• C. 2492 EPUB Proposta di legge presentata il 26 giugno 2014

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Atto a cui si riferisce:
C.2492 Istituzione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2492


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
DELL'ARINGA, PATRIARCA, PICCOLI NARDELLI, AMATO, AMODDIO, ANTEZZA, ARLOTTI, BERLINGHIERI, BINETTI, BRANDOLIN, CAPONE, CASATI, D'INCECCO, FITZGERALD NISSOLI, FRAGOMELI, GAROFALO, GAROFANI, GIGLI, GIULIETTI, IORI, PALMA, PELILLO, PETITTI, PETRINI, PICCIONE, SALVATORE PICCOLO, PORTA, PREZIOSI, QUARTAPELLE PROCOPIO, ROCCELLA, RUBINATO, SBROLLINI, SENALDI, TARICCO, VENITTELLI, BASSO, BORGHI, CAPOZZOLO, COCCIA, DAL MORO, DE MICHELI, FAMIGLIETTI, GALPERTI, GULLO, LODOLINI, MANZI, PIERDOMENICO MARTINO, MARZANO, MONACO, MURA, RAMPI, FRANCESCO SANNA, GIOVANNA SANNA, TARANTO, VACCARO, ZANIN, ZARDINI
Istituzione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia
Presentata il 26 giugno 2014


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge si propone di favorire la costruzione di un sistema di servizi alla persona e alla famiglia più efficiente, di qualità e con costi sostenibili, orientato alle seguenti finalità:

          a) facilitare la conciliazione fra vita privata e attività professionale al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione femminile;

          b) rendere sostenibile un moderno e più equo sistema di welfare a favore dell'infanzia e delle persone non autosufficienti, basato sui princìpi della sussidiarietà, attraverso la responsabilizzazione, il coinvolgimento e la valorizzazione di tutti i soggetti pubblici e privati del settore sociale e delle imprese al fine di mobilitare risorse aggiuntive a quelle pubbliche;

          c) promuovere la crescita dell'occupazione regolare e migliori condizioni di lavoro nel comparto degli household service, considerato dalla Commissione europea con il più elevato potenziale di aumento dell'occupazione e del valore aggiunto

anche a causa dell'invecchiamento della popolazione e alla maggiore domanda dei servizi di cura dell'infanzia da parte delle lavoratrici e dei lavoratori;

          d) far emergere il lavoro nero così diffuso fra i collaboratori domestici e gli assistenti personali, soprattutto quelli immigrati, anche per consentire il recupero di risorse aggiuntive da destinare ai servizi attraverso il maggior gettito contributivo determinato dall'aumento dell'occupazione regolare nel comparto dei servizi alla persona;

          e) adottare un sistema universale e standardizzato di voucher per il pagamento dei servizi alla persona da parte delle famiglie, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche che sia flessibile, facile da utilizzare e che sia stato già sperimentato con risultati positivi in altri Paesi.

      L'insoddisfacente livello di occupazione femminile, soprattutto nel Mezzogiorno, costituisce uno degli elementi di criticità del mercato del lavoro italiano, che lo pone, anche sotto questo aspetto, notevolmente al di sotto della media raggiunta dai Paesi dell'Unione europea.
      Infatti, in Italia meno della metà delle donne lavora (47 per cento), in Francia il 60 per cento e in Germania quasi 7 donne su 10 hanno un'occupazione.
      Il 47 per cento delle donne italiane è inattivo – più che in Croazia (45 per cento) – il 28 per cento in Germania e il 22 per cento in Svezia.
      In molte regioni del sud d'Italia come la Campania addirittura il 70 per cento delle donne sta a casa, non lavora, ma neppure cerca un'occupazione, valore non molto distante da quello che si registra in Marocco.
      È una condizione sociale ed economica insostenibile che quasi cinque donne su dieci non abbiano una retribuzione regolare da lavoro.
      Le cause della bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro sono molte ma, incidono in modo e con intensità diversi sul fenomeno.
      Il primo gruppo di cause è strettamente legato al dualismo territoriale del mercato del lavoro dal momento che i tassi di occupazione delle regioni centro-settentrionali sono sostanzialmente allineati a quelli europei, mentre il divario di quelli delle regioni meridionali dall'Europa è altissimo, per una buona parte a causa dalla presenza di un enorme bacino di forze di lavoro potenziali.
      Un secondo gruppo di cause ha per motivo principale la maggiore difficoltà delle donne italiane a conciliare la professione con la vita privata. Questo conflitto tra lavoro e famiglia è a sua volta determinato da un mix molto diversificato di criticità nel territorio: inadeguatezza dei servizi di cura per l'infanzia per gli adulti e per gli anziani non autosufficienti; costo dei servizi sostitutivi del lavoro domestico normalmente in capo alle donne, che spesso rende non conveniente lavorare; scarsa diffusione della flessibilità nei posti di lavoro; costi della maternità che non sempre sono sostenibili sia dall'impresa che dalla lavoratrice e eccessivo peso del lavoro familiare sulle donne.
      Più di 650.000 madri che si prendono regolarmente cura di figli minori di 15 anni, di adulti malati, disabili o di anziani, che sono inattive oppure occupate part-time a causa dell'inadeguatezza dei servizi di cura per l'infanzia e per le persone non autosufficienti, dichiarano che la maggiore inadeguatezza dei servizi è il loro costo e solo al secondo posto collocano l'insufficiente diffusione dei servizi nel territorio.
      Di conseguenza, è possibile affermare che il principale motivo che spinge una quota significativa di madri italiane a non lavorare è razionale: quando il costo dei servizi sostitutivi del lavoro domestico e di cura dei familiari è superiore al salario atteso, non è conveniente lavorare.
      Le donne che si aspettano di guadagnare uno stipendio più alto delle spese che dovrebbero sostenere per i servizi sostitutivi del lavoro domestico e di cura dei familiari sono potenzialmente più propense a lavorare, viceversa alle donne meno istruite e con minori qualifiche

professionali, che hanno un'aspettativa salariale più bassa, non conviene lavorare dal momento che il costo dei servizi sostitutivi è più alto del salario che possono guadagnare.
      Occorre osservare che quasi due terzi delle madri che potrebbero rientrare nel mercato del lavoro, pari circa 334.000 unità, hanno figli di età tra i 3 e i 14 anni e quindi avrebbero bisogno di servizi diversi dagli asili nido, come il tempo pieno della scuola, spesso non previsto nelle regioni del Mezzogiorno, le ludoteche, i servizi di accompagnamento dei figli, servizi questi ultimi che sono meno costosi degli asili nido.
      Nel Mezzogiorno, alla carenza obiettiva dei servizi per l'infanzia e per le persone non autosufficienti, si aggiunge una minore ricchezza delle famiglie che spesso non consente di far fronte al costo dei servizi sostitutivi.
      La crisi economica ha ulteriormente aggravato la difficoltà di conciliare il lavoro con la necessità per le famiglie di sostenere il welfare informale che grava sui bilanci familiari mediamente con una spesa che raggiunge 667 euro al mese. Da una recente indagine del Censis emerge che complessivamente la spesa che le famiglie sostengono per collaboratrici e collaboratori domestici (colf) e badanti «incide per il 29,5 per cento sul reddito familiare: non stupisce, di conseguenza, che già oggi, in piena recessione la maggioranza (56,4 per cento) non riesca più a farvi fronte e sia corsa ai ripari: il 48,2 per cento ha ridotto i consumi, pur di mantenere il collaboratore; il 20,2 per cento ha intaccato i propri risparmi; addirittura il 2,8 per cento delle famiglie si è dovuta indebitare» (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Elaborazione di un modello previsionale del fabbisogno di servizi assistenziali alla persona nel mercato del lavoro italiano con particolare riferimento al contributo della popolazione straniera, a cura di Censis e Fondazione ISMU, 2013, p. 5). L'irrinunciabilità del servizio sta peraltro portando alcune famiglie a considerare l'ipotesi che un membro della stessa possa rinunciare al lavoro per «prendere il posto» del collaboratore.
      È prioritario, di conseguenza, ridurre il costo dei servizi di cura per l'infanzia e per le persone non autosufficienti attraverso agevolazioni fiscali e soprattutto misure più ampie come il voucher universale per i servizi alle persone utilizzato in Francia (Chèque emploi service universel – CESU), nel Regno Unito (Childcare Vouchers), in Belgio (Titre-services pour les services et emplois de proximité), ma anche in molte regioni italiane.
      Sono modelli finalizzati a rendere sostenibile un moderno e più efficiente sistema dei servizi alla persona attraverso la responsabilizzazione, il coinvolgimento e la valorizzazione di tutti i soggetti pubblici e privati del settore sociale e delle imprese, al fine di mobilitare risorse aggiuntive a quelle pubbliche per far fronte all'incremento della domanda di servizi alla persona determinato dall'invecchiamento della popolazione, dall'aumento delle persone non autosufficienti e dalla maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
      Solo le persone con difficoltà nelle funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana erano, nel 2011, quasi 4 milioni e di queste più della metà aveva limitazioni funzionali gravi, quasi il 17 per cento non riceve alcun tipo di sostegno, considerando congiuntamente l'assistenza sanitaria domiciliare e gli aiuti per la vita quotidiana, e l'8 per cento era assistito da badanti (ISTAT, Inclusione sociale delle persone con limitazioni dell'autonomia personale, 2012).
      Il sistema deve far fronte anche all'esigenza di dare un assetto più organizzato e più strutturato all'offerta complessiva dei servizi, anche al fine di migliorare la qualità delle prestazioni e le condizioni di lavoro degli occupati (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, op. cit., p. 4).
      A questo proposito riveste particolare importanza un documento di lavoro della Commissione europea, che invita gli Stati membri a sfruttare il potenziale di occupazione offerto dai servizi per la persona e la famiglia (European Commission, Commission Staff Working Document on exploiting the employment potential of the personal and household services, Strasbourg, SWD(2012) 95 final, 2012).
      Il documento è importante per tre ordini di motivi.
      Innanzitutto afferma che il settore dei servizi alla persona – le attività che contribuiscono al benessere delle famiglie e delle persone a casa, quali servizi di assistenza e di lavoro domestico, dove sono impiegate soprattutto donne straniere – ha il maggiore potenziale di crescita e può contribuire all'aumento della popolazione attiva.
      Nel documento si fa riferimento ai «servizi per la persona e la famiglia» (SPF) a domicilio che contribuiscono al benessere delle famiglie e delle persone, all'assistenza ai bambini (AB) e all'assistenza a lungo termine (ALT) per gli anziani e per i disabili, nonché pulizia, sostegno scolastico, riparazioni domestiche, giardinaggio e sostegno informatico. Questi servizi contribuiscono a un migliore equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale, alla creazione di opportunità lavorative per le persone relativamente poco qualificate e al miglioramento della qualità dell'assistenza.
      Il secondo tema affrontato è quello dei voucher che, secondo la Commissione, sono uno strumento efficace per sostenere la crescita dei servizi alla persona e per promuovere l'emersione del lavoro nero tanto diffuso in questo settore in tutti i Paesi europei.
      Il sistema dei voucher ha successo, soprattutto per quanto riguarda l'emersione del sommerso in questo settore economico, solo se la famiglia è messa nella condizione di pagare solo una parte del prezzo di mercato legale del servizio pari a quello del mercato nero, mentre le autorità pubbliche coprono la differenza fra il prezzo legale e quello in nero. Solo in questo modo si realizza il contrasto di interessi tra la famiglia e il fornitore del servizio non regolare, consentendo l'emersione di una significativa quota del lavoro nero, come è accaduto in Francia con i CESU.
      Si tratta di uno strumento che migliora la solvibilità della domanda, flessibile e facile da utilizzare. Quest'ultima caratteristica è particolarmente importante per gli anziani (dipendenti o no) che necessitano di assistenza domiciliare.
      Nel terzo punto la Commissione rileva che a fronte del costo dell'intervento pubblico lo Stato recupera risorse attraverso ulteriori imposte e contributi di sicurezza sociale nonché riduzioni degli assegni di disoccupazione connessi alla creazione di nuova occupazione e all'emersione del lavoro nero e a ulteriori fattori esterni a cui fa riferimento il documento. Di conseguenza il calcolo del costo effettivo dell'intervento pubblico deve essere il saldo fra il minor gettito determinato dalle agevolazioni fiscali a favore della famiglia e le nuove entrate fiscali e contributive determinate dall'emersione dei lavoratori non regolari. Nella stima sviluppata nel documento a proposito del voucher per i servizi in Belgio, il costo netto per lo Stato è pari al 28 per cento dello stanziamento.
      Anche nel Piano nazionale per la famiglia del Governo italiano si suggerisce l'utilizzo dei voucher in diversi campi d'utilizzo: per i servizi per la prima infanzia che possono fungere da meccanismi di connessione fra amministrazioni locali, servizi e utenza, coinvolgendo anche cooperative, associazionismo familiare ed altre organizzazioni del privato sociale, in alternativa agli asili nido aziendali, a sostegno dell'educazione dei figli, per l'assistenza a domicilio delle persone disabili e non autosufficienti (voucher socio-sanitario) e per i servizi familiari con prestazioni accessorie (voucher familiare) (Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia, Piano nazionale per la famiglia, 2012). È strano che non sia stato proposto un unico voucher per tutti questi servizi e gli altri che possono offrire le regioni, gli enti locali e le imprese, minimizzando i costi di gestione.
      Il nuovo sistema di welfare universale per i servizi alla persona unificherebbe in un unico strumento le diverse iniziative sviluppate con i voucher dalle regioni e dallo Stato.
      Il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia che si propone di istituire con la presente proposta legge risponde, di conseguenza, alle seguenti esigenze:

          a) promuovere l'occupazione femminile migliorando l'offerta e la pluralità di

servizi che favoriscono la conciliazione fra vita familiare e attività professionale;

          b) creare un sistema di welfare che consenta alle famiglie di accedere ai servizi alla persona del mercato regolare, pubblico e privato, a costi sostenibili in rapporto al proprio reddito;

          c) rendere sostenibile un moderno sistema dei servizi alla persona attraverso la responsabilizzazione, il coinvolgimento e la valorizzazione di tutti i soggetti pubblici e privati del settore sociale e delle imprese al fine di mobilitare risorse aggiuntive a quelle pubbliche;

          d) contrastare il lavoro sommerso presente in larga misura nel settore dei servizi alla persona promuovendo una maggiore domanda di servizi regolari e migliori condizioni di lavoro, nonché incrementare l'occupazione e la creazione d'imprese attive in tale settore;

          e) rendere visibile il saldo positivo fra i costi pubblici a sostegno dei servizi alla famiglia e gli introiti fiscali e contributivi derivanti dall'emersione del lavoro irregolare;

          f) indirizzare le risorse pubbliche e private per sostenere prevalentemente i soggetti che offrono servizi alla persona, sulla base del principio di sussidiarietà, consentendo così alle famiglie di scegliere liberamente i servizi che meglio si adattano alle proprie esigenze e riducendo i costi burocratici e le inefficienze pubbliche;

          g) far fronte all'incremento della domanda di servizi alla persona determinato dall'invecchiamento della popolazione, dall'aumento delle persone non autosufficienti, dalla maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e dalla crescita di famiglie monoparentali;

          h) far fronte ai rischi di maggiore esclusione sociale determinati dal ciclo recessivo e trasformare questa criticità in una opportunità di riforma dei servizi alla persona;

          i) promuovere modalità di certificazione delle competenze dei lavoratori che prestano servizi alla persona e di accreditamento di imprese e associazioni che operano nel settore per garantire una più alta qualità e personalizzazione dei servizi e la loro capacità relazionale;

          l) disporre di modello universale, flessibile e personalizzato di voucher per l'erogazione dei servizi alla persona nel quale convergano gli analoghi sistemi gestiti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni;

          m) mettere a disposizione un sistema che semplifichi l'utilizzo dei servizi alla persona e che riduca gli oneri amministrativi e gli altri adempimenti burocratici che gravano sulla famiglia.

      Già esistono in Italia agevolazioni fiscali sui servizi alla persona come le deduzioni e le detrazioni per le spese sostenute per colf, badanti e asili nido, recentemente ridotte dalla legge di stabilità, ma non sono in grado di abbattere il costo di questi servizi per la famiglia nella misura sollecitata dalla Commissione europea (la famiglia paga solo una parte del prezzo reale – circa il prezzo nel mercato nero – e lo Stato paga la differenza) anche al fine di determinare il saldo con il maggior gettito contributivo e fiscale determinato dall'emersione del lavoro nero.
      La creazione di un sistema unificato di voucher per i servizi alla persona e alla famiglia è, di conseguenza, l'occasione per rivedere in modo organico tutte le agevolazioni fiscali che riguardano questi servizi, alla luce non solo dell'utilità rilevante ai fini di una maggiore occupazione femminile che porta con sé una maggiore crescita del prodotto e della creazione di un mercato moderno e di qualità dei servizi alla persona, ma anche dell'utilità connessa all'emersione del lavoro non regolare così diffuso in questo settore.
      Infatti, il settore economico dei servizi alla persona cresce più degli altri in tutto il mondo e in particolare in Italia a causa dell'invecchiamento della popolazione e della maggiore partecipazione delle donne

al mercato del lavoro, con un valore aggiunto, solo per colf e badanti, di 16 miliardi di euro nel 2010 [il valore aggiunto a prezzi correnti dei servizi domestici utilizzati direttamente dalle famiglie italiane come datori di lavoro, che corrisponde sostanzialmente al reddito da lavoro delle colf e badanti, è pari nel 2010 a circa 16 miliardi di euro che rappresenta l'1,1 per cento del valore aggiunto totale. Dal 2001 (9,7 miliardi di euro) il valore aggiunto di questo settore è cresciuto del 61 per cento. Al valore aggiunto di colf e badanti occorre aggiungere quello dei servizi alla persona erogati dalle imprese, di difficile stima, e dalle amministrazioni pubbliche (circa 3 miliardi di euro). Per fare un confronto con un altro settore economico, il valore aggiunto nel settore agricolo è pari a circa 25 miliardi e registra una forte flessione rispetto ai 29 miliardi di euro del 2001, -14,4 per cento].
      Se si prendono in considerazione solo i collaboratori che prestano la loro attività presso le famiglie, il loro numero è «passato da poco più di un milione del 2001 agli attuali 1.655.000 ( 53 per cento), registrando come noto la sua crescita più significativa nella componente straniera, che oggi rappresenta il 77,3 per cento del totale. Nel 2011 quasi 2.600.000 famiglie (il 10,4 per cento del totale) si sono rivolte al mercato, per acquistare servizi di collaborazione, di assistenza ad anziani o altre persone non autosufficienti e di baby sitting» (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, op. cit., p. 1). Il Censis stima che la crescita della domanda porterà il numero degli attuali collaboratori a 2.151.000 nel 2030, determinando un fabbisogno aggiuntivo complessivo di circa 500.000 unità.
      Questo fenomeno è determinato in gran parte da due fattori: «l'invecchiamento demografico e con esso la crescita di una dimensione di non autosufficienza che sottopone il sistema del welfare italiano a nuove sfide cui è sempre meno in grado di far fronte, ma anche la crescente propensione al lavoro delle donne pone alle famiglie esigenze nuove, sia in termini di organizzazione del lavoro domestico che di cura delle persone.
      Non meno rilevanti sono state quelle trasformazioni di lungo corso che hanno investito da un lato il modello famigliare, oggi sempre più frammentato e non più in grado di offrire ai propri membri quella rete estesa di coperture che garantiva fino a qualche decennio fa; dall'altro lato il nostro welfare pubblico che si è trovato a delegare alle famiglie quote consistenti di “assistenza” dando vita a una dimensione di welfare fai da te, che rappresenta ormai un vero e proprio pilastro del nostro sistema». (Ibidem).
      Un altro grande tema connesso al lavoro domestico e di cura è rappresentato dall'alta presenza di lavoratori stranieri in questo settore economico: quasi otto collaboratori e collaboratrici domestiche su dieci sono nati all'estero, in maggioranza nei Paesi dell'est europeo, e la componente femminile raggiunge quasi il 90 per cento.
      Il fenomeno del lavoro nero coinvolge, secondo la Caritas, quasi il 40 per cento dei collaboratori domestici stranieri, quota che tende a crescere fra coloro che hanno ottenuto un titolo di soggiorno valido a causa dello scarso potere contrattuale dei lavoratori migranti, ma anche per le crescenti difficoltà economiche delle famiglie italiane (Cfr., Caritas/Migrantes, 21 Dossier statistico immigrazione, 2011, p. 264). Ai lavoratori irregolari si aggiungono quelli riconducibili al cosiddetto «lavoro grigio», dichiarato solo parzialmente ovvero svolto con il rispetto solo parziale degli oneri retributivi e contributivi, che consente un ulteriore risparmio alle famiglie a danno dei lavoratori.
      Si fa sempre più pressante, di conseguenza, l'esigenza di misure di supporto agli sforzi delle famiglie ma che contemporaneamente offrano i giusti riconoscimenti agli addetti al lavoro domestico, in particolare con agevolazioni fiscali che consentano l'assunzione regolare dei collaboratori stranieri e il pieno rispetto dei diritti contrattuali.
      L'emersione del lavoro nero in questo settore è la condizione irrinunciabile per concepire un disegno di welfare più ampio, che coinvolga anche il settore privato e il terzo settore, nel quale si collochi in maniera strutturata l'offerta di lavoro domestico e di assistenza da parte dei lavoratori stranieri.
      In questo quadro è necessario prevedere politiche per qualificare il lavoro di cura, «introducendo degli standard omogenei e dando pieno riconoscimento professionale alla figura dell'assistente familiare». (Ibidem p. 266).
      Più in generale, l'Italia si trova ad affrontare, come del resto tutti i Paesi industrializzati, il problema della difficile conciliazione fra l'esigenza di contenere la spesa pubblica e di rendere sostenibile il sistema di welfare pubblico da una parte e quella di tutelare i nuovi e maggiori rischi che derivano dall'invecchiamento della popolazione, dall'aumento delle spese sanitarie e dalle maggiori mobilità e flessibilità del mercato del lavoro dall'altra.
      Rischiano così di rimanere scoperti i bisogni di protezione sociale delle categorie più deboli come gli anziani, le donne, i giovani, i disabili e i lavoratori flessibili, che possono contare sempre meno sulla disponibilità di risorse pubbliche e che rischiano maggiormente di essere sotto la soglia di povertà.
      Anche il tentativo di trasferire risorse tra le voci maggiormente finanziate della spesa per la protezione sociale (pensioni e sanità) a quelle dotate di meno risorse (politiche per il lavoro, la famiglia, i bambini, la casa e l'esclusione sociale) è venuto meno sotto la scure degli obblighi ineludibili del pareggio di bilancio.
      Per far fronte a queste difficoltà obiettive, aggravate nel nostro Paese da una base di contribuenti attivi inferiore alla media europea, si diffondono iniziative che mobilitano risorse private per far fronte alle nuove e maggiori aspettative, prefigurando così un secondo welfare che si affianchi in maniera sussidiaria a quello pubblico, coinvolgendo attori economici e sociali quali imprese, sindacati, fondazioni, assicurazioni, terzo settore ed enti locali.
      La quota di spesa sociale privata nel nostro Paese è molto bassa, pari al 2,1 per cento del prodotto interno lordo (PIL), a fronte del 3 per cento di Francia e Germania e del 7,1 per cento del Regno Unito e quindi vi sono molti margini di espansione che potrebbero far affluire verso la sfera del secondo welfare alcuni punti percentuali di PIL.
      «Non si tratta di sostituire spesa pubblica con spesa privata, ma di mobilitare risorse aggiuntive per bisogni e aspettative crescenti, in un contesto di finanza pubblica fortemente vincolato e di resistenze politiche (oltre che contro-indicazioni economiche) ad un aumento della pressione fiscale, almeno sui redditi da lavoro. Il welfare statale (i suoi fondi, il suo personale, i suoi standard di prestazione) non viene messo in discussione nella sua funzione redistributiva di base, ma solo integrato dall'esterno laddove vi sono domande non soddisfatte» (percorsi di secondo welfare, www.secondowelfare.it/mt/progetto-secondo-welfare.html. Su iniziativa del centro di ricerca Luigi Einaudi di Torino, nasce «Percorsi di secondo welfare», il laboratorio sul secondo welfare in Italia, che coinvolge numerosi partner. Il progetto, con la direzione di Franca Maino e la supervisione scientifica di Maurizio Ferrera, docenti dell'università degli studi di Milano, si propone di ampliare e diffondere il dibattito sul secondo pilastro del welfare in Italia).
      Una delle componenti di questo secondo pilastro della protezione sociale è il welfare aziendale che può farsi carico di una serie di bisogni dei lavoratori che non possono essere soddisfatti dal welfare pubblico, che vanno dalla difficoltà di conciliazione fra responsabilità lavorative e familiari al sostegno del potere d'acquisto dei lavoratori più svantaggiati o con molte persone a carico.
      Le esperienze di welfare aziendale in Italia sono molto limitate, coinvolgono quasi esclusivamente le grandi imprese e sono fortemente radicate solo in alcune realtà territoriali, ma occorre riconoscere che il dibattito sulla necessità di diffonderle ha iniziato a coinvolgere una buona parte degli attori economici, dei responsabili delle risorse umane e delle associazioni di categoria e sindacali.
      Aziende come Luxottica, Barilla, Ferrero, Bracco, Tetrapak e poche altre hanno aperto la strada a una concezione più matura, strutturata e consapevole del welfare aziendale sulla base del presupposto che lavoratori più contenti delle condizioni di lavoro, del clima aziendale e meno stressati dalle difficoltà quotidiane di conciliare il lavoro con la maternità, dalla cura dei figli, dal costo della loro istruzione, più motivati dall'attenzione che l'impresa rivolge alla loro formazione, sono più produttivi, meno assenteisti e maggiormente coinvolti nel buon successo dell'impresa.
      Inoltre, dopo l'accordo interconfederale siglato da Confindustria e sindacati nell'aprile 2009, una buona parte dei contratti nazionali introducono per la prima volta il tema del welfare aziendale.
      Il «modello Luxottica» di welfare aziendale è stato successivamente perfezionato, anche grazie all'impegno di ricerca di alcune università, delle società di consulenza e delle imprese emettitrici di voucher, per divenire una metodologia progettuale più standardizzata che inizia a essere applicata in modo più diffuso nel sistema produttivo italiano, almeno in quella parte costituita da imprese che fondano il loro business sulla qualità delle risorse umane e dei beni o servizi che offrono al mercato, sull'innovazione e sulla capacità di trattenere i loro talenti.
      L'esperienza di Luxottica e di altre imprese ha consentito di superare il vecchio modello di welfare aziendale come misura liberale e unilaterale del «buon» datore di lavoro, trasformandolo in uno strumento di contrattazione aziendale nel quale si realizza uno scambio virtuoso fra miglioramento del benessere e del reddito dei lavoratori e maggiore efficienza produttiva dell'impresa, riduzione dell'assenteismo e migliore qualità dei prodotti.
      Attraverso il welfare aziendale si remunerano gli aumenti retributivi pagati in benefit con incrementi misurabili della produttività o di riduzione dei costi della «non qualità» come in Luxottica, senza un eccessivo impatto sul costo del lavoro per unità di prodotto, facendo fronte nel contempo a nuovi bisogni che il welfare pubblico non può garantire.
      Il principale riferimento normativo del welfare aziendale è l'articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, che ha ampliato il novero dei beni, dei servizi e dei compensi percepiti dal lavoratore che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.
      L'ordinamento prevede la possibilità per le aziende di attribuire ai propri dipendenti delle somme per far fronte ad oneri di utilità sociale e di conciliazione lavoro-famiglia come forma di «welfare aziendale». Tali somme, secondo l'articolo 51, comma 2, lettere f) e f-bis) del TUIR (spese per finalità di istruzione, asili nido, libri scolastici e altro), non concorrono a formare reddito per il lavoratore dipendente.
      Attualmente un'azienda che voglia dare al proprio dipendente, ad esempio, un contributo per l'asilo nido del figlio deve rimborsare al proprio dipendente la somma già spesa dallo stesso, in alternativa, prendere in carico la procedura amministrativa di individuazione della struttura, pagare la fattura al posto del dipendente e iscrivere il contributo figurativo in busta paga allo stesso. Di fatto, pagano a consuntivo e devono verificare l'intero processo.
      Se da un lato per le grandi aziende è possibile gestire questo complesso iter amministrativo che la normativa richiede, dall'altro lato è manifesta la difficoltà per le piccole e medie imprese (PMI) di corrispondere questo tipo di vantaggi al proprio interno.
      Per dare la possibilità anche alle PMI di utilizzare le agevolazioni fiscali già esistenti e senza introdurre eccessivi oneri per l'erario, la proposta di legge introduce la previsione espressa dell'attribuzione di questi servizi attraverso l'utilizzo dei buoni di servizio, voucher e più in generale documenti di legittimazione anche a importo variabile (ad esempio per il pagamento della retribuzione dei collaboratori familiari), come avviene in numerosi Paesi europei.
      Attribuire un titolo di legittimazione per la fruizione di un particolare servizio o bene permette all'azienda di sgravarsi da tutto il carico amministrativo del controllo documentale e al dipendente di scegliere liberamente dove e quando spendere il voucher.
      Il sistema del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia definito con questa proposta di legge si basa sostanzialmente su tre pilastri, ciascuno dei quali contribuisce in diversa misura a ridurre il costo dei servizi per la famiglia attraverso un unico titolo di credito:

          1) le famiglie, che acquistano a costo agevolato i servizi;

          2) le imprese, che erogano a costi agevolati prestazioni di welfare aziendale ai propri dipendenti o le banche in favore dei propri clienti;

          3) le amministrazioni regionali e locali, che erogano servizi alla persona a favore di persone bisognose e svantaggiate o servizi di conciliazione ai destinatari delle politiche del lavoro attraverso i servizi pubblici e privati del lavoro.

      Il flusso per l'utilizzazione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia e il ruolo dei soggetti della filiera definito dalla proposta di legge è relativamente semplice: i voucher emessi dalle società concessionarie sono acquistati dalle famiglie o sono ricevuti dai dipendenti delle imprese e dai destinatari dei servizi di protezione sociale, per acquistare servizi di cura dei bambini, degli anziani non autosufficienti o delle persone con disabilità.
      I voucher possono essere finanziati o cofinanziati dalle imprese a favore dei propri dipendenti nell'ambito delle misure di welfare aziendale, dalle banche e assicurazioni a favore dei propri clienti, dalle amministrazioni regionali e locali per l'erogazione delle prestazioni sociali o dagli operatori pubblici e privati per i servizi di conciliazione a favore delle donne coinvolte in percorsi di ricollocamento.
      I servizi sono resi da lavoratori, imprese, asili nido, centri per anziani o associazioni e organizzazioni del terzo settore e di volontariato accreditati.
      I voucher vengono pagati alle imprese, organizzazioni e associazioni che hanno reso le prestazioni da parte delle società emettitrici, mentre i dipendenti (colf e assistenti personali) possono riscuotere i voucher presso istituti bancari convenzionati.
      Il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia s'ispira al modello di successo del citato CESU, realizzato in Francia a partire dalla legge n. 841 del 26 luglio 2005.
      In seguito alla riforma dei CESU, gli occupati nell'intero settore dei servizi alla persona in Francia erano nel 2011, oltre 2 milioni (330.000 nuovi occupati dal 2005), 4 milioni di famiglie hanno utilizzato i servizi alla persona (il 17 per cento del totale), sono state accreditate quasi 29.000 imprese e associazioni fornitrici dei servizi e il valore aggiunto di questo settore è aumentato dell'11 per cento (Agence national services à la personne (ANSP), http://www.servicesalapersonne.gouv.fr/chif&es-cles-(2064).cml?).
      Il modello francese dei CESU è stato adattato alle specifiche caratteristiche del sistema di welfare italiano e sono state ampliate alcune agevolazioni fiscali già esistenti nel nostro Paese.
      In particolare sono stati unificati in un unico titolo di credito i due tipi di CESU introdotti in Francia, il Cesu bancario (Cesu Déclaratif) utilizzato dalle famiglie e il Cesu pre-finanziato (Cesu préfinancé) o cofinanziato dalle imprese, semplificando ulteriormente il sistema.
      Gli altri due principali elementi di differenziazione sono l'estensione dell'utilizzo del voucher anche per l'acquisto di servizi erogati fuori dal domicilio della famiglia, quali asili nido o centri diurni per anziani (il CESU déclaratif può essere usato solo per il pagamento di un collaboratore familiare a domicilio, mentre il CESU préfinancé per tutti i servizi alla

persona resi da dipendenti, imprese ed enti pubblici anche fuori dal domicilio. Il CESU bancario non ha un valore nominale prestabilito e l'importo viene indicato dal datore di lavoro mentre il valore nominale del CESU prefinanziato è predefinito e viene aggiornato periodicamente – attualmente è pari a 15 euro) e l'integrazione del voucher nell'ambito delle misure di welfare aziendale già esistenti, consentendo così un'ulteriore ampliamento dei servizi di assistenza offerti ai lavoratori che non si limitano a favorire la conciliazione ma affrontano gli altri bisogni che si manifestano nel ciclo di vita.
      Infine, l'elemento decisivo di sostenibilità finanziaria del sistema basato sul voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia è rappresentato, come è stato sottolineato anche dalla Commissione europea, dal saldo tra il minor gettito determinato dalle agevolazioni fiscali a favore delle famiglie e il maggior gettito, soprattutto contributivo e fiscale, determinato dall'emersione del lavoro non regolare e da altri fattori.
      Tale saldo consente di contenere in una dimensione accettabile gli oneri a carico della finanza pubblica per l'istituzione del voucher universale.
      Com’è emerso dall'indagine del Censis citata, in Italia si osserva un'ampia area di lavoro totalmente irregolare pari al 27,7 per cento dei collaboratori e di lavoro grigio (37,8 per cento).
      Si stima che in Europa la quota di «lavoro non dichiarato» nel settore dei servizi alla famiglia sia pari al 19 per cento (European union agency for fundamental rights, migrants in an irregular situation employed in domestic work: fundamental rights challenges for the European union and its member states, 2011, p. 19), con punte più alte in Italia, ma soprattutto in Germania dove si stima che «il 90-95 per cento di tali attività siano svolte in modo informale» (European Commission, op. cit., p. 10).
      Ma gli effetti economici positivi dei sistemi basati sul voucher per i servizi alla persona e alla famiglia sono molto più ampi e possono essere esaminati a partire dal modello utilizzato in Belgio, che è l'unico Paese che pubblica annualmente un rapporto che contiene, fra l'altro, anche un'analisi molto dettagliata del saldo tra i costi e i ritorni economici diretti e indiretti del sistema basato sui titres-services (IDEA Consult, «Evaluation du régime des titres services pour les services et emplois de proximité 2011», 2012, pp. 147-170).
      In Belgio, che ha il più generoso e costoso sistema di voucher per i servizi alla famiglia, i ritorni economici si possono riassume in tre gruppi:

          1) effetti diretti: aumento degli occupati nelle imprese che offrono servizi alla persona pagati con i voucher;

          2) effetti indiretti di 1 livello: creazione di nuove imprese dei servizi alla persona e aumento del personale amministrativo;

          3) effetti indiretti di 2 livello: diminuzione dei disoccupati, aumento delle persone che lavorano grazie al minor costo dei servizi di conciliazione, crescita degli anziani non autosufficienti che possono restare più a lungo a casa in alternativa ai servizi di assistenza residenziali, maggiori consumi da parte dei lavoratori delle imprese di servizio.

      Il costo netto annuale del sistema dei titres-services in Belgio nel 2011 è molto alto (superiore a quello sostenuto, in proporzione, in Francia per l'analogo sistema): 1.655,3 milioni di euro.
      Esso è costituito dalle seguenti voci di spesa:

          contributo statale sul valore dei voucher: 1.421,1 milioni di euro;

          amministrazione del sistema: 13,3 milioni di euro;

          deduzioni fiscali: 220,9 milioni di euro.

      A questi costi si aggiunge la spesa per i buoni-servizio gratuiti alle lavoratrici autonome che riprendono a lavorare dopo il parto.


      Per quanto riguarda gli effetti diretti, la creazione di occupazione aggiuntiva determina tre effetti positivi sulla finanza pubblica:

          1) riduzione dei costi dell'indennità di disoccupazione federale (-200,7 milioni di euro);

          2) aumento dei contributi sociali (307,3 milioni di euro);

          3) aumento dell'imposta sulle persone fisiche (148 milioni di euro).

      Il ritorno economico degli effetti indiretti di primo livello è costituito da:

          1) aumento delle imposte sulle società (34,3 milioni di euro);

          2) aumento delle imposte sulle persone fisiche e dei contributi sociali del personale amministrativo delle nuove società di servizi (44,5 milioni di euro);

          3) riduzione dell'indennità di disoccupazione del personale amministrativo delle nuove società di servizi (9,2 milioni di euro).

      Il ritorno economico degli effetti indiretti di secondo livello è costituito da:

          4) riduzione dei costi delle indennità di disoccupazione per sostituzione dei posti precedentemente occupati (da -106,1 a -212,3 milioni di euro);

          5) altre economie sulle indennità di disoccupazione (da -8,6 a -17,2 milioni di euro);

          6) aumento dei consumi e dell'imposta sul valore aggiunto (da 9,8 a 34,3 milioni di euro);

          7) aumento delle imposte sulle persone fisiche e dei contributi sociali degli utilizzatori dei servizi che, grazie al minor costo dei servizi di conciliazione, possono lavorare (259,5 milioni di euro).

      Il saldo tra i costi e i recuperi derivanti dagli effetti diretti e indiretti del sistema dei titres-services in Belgio nel 2011 è stato pari a circa 911 milioni di euro se non si prendono in considerazione gli effetti indiretti di secondo livello (55,1 per cento del totale della spesa) e a 458 milioni di euro (27,6 per cento del totale della spesa) se si conteggiano anche questi effetti economici positivi.
      Di conseguenza, il costo sostenuto dallo Stato per ciascuno dei 150.000 lavoratori presso le imprese che offrono servizi alla persona è stato pari a 3.520 euro. È un valore relativamente basso se si prendono in considerazione i valori medi degli incentivi all'assunzione che, peraltro, non sempre garantiscono un'effettiva occupazione aggiuntiva.
      Lo stesso rapporto sul sistema belga riporta le seguenti valutazioni conclusive sui punti di forza e di debolezza del sistema dei titres-services:

          il sistema dei voucher è un importante generatore di nuovi posti di lavoro, soprattutto per le persone non qualificate e gli stranieri (nel 2011, 149.827 lavoratori erano attivi nel sistema);

          diminuisce, di contro, il numero di lavoratori svantaggiati assunti dalle imprese che forniscono servizi;

          il sistema dei voucher è radicato nelle abitudini degli utenti (nel 2011, 834.959 persone hanno utilizzato quasi 110 milioni di voucher: 1 su 10 abitanti di oltre 20 anni);

          il profilo degli utenti evolve nel corso degli anni: aumentano le persone anziane non autosufficienti;

          il mercato dei voucher si è stabilizzato, ma è sempre più rappresentato da imprese private commerciali rispetto a quelle pubbliche;

          l'occupazione nel settore è stabile e non si prevede un'ulteriore crescita;

          la qualità dei posti di lavoro nel sistema aumenta di anno in anno (aumentano gli occupati a tempo indeterminato e pieno, i salari e la quota di lavoratori che hanno frequentato corsi di formazione);

          i lavoratori sono molto soddisfatti della loro occupazione;

          l'assenteismo è ancora un problema perché è superiore a quello che si osserva nello stesso settore, probabilmente a causa dell'invecchiamento dei lavoratori (quasi 2 lavoratori su 10 hanno più di 50 anni);

          le politiche delle imprese in caso di soppressione di una prestazione non è molto trasparente e alcune volte i lavoratori sono costretti a dimettersi;

          gli immigrati rappresentano la quota più importante dei lavoratori dei servizi;

          la qualità del lavoro varia notevolmente tra belgi e stranieri: i cittadini dell'Unione europea sono meno qualificati di quelli belgi, ma i lavoratori non dell'Unione hanno qualifiche più alte rispetto agli autoctoni;

          forme di discriminazioni sono tuttavia presenti nel settore: il 16 per cento degli utenti non preferisce che un immigrato lavori presso la propria casa, il 12 per cento dei lavoratori non belgi sono stati rifiutati a causa della loro cittadinanza e il 10 per cento dichiara di essere stato trattato in modo ingiusto.

      La presente proposta di legge si compone di diciannove articoli.
      L'articolo 1 istituisce il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia, definisce le sue finalità, individua i soggetti che possono utilizzarlo e definisce i servizi che si possono acquistare e i soggetti che possono erogarli, emetterli e pagarli.
      In particolare i servizi che possono essere acquistati con il voucher sono quelli elencati nell'allegato A e si riferiscono alle attività effettuate dal lavoratore nel domicilio del datore di lavoro e fuori dall'abitazione nonché ai servizi forniti in strutture esterne che riguardano l'infanzia e le persone non autosufficienti. A questi si aggiungono le più ampie prestazioni assistenziali erogate ai dipendenti come misure di welfare aziendale e tutte le altre prestazioni assistenziali previste autonomamente dalle regioni.
      L'articolo 2 definisce il significato di alcune espressioni ricorrenti nella legge.
      L'articolo 3 introduce agevolazioni fiscali a favore delle famiglie che utilizzano il voucher per il pagamento dei servizi alla persona e alla famiglia (primo pilastro del sistema).
      Occorre tenere conto che attualmente i contributi versati per qualsiasi tipo di lavoratore domestico (colf, badanti, baby sitter) si possono dedurre dal proprio reddito fino ad un massimo di 1.549,37 euro all'anno.
      Danno invece diritto a una detrazione le spese sostenute per gli addetti all'assistenza personale (badanti) nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti di vita quotidiana, qualora il reddito complessivo del contribuente che sostiene tali spese non superi i 40.000 euro. La detrazione spetta nella misura del 19 per cento delle spese sostenute, fino ad un importo non superiore a 2.100 euro per contribuente, a prescindere dal numero dei soggetti a cui si riferisce l'assistenza.
      È prevista anche una detrazione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) pari al 19 per cento sulle spese per l'asilo nido non superiori all'importo massimo di 632 euro.
      I vantaggi fiscali del CESU bancario francese sono molto più consistenti perché devono rendere vantaggioso o comunque neutro non utilizzare personale non regolare. Consistono in un credito d'imposta pari alla metà della somma effettivamente spesa (salario più contributi sociali) per retribuire il lavoratore che fornisce i servizi a domicilio. I limiti massimi per il credito d'imposta variano a seconda del servizio acquistato: quelli relativi all'assistenza ai bambini, agli anziani e ai disabili raggiungono la somma di 6.000 euro. Il limite massimo può essere aumentato di 1.500 euro, per ogni bambino o ascendente di età superiore a 65 anni che vive nel nucleo familiare in cui viene acquistato il servizio. Il limite massimo può essere innalzato fino a 20.000 euro l'anno per le persone con invalidità superiore all'80 per cento. Se l'importo del credito fiscale è superiore all'importo delle imposte dovute, la somma eccedente è restituita in contanti. Inoltre, nel caso in cui l'utente scelga

un servizio alla persona fornito da un'organizzazione accreditata, l'IVA è ridotta al 5,5 per cento in luogo dell'aliquota ordinaria del 19,6 per cento.
      In Belgio l'utente paga i servizi familiari (con i titres-services) 7,50 euro l'ora (5,95 euro dopo la deduzione fiscale (la deduzione fiscale non può superare 2.720 euro), ma il valore rimborsato all'impresa di servizi ammonta a 20,80 euro per voucher: la differenza (13,30 euro) è finanziata dallo Stato. Il numero massimo di buoni-servizio acquistabili in un anno da parte di un singolo utilizzatore è di 750 (5.625 euro), portato a 2.200 (16.500 euro) per determinate categorie di persone: famiglie monoparentali, disabili, genitori di minorenni disabili, persone anziane titolari di indennità di accompagno. I titres-services sono anche uno strumento di conciliazione tra vita professionale e vita familiare, attraverso il riconoscimento di buoni-servizio gratuiti (150 all'anno) alle lavoratrici autonome che riprendono a lavorare dopo il parto.
      Il sistema dei childcare vouchers del Regno Unito è molto meno generoso rispetto a quello belga. I lavoratori assunti prima del 5 aprile 2011 non pagavano né tasse e neppure contributi per i voucher fino al valore massimo di 55 sterline (66 euro) alla settimana o 243 sterline (292 euro) al mese. Per lo stesso valore il datore di lavoro non paga i contributi sociali.
      Successivamente il Governo è intervenuto, in seguito alla crisi economica, per ridurre i benefìci fiscali per i childcare vouchers, rimodulandoli sulla base del reddito del beneficiario.
      I lavoratori assunti dal 6 aprile 2011 possono ancora beneficiare della completa esenzione fiscale e contributiva per i voucher fino al valore massimo di 55 sterline alla settimana solo se la loro retribuzione è assoggettata fino al secondo scaglione d'imposta (Basic tax rate fino a un reddito di lire 35.001-42.000 euro).
      Se il reddito è superiore (Higher tax rate reddito da lire 35.001 a lire 150.000-180.000 euro), la completa esenzione fiscale e contributiva si applica solo per i voucher fino al valore massimo di 28 sterline (34 euro) alla settimana o 124 sterline (149 euro) al mese.
      Se il reddito è ancora superiore (Additional tax rate reddito superiore a lire 150.000), l'esenzione è applicabile solo per i voucher fino al valore massimo di 22 sterline (26 euro) alla settimana o 97 sterline (116 euro) al mese.
      L'agevolazione fiscale prevista nell'articolo 3 della proposta di legge tiene conto che in Italia il costo del lavoro per un collaboratore familiare assunto regolarmente è superiore di circa un terzo a quello assunto in nero perché alla retribuzione netta occorre aggiungere la tredicesima, i contributi sociali, il trattamento di fine rapporto (TFR) e le ferie.
      Di conseguenza si propone sia per colf che per badanti, così come per l'acquisto di servizi erogati da strutture pubbliche o private, solo se pagati con il voucher, una detrazione fiscale pari al 33 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, per un importo massimo che va da 6.000 a 8.000 euro in relazione alla presenza di bambini e di persone disabili o di anziani non autosufficienti. Si prevede anche la corresponsione di un assegno per gli incapienti.
      Nell'articolo si prevede una maggiorazione delle detrazioni per le donne che svolgano un'attività di lavoro continuativa. Questa misura rappresenta un'ulteriore promozione dell'occupazione femminile poiché è noto che l'offerta di lavoro femminile è più elastica dell'offerta di lavoro degli uomini dal momento che quella della donna è più sensibile alle variazioni del salario. L'elasticità dell'offerta di lavoro degli uomini è pari quasi a zero dal momento che la maggior parte lavora a tempo pieno. Inoltre l'elasticità della forza di lavoro femminile è maggiore per le donne con basso livello d'istruzione e di reddito.
      Le agevolazioni fiscali per l'utilizzo del voucher non sono cumulabili con quelle già previste per colf e badanti, che continueranno a valere per coloro che non utilizzeranno il nuovo sistema di pagamento dei servizi alla persona e alla famiglia.
      L'articolo 4 disciplina le modalità di agevolazione quando il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia è erogato dal datore di lavoro a favore dei suoi dipendenti (secondo pilastro del sistema).
      A questo fine non si prevede alcuna norma aggiuntiva, ma s'interviene semplicemente stabilendo che le agevolazioni fiscali già previste dall'articolo 51 del TUIR a favore delle misure di welfare aziendale si applicano anche quando i benefit sono erogati dal datore di lavoro attraverso il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia.
      In particolare la norma si riferisce ai beni, ai servizi e ai compensi percepiti dal lavoratore che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente indicati dall'articolo 51 del TUIR:

          1) (comma 2, lettera f)) «l'utilizzazione delle opere e dei servizi di cui al comma 1 dell'articolo 65 da parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell'articolo 12» e cioè dei loro familiari (si intendono per familiari il coniuge non legalmente separato, i figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati e ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente. L'articolo 65 del TUIR prevede che «Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sanitaria e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi»;

          2) (comma 2, lettera f-bis)) «le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari».

      Nell'articolo si prevede anche di adeguare il valore della soglia del benefit concesso al dipendenti che non concorre a formare reddito imponibile (258,23 euro) come è previsto dal comma 9 dello stesso articolo 51 che prevede la possibilità di rivalutare questo come gli altri importi al tasso d'inflazione.
      Si prevede infine la soppressione della previsione che i benefit debbano essere sostenuti dal datore di lavoro «volontariamente», escludendo così il vantaggio fiscale se il beneficio è contemplato da un accordo collettivo, come accade sempre più frequentemente anche in base all'accordo interconfederale del 2009.
      I vantaggi fiscali per il datore di lavoro francese che decida di finanziare in tutto o in parte il CESU préfinancé sono tre:

          non deve assoggettare a contribuzione obbligatoria fino a un tetto annuale di 1.830 euro le spese sostenute;

          gode di un credito d'imposta pari al 25 per cento delle somme versate (fino al massimo di 500.000 euro per esercizio sociale).

      In definitiva, su una spesa di 100 euro in primo luogo il datore di lavoro deduce la spesa in quanto voce di costo inerente con un risparmio di 33 euro e in secondo luogo beneficia di un credito d'imposta di 25 euro per cui il risparmio fiscale complessivo è pari a 58 euro (42 euro il costo netto del voucher con un valore nominale di 100 euro).
      I vantaggi per il lavoratore sono simili a quelli in vigore in Italia per il welfare aziendale: la somma finanziata dall'impresa non è imponibile ai fini dell'imposta sul reddito. A questo vantaggio si aggiunge la riduzione dell'aliquota IVA nel caso utilizzi un'organizzazione accreditata già prevista per il CESU bancario.
      L'articolo 5 sana una contraddizione fra una norma della riforma del lavoro e il suo decreto di attuazione. Infatti l'articolo 4, comma 24, lettera a) della legge 28 giugno 2012, n. 92, prevede la possibilità, «in alternativa al congedo parentale», di «corresponsione di voucher per l'acquisto

di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, da richiedere al datore di lavoro».
      Nel decreto di attuazione il voucher è sostituito da un «contributo utilizzabile alternativamente per il servizio di baby sitting o per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati» del valore di 300 euro mensili per un massimo di sei mesi che deve essere richiesto dalla madre con una complessa procedura on line presso il sito dell'INPS, mentre il contributo per il servizio di baby sitting verrà erogato attraverso il sistema dei buoni lavoro per le prestazioni occasionali di tipo accessorio.
      L'articolo ripristina il contenuto letterale della norma prevedendo che l'acquisto dei servizi di baby sitting o per il pagamento delle rette dell'asilo, in alternativa al congedo parentale, è effettuato attraverso il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia.
      L'articolo 6 incentiva le regioni e gli enti locali a utilizzare il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia a favore di persone bisognose o svantaggiate ovvero dei lavoratori coinvolti in percorsi di ricollocamento o di formazione (terzo pilastro del sistema), prevedendo un contributo statale integrativo.
      L'articolo 7 definisce le caratteristiche del voucher, che è nominativo e che ovviamente non può essere ceduto o utilizzato per l'acquisto di servizi diversi da quelli previsti dalla legge.
      Il voucher deve prevedere idonee caratteristiche di antifalsificazione che lo renda non riproducibile da soggetti terzi per mezzo di codici di controllo univoci, sistemi di sicurezza anticontraffazione, quali ad esempio carte filigranate, inchiostri iridescenti e sistemi alfanumerici di controllo, e opportuni sistemi di certificazione digitale per quelli emessi in formato elettronico.
      Per i voucher emessi in modalità dematerializzata (elettronica), sono previste apposite norme di controllo e riconoscimento come ora già avviene in alcuni casi ampiamente collaudati come, ad esempio, il buono scuola o il bonus bebé emessi da alcune regioni, e il buono per lavoro occasionale accessorio in via dematerializzata.
      L'articolo 8 prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali definisca, in accordo con le regioni, le modalità di istituzione di albi regionali dei colf e degli assistenti personali, nonché i requisiti per l'iscrizione a essi.
      Gli albi regionali dovrebbero avere una doppia finalità, quella di filtrare le candidature richiedendo alcuni requisiti che escludano le persone con precedenti penali, e quella di offrire alle famiglie la possibilità di selezionare le candidature per il colloquio. Oggi, solo un assistente su quattro è iscritto a un elenco di collaboratori familiari – solo il 10 per cento nel sud – e quasi la metà degli assistenti che non risultano iscritti a elenchi non è a conoscenza dell'esistenza degli stessi nella sua zona.
      Il lavoratore, all'atto dell'iscrizione all'albo, dovrebbe fornire gli elementi che comprovino la sua capacità di fornire una o più prestazioni indicate nell'allegato A.
      L'articolo 9 istituisce l'albo nazionale delle imprese, delle organizzazioni non a scopo di lucro e delle associazioni con sedi operative in più di una regione abilitate a offrire i servizi che possono essere pagati con il voucher universale, consultabile via internet.
      La finalità principale dell'albo è selezionare i soggetti che garantiscano un'alta qualità dei servizi per la persona e per la famiglia.
      Ovviamente i servizi pubblici per l'infanzia e le persone non autosufficienti non devono iscriversi all'albo.
      Anche in questo caso, nell'albo confluiscono le schede dei soggetti accreditati dalle regioni.
      Viene così identificato un unico regime di accreditamento per i soggetti che operano a livello nazionale abilitati a erogare i servizi pagati con i voucher, mentre sono attribuite alle regioni le competenze per l'accredito dei soggetti che operano in una sola regione, analogamente a quanto è previsto per l'autorizzazione delle agenzie per il lavoro nazionale e regionali.
      L'articolo 10 attribuisce alle regioni la competenza nell'accreditamento delle imprese, delle organizzazioni non a scopo di lucro e delle associazioni, con sedi operative in una sola regione, abilitate a erogare i servizi che possono essere pagati con il voucher universale. I criteri di accreditamento di questi soggetti sono definiti con leggi regionali.
      Le regioni conferiscono all'albo nazionale di cui all'articolo 9 le schede anagrafiche dei soggetti accreditati.
      L'articolo 11 definisce l'ambito di intervento e i compiti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell'istituzione e della promozione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia.
      L'articolo 12 prevede la costituzione presso l'INPS del sistema telematico per la gestione dei voucher.
      L'efficienza e la facilità del sistema telematico francese per la gestione dei CESU da parte della famiglie e dei lavoratori, la possibilità di effettuare tutte le operazioni on line, dall'acquisto dei chèque al pagamento dei contributi sociali senza dover entrare mai in un ufficio, sono fattori che hanno contribuito probabilmente in misura molto alta al successo di questo sistema, oltre naturalmente alle generose agevolazioni fiscali.
      L'articolo prevede che anche il sistema telematico italiano di amministrazione del voucher debba consentire ai datori di lavoro e ai lavoratori di gestire tutte le operazioni esclusivamente on line.
      Al comma 4 si prevede che il datore di lavoro sia tenuto a comunicare attraverso il sistema telematico il codice fiscale del lavoratore e la sua retribuzione anche nel caso in cui provvedesse direttamente al pagamento del collaboratore domestico con il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia, al fine tracciare i redditi e di contrastare l'evasione fiscale.
      L'articolo 13 intende far fronte a una serie di criticità riguardanti i canali d'incontro, in gran parte informali, utilizzati dai colf, dagli assistenti personali e dalle famiglie.
      Dall'indagine del Censis sulle famiglie che utilizzano colf o badanti, già citata, emerge che il reclutamento del personale avviene, per quasi il 90 per cento, attraverso amici, conoscenti o altri colf. Solo pochi ricorrono a parrocchie o altre strutture legate al culto, a cooperative oppure ad agenzie per il lavoro. Solo lo 0,6 per cento ha utilizzato un centro per l'impiego.
      È indispensabile, di conseguenza, creare un sistema d'intermediazione pubblico e privato che faciliti l'incontro fra le famiglie, i colf e gli assistenti personali in sinergia con gli albi regionali.
      Si prevede che tra i livelli essenziali delle prestazioni che i servizi per il lavoro devono garantire in tutto il territorio nazionale vi sia anche la creazione di un apposito sportello al quale possano rivolgersi sia i colf e assistenti personali disoccupati che le famiglie che cercano personale domestico.
      L'articolo 14 prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali fissi gli standard minimi relativi ai diversi profili professionali delle diverse aree di servizi di cura oltre a definire la durata minima e i contenuti formativi per ogni profilo. Si è infatti determinato in Italia una varietà di corsi di formazione di durata molto diversificata che hanno portato a modelli diversi.
      Il comma 2 offre inoltre la possibilità, a coloro che intendono esercitare questo tipo di professione, di richiedere la certificazione delle competenze acquisite anche in percorsi formali e non formali onde evitare che siano inseriti in percorsi di formazione senza che se ne riscontri la necessità. Infatti le persone che abbiano ottenuto la certificazione delle competenze possono essere iscritte agli albi regionali o frequentare i percorsi di formazione solo per i contenuti e le competenze da acquisire rispetto ai rispettivi standard.
      Occorre ricordare a questo proposito che attualmente solo una minima parte di colf (il 14,3 per cento) ha seguito un corso di formazione relativo alle mansioni che svolge, ma si deve tenere anche conto che sono lavoratori con un livello d'istruzione elevato (secondo un'indagine di UniCredit, il 18 per cento dei colf immigrati ha frequentato l'università (UniCredit Foundation, «Indagine sull'assistenza familiare in Italia: il contributo degli immigrati», 2013).
      L'articolo 15 prevede la certificazione della qualità dei servizi offerti dalle imprese, organizzazioni non a scopo di lucro e associazioni abilitate a erogare servizi alla persona e alla famiglia, attraverso il riconoscimento di un marchio di qualità. Uno degli obiettivi principali della legge è, infatti, garantire alla famiglie servizi di qualità in particolare per quanto riguarda l'assistenza specialistica a persone non autosufficienti.
      L'articolo 16 istituisce l'apposito Fondo per il finanziamento e il cofinanziamento delle misure previste dalla legge.
      L'articolo 17 definisce le modalità per il monitoraggio e la valutazione dell'efficacia della legge, a decorrere dalla sua data di entrata in vigore.
      L'articolo 18 rinvia le modalità di attuazione della legge ad uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
      L'articolo 19 individua le fonti per la copertura finanziaria delle misure previste nella legge.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia).

      1. È istituito il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia, di seguito denominato «voucher», al fine di contribuire a un migliore equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale, di innalzare i livelli di qualità delle prestazioni a favore dell'infanzia, delle persone non autosufficienti e per il benessere della famiglia nonché di favorire la crescita dell'occupazione e l'emersione del lavoro non regolare nel settore dei servizi di assistenza personale e di lavoro domestico.
      2. Il voucher può essere utilizzato:

          a)    dalle famiglie per l'acquisto agevolato dei servizi per la persona e per la famiglia;

          b)    dalle imprese e da coloro che esercitano attività autonome o professionali per l'erogazione agevolata di prestazione di welfare aziendale ai propri dipendenti;

          c)    dalle amministrazioni pubbliche per l'erogazione delle prestazioni sociali obbligatorie o facoltative nonché, di servizi per la persona e per la famiglia a favore di persone bisognose e svantaggiate o di altri destinatari delle politiche assistenziali e del lavoro;

          d)    dalle imprese, dalle fondazioni e dagli enti bilaterali di emanazione contrattuale a favore dei propri associati o clienti, anche per l'assistenza alle persone indennizzate a seguito di incidenti.

      3. Il voucher agevola l'acquisto dei servizi previsti dall'allegato A annesso alla presente legge, l'erogazione delle prestazioni di welfare aziendale indicate all'articolo

4 e le altre prestazioni assistenziali e formative previste all'articolo 6. L'allegato A può essere aggiornato con i regolamenti di cui all'articolo 18.
      4. I    servizi alla persona e alla famiglia possono essere erogati da:

          a)    persone fisiche, anche in regime di somministrazione o di prestazione occasionale;

          b)    imprese, organizzazioni non a scopo di lucro e associazioni con sedi operative in più di una regione, accreditati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e iscritti all'albo nazionale di cui all'articolo 9;

          c)    imprese, organizzazioni non a scopo di lucro e associazioni con sedi operative in una sola regione e da essa accreditati.

      5. Le regioni possono provvedere alla formazione dei lavoratori e del personale dei soggetti indicati al comma 4 per adeguare e per aumentare il livello delle loro competenze, in particolare per quanto riguarda l'assistenza specialistica alle persone non autosufficienti.
      6. Nel rispetto delle prerogative e delle competenze delle regioni in materia di servizi socio-assistenziali e in concorso con le stesse, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali garantisce che siano assicurati in tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni e gestisce gli albi di cui agli articoli 8 e 9.
      7. Il voucher è emesso dalle società emettitrici ed è rimborsato dagli stessi emettitori a coloro che hanno reso le prestazioni secondo quanto previsto dalla presente legge. I lavoratori dipendenti possono riscuotere il voucher anche presso istituti bancari convenzionati.

Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai fini di cui alla presente legge si intende per:

          a)    voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia: documento

di legittimazione, anche in forma elettronica, con valore fisso o variabile, avente le caratteristiche di cui all'articolo 7 della presente legge, che attribuisce al possessore, ai sensi dell'articolo 2002 del codice civile, il diritto a ottenere esclusivamente le prestazioni indicate al comma 3 dell'articolo 1;

          b) società emettitrice: società di capitali con capitale sociale versato non inferiore a 750.000 euro che hanno nell'oggetto sociale l'esercizio dell'attività finalizzata all'emissione, rimborso, monitoraggio e rendicontazione di titoli di legittimazione, selezionate con gare europee a evidenza pubblica;

          c)    welfare aziendale: le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro a favore della generalità o di categorie omogenee di dipendenti;

          d)    servizi competenti: servizi pubblici o privati per il lavoro costituiti dai centri per l'impiego di cui all'articolo 4, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e dagli altri organismi autorizzati o accreditati a svolgere le funzioni previste, in conformità a norme delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

          e)    servizi per l'infanzia e per le persone non autosufficienti: soggetti pubblici o privati che erogano i servizi di cui alla lettera A3 dell'allegato A annesso alla presente legge;

          f)    organizzazioni non a scopo di lucro: i soggetti del terzo settore che svolgono, in forme giuridiche diverse, attività di carattere sociale non avendo come scopo prevalente il guadagno, bensì il soddisfacimento diretto di bisogni socialmente rilevanti.

Art. 3.
(Detrazioni fiscali per le famiglie che utilizzano il voucher).

      1. Alle famiglie che utilizzano il voucher sono riconosciute le detrazioni fiscali

di cui all'articolo 15, comma 1-quinquies, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 2 del presente articolo.
      2. Dopo il comma 1-quater dell'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione per oneri, è inserito il seguente:
      «1-quinquies. Dall'imposta lorda si detrae:

          a)    un importo pari al 33 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente per il pagamento dei servizi per la persona e per la famiglia attraverso il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia, per un importo non superiore a 5.000 euro;

          b)    l'importo di cui alla lettera a) è elevato a 6.000 euro in caso di contribuenti aventi a proprio carico un figlio o una persona di età superiore a sessantacinque anni e a 8.000 euro in caso di contribuenti aventi a carico una persona non autosufficiente nel compimento degli atti della vita quotidiana o con invalidità permanente non inferiore all'80 per cento;

          c)    la detrazione di cui alla lettera a) è riconosciuta nella misura del 40 per cento e gli importi massimi di cui alle lettere a) e b) sono aumentati del 10 per cento per i contribuenti di sesso femminile che svolgono in forma continuativa attività di lavoro dipendente o parasubordinato ovvero che esercitano arti, professioni o attività organizzate in forma d'impresa;

          d)    in caso di assistenza personale prestata a un soggetto titolare dell'indennità di accompagnamento di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18, la detrazione di cui alla lettera a) è ridotta nella misura dell'indennità stessa;

          e)    qualora l'incremento delle detrazioni disposto dal presente comma non risulti, in tutto o in parte, fruibile da parte del soggetto beneficiario, per eccedenza rispetto alla relativa imposta lorda,

la quota di detrazione non effettivamente fruita è riconosciuta al contribuente, fino a concorrenza dell'intero importo spettante, mediante corresponsione di un assegno di importo corrispondente, secondo modalità definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. In alternativa, tale quota può essere portata in compensazione di altre imposte o contributi, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero può essere trasformata in un credito d'imposta da utilizzare entro il quinto periodo di imposta successivo a quello della dichiarazione;

          f)    le detrazioni previste dal presente comma non sono cumulabili con le deduzioni di cui al comma 2 dell'articolo 10 e con le detrazioni di cui al comma 1, lettera i-septies), del presente articolo e di cui al comma 335 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266».

Art. 4.
(Agevolazioni fiscali per l'uso del voucher per il welfare aziendale).

      1. Le disposizioni delle lettere f) e f-bis) del comma 2 dell'articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente, si applicano anche quando le somme, i servizi e le prestazioni sono erogati dal datore di lavoro attraverso il voucher
      2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge si provvede alla rivalutazione dell'importo massimo dei beni ceduti e dei servizi prestati ai dipendenti che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente di cui al comma 3 dell'articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, con le modalità previste dal comma 9 del medesimo articolo 51.
      3. Al comma 1 dell'articolo 100 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,

n. 917, in materia di oneri di utilità sociale, la parola «volontariamente» è soppressa.
Art. 5.
(Voucher per l'acquisto di servizi per l'infanzia in alternativa al congedo parentale).

      1. Il voucher è utilizzato per l'acquisto di servizi di baby sitting o per il pagamento delle rette dei servizi per l'infanzia, pubblici o accreditati, in alternativa al congedo parentale, di cui all'articolo 32, comma 1, lettera a), del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela a sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
      2. Il comma 24 dell'articolo 4, della legge 28 giugno 2012, n. 92, è sostituito dal seguente:
      «24. Al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in via sperimentale per gli anni 2013-2015, il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima. In tale ultima ipotesi, per il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre è riconosciuta un'indennità giornaliera a carico dell'INPS pari al 100 per cento della retribuzione. Il padre lavoratore è tenuto a fornire preventiva comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei giorni prescelti per astenersi dal lavoro almeno quindici giorni prima dei medesimi. All'onere derivante dalla presente lettera, valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede, quanto a 65 milioni di euro per ciascuno

degli anni 2013, 2014 e 2015, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e, quanto a 13 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015, ai sensi del comma 69 del presente articolo».
Art. 6.
(Voucher delle amministrazioni pubbliche a favore delle persone bisognose e svantaggiate).

      1. Le regioni, le province e i comuni possono prevedere l'utilizzazione del voucher per l'erogazione alle persone bisognose e svantaggiate di servizi per la persona e la famiglia, secondo modalità stabilite con legge regionale e con altri provvedimenti amministrativi. In tal caso, i voucher sono integrabili con un contributo statale a valere sul Fondo di cui all'articolo 16, in misura e secondo modalità stabilite con il decreto di cui al medesimo articolo 16, comma 2.
      2. Le agevolazioni previste dal comma 1 si applicano anche ai servizi competenti e ai soggetti accreditati dalle regioni per le politiche del lavoro o formative che erogano il voucher per i servizi di conciliazione a favore delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti in percorsi di ricollocamento o di formazione.
      3. I voucher di cui ai commi 1 e 2 utilizzati dalle amministrazioni pubbliche per erogare servizi di assistenza familiare e di conciliazione non hanno natura retributiva né di compenso e non possono essere riconducibili ad alcuna delle categorie reddituali previste dall'articolo 6, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917. Le somme rimborsate al fruitore del servizio non sono assoggettate, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, alle ritenute di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

Art. 7.
(Caratteristiche del voucher e modalità di emissione).

      1. Il voucher è nominativo, non può essere utilizzato da persone diverse dall'avente diritto, non può essere ceduto ed è utilizzabile solo per il pagamento del personale e dei servizi previsti dalla presente legge.
      2. Le società emettitrici garantiscono che il voucher non sia falsificabile e che possa essere tracciato il suo utilizzo.
      3. Il voucher può essere emesso anche in forma dematerializzata per via elettronica.
      4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali indìce una gara ad evidenza pubblica per l'assegnazione del servizio di emissione dei voucher, con le modalità stabilite dai regolamenti di cui all'articolo 18.

Art. 8.
(Albi regionali dei collaboratori domestici e degli assistenti personali).

      1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in accordo con le regioni, stabilisce, mediante i regolamenti di cui all'articolo 18, le modalità per l'istituzione degli albi regionali dei collaboratori domestici e degli assistenti personali, nonché i requisiti comuni per l'iscrizione a essi, anche al fine di costituire un albo nazionale pubblico consultabile tramite internet.

Art. 9.
(Albo nazionale delle imprese, delle organizzazioni non a scopo di lucro e delle associazioni).

      1. È istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'albo nazionale delle imprese, organizzazioni non a scopo di lucro e associazioni abilitate e accreditate a offrire i servizi di cui al

comma 3 dell'articolo 1, di seguito denominato «albo nazionale».
      2. L'albo nazionale è pubblico ed è consultabile esclusivamente tramite internet al fine di favorire l'incontro fra la domanda e l'offerta di servizi.
      3. Per richiedere l'iscrizione diretta all'albo nazionale è necessario avere le sedi operative in più di una regione ed essere in possesso dei requisiti stabiliti con i regolamenti di cui all'articolo 18.
      4. Nell'albo nazionale sono inseriti i dati dei soggetti accreditati dalle regioni ai sensi dell'articolo 10, comma 3.
      5. Possono essere pagati con il voucher solo i servizi di cui al comma 3 dell'articolo 1 offerti da soggetti iscritti all'albo nazionale, dagli enti pubblici o da soggetti privati convenzionati.
Art. 10.
(Accreditamento regionale).

      1. Le regioni abilitano i servizi per l'infanzia e per le persone non autosufficienti gestiti da privati, da imprese, da organizzazioni non a scopo di lucro o da associazioni con sede esclusivamente nella stessa regione a offrire i servizi di cui al comma 3 dell'articolo 1.
      2. Le regioni accreditano i soggetti di cui al comma 1 che possiedono i requisiti previsti dall'articolo 9 o secondo criteri stabiliti con legge regionale.
      3. I dati dei soggetti accreditati ai sensi del presente articolo sono trasmessi dalle regioni ai fini del loro inserimento nell'albo nazionale.

Art. 11.
(Competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali).

      1. Per le finalità di cui alla presente legge il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvede a:

          a) promuovere l'utilizzo del voucher;

          b) indire le gare e stipulare le convenzioni di cui al comma 7 dell'articolo 1;

          c) promuovere la formazione dei collaboratori domestici e degli assistenti personali per le persone non autosufficienti;

          d) valorizzare i servizi per la persona e la famiglia;

          e) assicurare in tutto il territorio nazionale, in cooperazione con le regioni, i livelli essenziali e uniformi delle prestazioni di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 31 aprile 2000, n. 181, introdotto dall'articolo 13 della presente legge;

          f) gestire e pubblicizzare gli albi regionali di cui all'articolo 8 e l'albo nazionale;

          g) gestire il marchio di qualità di cui all'articolo 15;

          h) definire gli indirizzi tecnici per la realizzazione del sistema telematico di cui all'articolo 12;

          i) redigere annualmente un rapporto sullo stato di attuazione della presente legge e sui risultati raggiunti da trasmettere alle Camere.

Art. 12.
(Sistema telematico per la gestione del voucher da parte dei datori di lavoro, dei collaboratori domestici e degli assistenti personali).

      1. È costituito presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sulla base degli indirizzi tecnici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il sistema telematico per la gestione del voucher da parte dei datori di lavoro e dei collaboratori domestici e degli assistenti personali, di seguito denominato «sistema».
      2. Il sistema deve garantire almeno i seguenti servizi e funzionalità al datore di

lavoro in modo che tutte le operazioni possano essere gestite on line con facilità:

          a) iscrizione e informazioni sui contratti;

          b) comunicazione dell'assunzione e della cessazione del collaboratore domestico o dell'assistente personale;

          c) acquisto mediante accredito in banca del voucher;

          d) accredito dei voucher ricevuti da altri soggetti di cui alle lettere b), c) e d) del comma 2 dell'articolo 1;

          e) predisposizione della busta paga del collaboratore domestico o dell'assistente personale e del saldo in caso di cessazione del rapporto di lavoro;

          f) pagamento con il voucher del collaboratore domestico, dell'assistente personale o dei servizi forniti da imprese, organizzazioni non a scopo di lucro o associazioni iscritte all'albo nazionale;

          g) calcolo e pagamento dei contributi sociali del lavoratore dipendente;

          h) acquisto di voucher cartacei.

      3. Il sistema deve garantire almeno i seguenti servizi e funzionalità al lavoratore in modo che tutte le operazioni possano essere gestite on line con facilità:

          a) iscrizione e consulenza contrattuale;

          b) accredito dei voucher presso la propria banca;

          c) verifica del pagamento dei contributi sociali;

          d) riepilogo mensile delle retribuzioni.

      4. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare attraverso il sistema il codice fiscale del lavoratore e la sua retribuzione anche nel caso in cui provveda direttamente al pagamento del collaboratore domestico o dall'assistente personale con il voucher.

Art. 13.
(Servizi per l'incontro tra domanda e offerta e livelli essenziali delle prestazioni).

      1. Dopo l'articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
      «Art. 3-bis. – (Sportello per i collaboratori domestici e gli assistenti personali). – 1. I servizi competenti, nel quadro della programmazione regionale, al fine di favorire l'incontro fra domanda e offerta di lavoro nel settore dei servizi per la persona e per la famiglia, istituiscono appositi sportelli per le persone in stato di disoccupazione, in particolare immigrate, disponibili a svolgere le attività di collaboratori domestici o di assistenti personali, offrendo almeno i seguenti interventi:

          a) colloquio di orientamento entro sei mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione, compilazione della scheda anagrafico-professionale e sua trasmissione per via telematica, se disponibile, all'albo regionale dei collaboratori domestici e degli assistenti personali;

          b) proposta di adesione a iniziative di inserimento lavorativo, di formazione e di riqualificazione professione.

      2. I servizi competenti promuovono l'incontro, presso appositi locali, fra i disoccupati di cui al comma 1 e le famiglie che sono alla ricerca di collaboratori domestici o di assistenti personali per le persone non autosufficienti».

Art. 14.
(Formazione dei collaboratori domestici e degli assistenti personali e certificazione delle competenze acquisite).

      1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali fissa gli standard relativi ai profili professionali e alla tipologia e alla durata della formazione per i soggetti

iscritti agli albi regionali di cui all'articolo 8 e all'albo nazionale.
      2. I collaboratori domestici e gli assistenti personali possono richiedere la certificazione delle competenze possedute anche in percorsi formali o non formali secondo le modalità previste dal decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.
      3. Le competenze certificate secondo le modalità di cui al comma 2 sono considerate requisiti di ingresso all'esercizio della professione qualora corrispondenti agli standard nazionali, fissati ai sensi del comma 1.
Art. 15.
(Marchio di qualità).
      1. Con i regolamenti di cui all'articolo 18 sono stabiliti i criteri e le modalità per il riconoscimento alle imprese, alle organizzazioni non a scopo di lucro e alle associazioni, abilitate a erogare servizi alla persona e alla famiglia iscritte all'albo nazionale, di un marchio di qualità per i servizi prodotti, nonché le modalità per l'esecuzione dei relativi controlli, anche attraverso il sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e gli istituti di certificazione della qualità.
      2. Il marchio di qualità di cui al comma 1 è riconosciuto in caso di offerta di servizi alla persona e alla famiglia di alta qualità, in particolare per quanto riguarda i servizi specialistici rivolti alle persone disabili e agli anziani non autosufficienti, secondo le modalità previste dai regolamenti di cui al citato comma 1.
      3. Il marchio di qualità di cui al comma 1 è riconosciuto alle imprese, alle organizzazioni non a scopo di lucro e alle associazioni in regola con gli obblighi contributivi e fiscali, secondo quanto certificato dagli organismi competenti con le modalità stabilite dai regolamenti di cui al comma 1, e costituisce titolo privilegiato per accedere ai benefìci economici e agli incentivi previsti dalla legislazione statale e regionale, nonché titolo per accedere prioritariamente al pagamento dei crediti maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
Art. 16.
(Fondo per la promozione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia).

      1. Ai fini del finanziamento delle disposizioni di cui alla presente legge e del cofinanziamento degli interventi adottati dagli enti territoriali è istituito il Fondo per la promozione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia, di seguito denominato «Fondo», iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014.
      2. I criteri di riparto del Fondo tra le regioni nonché le modalità di accesso al cofinanziamento dei voucher, sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni le province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 17.
(Monitoraggio e valutazione).

      1. Al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misure di cui alla presente legge e di valutarne gli effetti e l'efficacia, è costituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con le regioni e altre istituzioni competenti, un sistema permanente di monitoraggio e di valutazione che assicura annualmente rapporti sullo stato di attuazione delle singole misure, sulle conseguenze in termini microeconomici e macroeconomici, sull'emersione del lavoro non regolare eventualmente

correlato all'attuazione della presente legge, nonché sul grado di effettivo conseguimento delle finalità della legge.
      2. I    dati utilizzati per il monitoraggio e per la valutazione di cui al comma 1 sono resi disponibili, in forma anonima, a scopo di ricerca scientifica, a gruppi di ricerca collegati a università, enti di ricerca o enti che hanno anche finalità di ricerca, italiani o esteri. I risultati delle ricerche condotte mediante l'utilizzo dei dati sono resi pubblici e comunicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 18.
(Regolamenti di attuazione).

      1. Con uno o più regolamenti adottati con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono stabilite le modalità di attuazione degli articoli 1, 7, 8, 9, 11, 12, 14, 15 e 17 della presente legge.

Art. 19.
(Copertura finanziaria).

      1. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'incremento del 2 per cento, a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge, delle aliquote di base per il calcolo dell'imposta di consumo di prodotti alcolici destinati alla vendita al pubblico e dal maggior gettito contributivo e fiscale derivante dall'emersione dal lavoro non regolare nel settore dei servizi alla persona e alla famiglia.

Allegato A
(Articolo 1, comma 3)

SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA FAMIGLIA

A1 – Attività effettuate dal lavoratore nel domicilio del datore di lavoro.

            Cura della casa e lavori domestici.

            Piccoli lavori di giardinaggio.

            Piccoli lavori di riparazione e di bricolage.

            Custodia dei bambini.

            Sostegno scolastico e corsi a domicilio.

            Assistenza informatica e internet.

            Assistenza amministrativa.

            Assistenza, anche specialistica, alle persone anziane e non autosufficienti, con l'esclusione delle attività mediche.

            Assistenza, anche specialistica, alle persone disabili, comprese le attività d'interpretazione del linguaggio dei segni.

            Sorveglianza dei malati con l'esclusione dei trattamenti medici.

            Cure fisioterapiche ed estetiche per le persone non autosufficienti.

            Manutenzione e vigilanza temporanea dell'abitazione, anche secondaria.

A2 – Attività effettuate dal lavoratore anche fuori dal domicilio del datore di lavoro.

            Preparazione dei pasti, comprensiva della spesa.

            Consegna dei pasti o della spesa.

            Raccolta e consegna dei vestiti stirati.

            Aiuto alla mobilità e al trasporto di persone non autosufficienti.

            Guida del veicolo delle persone non autosufficienti per il trasferimento dal domicilio al lavoro, al luogo di vacanze e per gli obblighi amministrativi.

            Accompagnamento dei bambini, degli anziani e dei disabili fuori dal domicilio (passeggiate, accompagnamento ad asili nido, scuola dell'infanzia o attività sportive, mezzi di trasporto e altro).

            Cura e passeggio degli animali domestici con esclusione delle attività veterinarie.

A3 – Attività effettuate in strutture esterne.

            Asilo nido o nido d'infanzia (compresa mensa).

            Nido condominiale o familiare (compresa mensa).

            Scuola dell'infanzia (compresa mensa).

            Spazio gioco per bambini.

            Centro infanzia e atelier (attività ricreative e formative per bambini fino a sei anni).

            Doposcuola e centro culturale e ricreativo per ragazzi fino a quattordici anni di età.

            Centro sportivo per ragazzi da tre a quattordici anni di età.

            Centri diurni per anziani, anche non autosufficienti.

            Centri sportivi e fisioterapici per anziani, anche non autosufficienti.