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Atto a cui si riferisce:
S.1001 Disposizioni per favorire l'integrazione efficace del sistema di protezione civile tra Stato, Regione ed enti Locali e l'istituzione di una Carta dei Diritti per il cittadino colpito da calamità


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1001
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa delle senatrici VALENTINI e AMATI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 7 AGOSTO 2013

Disposizioni per favorire l'integrazione efficace del sistema di protezione civile tra Stato, regioni ed enti locali. Istituzione di una Carta dei diritti per il cittadino colpito da calamità

Onorevoli Senatori. -- Il presente disegno di legge si pone l'importante e ambizioso obiettivo di ridisegnare il ruolo e la funzione della protezione civile nel nostro Paese quale fondamentale settore della pubblica funzione, nonché impegno primario dell'azione di governo di un Paese esposto a elevate e diffuse condizioni di rischio, per eventi naturali e antropici.

Si tratta di un cambiamento epocale, considerato che nel corso degli ultimi anni la protezione civile ha perso sempre di più le sue caratteristiche originarie, per trasformarsi in una sorta di ente organizzatore dei grandi eventi governativi, avvalendosi degli stessi princìpi e strumenti procedurali e normativi usati per le emergenze e le catastrofi naturali e contravvenendo, in questo modo, al principio della separazione tra l'indirizzo politico e la gestione amministrativa.

Quindi, in un regime di continue deroghe alla normativa vigente, di scarsa trasparenza e di smodato uso del potere da parte del capo del Dipartimento, la protezione civile ha mutato la sua ragion d'essere, fino a diventare un volano che ha alimentato corruzione e facilitato infiltrazioni della criminalità organizzata in importanti settori del potere statale.

L'ampiezza delle deroghe, l'attribuzione delle funzioni commissariali, spesso affidate al capo della protezione civile (figura di diretta emanazione del Presidente del Consiglio, ma nient'affatto rappresentativa delle istanze del territorio e della popolazione) e il conseguente svilimento dei livelli locali di governo, hanno consolidato il Dipartimento quale singolare, in qualche modo autoritario, braccio operativo del Governo.

Un progetto di ridefinizione delle funzioni di protezione civile deve ripartire proprio da una verifica sull'attuazione del dettato costituzionale riguardante la concorsualità tra Stato e regioni nella materia, attuazione che avrebbe dovuto dar luogo a un rapporto pienamente collaborativo tra il primo, inteso nella sua articolazione centrale, e le seconde, entro i rispettivi limiti di intervento legislativo, ma che avrebbe dovuto essere necessariamente interpretato, per la complessa e delicata materia, nel senso di una più efficace azione in prevenzione e in emergenza, all'interno di un sistema fortemente integrato. Mentre ciò non è avvenuto, l'incidenza delle varie condizioni di rischio che gravano sul Paese resta enorme, esattamente come l'inefficacia che si deve registrare nell'azione di prevenzione, comprovata inequivocabilmente dalla cronaca di ogni evento solo potenzialmente calamitoso che si trasforma sistematicamente in catastrofe. Allo stesso modo, la gestione dell'emergenza soffre di estemporaneità e della mancanza di un qualsiasi consolidato metodo per una sua efficace pianificazione.

Nella prospettiva di rientro della protezione civile negli schemi istituzionali, esclusi necessariamente i grandi eventi dalla sfera di intervento della stessa, è indispensabile affrontare il tema di una inderogabile riforma del sistema.

Si tratta di immaginare un sistema profondamente diverso, dove l'elemento determinante deve essere rappresentato dalla specifica competenza dei settori di intervento demandati a organismi centrali (infrastrutture, ambiente, sanità, trasporti) o alle regioni e agli enti locali che esprimono vicinanza al territorio. Certo, in tutte queste «amministrazioni» si tratta di rafforzare le sedi di competenza finalizzate alle problematiche della prevenzione e dell'emergenza, sviluppando una profonda e diffusa cultura di protezione civile, riferita al sistema istituzionale maggiormente coinvolto, così da avere nella pubblica amministrazione un elevato livello di specializzazione nelle tipologie di rischio.

La grande novità introdotta dal presente disegno di legge è rappresentata dalla istituzione di un Sistema integrato di protezione civile (di seguito denominato SIPC), improntato ai princìpi di sussidiarietà, di solidarietà, di collaborazione con le comunità territoriali e di partecipazione delle popolazioni interessate e delle associazioni di volontariato, per lo svolgimento delle attività di riduzione del rischio e di pianificazione e gestione dell'emergenza.

Questo sistema deve realizzare la piena integrazione delle attività di protezione civile poste ordinariamente in essere dalle amministrazioni centrali dello Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici di ricerca, dalle università pubbliche, dai soggetti e dagli organi di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225. In tale sistema l'amministrazione centrale della protezione civile svolge un ruolo di integrazione e di coordinamento nei confronti delle altre amministrazioni statali, delle regioni e degli enti locali che dovranno dotarsi delle strutture necessarie, autonome e responsabili, all'esercizio delle funzioni del SIPC.

L'attività del SIPC è limitata agli eventi che possono essere determinati da cause naturali o antropiche, suscettibili di valutazioni di rischio. Essa è, quindi, limitata agli eventi naturali di tipo calamitoso, quali eccezionali avversità atmosferiche, alluvioni, terremoti, frane, eruzioni vulcaniche, mareggiate e alle situazioni di emergenza derivanti dagli effetti dell'interazione dell'uomo con gli elementi naturali, quali gravi incendi, incidenti rilevanti e crisi ambientali di particolare gravità.

L'azione del SIPC riguarda la riduzione del rischio e la pianificazione e gestione dell’emergenza sulla base di una profonda conoscenza degli ambiti territoriali di interesse, nonché delle caratteristiche socio-demografiche e culturali delle popolazioni residenti. A tal fine occorre avvalersi del contributo della ricerca scientifica, sia utilizzando le conoscenze già acquisite e disponibili con riferimento ai vari tipi di rischio, di situazioni e contesti, sia promuovendo «programmi di ricerca», i cui soggetti attuatori siano le università ed altri istituti specializzati.

Mentre l'azione di riduzione del rischio non può avere limiti temporali, ma si attua in termini di realizzazione di programmi d'intervento aventi carattere di lungo termine, l'emergenza deve avere durata necessariamente limitata, essendo «lo stato d'emergenza» dichiarato con la previsione di un termine finale, salvo proroga, e con possibilità di revoca. È da escludere che il termine finale dello stato di emergenza, così come delle ordinanze di protezione civile, possa essere individuato in relazione a eventi futuri e incerti, ad esempio mediante clausole del tipo «fino al ristabilimento delle normali condizioni di vita» o «fino al superamento dell'emergenza» o «fino alla fine della gestione commissariale».

L'emergenza deve avere una durata commisurata alle dimensioni e alla severità dell'evento, assicurando nella prima fase la messa in sicurezza della popolazione e quindi ogni intervento urgente e indifferibile per la limitazione di un'ulteriore incidenza del danno sui beni mobili e immobili e per la preservazione del patrimonio ambientale e culturale. Tale attività cessa nel momento in cui alla popolazione risultano garantite condizioni essenziali di ordinarietà di vita, sul piano logistico/abitativo, infrastrutturale, socioculturale ed economico, commisurate anche alla stima del tempo di attesa necessario per la ricostruzione.

Tra i compiti del SICP non sono comprese le fasi di ricostruzione intese come processo di ripristino delle condizioni di piena normalità, aventi spesso non solo carattere meramente edilizio, ma anche pianificatorio, riguardante l'assetto residenziale, produttivo e infrastrutturale. La ricostruzione deve essere effettuata, in linea di principio, con il ricorso alle procedure ordinarie, eventualmente sostenute da una legge che consenta l'adozione di percorsi di semplificazione, sempre tuttavia rispettosi della correttezza dell'azione amministrativa, a partire dalla trasparenza delle scelte. Coerentemente, l'azione deve essere affidata alle amministrazioni competenti in via ordinaria, messe in grado di garantire la necessaria competenza tecnica, e deve ispirarsi esclusivamente al rispetto di questioni non negoziabili come la tutela dell'ambiente, i caratteri urbanistici, storico-culturali e socio-economici delle realtà colpite. Nei processi di ripristino e ricostruzione va, altresì, assicurata l'effettiva partecipazione alle decisioni da parte delle popolazioni interessate.

Il disegno di legge introduce inoltre numerosi «paletti» all'esercizio del potere di ordinanza, che deve essere esercitato nel rispetto dei princìpi della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli obblighi internazionali, nonché dei principi generali dell'ordinamento giuridico. In particolare:

a) il primo aspetto qualificante della novella legislativa deve essere quello di tipizzare, ossia di definire per legge, il più possibile, sia le fattispecie contingibili e urgenti che consentono l'attivazione del potere derogatorio, sia il contenuto dei provvedimenti di necessità e urgenza. Il perché si comprende agevolmente avendo presente che proprio l'atipicità dell'istituto è da sempre considerata una delle caratteristiche maggiormente eversive del principio di legalità;

b) la decisione sull'attivazione del potere d'ordinanza deve essere sempre preceduta dalla dichiarazione collegiale dello stato di emergenza, da parte del Consiglio dei ministri, procedura da ritenersi compatibile con l'urgenza di provvedere (viene quindi abrogata la disciplina degli articoli 2 e 3, comma 1, del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, i quali autorizzano, al ricorrere di determinate circostanze, il capo del Dipartimento per la protezione civile ad adottare ordinanze in deroga alla legge anche prima della dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri);

c) qualora, poi, la soluzione di un'emergenza preveda l'attivazione di una gestione commissariale, è necessario che la relativa delega contenga, oltre alla durata e alle modalità di esercizio, anche i princìpi cui il commissario si dovrà attenere, le norme cui in ogni caso non potrà derogare, gli obiettivi che dovrà raggiungere e le forme di controllo cui dovrà sottostare il suo operato; necessario anche introdurre in capo al commissario delegato, una specifica ipotesi di responsabilità dirigenziale, da far valere, indipendentemente dalla legittimità dei suoi provvedimenti derogatori, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati. A tal fine il disegno di legge prevede che i provvedimenti commissariali, adottati in deroga alle disposizioni vigenti ed emanati con la forma dell'ordinanza, debbano essere motivati «in ordine all'adeguatezza delle misure da adottare ed all'impossibilità di provvedere nel rispetto delle norme ordinariamente vigenti»;

d) altra novità importante è rappresentata dall'introduzione della possibilità di prorogare l'ordinanza per non più di una volta, al fine di porre termine al «malcostume» di continue proroghe, per un numero indefinito di volte, possibilità foriera di abusi nell'utilizzo di uno strumento «di emergenza»;

e) il commissario delegato, salve situazioni particolari determinate dalla natura dell'evento, è individuato, per lo svolgimento delle attività di soccorso, nella persona del presidente della regione, del presidente della provincia o del sindaco, in base all'estensione territoriale degli eventi, mentre, per la fase successiva al superamento dell'emergenza, il commissario delegato per lo svolgimento delle attività di ricostruzione è individuato, necessariamente, nella persona del presidente della regione, del presidente della provincia o del sindaco, in base all'estensione territoriale degli eventi. Ciò significa che le figure del commissario delegato per lo svolgimento delle attività di soccorso e di ricostruzione non potrà mai più coincidere con la figura del capo della protezione civile, situazione foriera degli abusi cui abbiamo assistito negli ultimi anni. La possibilità per la medesima persona fisica di assumere contemporaneamente entrambe le cariche, infatti, offusca la separazione dei ruoli e delle responsabilità, generando una pericolosa confusione;

f) le ordinanze di protezione civile tornano ad essere assoggettate al controllo preventivo della Corte dei conti ai fini dell'apposizione del visto e della registrazione, procedimentalizzando con termini e modalità l'invio delle medesime alla suprema istanza di controllo amministrativo ai fini dell'apposizione del visto e della registrazione, con l'obiettivo di vanificare i tentativi di elusione del Governo;

g) è abrogata la norma relativa all'estensione del potere di ordinanza anche agli interventi all'estero del Dipartimento per la protezione civile.

L'insieme di queste proposte evidenzia l'importanza di giungere ad una nuova disciplina della materia in cui sia individuata nettamente la parte della normativa statale del potere governativo d'ordinanza destinata a fungere, secondo l'ormai consolidato orientamento della Corte costituzionale, da principio fondamentale della materia per il legislatore regionale. È questa, infatti, una condizione indispensabile perché poi possa realizzarsi la necessaria valorizzazione dell'autonomia regionale e locale, la cui continua lesione rappresenta uno dei principali problemi mostrati dalla prassi degli ultimi anni.

Da questo punto di vista è bene premettere che le sfere di autonomia territoriale possono essere tutelate non solo dalla previsione dei princìpi fondamentali in grado di orientare, e quindi, favorire, la legislazione regionale, ma anche dall'introduzione di clausole legislative in grado di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione, come l'obbligo di scegliere i commissari di protezione civile tra i soggetti preposti alle amministrazioni regionali e locali.

Ma certo la cosa più importante è contribuire ad un vero salto culturale, che coinvolga dal basso tutti i cittadini, ma poi anche i vari livelli istituzionali, nazionali e locali. Di qui la proposta di una «Carta dei diritti del cittadino colpito da calamità naturale»; perché la normazione degli aspetti della vita civile nei momenti di maggiore pericolo e bisogno danno il senso della maturità e civiltà di una comunità, oltre che della efficienza e legittimazione di una democrazia.

L'articolo 1 dispone la costituzione del Sistema integrato di protezione civile, SIPC, che sostituisce l'odierno Servizio nazionale di protezione civile, SNPC.

L'articolo 2 regola le funzioni delle amministrazioni centrali dello Stato in fatto di protezione civile; il comma 4 riguarda le attività di protezione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

L'articolo 3 tratta del diritto dei cittadini di essere informati del livello di rischio cui sono esposti; anche l'associazione dei comuni è coinvolta nell'opera di formazione e informazione dei cittadini.

L'articolo 4 riorganizza le funzioni del SIPC in modo da realizzare la piena collaborazione fra Stato, regioni, province e comuni nell'opera sia di prevenzione sia di gestione delle emergenze.

L'articolo 5 modifica la legge 24 febbraio 1992, n. 225 in ordine alla delibera dello stato di emergenza in caso di eventi calamitosi e regola altresì il ricorso a commissari delegati, onde evitare gli eccessi di potere delegato realizzatisi negli anni scorsi.

L'articolo 6 dispone l'abrogazione di norme in contrasto con la nuova legge.

L'articolo 7 dispone che il Governo adotti, entro sei mesi dall'approvazione della legge, un testo unico di norme in materia di protezione civile; viene anche regolata la ricostruzione delle zone colpite da eventi calamitosi, stabilendo i criteri in base ai quali i cittadini possono richiedere il contributo alla ricostruzione, il livello minimo di danno risarcibile, eccetera.

L'articolo 8 dispone la facoltà per le regioni di finanziare progetti di messa in sicurezza del territorio superando i vincoli del patto di stabilità.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Istituzione del sistema
integrato di protezione civile)

1. È istituito il Sistema integrato di protezione civile, di seguito denominato «SIPC», già denominato Servizio nazionale di protezione civile - SNPC, al fine di tutelare la vita, l'integrità fisica delle persone, i beni, l'ambiente e i valori identitari delle comunità territoriali dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali o da catastrofi.

2. Il SIPC è composto dalle amministrazioni centrali dello Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici di ricerca, dalle università pubbliche, dai soggetti e dagli organi di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, ed opera, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, di solidarietà, di collaborazione delle popolazioni interessate e delle associazioni di volontariato, per lo svolgimento delle attività di riduzione del rischio e di pianificazione e gestione dell'emergenza.

3. I soggetti di cui al comma 2, ed in particolare quelli di cui all'articolo 2, provvedono, ciascuno secondo le proprie competenza, a dotarsi delle strutture, degli organi e degli strumenti idonei all'esercizio delle funzioni del SIPC.

4. Tutti i riferimenti al Servizio nazionale della protezione civile, contenuti nella legislazione vigente, si intendono effettuati al SIPC.

Art. 2.

(Compiti delle amministrazioni centrali
dello Stato)

1. Le amministrazioni centrali dello Stato di cui all'articolo 1, comma 2, svolgono funzioni di protezione civile in relazione ai compiti istituzionali ad esse affidati. Con apposito decreto il Presidente del Consiglio dei ministri individua le amministrazioni dello Stato che debbono organizzarsi, in forma permanente e continuativa, per concorrere all'attività del SIPC.

2. Il concorso di cui al comma 1 si esplica attraverso l’organizzazione e lo svolgimento di attività concernenti la prevenzione e la pianificazione dell'emergenza. Tali attività sono sviluppate in stretto coordinamento con il SIPC e con le regioni.

3. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 3, o nella previsione di essi, le amministrazioni di cui al comma 1, cooperano alle operazioni in emergenza, secondo quanto previsto dallo specifico piano -- nell'ambito del coordinamento delle funzioni affidato al SIPC -- nonché alla messa in sicurezza ed alle attività di ripristino dei territori interessati.

4. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per le attività di protezione, coordina le attività di soccorso tecnico urgente di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco assume altresì il comando di Cratere operativo nella prima fase della calamità di origine naturale o antropica.

Art. 3.

(Diritto di informazione e partecipazione)

1. I cittadini hanno diritto a essere informati del livello di rischio a cui sono esposti ed a partecipare alle scelte attinenti agli assetti territoriali che possono ridurne le conseguenze. A tal fine il SIPC rende pubbliche le informazioni relative ai rischi, promuove la costituzione di ambiti di comunicazione e diffonde le istruzioni riguardanti i comportamenti singoli e collettivi rivolti a prevenire i rischi e ad affrontare le emergenze. Superata la prima emergenza, l'autorità comunale convoca pubbliche assemblee per discutere le scelte e gli indirizzi da seguire nel ripristino di accettabili condizioni di vita e, nelle successive fasi di ricostruzione, di sviluppo del territorio e ritorno alla normalità.

2. All'Associazione nazionale comuni italiani viene demandato il compito di formazione ed informazione dei cittadini utile alla diffusione del concetto di resilienza. Dette attività sono curate in accordo con le regioni e con le amministrazioni pubbliche per uniformare gli standard di informazione e formazione del proprio personale.

3. Con l'intento di assicurare un articolato sistema di garanzie nella contingenza determinata dal verificarsi di eventi calamitosi, il Governo è delegato ad emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la «Carta dei diritti del cittadino colpito da calamità».

Art. 4.

(Riorganizzazione delle funzioni centrali
del Sistema integrato di protezione civile)

1. Il SIPC si realizza in forma di coordinamento tra i soggetti di cui dell'articolo 1, comma 2. La responsabilità della realizzazione e dell'efficacia di tale coordinamento è affidato ad un’apposita amministrazione dello Stato, che opera quale struttura di supporto all'iniziativa del Presidente del Consiglio dei ministri.

2. All’apposita amministrazione di cui al comma 1 sono trasferite le funzioni e i compiti tecnico-operativi in materia di protezione civile attribuiti al Dipartimento per la protezione civile, che viene soppresso alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. In materia di pianificazione e gestione dell'emergenza, il SIPC svolge le funzioni e i compiti relativi a:

a) l'acquisizione di elementi valutativi sulla intensità e l'estensione degli eventi calamitosi per la proposta di dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;

b) le attività, in relazione agli eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, concernenti:

1) l'approvazione, d'intesa con le regioni e gli enti locali, dei piani di emergenza e la loro attuazione, compreso il coordinamento per l'utilizzazione delle organizzazioni di volontariato;

2) la predisposizione delle ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;

3) la rilevazione dei danni e l'approvazione di piani d'intervento volti al superamento delle emergenze e alla ripresa delle normali condizioni di vita, da attuare d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati;

c) l'attività tecnico-operativa volta ad assicurare i primi interventi nell'ambito dei compiti di soccorso di cui all'articolo 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ad esclusione di quelli previsti all'articolo 2, comma 4, della presente legge.

4. In materia di riduzione del rischio, il SIPC svolge le funzioni e i compiti relativi a:

a) la promozione di progetti di ricerca sulla previsione e prevenzione dei rischi finalizzati alla definizione dei fenomeni attesi, alla valutazione del loro impatto sul territorio, alla valutazione e riduzione della vulnerabilità e allo sviluppo e gestione di sistemi di sorveglianza utili ai fini del preavviso dell'evento o dell'allarme tempestivo, nonché alla pianificazione e gestione dell'emergenza connessa al verificarsi dei suddetti eventi;

b) la raccolta sistematica, la valutazione e la diffusione dei dati sulle situazioni di rischio, anche attraverso la realizzazione di sistemi informativi e di sistemi di monitoraggio, d'intesa con le regioni e altre amministrazioni pubbliche;

c) lo svolgimento di periodiche esercitazioni relative ai piani di emergenza;

d) lo svolgimento, d'intesa con le regioni e gli enti locali, di attività di informazione delle popolazioni interessate e di formazione in materia di protezione civile, anche attraverso forme di collaborazione con le associazioni di volontariato, sulle tematiche oggetto di protezione civile;

e) il coordinamento delle organizzazioni di volontariato per favorirne la partecipazione alle attività di protezione civile;

f) la promozione di iniziative di informazione e di formazione in materia di tutela del patrimonio culturale nelle fasi di prevenzione del rischio e di gestione dell'emergenza;

g) la promozione e lo sviluppo di accordi con organismi nazionali ed internazionali bilaterali e multilaterali in materia di previsione e prevenzione dei rischi, di interventi di soccorso e a tutela della pubblica incolumità.

5. Ai fini dello svolgimento delle azioni di riduzione del rischio e di pianificazione dell'emergenza il SIPC, le regioni, le province e i comuni si avvalgono del contributo della ricerca scientifica e tecnologica delle università pubbliche, degli enti pubblici di ricerca e di altri istituti specializzati ad essa esterni, attraverso programmi di ricerca coordinati e finalizzati a tale scopo.

Art. 5.

(Stato di emergenza e potere di ordinanza)

1. All'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi da 1 a 5 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti.

2. Per evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose e per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga alle disposizioni vigenti, e nel rispetto dei principi della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento giuridico. Le ordinanze sono emanate di concerto, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, con il Ministro dell'economia e delle finanze.

3. Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l'indicazione delle singole norme a cui si intende derogare e non possono prevedere la deroga a interi testi normativi. Le medesime devono essere motivate in ordine alla presenza di uno degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), all'adeguatezza delle misure da adottare, all'impossibilità di provvedere nel rispetto delle norme vigenti e possono essere prorogate per non più di una volta.

4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, per l'attuazione degli interventi di cui al comma 2, può avvalersi di commissari delegati. Il provvedimento di incarico deve indicare il contenuto della delega, le modalità del suo esercizio, il termine finale del regime commissariale proprio delle attività del soccorso e del superamento dell'emergenza di cui all'articolo 3, commi 4 e 5, e disciplinare il passaggio delle funzioni alle amministrazioni ordinariamente competenti. In attuazione del principio di leale collaborazione di cui all'articolo 118 della Costituzione il commissario delegato, fatte salve situazioni particolari determinate dalla natura dell'evento, è individuato, per lo svolgimento delle attività di soccorso di cui all'articolo 3, comma 4, nella persona del presidente della regione, del presidente della provincia o del sindaco in base all'estensione territoriale degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c). Il Commissario delegato per lo svolgimento delle attività di ricostruzione è individuato nella persona del presidente della regione, del presidente della provincia o del sindaco in base all'estensione territoriale degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c).

5. I provvedimenti commissariali adottati in deroga alle disposizioni vigenti sono emanati con la forma dell'ordinanza e devono essere motivati in ordine all'adeguatezza delle misure da adottare ed all'impossibilità di provvedere nel rispetto delle norme vigenti»;

b) al comma 6 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le ordinanze emanate dai commissari delegati ai sensi del comma 4 sono pubblicate nel Bollettino Ufficiale della regione».

Art. 6.

(Abrogazioni)

1. All'articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, il comma 2 è abrogato.

2. L'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, è abrogato.

3. L'articolo 2 e il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, sono abrogati.

4. Sono inapplicabili tutti gli articoli del decreto–legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, in contrasto con la presente legge.

Art. 7.

(Delega al Governo per il riordino
delle disposizioni normative in materia
di protezione civile)

1. Nel rispetto delle competenze regionali in materia di protezione civile, il Governo adotta, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le modalità e nel rispetto dei principi di cui all'articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle norme in materia di protezione civile, da emanare con decreto del Presidente della Repubblica, nel quale è raccolta e coordinata la normativa vigente.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per regolare la ricostruzione edilizia post-calamità, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) stabilire le condizioni oggettive, necessarie affinché il cittadino abbia diritto al contributo;

b) definire il livello minimo di danno risarcibile;

c) definire i parametri che consentano di pervenire alla quantificazione del costo e quale sia la quota ammessa a contributo;

d) definire le modalità attraverso le quali i cittadini possono richiedere il contributo cui hanno diritto;

e) definire quali livelli di maggior sicurezza possono essere raggiunti attraverso la ricostruzione;

f) definire una procedura per la presentazione dei progetti di ricostruzione;

g) individuare le priorità a cui far riferimento nell'intervento di ricostruzione in contesti omogenei;

h) definire gli adempimenti da parte dell'amministrazione competente;

i) stabilire anche, in linea di principio, l'adozione di criteri di ricostruzione che preservino il mantenimento dei caratteri socio-economici e culturali del territorio, la riparazione e la ricostruzione integrale dei centri storici quali beni tutelati dalla Costituzione, il recupero e la messa in sicurezza dei beni culturali, la impossibilità di derogare ai vari regimi vincolistici ed agli strumenti primari di pianificazione.

Art. 8.

(Provvedimenti urgenti di prevenzione
e messa in sicurezza del territorio
e delle infrastrutture pubbliche)

1. Le regioni in accordo con il sistema degli enti locali, possono finanziare progetti di messa in sicurezza del territorio e delle strutture critiche, dalle calamità naturali, laddove ci siano fondi disponibili, superando i vincoli posti dal patto di stabilità.

2. Annualmente il Ministro competente per gli affari regionali presenta una relazione in Parlamento sulle iniziative messe in opera.