Testo DDL 874
Atto a cui si riferisce:
S.874 Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale e altre disposizioni in materia di tortura
approvato con il nuovo titolo
"Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano"
Senato della Repubblica | XVII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 GIUGNO 2013
Introduzione dellarticolo 613-bis del codice penale e altre disposizioni
in materia di tortura
Onorevoli Senatori. -- Nel 1966, il divieto della pratica della tortura fu inserito, nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, quale non prevedeva alcuna deroga a tale divieto. Lassemblea generale delle Nazioni unite adottava, il 10 dicembre 1984, lo specifico strumento di carattere universale in materia e cioè la Convenzione contro la tortura che è entrata in vigore il 26 giugno 1987. A tal proposito, per verificare leffettiva adozione delle misure preventive predisposte dalla convenzione, è stato istituito il CAT (Comitato contro la tortura). La suddetta convenzione è stata resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 3 novembre 1988, n. 498. Malgrado ciò il legislatore italiano non ritenne, in quel momento, di introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura determinando, pertanto, una grave lacuna che si auspica possa essere al più presto colmata attraverso laggiunta, nel vigente codice penale, di apposito articolo che riguardi specificamente il delitto di tortura.
Prima di formulare larticolato è necessario, ai fini di consentire al Parlamento di disporre di utili elementi di valutazione, procedere ad una disamina, corretta ed imparziale, di un deprecabile fenomeno, quale è la tortura, tanto antico quanto odioso e riprovevole. Universalmente cè sempre stata una condanna netta del ricorso a questa pratica che, tuttavia, non è servita a sradicarla, anzi, anche in tempi più recenti, coloro che praticano la tortura sembrano essersi moltiplicati anche allinterno di Paesi di antica tradizione democratica. Fatto che ha suscitato non solo sdegno ma anche viva preoccupazione in quanti credono e si battono per lintangibilità della dignità e integrità umana, in ogni circostanza ed in ogni parte del mondo.
Come definire la tortura? Larticolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (1984) la definisce mirabilmente nel seguente modo:
«Ai fini della presente Convenzione, il termine tortura designa qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da essa provocate».
Nella storia del diritto la tortura è definita come un complesso dei mezzi di coercizione personale, tanto fisica che morale, impiegati nel processo (e, al di fuori di esso, nellattività di polizia che lo precede e accompagna) per accertare la responsabilità degli imputati, al fine di provocarne la confessione o di convalidare lattendibilità delle deposizioni dei testimoni. In senso diverso, ma non meno rilevante nella storia del diritto criminale, si connette alla nozione di tortura anche il complesso delle sevizie esercitate sui condannati durante lespiazione della pena, come mezzo continuativo di aggravamento del trattamento detentivo (ceppi, catene, custodia in ambienti insalubri tali da pregiudicare la sopravvivenza a qualsiasi essere umano) e come modalità di applicazione della pena capitale, nei casi più gravi eseguita con complicati e crudelissimi tormenti.
Più recentemente lex Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti, Antonio Cassese, così si è espresso: «I trattamenti disumani e degradanti, vietati dalla convenzione europea, sono quelli che causano sofferenze fisiche o mentali ingiustificate e umiliano ed abbrutiscono una persona [ ... ] Quando si ha invece tortura? Quando i maltrattamenti o le umiliazioni causano gravi sofferenze fisiche o mentali, ed inoltre la violenza è intenzionale: si compiono volontariamente contro una persona atti diretti non solo a ferirla nel corpo o nellanima, ma anche ad offenderne gravemente la dignità umana; e ciò allo scopo di estorcere informazioni o confessioni, o anche di intimidire, discriminare o umiliare [...] È tortura luso di elettrodi su parti delicate del corpo, il fatto di provocare un quasi soffocamento (infilando un sacchetto di plastica sul capo), o quasi annegamento (si tiene una persona a testa in giù, inondandole di acqua la bocca e il naso, così da darle la sensazione di annegamento), o picchiare con forza e a lungo sul capo di una persona con un elenco telefonico, fino a provocare capogiri o svenimenti. Queste e tante altre forme di violenza sono state concordemente considerate tortura da autorevoli giudici internazionali [ ... ] ».
Ed inoltre non bisogna dimenticare ciò che ogni giorno i mass media veicolano su ciò che avviene dentro e fuori le carceri di tutti gli Stati: pestaggi sistematici e non, molestie sessuali, shock elettrici, torture con gettiti dacqua, mutilazioni, ingiurie verbali, minacce di morte, costrizioni alla nudità integrale, minacce trasversali, ispezioni improvvise e senza mandato, sorveglianza continua e pressante durante lespletamento di attività lavorativa, perdita di lavoro al termine del periodo di detenzione. Se si riflette un poco emerge un quadro nel quale la tortura non è solo inflizione di sofferenza fisica, ma anche di sofferenza psicologica. I soggetti più a rischio sono prioritariamente i detenuti, ossia le persone in stato di detenzione legale, ma anche coloro che si trovano in uno stato di detenzione illegale o di fatto (ad esempio ricovero forzato in una struttura psichiatrica). In tal senso si è espresso pure il comitato sui diritti umani che ha interpretato la proibizione della tortura prevista dallarticolo 7 del citato Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici quale strumento di protezione non solo delle persone condannate o arrestate ma anche degli allievi nelle scuole o dei malati negli ospedali. Ogni definizione di tortura non può e non deve essere circoscritta alle sole ipotesi di violenze nei luoghi di detenzione, ma andare oltre per quanto riguarda lambito applicativo che non può non ricomprendere episodi gravi ed abominevoli di violenza sessuale esercitata da pubblici ufficiali o di lavoro forzato a danno di minori. È giunto il momento, se si vuole e date le nuove circostanze storico-politiche, di andare anche oltre i contenuti della stessa Convenzione della Nazioni Unite del 1984, recependo la più recente giurisprudenza internazionale e tenendo nella dovuta considerazione le proposte e le indicazioni che provengono dalle organizzazioni umanitarie, dai garanti dei diritti fondamentali dei detenuti, dalla conferenza nazionale dei garanti regionali dei diritti dei detenuti (la conferenza recentemente oltre a sollevare il delicato tema della condizione delle carceri italiane, ha evidenziato lintollerabile situazione in cui vivono i reclusi delle carceri brasiliane oggetti di vera e propria tortura fisica e psicologica) e da eminenti personalità che si battono per la tutela e la dignità della persona.
La proibizione dalla tortura è anche esplicitamente prevista allarticolo 3 della Convenzione europea della salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848. In sede europea, inoltre, agisce il comitato contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, le cui visite periodiche negli istituti di pena e negli uffici di polizia dei Paesi firmatari la Convenzione costituiscono, pur con tutte le cautele, il più efficace deterrente contro ogni tentazione di violazione dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale. Si segnala anche, per completezza, che altre convenzioni a carattere regionale proibiscono espressamente la tortura (la convenzione interamericana e la carta africana contro la tortura).
Ciò premesso il presente disegno di legge mira a colmare una lacuna del nostro ordinamento che si traduce in una violazione della già ratificata Convenzione ONU del 1984. In Italia il codice penale non prevede il reato di tortura e ciò impedisce una efficace azione per contrastarla. Dopo tanti dibattiti e proposte, è giunto il momento di passare ai fatti inserendo nel nostro codice penale delle norme specifiche per la prevenzione e la repressione dellintollerabile reato di tortura, praticata soprattutto da chi opera per conto dello Stato. Lordinamento statuale deve essere messo nelle condizioni di punire ed infliggere la pena adeguata per questi atti disumani, non degni di un Paese civile e democratico, della nostra millenaria cultura e della nostra civiltà giuridica. Il Parlamento è chiamato, dunque, ad allineare le garanzie giuridiche del nostro Paese a quelle internazionali prevedendo esplicitamente il reato di tortura che oltre a costituire un forte messaggio simbolico in funzione preventiva, chiarisca in maniera inequivocabile quali sono i limiti dellesercizio della forza e quali sono i limiti dellesercizio dei pubblici poteri rispetto ad esigenze investigative o di polizia. Per dirla con Leonardo Sciascia lo Stato non può mai usare gli stessi metodi degli aguzzini e, per quanto riguarda la lotta alla mafia, non si può fare antimafia con i metodi della mafia.
Lintroduzione del reato di tortura costituisce, quindi, il necessario adeguamento della normativa interna a quella di carattere sopranazionale, colmando insufficienze del diritto interno a garanzia dei diritti umani di tutti i cittadini.
Come ha giustamente sottolineato un operatore del diritto come lavvocato Pecorella, nella relazione parlamentare alla sua proposta di legge nella XV legislatura di uguale oggetto della presente (atto Camera n. 915): «la nozione di tortura è comunemente condivisa, proprio per evitare il rischio di lasciare altre zone grigie, si è ritenuto opportuno costruire la nuova fattispecie utilizzando sia i cosiddetti elementi descrittivi della fattispecie, cioè quegli elementi che traggono il loro significato direttamente dalla realtà dellesperienza sensibile, sia i cosiddetti elementi normativi, il cui significato, invece, è desumibile da una norma alla quale si rinvia implicitamente (articolo 1 della Convenzione ONU del 1984)».
Il presente disegno di legge, che riprende il testo unificato (approvato dalle competenti Commissioni) delle proposte di legge presentate alla Camera dei deputati nella XV legislatura, introduce il reato di tortura collocando la fattispecie del delitto nella sezione III del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale, proprio nella sezione che tratta «dei delitti contro la libertà morale» (articolo 610, violenza privata; articolo 611, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato; articolo 612, minaccia; articolo 613, stato di incapacità procurato mediante violenza), ossia i delitti contro la libertà individuale.
Il delitto di tortura, nel presente disegno di legge, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Si prevede, inoltre, il raddoppio della pena se dalle violenze perpetrate consegue la morte. La pena è aumentata se le condotte delittuose sono poste in essere da soggetti che rivestono la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
Diversamente da quanto non previsto dal citato testo unificato, si è ritenuto di introdurre una disposizione di rilevanza internazionale secondo la quale non può essere assicurata limmunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura da una autorità giudiziaria straniera o da un tribunale internazionale. In tali casi, lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della non nativa internazionale vigente in materia. Si prevede, altresì la istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo per le vittime del reato di tortura, destinato ad assicurare, alle stesse, il risarcimento dei danni subiti e lerogazione di contributi per garantire loro una completa riabilitazione psico-fisica.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. Nel libro secondo, titolo XII, Capo III, sezione III, del codice penale, dopo larticolo 613 è aggiunto, in fine, il seguente:
«Art. 613-bis. -- (Tortura). -- È punito con la pena della reclusione da quattro a dodici anni chiunque, con violenza o minacce gravi, infligge a una persona forti sofferenze fisiche o mentali, allo scopo di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni su un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto o è sospettata di avere compiuto ovvero allo scopo di punire una persona per un atto che essa stessa o una terza persona ha compiuto o è sospettata di avere compiuto ovvero per motivi di discriminazione razziale, politica, religiosa o sessuale.
La pena è aumentata di un terzo se le condotte di cui al primo comma sono poste in essere da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.
La pena è aumentata della metà se dal fatto deriva una lesione grave o gravissima; è raddoppiata se ne deriva la morte della persona torturata».
2. Non può essere assicurata limmunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale. In tali casi lo straniero è estradato verso lo Stato nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.
Art. 2.
1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo per le vittime del reato di tortura, destinato ad assicurare alle stesse il risarcimento dei danni subiti e lerogazione di contributi per garantire loro una completa riabilitazione psico-fisica. La dotazione finanziaria del fondo è stabilità in 5 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. In caso di morte della vittima, derivante dallatto di tortura, gli eredi hanno diritto a un equo risarcimento.
2. È istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la commissione per la riabilitazione della vittime della tortura, che ha il compito di gestire il fondo di cui al comma 1. La composizione e il funzionamento della commissione nonché i criteri e le modalità per lerogazione dei risarcimenti sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. In ogni caso la commissione non può essere formata da più di cinque membri che devono essere scelti esclusivamente fra i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, che abbiano competenza in materia di diritti umani e diritti di cittadinanza.
3. II Ministro delleconomia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.