rappresentanza politica, all'approvazione di leggi elettorali che consentano un'effettiva scelta degli eletti da parte degli elettori e una reciproca capacità di confronto tra gli stessi (secondo quanto emerge anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014), al recupero di un ruolo forte dei partiti politici, l'associazione nei quali – come stabilisce l'articolo 49 della Costituzione – consente ai cittadini di concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale, fino al potenziamento degli strumenti di partecipazione diretta alle decisioni politiche, in una logica non di contrapposizione tra democrazia diretta e rappresentativa, ma di integrazione tra le stesse.
      Quest'ultimo punto passa anzitutto attraverso la revisione degli articoli della Costituzione relativi agli strumenti di democrazia diretta e partecipativa, cui mira in particolare la presente proposta di legge costituzionale.
      Infatti, come noto, l'Assemblea costituente dedicò al tema della democrazia diretta e partecipativa un'ampia discussione (in particolare in sede di seconda sottocommissione tra il 17 e il 22 gennaio 1947), essendo note le posizioni del relatore Costantino Mortati a favore di una valorizzazione di questi strumenti e in particolare dei referendum, rispetto ai quali aveva presentato una proposta molto ampia, anche collegata all'iniziativa legislativa popolare (infatti se il progetto presentato dagli elettori, nel termine di sei mesi, non era preso in considerazione o era rigettato o emendato, questo era sottoposto a referendum).
      È altrettanto noto come furono una certa diffidenza verso forme mai sperimentate di coinvolgimento dei cittadini e il forte ruolo che all'epoca rivestivano i partiti politici (molto prudenti rispetto a un diretto intervento dei cittadini) a costituire un freno all'introduzione di strumenti di democrazia diretta e, successivamente, al loro sviluppo, tanto che la legge attuativa dei referendum (e dell'iniziativa legislativa popolare) è soltanto del 1970 (nonostante una prima proposta in merito fosse stata presentata dal Governo De Gasperi nel 1949 e recasse la stampigliatura «urgente»). L'esperienza ha dimostrato, tuttavia, come il referendum abrogativo (tra quelli previsti certamente l'istituto dotato di maggiore capacità di incidere direttamente nelle scelte politiche) abbia saputo svolgere un ruolo molto importante, anche al fine di affermare alcuni diritti dei cittadini e di sbloccare situazioni di impasse determinate dai veti incrociati delle forze politiche rappresentate in Parlamento. Così è avvenuto, ad esempio, nella prima occasione in cui al referendum si è fatto ricorso, in relazione alla legge sul divorzio, e poi nel 1993, quando una serie di consultazioni referendarie consentì un forte cambiamento sul piano politico-istituzionale.
      Tuttavia, in epoca più recente, il referendum ha quasi completamente perduto il suo ruolo a causa della previsione per cui il suo risultato è valido soltanto se ha votato la maggioranza degli elettori. Così, dopo un primo caso di mancato raggiungimento del quorum nel 1990, esso non è stato più raggiunto in tutte le numerose consultazioni svoltesi dal 1997 al 2009 (solo nel 2011 essendo tornata a votare la maggioranza degli aventi diritto). Questo ha consentito ai contrari all'abrogazione di unire i propri voti a quelli di una base di almeno il 20 per cento di astensione che rappresenta, ormai da molti anni, il livello davvero minimo in tutte le elezioni. A ciò si aggiunga che la scarsa informazione sul merito delle questioni (non sempre, in verità, capaci di suscitare un ampio interesse popolare) e lo scarso rispetto per la volontà popolare da parte del legislatore successivamente intervenuto a ripristinare norme simili a quelle abrogate (cosa che è stata sanzionata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 199 del 2012) hanno rappresentato ulteriori fattori di disincentivazione alla partecipazione al referendum. Inoltre, i sostenitori della posizione contraria all'abrogazione, spingendo verso l'astensione, hanno potuto condurre campagne referendarie a più basso costo, facendo anche presa, oltre (e più) che sugli argomenti di merito, sullo «spreco» che il ricorso al referendum determinava, sostenendo, talvolta, anche la scarsa utilità la scarsa importanza delle questioni.
      Per questo la presente proposta di legge costituzionale induce il quorum di partecipazione, prevedendo – come suggerito da parte della dottrina (Barbera, Pertici) e già previsto dallo statuto della regione Toscana – che per la validità del referendum sia necessaria la maggioranza non dell'intero corpo elettorale, ma di coloro che hanno votato nelle ultime elezioni della Camera dei deputati. Questo, infatti, consente di misurare la maggioranza dei votanti sui cittadini che possiamo ritenere politicamente attivi, evitando che possa saldarsi il non voto nella consultazione specifica con l'astensionismo cronico che l'esame dei dati sulla partecipazione alle elezioni fa agevolmente rilevare.
      Nessuna reale efficacia hanno invece avuto gli strumenti della petizione e dell'iniziativa legislativa popolare. Sia le prime che le seconde rimangono, infatti, spesso prive di seguito parlamentare.
      Se certamente la petizione è uno strumento in sé a debole impatto, la presente proposta di legge costituzionale mira comunque a garantire che essa sia presa in considerazione dalle istituzioni parlamentari e che il richiedente ottenga, secondo le norme fissate nei regolamenti interni, una risposta.
      Maggiori attenzione e sviluppo merita, invece, l'iniziativa legislativa popolare. Infatti, le proposte di legge di iniziativa popolare non solo sono spesso del tutto trascurate, ma talvolta sono abbinate ad altre di iniziativa parlamentare o governativa e il testo che ne risulta non mantiene praticamente più niente né dei princìpi ispiratori né dei contenuti normativi essenziali del progetto di legge presentato dai cittadini (che solo formalmente, quindi, ha avuto qualche seguito).
      Per questo la presente proposta di legge costituzionale prevede che, se le sottoscrizioni non sono centomila (numero minimo ritenuto comunque necessario per presentare un progetto di legge da parte del corpo elettorale), ma ottocentomila (cioè quante ne occorrono, a seguito della revisione costituzionale in oggetto, anche per il referendum abrogativo), ove la proposta di legge di iniziativa popolare non sia approvata dalle Camere, ai sensi dell'articolo 72, o sia approvata in un testo che non ne rispetti i princìpi ispiratori e i contenuti normativi essenziali, entro dodici mesi essa sia sottoposta a referendum popolare per la sua approvazione direttamente da parte degli elettori.
      La proposta di legge costituzionale si fa carico, seppure attraverso il rinvio alla legge, anche della necessità che la partecipazione dei cittadini sia consapevole e pertanto prevede che siano garantite tutte le informazioni sulle proposte di legge di iniziativa popolare necessarie a tale scopo.
      Sempre attraverso il rinvio alla legge è inoltre valorizzata la predisposizione di strumenti volti a favorire la raccolta delle sottoscrizioni delle diverse iniziative, anche in via telematica, come già avviene, ad esempio, per l'iniziativa dei cittadini europei. Ciò, anche dal punto di vista della possibilità di addivenire a una proposta, dovrebbe compensare ampiamente il parziale innalzamento del numero delle sottoscrizioni necessarie (in misura tale da ristabilire in parte la proporzione con il corpo elettorale immaginata dal Costituente), anche con l'effetto – indubbio – di conferire a tali iniziative una maggiore forza politica.
      La modifica all'articolo 134 della Costituzione, sulle competenze della Corte costituzionale, attraverso l'inserimento di quella a giudicare anche dell'ammissibilità dei referendum, si giustifica, infine, con l'estensione di questa competenza – che la legge costituzionale n. 1 del 1953 già aveva previsto per il referendum, abrogativo, anche a quello di eventuale approvazione della proposta di legge iniziativa popolare.
      Infine, la proposta, di legge costituzionale ritiene che anche la disciplina costituzionale del referendum previsto in via eventuale nell'ambito del procedimento di revisione costituzionale possa richiedere una messa a punto (in parte, e per quanto compatibile, anche al fine di una maggiore armonizzazione con gli altri referendum). In particolare, si è ritenuto di intervenire sui soggetti promotori e sulla previsione – anche in questo caso – dell'agevolazione nella raccolta delle sottoscrizioni e soprattutto su quella della necessità di un'adeguata informazione agli elettori. Infatti, l'unica partecipazione che possa considerarsi autenticamente tale è quella consapevole. La conoscenza delle questioni, unitamente alla provenienza dal basso della domanda, infatti, rappresentano argini essenziali a ogni forma di torsione plebiscitaria.
      Per quanto concerne più in particolare l'esame dei singoli articoli della presente proposta di legge costituzionale osserviamo quindi quanto segue.
      L'articolo 1 interviene sulla petizione, riconosciuta come diritto, non solo dei cittadini, ma anche dei residenti, persone fisiche o giuridiche, che possono esercitarla sia, singolarmente sia in associazione con altri (esattamente come nell'articolo 227 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea). Per la prima volta, si prevede che i regolamenti parlamentari disciplinino le modalità con cui deve essere fornita una risposta ai richiedenti.
      L'articolo 2 interviene, invece, sull'iniziativa legislativa popolare, di cui si intende aumentare il peso anzitutto attraverso un parziale innalzamento delle sottoscrizioni comunque necessarie (che passano da cinquantamila a centomila), rese così anche più in linea con l'accresciuta dimensione del corpo elettorale. L'aumento delle sottoscrizioni richieste è comunque compensato, per quanto riguarda la raccolta delle stesse, dalla previsione, che dovrà essere inserita nella legge di attuazione, di una loro raccolta anche per via elettronica, secondo modalità già sperimentate per quanto concerne l'iniziativa dei cittadini europei prevista dall'articolo 11, paragrafo 4, del Trattato sull'Unione europea.
      La presente proposta di legge costituzionale ha poi escluso l'iniziativa popolare in relazione alle proposte necessariamente riservate al Governo (leggi di bilancio e di conversione di decreti-legge).
      L'istituto, però, risulta finalmente reso davvero effettivo attraverso la previsione di un obbligo di approvazione, da parte delle Camere, entro un termine fissato in dodici mesi. Nel caso in cui ciò non accada o l'approvazione sia comunque avvenuta in un testo che non rispetta né i principi ispiratori né i contenuti normativi essenziali della proposta di legge di iniziativa popolare ove le sottoscrizioni raccolte siano ottocentomila, la approvazione avviene tramite referendum, le modalità del cui svolgimento – come già avviene per il referendum abrogativo – sono previste dalla legge.
      Il referendum non può in ogni caso svolgersi se l'iniziativa legislativa popolare ha ad oggetto leggi costituzionali, tributarie, di amnistia e indulto, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali o altre leggi per le quali la Costituzione prescriva l'approvazione con maggioranze particolari o comunque con procedure aggravate.
      Il giudizio di ammissibilità, come per il referendum abrogativo, è rimesso alla Corte costituzionale, che in questo caso giudica anche se il testo approvato rispetta i princìpi ispiratori e i contenuti normativi essenziali, la cui competenza in materia è adesso inserita all'articolo 134 della Costituzionale, insieme alle altre.
      La proposta di legge di iniziativa popolare soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione un numero di elettori pari almeno alla maggioranza di coloro che hanno votato per la Camera dei deputati nell'ultima precedente elezione e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
      Come per il referendum abrogativo, è poi previsto che una legge disciplini le modalità di attuazione del referendum, ma il testo costituzionale già indica al legislatore la necessità di prevedere anche la sottoscrizione elettronica e, soprattutto, l'individuazione degli strumenti idonei ad assicurare agli elettori una piena conoscenza della proposta di legge di iniziativa popolare.
      L'articolo 3, invece, prevede anzitutto una serie di limitate modifiche dell'articolo 75 della Costituzione rese necessarie anche al fine di armonizzare il referendum abrogativo con quello di approvazione di leggi proposte dallo stesso corpo elettorale ai sensi del nuovo articolo 71 della Costituzione.
      Quindi, in primo luogo, il numero degli elettori necessari per proporre il referendum è elevato a ottocentomila (lo stesso numero richiesto, appunto, per il referendum approvativo di cui all'articolo 71), ristabilendo così la proporzione rispetto al corpo elettorale richiesta nel 1948. Anche in questo caso, l'aumento delle sottoscrizioni richieste è comunque compensato, per quanto riguarda la raccolta delle stesse, dalla previsione, che dovrà essere inserita nella legge di attuazione, di una loro raccolta anche per via elettronica, secondo modalità già sperimentate per quanto concerne l'iniziativa dei cittadini europei prevista dall'articolo 11, paragrafo 4, del Trattato sull'Unione europea.
      Inoltre, il secondo comma, relativo alle leggi su cui il referendum non è ammissibile, è integrato in base alla giurisprudenza costituzionale sui limiti materiali, anche al fine di essere armonizzato con l'omologa disposizione dell'articolo 71 (rispetto alla quale, tuttavia, vi sono limitate differenze date dalla diversa configurazione e dalla diversa natura dei due istituti), comprendendo anche le leggi costituzionali e quelle per le quali la Costituzione prescriva l'approvazione con maggioranze particolari o comunque con procedure aggravate.
      L'innovazione più significativa, tuttavia, come già detto, è quella che abbassa il quorum di partecipazione, portandolo dalla maggioranza degli elettori alla maggioranza di coloro che hanno votato nelle ultime precedenti elezioni per la Camera dei deputati (l'abrogazione realizzandosi poi se la maggioranza di questi si è espressa, ovviamente, a favore della stessa).
      L'articolo 4, come già rilevato, si limita a integrare l'articolo 134 della Costituzione, inserendo nell'elenco delle competenze della Corte costituzionale anche il giudizio sull'ammissibilità del referendum approvativo di cui all'articolo 71, oltre che di quello abrogativo di cui all'articolo 75, in realtà, come noto, già attribuito alla Consulta dalla legge costituzionale n. 1 del 1953.
      L'articolo 5, infine, modifica l'articolo 138, secondo comma, primo periodo, relativamente al referendum costituzionale. In particolare, come agli articoli 71 e 75, il numero di elettori necessari per presentare la richiesta viene elevato a ottocentomila, con ciò ristabilendo la proporzione rispetto al corpo elettorale richiesta nel 1948, sempre compensata dalla possibilità di ricorso alla raccolta firme per via elettronica. Viene anche modificata la percentuale di parlamentari che può chiedere il referendum, ridotta da un quinto a un ottavo, in considerazione del carattere maggioritario, o con premio di maggioranza, che normalmente hanno le leggi elettorali, con la conseguenza che i partiti di opposizione – che normalmente chiedono il referendum costituzionale in considerazione del suo carattere oppositivo – risultano avere una consistenza parlamentare più contenuta rispetto al loro effettivo consenso popolare.
      Infine, anche in questo caso ci si preoccupa di specificare che la legge di attuazione favorisca – come rilevato – la raccolta delle firme, anche per via elettronica, e un'adeguata informazione degli elettori in merito alla proposta di referendum.
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
(Petizione).

      1. L'articolo 50 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 50. – Ogni persona fisica o giuridica residente nel territorio dello Stato, individualmente o in associazione con altri, ha diritto di presentare alle Camere petizioni per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.

      I regolamenti delle Camere assicurano che la petizione sia esaminata e che a coloro che l'hanno presentata sia data risposta entro un termine ragionevole».

Art. 2.
(Iniziativa legislativa popolare e referendum).

      Il secondo comma dell'articolo 71 della Costituzione è sostituito dai seguenti:
      «Gli elettori esercitano l'iniziativa delle leggi mediante la proposta, da parte di almeno centomila elettori, di un progetto redatto in articoli, accompagnato da una relazione illustrativa dell'oggetto e delle finalità dello stesso e del contenuto dei singoli articoli.
      La proposta di cui al secondo comma non può riguardare leggi di bilancio o leggi di conversione di decreti-legge.
      La votazione finale del progetto di cui al secondo comma ai sensi dell'articolo 72, deve intervenire entro dodici mesi dalla presentazione.
      Se, nel termine di cui al quarto comma la proposta non è approvata o è approvata in un testo che non ne rispetta i princìpi ispiratori e i contenuti normativi essenziali, nel caso in cui sia stata sottoscritta da almeno ottocentomila elettori, essa è

sottoposta a referendum popolare per l'approvazione.
      Non è ammesso il referendum di cui al quinto comma su proposte di leggi costituzionali, tributarie, di amnistia e di indulto, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali e di leggi per le quali la Costituzione prescriva l'approvazione con maggioranze particolari o comunque con procedure aggravate.
      La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione un numero di elettori pari almeno alla maggioranza di coloro che hanno votato per la Camera dei deputati nell'ultima precedente elezione e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
      La legge disciplina le modalità di attuazione dell'iniziativa legislativa popolare e del referendum di cui al presente articolo, favorendo la raccolta delle sottoscrizioni, anche per via elettronica, e individua gli strumenti idonei ad assicurare agli elettori una piena conoscenza della proposta».
Art. 3.
(Modifiche al referendum abrogativo).

      1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma, le parole: «cinquecentomila» sono sostituite dalle seguenti: «ottocentomila»;

          b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
      «Non è ammesso il referendum per le leggi costituzionali, tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali e per le leggi per le quali la Costituzione prescriva l'approvazione con maggioranze particolari o comunque con procedure aggravate»;

          c) il quarto comma è sostituito dal seguente:
      «La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione

un numero di elettori pari almeno alla maggioranza di coloro che hanno votato per la Camera dei deputati nell'ultima precedente elezione e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi»;

          d) il quinto comma è sostituito dal seguente:
      «La legge determina le modalità di attuazione del referendum di cui al presente articolo, favorendo la raccolta delle sottoscrizioni, anche per via elettronica, e individua gli strumenti idonei ad assicurare agli elettori una piena conoscenza della proposta».

Art. 4.
(Competenza della Corte costituzionale sull'ammissibilità dei referendum di cui agli articoli 71 e 75).

      1. All'articolo 134 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente capoverso:
      «sull'ammissibilità dei referendum di cui all'articolo 71, ai sensi del quinto e del sesto comma del medesimo articolo, e sull'ammissibilità dei referendum di cui all'articolo 75, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo».

Art. 5.
(Modifiche al referendum costituzionale).

      1. All'articolo 138 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al secondo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un ottavo dei membri di una Camera od ottocentomila elettori o cinque Consigli regionali:

          b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:


      «La legge determina le modalità di attuazione del referendum di cui al presente articolo, favorendo la raccolta delle sottoscrizioni, anche per via elettronica, e individua gli strumenti idonei ad assicurare agli elettori una piena conoscenza della proposta».