• Testo DDL 769

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Atto a cui si riferisce:
S.769 Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 769
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori DE PETRIS, BAROZZINO, CERVELLINI,   DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, STEFANO e URAS

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 4 GIUGNO 2013

Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo

Onorevoli Senatori. -- Le conseguenze drammatiche delle alluvioni che hanno coinvolto negli ultimi due anni alcune regioni del Paese hanno ricondotto all'attenzione dell'opinione pubblica il problema della tutela e della manutenzione del suolo. Una consapevolezza che tende purtroppo rapidamente a sbiadire dopo gli episodi estremi e che non ha ancora sedimentato nel nostro Paese politiche territoriali in grado di assumere il ruolo fondamentale che la conservazione del suolo svolge non solo per la funzione produttiva agricola, ma anche per una corretta regolazione del ciclo dell'acqua, funzioni entrambe compromesse irrimediabilmente dalle trasformazioni urbanistiche.

Il fenomeno del consumo del suolo ha dimensioni globali ed è monitorato da alcuni anni, con attenzione, anche dalle istituzioni internazionali. La crescita della popolazione urbana su scala mondiale è infatti inserita in un trend che sta conducendo nel ristretto arco temporale di un secolo, dal dopoguerra alle previsioni per il 2050, i residenti nelle aree urbanizzate da circa un terzo della popolazione rurale ad oltre il doppio, con sei dei nove miliardi di abitanti stimati al termine della proiezione che vivranno nella nuova dimensione della diffusione urbana. L'Unione europea, con la proposta di direttiva Com (2006) 232 definitivo, ha assunto l'orientamento in base al quale il suolo deve essere protetto, così come le altre matrici ambientali, in primo luogo dai fenomeni di impermeabilizzazione ed in quanto riserva di carbonio. Alcuni Stati membri hanno del resto già adottato interessanti misure di prevenzione, con la Gran Bretagna, ad esempio, che ha stabilito che almeno il 60 per cento delle nuove urbanizzazioni debba avvenire su aree dismesse (brownfield), mentre la Germania ha fissato un target decrescente di consumo che, partendo da una media di 30 ettari/giorno, dovrà giungere a zero al 2050. Eurostat conduce inoltre un monitoraggio delle tendenze in atto nei Paesi membri dell'Unione europea che colloca l'Italia abbondantemente al di sopra della media europea, con una percentuale di aree artificiali e cementificate che supera il 7 per cento.

I dati ufficiali sul fenomeno del consumo di suolo sono raccolti in Italia, con metodologie sostanzialmente diverse, dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA), facente capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e dall'ISTAT. L'ISPRA svolge la sua rilevazione nell'ambito del progetto europeo Carine Land Cover (CLC), fondato sulla rilevazione delle coperture del suolo e stima una superficie urbanizzata in Italia pari a 1.474.000 ettari (dati 2006), con un tasso di crescita di 1,4 mq/abitante/anno e un valore pro capite di 255 mq/abitante. Da più parti è stato peraltro osservato, anche con l'ausilio di rilevazioni più dettagliate sul campo, che il protocollo CLC sconta una sottostima del fenomeno a causa del basso livello di risoluzione, non in grado di rilevare alcune tipologie di urbanizzazioni diffuse. I dati ISTAT provengono invece dalle operazioni periodiche di aggiornamento delle basi territoriali che vengono utilizzate per le rilevazioni censuarie e forniscono una stima al 2008 di circa 2.100.000 ettari urbanizzati, con un incremento rispetto al 2001 pari all'8,1 per cento. Un dato sostanzialmente sovrapponibile con quello fornito da Legambiente nel Rapporto «Ambiente Italia» 2011 che ha integrato e corretto il dato nazionale con le risultanze di indagini approfondite condotte in Lombardia, Friuli, Emilia Romagna e Piemonte, ottenendo la seguente scansione regionale (tabella 1):

Tabella 1 – Consumo di suolo nelle regioni al 2010
RegioniSuperfici artificiali%Superfici artificialiKmq
Valle d’Aosta2,070
Piemonte7,61.900
Liguria6,3340
Lombardia14,13.400
Trentino-Alto Adige2,8390
Friuli-Venezia Giulia9,4740
Veneto11,32.100
Emilia-Romagna9,12.000
Toscana5,61.300
Umbria4,1350
Marche5,5540
Lazio9,11.500
Abruzzo3,4360
Molise1,670
Campania10,71.450
Basilicata2,1210
Puglia5,91.100
Calabria5,8870
Sicilia7,41.900
Sardegna3,7900
Italia7,121.490
Fonte: Legambiente -- Rapporto Ambiente Italia 2011.

Le elaborazioni condotte dall'ISTAT sulle basi territoriali e riportate nel «Rapporto Annuale 2008» consentono inoltre una più efficace descrizione delle dinamiche di trasformazione del suolo in atto e della loro localizzazione. Oltre alle aree «storiche» di edificazione, che coincidono con i sistemi urbani esistenti, si osserva chiaramente la diffusione di sistemi insediativi periurbani, caratterizzati da bassa densità e commistione disordinata di residenze e attività produttive, con tendenza a saturare gli spazi disponibili su superfici molto estese. È il caso della conurbazione che interessa la pianura padana nel triangolo veneto-lombardo-romagnolo, con una propaggine lineare lungo la costa adriatica fino alle Marche, e del consistente aggregato territoriale, con elevati tassi di consumo di suolo, che si va formando fra Roma e Napoli, con la tendenza alla saldatura delle due aree metropolitane. Il fenomeno viene definito a livello internazionale come urban sprawl, caratterizzato dalla dispersione dell'edilizia abitativa, delle infrastrutture e degli stabilimenti produttivi in forma di «periferia diffusa» che si spalma sul territorio, dando origine a fenomeni insediativi fortemente impattanti sul suolo e privi di identità.

Le aree investite con maggiore evidenza dall'urban sprawl sono certamente territori dinamici dal punto di vista economico, ma un'analisi più approfondita dei parametri sociali e demografici indica che ad agire, più che fattori direttamente collegati ai livelli di reddito e di popolazione, sono fenomeni profondi di trasformazione della struttura sociale e modificazione degli stili di vita. Sempre l'ISTAT rileva a questo proposito che le variazioni più consistenti in termini percentuali della superficie di territorio edificata sono avvenute, nel periodo 2001-2008, nella Basilicata e in Molise, due regioni in declino demografico.

Ad evidenziare la scarsa connessione con i fenomeni, pur presenti, di disagio abitativo, sono del resto anche i dati sulla produzione ufficiale di edilizia abitativa che certificano fra il 1995 ed il 2006 il rilascio di concessioni edilizie per 3,1 miliardi di metri cubi, oltre 261 milioni di metri cubi all'anno, con una stima, comprensiva anche dell'abusivismo edilizio, che supera i 4 milioni di abitazioni realizzate negli ultimi quindici anni. Tutto questo mentre la tensione abitativa è rimasta costantemente elevata, in particolare nelle aree metropolitane, con oltre 61.000 procedure di sfratto in corso al 2009 e un incremento dei fenomeni di coabitazione.

Per comprendere pertanto più a fondo le forze motrici del consumo di suolo in Italia, più che ai dati demografici, è opportuno ripercorrere l'analisi di quei settori economici che alimentano concretamente a monte il ciclo delle trasformazioni territoriali. In primo luogo gli istituti di credito e di investimento finanziario che hanno individuato il comparto edilizio e delle opere pubbliche quale luogo privilegiato di azione, con un livello d'impiego, risultante dal bollettino statistico della Banca d'Italia del marzo 2010, di 131,6 miliardi di euro, peraltro con quasi 8 miliardi di «sofferenze». Non è da meno il comparto delle attività estrattive che fornisce le indispensabili materie prime ed è a sua volta fonte di compromissione del territorio. Circa 8.000 cave operanti sul territorio nazionale, un quarto delle quali prive di regolari autorizzazioni, hanno sfornato negli anni d'oro del boom edilizio fino a 700 milioni di tonnellate l’anno di materiali inerti per l'edilizia, fra l'altro con canoni concessori particolarmente convenienti che certamente non incentivano il riciclaggio dei prodotti. Ancora più a valle nella filiera si possono collocare gli 88 impianti che producono e lavorano il cemento, con un fatturato che supera i tre miliardi di euro all'anno e una produzione, nell'anno 2009, di 36 milioni di tonnellate che ci posiziona al primo posto in Europa, con una impressionante media pro capite di 601 chili all'anno.

Una filiera pertanto già fortemente strutturata a monte dell'impresa edilizia che consente di interpretare più efficacemente l'orientamento, certamente non ostile alle trasformazioni urbanistiche, che promana dalla gran parte degli enti preposti al governo del territorio, a cominciare dagli enti locali, fra l'altro alle prese con una drammatica crisi della finanza pubblica e con una riduzione senza precedenti delle risorse da destinare agli investimenti e alla gestione corrente.

Non depone inoltre a favore di una razionale gestione del suolo nel nostro Paese una disciplina urbanistica storicamente carente e ulteriormente indebolita a partire dagli anni '90. La pratica degli accordi di programma, dei piani integrati e dei molteplici istituti che consentono di scavalcare la pianificazione generale è ormai divenuta prassi amministrativa ed ha spianato la strada a provvedimenti più recenti, come il «Piano Casa» varato dal Governo nazionale nel 2009, che hanno introdotto forme di deregolamentazione più spinta. Un decano della materia, l'architetto Vezio De Lucia, ha avuto modo di affermare recentemente che «si deve prendere atto che l'urbanistica, intesa come teoria e pratica delle trasformazioni e del governo della città e del territorio, è in via di estinzione».

Le dinamiche descritte impattano direttamente e in forma particolarmente aggressiva sul territorio su cui si esercita l'attività agricola. Solo per dare un'idea delle dimensioni territoriali del fenomeno, al ritmo indicato dai dati ISTAT relativi al periodo 2001-2008, in Italia viene coinvolta nel ciclo del cemento una media di 615.000 metri quadri al giorno, come se ogni dieci mesi sorgesse nel territorio nazionale una città della stessa superficie occupata dall'area urbana di Milano.

La competizione per l'uso del suolo deve essere inoltre rapportata alle condizioni morfologiche del nostro Paese che presenta ampie superfici occupate da aree montane, interessate da corpi idrici o comunque precluse a vario titolo all'uso agricolo. Indagini più dettagliate condotte a livello regionale confermano a questo proposito che l'espansione urbanistica coinvolge prevalentemente le aree di pianura, di bassa collina e costiere che sono anche quelle maggiormente vocate all'attività agricola. La «modernità» dello sprawl urbano porta quindi a compimento una radicale inversione di tendenza nell'uso del territorio, laddove per secoli i centri abitati sono stati localizzati in aree delimitate, con l'accortezza di salvaguardare dall'edificazione le terre più fertili.

Il ciclo dell'espansione urbana indifferenziata rischia anche di cancellare alcuni dei paesaggi più celebri del nostro Paese, che sono stati modellati dagli agricoltori e dalle loro scelte colturali, un mosaico ancora vivo, nel quale si leggono ormai con chiarezza i segni dell'impoverimento della diversità e di un'edilizia priva d'identità. Un paesaggio che potrebbe invece essere il volano di forme innovative di sviluppo territoriale, con riferimento a quell'offerta integrata di beni culturali, prodotti agroalimentari tipici e recettività turistica che rappresenta già oggi una efficace alternativa economica in alcune realtà del nostro Paese. I dati del sesto censimento nazionale dell'agricoltura (2010) indicano in proposito un calo della superficie agricola utilizzata (SAU) di circa 300.000 ettari nel decennio trascorso, con un decremento percentuale del 2,3 per cento.

Il disegno di legge qui proposto muove dall'assunto che il suolo debba essere considerato un «bene comune» e una risorsa preziosa per il futuro e che occorra dedicare la massima attenzione alle condizioni concrete di sviluppo delle attività che impattano sulla conservazione e sulla qualità dei suoli per consentirne un'adeguata tutela e riproduzione. Un obiettivo che si può perseguire solo determinando la convergenza delle politiche urbanistiche, agricole e fiscali verso una strategia comune e avviando una più proficua sinergia nell'azione dei molteplici attori istituzionali competenti, in grado di determinare un salto di qualità nelle politiche nazionali e locali per la tutela del suolo e del paesaggio.

L'articolo 1 è dedicato all'enunciazione delle finalità del provvedimento che si propone di dettare, in attuazione degli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione e della Convenzione europea sul paesaggio, princìpi fondamentali per la conservazione del suolo in quanto risorsa strategica per la qualità degli ecosistemi, per le caratteristiche del paesaggio e per la sussistenza delle produzioni agroalimentari nazionali. L'articolo richiama inoltre il principio fondamentale del coordinamento delle politiche di sviluppo territoriale con quelle rivolte alla tutela del paesaggio, nel contesto delle attività degli enti competenti ai vari livelli.

Nell'articolo 2 sono esplicitate le definizioni utilizzate nello sviluppo dell'articolato. In particolare quella di «superficie agricola», indicata come il complesso dei terreni qualificati tali dagli strumenti urbanistici, nonché le aree di fatto utilizzate a scopi agricoli indipendentemente dalla destinazione urbanistica e le aree comunque libere da edificazioni e infrastrutture, quella di «consumo di suolo», inteso, ai fini del disegno di legge, come riduzione di superficie agricola per effetto di interventi che ne determinano l'impermeabilizzazione, l'urbanizzazione, l'edificazione, e quella di aree «urbanizzate o parzialmente urbanizzate», nelle quali il rapporto tra superficie edificata, con le relative pertinenze e infrastrutture, e superficie totale sia superiore al 50 per cento.

L'articolo 3 è dedicato a concretizzare le misure che si intendono implementare per conseguire un efficace contenimento del consumo di suolo. Ci si propone in particolare di avviare quella riconversione del comparto edilizio, da più parti auspicata, ma non ancora concretizzata, verso gli interventi rivolti al recupero e al rinnovo del patrimonio edilizio, alla riqualificazione urbanistica e al completamento delle aree già parzialmente urbanizzate. A questo fine l'articolato stabilisce che gli interventi previsti dai titoli abilitativi edilizi debbano essere concentrati, in prima istanza per un livello non inferiore al 50 per cento, nelle aree già urbanizzate o parzialmente urbanizzate ed assegna alle regioni il compito di definire le modalità procedurali per la perimetrazione di tali aree e per incrementare progressivamente tale percentuale di concentrazione, nel decennio successivo, fino al 90 per cento. Sono fatti salvi gli interventi di recupero e ristrutturazione edilizia, le opere pubbliche e gli interventi concernenti le energie rinnovabili e la conduzione dell'agricoltura per i quali non vige tale limitazione. L'articolo istituisce inoltre un contributo aggiuntivo per il rilascio del permesso di costruire, commisurato all'eventuale consumo di suolo e determinato nella misura minima pari a tre volte la somma derivante dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione. Saranno le regioni a definire in dettaglio, con propri atti, le relative modalità di applicazione, ferma restando la destinazione dei relativi proventi per opere di riqualificazione urbanistica e ambientale. Il disegno di legge riprende inoltre una disposizione contenuta del disegno di legge approvato dal Governo Monti, nella XVI legislatura, riguardante la tutela dei terreni e dei fabbricati agricoli per i quali sono stati erogati aiuti di Stato o aiuti comunitari, per i quali si prescrive il divieto di cambio di destinazione d'uso per dieci anni dall'ultima erogazione e le relative sanzioni. Il comma 8 dell'articolo introduce invece una modificazione nel Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, inserendo nelle disposizioni generali per la progettazione il fondamentale criterio di prevedere il minore consumo di suolo possibile, valutando in via prioritaria le alternative progettuali che consentano di non variare la destinazione d'uso delle superfici agricole.

L'articolo 4 interviene nel merito della destinazione dei proventi derivanti ai comuni dai titoli abilitativi edilizi, stabilendo che debbano essere destinati esclusivamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, a interventi di riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio e di messa in sicurezza del territorio.

L'articolo 5 riguarda le disposizioni necessarie ad avviare un efficace monitoraggio dell'andamento del consumo del suolo. A tal fine si prevede l'istituzione di un apposito Comitato con la partecipazione dei Ministeri interessati, dell'ISTAT e delle regioni che avrà il compito di redigere, entro il 31 dicembre di ogni anno, un rapporto sul consumo di suolo in ambito nazionale, avvalendosi, fra l'altro, dei dati e del sistema cartografico di controllo provenienti dal «Registro nazionale del suolo», appositamente istituito presso l'ISTAT.

Il contenimento del consumo di suolo, non può comunque essere affidato alle sole misure urbanistiche di vincolo e dissuasione. È evidente che occorre agire anche sul fronte del rilancio e del recupero delle attività agricole che costituiscono tutt'ora l'unica alternativa, nel quadro degli usi economici, agli impieghi che determinano il consumo irrimediabile dei suoli. È per questo che il disegno di legge si propone, con l'articolo 6, di prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali, favorendo il reinsediamento di attività agricole, a cominciare da quelle condotte dai giovani imprenditori A tal fine viene istituito un regime di particolare favore fiscale per i giovani agricoltori che si insediano ed avviano l'attività d'impresa entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, con una tassazione forfettaria del reddito prodotto e l'esenzione totale dall'IRAP. Il comma 4 dell'articolo è finalizzato invece ad introdurre una agevolazione per gli interventi, promossi da soggetti privati, per la tutela e la riqualificazione del paesaggio rurale. È prevista l'integrale deducibilità dal reddito imponibile a fini IRPEF e IRES delle spese effettuate per la realizzazione di interventi di recupero ambientale e paesaggistico, approvati dagli enti locali. Si tratta di una misura innovativa che intende facilitare l'investimento privato in opere di miglioramento ambientale, laddove le imprese possono trarre proprio dal rapporto con le qualità territoriali le ragioni fondanti del proprio sviluppo.

L'articolo 6 prevede inoltre misure di carattere fiscale rivolte a disincentivare la presenza di patrimonio immobiliare sfitto ed inutilizzato e favorire invece fiscalmente l'attività edile rivolta al recupero edilizio e l'attività agricola, qualora condotta da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale. Saranno i comuni ad agire in tal senso, modificando le aliquote dell'imposta municipale propria, anche in deroga ai limiti di cui all'articolo 13, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Gli articoli 7, 8, e 9 sono destinati ad introdurre misure specifiche di tutela e valorizzazione per tre pratiche tradizionali di grande valore storico per l'agricoltura mediterranea, che rivestono un ruolo primario nella tutela del suolo e nella conservazione dei paesaggi tipici: l'olivicoltura, la viticoltura e il pascolo di alta quota. Per quanto concerne la coltura dell'ulivo si intendono salvaguardare in primo luogo (articolo 7) quei complessi arborei che rivestono particolare interesse dal punto di vista botanico, paesaggistico o di tutela dell'assetto idrogeologico ed arginare il fenomeno dell'espianto e del commercio degli ulivi secolari. Si tratta di interventi che depauperano del loro patrimonio ambientale aree consistenti della Puglia, della Toscana e di altre regioni, rivolti a fornire a vivai e giardini privati piante di eccezionali qualità estetiche, in gran parte destinate a deperire in breve tempo. Un censimento degli esemplari e delle aree interessate effettuato dalle regioni consentirà di vietare, con sanzioni adeguate, il danneggiamento, l'espianto e il commercio delle piante tutelate, mentre gli esercizi florovivaistici dovranno esibire, a richiesta degli organi di controllo idonea documentazione atta a risalire all'origine.

Il nostro Paese presenta una grande varietà di vitigni autoctoni e forme tradizionali di viticoltura di eccezionale valenza agronomica ed ambientale, come la viticoltura «eroica» dei versanti montani, la viticoltura isolana e quella praticata sulle terrazze costiere. Per tutelare questo patrimonio l'articolo 8 propone che le regioni provvedano a censire sul territorio di rispettiva competenza le aree viticole di interesse storico e ambientale, ad introdurre eventuali disposizioni specifiche per il recupero e la corretta conduzione colturale e a promuovere convenzioni con gli imprenditori agricoli per la gestione delle aree.

La pratica dell'alpeggio e della transumanza sui pascoli in quota hanno contribuito a determinare alcuni dei paesaggi alpini e appenninici di maggiore pregio del nostro Paese, nonché prodotti derivati dal latte di grande qualità, apprezzati con sempre maggiore interesse dai consumatori e spesso ad alto rischio di estinzione, unitamente ad alcune razze bovine e ovicaprine autoctone. La forte diminuzione dei piccoli allevamenti in altura procede di pari passo con l'espansione indiscriminata di insediamenti turistici non rispettosi del delicato equilibrio della montagna e con la riduzione della biodiversità vegetale delle praterie alpine. L'articolo 9 intende introdurre indirizzi per le regioni e gli enti locali rivolti a contrastare l'abbandono, la frammentazione e il cambio di destinazione dei pascoli montani e a facilitare la prosecuzione sul posto delle attività di trasformazione del latte. È previsto fra l'altro il trasferimento alle regioni di competenze in materia di deroghe igienico-sanitarie per le produzioni alimentari tradizionali di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, al fine di consentire una più adeguata valutazione delle problematiche concernenti le tecniche di produzione artigianale.

L'articolo 10 infine, prevede, quale disposizione transitoria, la moratoria del consumo delle superfici agricole, fino all'adozione dei provvedimenti regionali concernenti le nuove disposizioni in materia di consumo di suolo, le cui scadenze sono fissate dall'articolo 3. Restano esclusi dalla misura di salvaguardia i soli interventi rivolti alle opere pubbliche, le opere previste da titoli abilitativi edilizi già rilasciati alla data di entrata in vigore della legge, nonché tutti gli interventi strumentali all'esercizio dell'attività agricola.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità)

1. In attuazione degli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione e della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 14, la presente legge detta i princìpi fondamentali per la conservazione del suolo in quanto bene comune e risorsa non rinnovabile, determinante per la qualità dell'ecosistema, per le caratteristiche del paesaggio, per il mantenimento e la valorizzazione delle produzioni agroalimentari.

2. Lo Stato, le regioni e i comuni, nell'ambito delle rispettive competenze, perseguono il coordinamento delle politiche di sviluppo territoriale con quelle rivolte al contenimento del consumo di suolo e alla tutela del paesaggio, privilegiando gli interventi di riqualificazione e completamento di aree già urbanizzate o parzialmente urbanizzate e degli edifici esistenti, in alternativa al consumo di suolo e al cambio di destinazione di superficie suscettibile di destinazione agricola.

Art. 2.

(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge, si intende:

a) per «superficie agricola»: i terreni qualificati tali dagli strumenti urbanistici, nonché le aree di fatto utilizzate a scopi agricoli o forestali, indipendentemente dalla destinazione urbanistica, e le aree incolte o naturali comunque libere da edificazioni e infrastrutture, ad eccezione delle aree per le quali siano già stati rilasciati titoli abilitativi edilizi alla data di entrata in vigore della presente legge;

b) per «consumo di suolo»: la riduzione di superficie agricola per effetto di interventi che ne determinano l'impermeabilizzazione, l'urbanizzazione, l'edificazione;

c) per «aree urbanizzate o parzialmente urbanizzate»: tutte le aree individuate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone territoriali omogenee di cui alle lettere A), B), D) e F) dell'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, nelle quali il rapporto tra superficie edificata, con le relative pertinenze e infrastrutture, e superficie totale sia superiore al 50 per cento.

Art. 3.

(Misure per il contenimento del consumo di suolo)

1. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, una percentuale non inferiore al 50 per cento delle volumetrie concesse dai titoli abilitativi edilizi di cui al titolo II del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, deve essere localizzata all'interno delle aree urbanizzate o parzialmente urbanizzate, come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera c), della presente legge.

2. Le regioni determinano con propri atti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità di perimetrazione delle aree urbanizzate o parzialmente urbanizzate e le procedure per incrementare progressivamente al 90 per cento, nei cinque anni successivi all'approvazione dei suddetti atti, la percentuale di localizzazione delle volumetrie prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera c).

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo non si applicano agli interventi di ristrutturazione e recupero edilizio, alle opere pubbliche realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, agli impianti, opere e installazioni relativi alle fonti rinnovabili di energia, agli interventi strumentali all'esercizio delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile, ivi compreso l'agriturismo.

4. È istituito un contributo aggiuntivo al contributo per il rilascio del permesso di costruire, di cui all'articolo 16 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, commisurato al consumo di suolo indotto dalle opere autorizzate e determinato nella misura minima pari a tre volte la somma derivante dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione dovuti per il medesimo intervento. Il contributo aggiuntivo di cui al presente comma non si applica agli interventi previsti nelle zone urbanizzate o parzialmente urbanizzate perimetrate ai sensi del comma 2, agli interventi di ristrutturazione e recupero edilizio e agli interventi per i quali non è dovuto il contributo per il rilascio del permesso di costruire. Le regioni e le province autonome determinano, con propri atti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'entità e le modalità di applicazione del contributo aggiuntivo di cui al presente comma, nonché le modalità di destinazione dei relativi proventi per opere di riqualificazione urbanistica e ambientale.

5. Qualora le regioni non provvedano, entro il termine previsto, agli adempimenti di cui ai commi 2 e 4, le relative determinazioni sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro per i beni e le attività culturali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

6. Le superfici agricole e i fabbricati rurali in favore dei quali sono stati erogati aiuti di Stato o aiuti comunitari non possono essere destinati ad uso diverso da quello agricolo per almeno dieci anni dall'ultima erogazione, fatta eccezione per le opere pubbliche promosse dagli enti istituzionalmente competenti. Sono comunque consentiti, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti, gli interventi finalizzati all'esercizio delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile, ivi compreso l'agriturismo, fatte salve le disposizioni contenute nell'articolo 10 della legge 21 novembre 2000, n. 353, e ogni altra disposizione vigente che rechi previsioni più restrittive. Negli atti di compravendita dei suddetti terreni e fabbricati deve essere espressamente richiamato il vincolo indicato nel presente comma, pena la nullità dell'atto.

7. Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni di cui al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle disposizioni regionali in materia di vigilanza sull'attività urbanistica ed edilizia, nel caso di violazione del divieto di cui al comma 6 del presente articolo, il comune competente applica al trasgressore la sanzione amministrativa non inferiore a euro 5.000 e non superiore a euro 50.000 e la sanzione accessoria della demolizione delle opere eventualmente costruite e del ripristino dello stato dei luoghi.

8. All'articolo 93, comma 1, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«c-bis) il minore consumo di suolo possibile, valutando in via prioritaria le alternative progettuali che consentano di non variare la destinazione d'uso delle superfici agricole».

Art. 4.

(Destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi)

1. I proventi dei titoli abilitativi edilizi, delle sanzioni di cui all'articolo 3, comma 7, della presente legge, nonché delle sanzioni di cui al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono destinati esclusivamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, a interventi di messa in sicurezza del territorio e di riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, ivi comprese le bonifiche di aree inquinate.

2. È fatto divieto agli enti locali di utilizzare i proventi di cui al comma 1 per spese correnti e per finalità diverse da quelle indicate nel medesimo comma 1.

Art. 5.

(Monitoraggio del consumo di suolo)

1. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro per i beni e le attività culturali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, un Comitato con la funzione di monitorare la riduzione di consumo di suolo sul territorio nazionale e l'applicazione della presente legge.

2. Il Comitato di cui al comma 1 opera presso la Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare del Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare e della pesca del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le relative funzioni di segreteria sono svolte dalla Direzione medesima nell'ambito delle ordinarie competenze. Alle spese di funzionamento del Comitato si fa fronte nei limiti delle risorse finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. La partecipazione al Comitato è a titolo gratuito e non comporta l'attribuzione di alcuna indennità neanche a titolo di rimborso spese.

3. Il Comitato di cui al comma 1 redige, entro il 31 dicembre di ogni anno, un rapporto sul consumo di suolo in ambito nazionale, che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali presenta, entro il 31 marzo successivo, alle competenti commissioni parlamentari.

4. Il Comitato di cui al comma 1 è così composto:

a) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

b) un rappresentante del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

c) un rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali;

d) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

e) un rappresentante dell'Istituto nazionale di statistica;

f) cinque rappresentanti designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

5. Il Comitato di cui al comma 1 si avvale del sistema informativo fornito dal Registro nazionale del suolo, che a tale scopo è istituito presso l'Istituto centrale di statistica, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alla definizione delle modalità tecniche di rilevazione e aggiornamento dei dati che costituiscono il Registro si provvede previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Art. 6.

(Incentivi per il reinsediamento dell'attività agricola, per il recupero del paesaggio e il pieno utilizzo del patrimonio immobiliare)

1. Al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali e favorire il reinsediamento di attività agricole in aree interessate da estesi fenomeni di abbandono, i giovani imprenditori agricoli, anche associati in forma cooperativa, come definiti dall'articolo 22 del regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, e successive modificazioni, che avviano un'attività d'impresa entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e che determinano il reddito ai sensi dell'articolo 5 o dell'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, possono avvalersi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato, per il periodo di imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro periodi successivi, di un regime fiscale agevolato con il pagamento di un'imposta sostitutiva pari al 5 per cento del reddito prodotto. Il beneficio di cui al presente comma è riconosciuto a condizione che i soggetti interessati abbiano regolarmente adempiuto agli obblighi previdenziali, assicurativi e contributivi previsti dalla legislazione vigente in materia.

2. Ai fini contributivi, previdenziali ed extratributari, nonché del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, la posizione dei contribuenti che si avvalgono del regime agevolato previsto dal comma 1 del presente articolo, è valutata tenendo conto dell'ammontare che, ai sensi del medesimo comma, costituisce base imponibile per l'applicazione dell'imposta sostitutiva.

3. I soggetti di cui al comma 1 sono inoltre esentati dall'imposizione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per il periodo di imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro periodi successivi.

4. Sono deducibili integralmente dal reddito imponibile dei soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dell'imposta sul reddito delle società (IRES), le spese effettuate per la realizzazione di interventi di recupero e riqualificazione ambientale e paesaggistica delle aree rurali, nell'ambito di progetti approvati dagli enti locali competenti per territorio. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro per i beni e le attività culturali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio decreto, le modalità per l'accesso all'agevolazione di cui al presente comma.

5. Le agevolazioni fiscali di cui ai commi 1 e 3 sono concesse nel limite massimo di spesa di 100 milioni di euro all'anno a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

6. L'agevolazione fiscale di cui al comma 4 è concessa nel limite massimo di spesa di 50 milioni di euro all'anno a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

7. Agli oneri di cui ai commi 5 e 6 del presente articolo si provvede mediante corrispondente incremento dell'imposta di cui all'articolo 1, comma 492, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le conseguenti modificazioni alla tabella 3 allegata alla medesima legge n. 228 del 2012.

8. I comuni possono elevare l'aliquota dell'imposta municipale propria applicata sul patrimonio immobiliare che risulta inutilizzato o rimasto incompiuto per oltre cinque anni fino ad un massimo dello 0,2 per cento aggiuntivo, anche in deroga al limite di cui all'articolo 13, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. I proventi dell'introito aggiuntivo sono destinati dai comuni esclusivamente ad opere di riqualificazione urbanistica e ambientale.

9. I comuni possono esentare le unità abitative realizzate mediante interventi di recupero edilizio o previo riuso di aree dismesse e degradate e senza consumo di nuovo suolo, dal pagamento dell'imposta municipale propria per tre anni, a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori.

10. I comuni possono esentare in via permanente dal pagamento dell'imposta municipale propria i terreni agricoli e i fabbricati rurali ad uso strumentale dell'azienda agricola, qualora condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola.

Art. 7.

(Disposizioni specifiche per la tutela degli uliveti di rilievo paesaggistico)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono a censire nel territorio di rispettiva competenza i complessi arborei costituiti da più esemplari di ulivo che rivestano particolare interesse dal punto di vista paesaggistico, botanico o di tutela dell'assetto idrogeologico e a disporne la pubblicazione in appositi elenchi.

2. Sono comunque vietati il danneggiamento, l'espianto, il trasporto e il commercio degli esemplari di ulivo inseriti nei complessi censiti ai sensi del comma 1, fatte salve le ordinarie operazioni colturali. Le operazioni di rinnovo colturale devono essere preventivamente autorizzate dalla regione competente.

3. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge gli esercizi florovivaistici che detengono esemplari di ulivo in vaso di circonferenza del tronco superiore a 80 centimetri, misurata all'altezza di 130 centimetri dal suolo, esibiscono, a richiesta degli organi di controllo, idonea documentazione atta a definire l'origine delle piante e la data di espianto.

4. Per la tutela, l'eventuale conduzione colturale e manutenzione delle aree su cui insistono i complessi arborei di cui al comma 1, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a convenzioni con gli imprenditori agricoli, concluse ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

5. Chiunque violi le disposizioni di cui al comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 30.000 per ogni pianta soggetta alle attività illecite. Chiunque violi le disposizioni di cui al comma 3 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500 a euro 15.000 per ogni pianta.

6. La vigilanza sul rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo è affidata al Corpo forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alle quali sia attribuita la qualifica di guardia giurata e alle guardie ecologiche riconosciute da leggi regionali.

Art. 8.

(Disposizioni specifiche per la tutela della viticoltura di interesse storico e paesaggistico)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome provvedono a censire nel territorio di rispettiva competenza i vigneti di particolare interesse storico e paesaggistico in relazione alle tecniche tradizionali di viticoltura, all'interesse genetico delle varietà di vitigni impiantate, alla localizzazione in aree montane, insulari o terrazzate e al ruolo di presidio per la prevenzione del dissesto idrogeologico.

2. Per i vigneti censiti ai sensi del comma 1, le regioni e le province autonome possono prevedere disposizioni specifiche per la tutela, il recupero e la corretta conduzione colturale.

3. Per la tutela, l'eventuale conduzione colturale e manutenzione delle aree su cui insistono i vigneti di cui al comma 1, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a convenzioni con gli imprenditori agricoli, concluse ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

Art. 9.

(Disposizioni specifiche per la tutela dei pascoli in altura)

1. Le regioni, gli enti locali e gli enti gestori delle aree naturali protette nazionali e regionali di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, nell'ambito delle rispettive competenze, promuovono il mantenimento delle attività zootecniche tradizionali in altura e della pratica della transumanza, tutelando, negli strumenti di pianificazione urbanistica e ambientale, le aree destinate a pascolo e favorendo la prosecuzione sul posto delle attività di lavorazione del latte, nonché l'integrazione con attività di valorizzazione culturale e agrituristica rispettose dell'ambiente montano.

2. Le regioni e gli enti locali definiscono nei procedimenti di affitto o concessione amministrativa di terreni demaniali, soggetti al regime dei beni demaniali o a vincolo di uso civico, destinati a pascolo, criteri di priorità orientati a favorire l'allevamento delle razze autoctone.

3. I servizi territoriali di controllo, nell'ambito delle attività ordinarie rivolte alla verifica igienico-sanitaria delle produzioni di origine animale condotte in altura, valutano prioritariamente la necessità di consentire la conservazione delle tecniche tradizionali che supportano la realizzazione dei prodotti derivati dall'allevamento, fermi restando i requisiti generali di salubrità previsti dalla vigente normativa.

4. Per le produzioni tradizionali di origine animale afferenti ai prodotti di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, le deroghe di cui all'articolo 8, comma 2, della medesima legge, sono concesse dalle regioni competenti per territorio.

5. Per la tutela e l'eventuale conduzione conservativa di pascoli di pregio localizzati in altura, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, possono ricorrere a convenzioni con gli imprenditori agricoli, concluse ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

Art. 10.

(Disposizioni transitorie)

1. Fino alla data di entrata in vigore di entrambi i provvedimenti regionali di cui all'articolo 3, commi 2 e 4, della presente legge, o dei provvedimenti sostitutivi di cui al comma 5 del medesimo articolo, non è consentito il consumo di superficie agricola. Sono fatte salve le opere pubbliche, le opere previste da titoli abilitativi edilizi già rilasciati alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché tutti gli interventi strumentali all'esercizio dell'attività di cui all'articolo 2135 del codice civile, ivi compreso l'agriturismo.