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Atto a cui si riferisce:
C.1002 Istituzione della Regione Romagna


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1002


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa del deputato GIANLUCA PINI
Istituzione della Regione Romagna
Presentata il 20 maggio 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Siamo convinti che dal fallimento dell'Europa monetaria e finanziaria si possa uscire soltanto dando vita ad una nuova Europa, l'Europa dei popoli e dei territori, capace di rifondare l'unità politica del vecchio continente su base macroregionale. Un'Europa davvero unita dal basso, a partire dalle realtà locali e territoriali, esaltando la diversità e l'identità di ciascun popolo nella casa comune europea. Se il nostro Paese vorrà essere attore principale della costituzione di una nuova Europa dei popoli dovrà avviare, in prima battuta, un percorso di riforme interne che porti alla costituzione di uno Stato federale.
      Da anni si parla, in maniera sempre più insistente, della necessità di creare un'Europa dei popoli, di consolidare il principio di autodeterminazione introdotto dall'atto finale della Conferenza di Helsinki del luglio 1975 quale diritto implicito per le democrazie compiute, di applicare un modello federalista che reclama a gran voce la presenza territoriale di soggetti istituzionali veramente rappresentativi di comunità omogenee.
      Parimenti, in una zona fortemente omogenea della nazione, e più precisamente in quel territorio che storicamente è denominato «Romagna», da anni si levano richieste di autonomia perfettamente inquadrabili nell'ordinamento costituzionale. Stiamo parlando, per essere chiari sin dal principio, della richiesta di realizzare la ventunesima regione d'Italia; la Regione Romagna appunto.
      Questa richiesta ben si inquadra in un momento storico così tremendamente cruciale per le riforme istituzionali del Paese. Coloro i quali hanno difeso strenuamente ogni istanza autonomistica che fosse supportata da evidenti e inconfutabili ragioni culturali, storiche e linguistiche, ora non possono che farsi portatori di questa istanza.
      Tuttavia non sono solo ragioni di carattere politico che spingono a voler ridare democraticamente la dignità a un popolo. Uno Stato che si avvia rapidamente ad attivare un processo federalista è infatti uno Stato che ben si presta a fare da testimone alla nascita di nuovi soggetti istituzionali che siano pienamente rappresentativi di una realtà territoriale ben definita e omogenea.
      Per queste ragioni la presente proposta di legge vuole rappresentare un progetto pilota finalizzato alla realizzazione di una nuova forma virtuosa di organizzazione dello Stato fondata su una razionalizzazione dell'attuale sistema delle regioni, da un lato basato sull'aggregazione regionale attraverso le macroregioni e dall'altro lato attraverso la realizzazione di micro regioni con una dimensione propria a rendere funzionale il coordinamento tra i comuni. La conseguenza diretta della realizzazione delle micro regioni comporta la soppressione delle province. Le analisi, infatti, concordano nel riconoscere che il coordinamento tra i comuni funziona bene su aree di circa un milione di abitanti. La Romagna ne conta più o meno un milione e mezzo.
      Nell'ottica delle macroregioni le province perdono di senso ma saranno invece indispensabili enti intermedi, che potremo identificare come «micro» regioni, anche se il termine serve solo al ragionamento e certo non intende sminuirne l'importanza, che siano tutte all'incirca di quella dimensione, indispensabili come interlocutori diretti per i comuni, a fini di coordinamento delle funzioni e nel rapporto verso la macroregione.
      In sostanza organismi più omogenei storicamente e identitariamente, ma nella maggior parte dei casi anche nel tessuto economico e nella tradizione amministrativa non necessariamente ricalcati sulle regioni attuali (alcune troppo grandi, altre anche troppo piccole).
      La presente proposta di legge quindi non si limita a creare la Regione Romagna, che potrebbe anzi apparire (o essere pretestuosamente indicata) come una duplicazione inutile e costosa di enti amministrativi, ma vuole proporsi come laboratorio di sperimentazione e precursore di un progetto di riordino complessivo basato sui capisaldi della dimensione ottimale del coordinamento dei comuni e della organizzazione dello stato in base a macroregioni.
      Con l'approvazione di questa proposta di legge, si darà uno stimolo, una vera scossa, per una riforma complessiva dell'ordinamento nazionale basata su questo modello.
      Ben venga quindi, laddove sia giustificata da ragioni storiche, culturali e linguistiche incontrovertibili, la nascita di una nuova regione che avrà da subito, come le altre già esistenti, ampie competenze in materia di fiscalità, servizi sociali, scuola, sanità e ordine pubblico oltre a quelle, più limitate, previste dall'attuale ordinamento in altre materie.
      Ben venga, in una visione ormai ampiamente consolidata di maggiore coinvolgimento diretto del cittadino, una nuova istituzione regionale pronta a colmare lo squilibrio territoriale che una gestione centralizzata ha creato nelle terre romagnole, dove il reddito medio pro capite è circa il 25 per cento più basso rispetto alla media rilevabile nell'attuale regione Emilia-Romagna.
      La medesima situazione (forse solo parzialmente mitigata dalla ricchezza del turismo che si sviluppa lungo la costa romagnola) in cui versava la comunità molisana prima di divenire regione con apposita legge costituzionale nel 1963 (legge costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3), regione che, in pochissimi anni, ha fatto un vero e proprio balzo in avanti tanto in ricchezza quanto in competitività. Esperienze come quella del Molise (divenuta regione nonostante una popolazione di soli 336.000 abitanti contro il milione richiesto dall'articolo 132 della Costituzione) insegnano che il primo aiuto che uno Stato può dare allo sviluppo del proprio territorio è quello di mantenere il potere decisionale il più possibile vicino al territorio, differenziandolo per comunità omogenee.
      Si ritiene peraltro ingiusto che il popolo romagnolo, una comunità che esiste da secoli, non abbia ancora ottenuto il diritto di autogovernarsi nel rispetto dell'ordinamento statale. Ordinamento che pure prevede senza grosse difficoltà di cogliere democraticamente l'obiettivo.
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
(Istituzione e definizione territoriale dei confini della Regione Romagna).

      1. È istituita, ai sensi dell'articolo 132 della Costituzione, la Regione Romagna.
      2. Il territorio della Regione Romagna comprende i Comuni inclusi nelle Province di Forlì-Cesena, di Ravenna e di Rimini nonché i comuni di:

          a) Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Dozza, Fontanelica, Imola e Mordano nella Provincia di Bologna;

          b) tutti i Comuni territorialmente contigui con la costituenda Regione Romagna delle province di Pesaro e Urbino, di Arezzo e di Firenze che, con apposito referendum popolare, hanno approvato l'assegnazione alla Regione Emilia-Romagna nei cinque anni antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

Art. 2.
(Modifica dell'articolo 131 della Costituzione).

      1. L'articolo 131 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 131. – Sono costituite le seguenti Regioni:

          Piemonte;

          Valle d'Aosta;

          Lombardia;

          Trentino-Alto Adige;

          Veneto;

          Friuli Venezia Giulia;

          Liguria;

          Emilia;

          Romagna;

          Toscana;

          Umbria;

          Marche;

          Lazio;

          Abruzzo;

          Molise;

          Campania;

          Puglia;

          Basilicata;

          Calabria;

          Sicilia;

          Sardegna».

Art. 3.
(Soppressione delle province presenti nel territorio della Regione Romagna).

      1. Le Province la cui area territoriale di competenza è interamente sita all'interno dei confini della Regione Romagna sono soppresse.
      2. I Comuni siti nell'area territoriale della Regione Romagna ricompresi nella Città metropolitana di Bologna non rientrano tra quelli di competenza della Città metropolitana stessa.

Art. 4.
(Norme transitorie).

      1. Gli organi politici e amministrativi delle Province di cui al comma 1 dell'articolo 3 cessano da ogni funzione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
      2. Entro il termine di cui al comma 1, lo Stato e la Regione Romagna, secondo le rispettive competenze, provvedono:

          a) al trasferimento del personale degli enti soppressi ai sensi della presente

legge costituzionale, secondo i princìpi di economicità e di efficienza di impiego, conservando al medesimo personale le posizioni giuridiche ed economiche in godimento alla data del trasferimento;

          b) al trasferimento agli enti destinatari delle funzioni degli enti soppressi, dei beni e delle risorse finanziarie, strumentali ed organizzative, nonché alla successione nei rispettivi rapporti giuridici e finanziari;

          c) a ridefinire, anche in via transitoria, la normativa relativa ai tributi, alle compartecipazioni, ai canoni e ad ogni altra entrata assegnata dalla legge o comunque spettante agli enti soppressi.

      3. Le articolazioni amministrative e organizzative dello Stato, degli enti pubblici e delle amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, che assumono come riferimento delle loro competenze il territorio delle Province soppresse ai sensi della presente legge costituzionale, rimangono in essere e in funzione fino all'attuazione delle disposizioni di legge statale recanti la disciplina del nuovo assetto territoriale conseguente all'entrata in vigore della medesima legge costituzionale.

Art. 5.
(Disposizione finale).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, i Comuni limitrofi a quelli di cui all'articolo 1, comma 2, possono chiedere di essere aggregati alla Regione Romagna. La richiesta è sottoposta a referendum, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, e si considera approvata ove ottenga la maggioranza dei voti della popolazione dei Comuni che chiedono di essere aggregati.