• Testo DDL 660

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Atto a cui si riferisce:
S.660 Disciplina dele professioni di assistente sociale e di assistente sociale specialista


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 660
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori MATTESINI, MATURANI, CAPACCHIONE, MANASSERO, MARGIOTTA, PAGLIARI e PEZZOPANE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 MAGGIO 2013

Disciplina della professione di assistente sociale

Onorevoli Senatori. -- Nel nostro Paese sono circa trentacinquemila gli iscritti all’albo professionale degli assistenti sociali, la cui figura è prevista in tutti i servizi territoriali degli enti locali e delle aziende sanitarie locali (ASL) rivolti alle famiglie, ai minori, agli adolescenti e alle persone adulte che per ragioni socio-economiche, culturali o sanitarie si trovano in situazione di difficoltà o a rischio di esclusione sociale e di emarginazione nonché alle persone disabili e alle persone anziane.

L’assistente sociale ha inoltre una funzione di «consulenza» socio-assistenziale per i soggetti più vulnerabili come anziani (oltre i sessantacinque anni), minori (0-18 anni) persone affette da grave disabilità fisica e psichica, stranieri extracomunitari, tossicodipendenti, alcolisti, malati mentali e adulti portatori di varie problematiche. Rientra nelle sue competenze anche il rapporto con il tribunale e con il giudice minorile in materia di adozione, di affidamento familiare e in tutti i casi previsti dalla legge. La professione di assistente sociale è esercitata, oltre che nei servizi sociali territoriali, all’interno dei servizi sociali del Ministero della giustizia sia per il settore minorile, sia per il settore degli adulti. In tale ambito, all’assistente sociale sono affidati compiti di sostegno e di assistenza nei confronti degli utenti sottoposti a misure cautelari o a pene alternative alla detenzione e in particolare all’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale. All’interno degli ospedali, l’assistente sociale è parte integrante della squadra medico-infermieristica. Il suo compito è contribuire all’analisi del bisogno sociale o socio-assistenziale presentatosi in concomitanza con il ricovero della persona e alla immediata pianificazione e attuazione dell’intervento attraverso la valutazione geriatrica ospedaliera per i soggetti anziani o adulti non autosufficienti. In particolare, la funzione professionale garantisce il buon utilizzo delle risorse presenti sul territorio di riferimento per il paziente, il quale viene favorito nella continuità assistenziale nel momento della dimissione.

Se pensiamo che, nei casi migliori, si ha un solo assistente sociale di base per ogni 5.000 abitanti con una presenza parcellizzata nei vari ambiti, con normative contrattuali diverse, e con un raggio di intervento ampio, ci rendiamo subito conto di quanto sia insufficiente, pur rappresentando oggi gli assistenti sociali la chiave di volta dei progetti socio-assistenziali, socio-sanitari e di integrazione sul territorio.

La normativa di riferimento per la figura dell’assistente sociale è, in sintesi la seguente: il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 14, conseguente al riordino delle scuole dirette a fini speciali di assistente sociale; la legge 23 marzo 1993, n. 84, istitutiva dell’ordine e dell’albo professionale degli assistenti sociali; la riforma dell’ordinamento universitario, prevista dal decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, che aveva istituito la laurea in scienze del servizio sociale -- classe 6 e la laurea specialistica in programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali -- classe 57/S, oggi sostituite dalla laurea in scienze e tecniche psicologiche classe L 24 e dalla laurea magistrale in servizio sociale e politiche sociali classe LM 87, previste dai decreti del Ministro dell’università e della ricerca 16 marzo 2007, pubblicati nei supplementi ordinari alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007 e n. 157 del 9 luglio 2007; la legge 3 aprile 2001, n. 119, che ha esteso agli assistenti sociali l’obbligo del segreto professionale, già vigente per altre professioni, in considerazione dell’alto rilievo sociale della professione; il decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, emanato a seguito della riforma universitaria del 1999, che ha proceduto al conseguente adeguamento della disciplina dell’ordinamento della professione e dell’albo, introducendo i profili di assistente sociale specialista e di assistente sociale e le corrispondenti sezioni A e B nell’albo professionale. Per poter esercitare le professioni di assistente sociale e di assistente sociale specialista sono richiesti, rispettivamente, il conseguimento della citata laurea classe L 24 o della laurea magistrale classe LM 87 e, successivamente, il superamento del relativo esame di Stato di abilitazione all’esercizio professionale. Con questi titoli è possibile richiedere l’iscrizione all’albo professionale della regione di residenza. I titoli di studio conseguiti all’estero devono essere sottoposti a una procedura di riconoscimento da parte del Ministero della giustizia, in base al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. Una volta valutata la congruenza dei percorsi formativi, sono previste, ove necessario, delle misure compensative che comportano periodi di tirocinio ovvero percorsi di studio integrativo con prove finali, per poter finalmente richiedere l’iscrizione all’albo. Da ultimo si ricorda il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137. Si tratta di una professione di aiuto alla persona in stato di bisogno; per questo l’assistente sociale rappresenta per l’utente, la risposta operativa a cui fare riferimento poiché egli è l’indispensabile attivatore delle risorse individuali e collettive di coloro che accedono ai diversi servizi. Il presente disegno di legge risponde, pertanto, a questa e ad altre esigenze e si propone come specifico strumento normativo per valorizzare la figura dell’assistente sociale a tutti i livelli di responsabilità, anche dirigenziali, e per uniformare e rendere omogeneo questo settore professionale, che richiede una specializzazione e un’alta professionalità non ancora sufficientemente riconosciute né a livello contrattuale né ai fini dell’incarico dirigenziale.

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

PROFESSIONE DI ASSISTENTE SOCIALE

Art. 1.

(Esercizio della professionedi assistente sociale)

1. L'esercizio della professione di assistente sociale è subordinata al conseguimento dell'abilitazione mediante esame di Stato e all'iscrizione all'albo.

2. Gli assistenti sociali svolgono in condizioni di autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, l'attività professionale prevista dalle norme del loro ordinamento nel rispetto dei propri fondamenti teorico-disciplinari, nonché delle norme del relativo profilo professionale e del codice deontologico, utilizzando la metodologia propria della professione, sia in regime autonomo sia in regime di lavoro subordinato o parasubordinato.

3. Facendo propri i contenuti della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa Rec (2001)1, del 17 gennaio 2001, lo Stato, le regioni e le province autonome nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrativa, promuovono la valorizzazione delle funzioni e del ruolo della professione di assistente sociale al fine di contribuire alla promozione e alla tutela dei diritti delle persone e della collettività, allo sviluppo dei processi di inclusione sociale, dell'integrazione del sistema dei servizi alla persona e della loro organizzazione e promozione sia sul territorio nazionale che in altri stati dell'Unione europea.

Art. 2.

(Libera professione)

1. È possibile esercitare la professione di assistente sociale in via autonoma, al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato, in forma individuale o associata.

2. All'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al comma 1, dopo la lettera c-ter), è inserita la seguente:

«c-quater) le spese sostenute a fronte di prestazioni professionali rese da assistenti sociali».

3. Il decreto ministeriale di cui all'articolo 9, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è adottato, con riferimento alla professione di assistente sociale, sentito il Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali.

Art. 3.

(Attività professionale)

1. Formano oggetto dell'attività professionale di esclusiva competenza degli iscritti all'albo ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, restando immutate le riserve e attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa, oltre alle attività indicate all’articolo 1, comma 2, le seguenti aree:

a) area di aiuto nei processi di inclusione sociale:

1) attività con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell'intervento sociale per la prevenzione, il sostegno, l'accompagnamento e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in condizione di difficoltà sociali;

2) analisi della domanda sociale e costruzione di progetti individuali, partecipati e personalizzati;

3) valutazione sociale, diagnosi sociale, analisi e decodifica dei bisogni complessi dei singoli, delle famiglie, dei gruppi e del territorio;

4) interventi di pronta emergenza sociale;

5) attivazione, uso e valorizzazione delle risorse personali, ambientali, istituzionali, formali e informali;

6) accoglienza, ascolto e attività di segretariato di servizio sociale, di segretariato sociale, nonché prima valutazione dei bisogni;

7) integrazione e attivazione di reti relazionali;

8) consulenza e collaborazione con gli organi giudiziari in materia civile, penale, amministrativa;

9) orientamento, sostegno e accompagnamento di soggetti in condizione di difficoltà;

10) studio e sperimentazione di metodologie avanzate e innovative di servizio sociale svolte in tutti i settori di esercizio della professione e nelle forme previste;

11) coordinamento di interventi e servizi ad alta complessità;

12) interventi interprofessionali, di équipe e di unità multi-professionali di valutazione;

13) counselling di servizio sociale;

14) interventi in ambito specialistico di servizio sociale;

15) mediazione nelle situazioni di conflittualità interpersonale e negli ambiti della mediazione familiare, penale, sociale e giovanile;

b) area preventivo-promozionale:

1) sostegno nei processi di accesso alle risorse e alle prestazioni, nella conoscenza e fruizione dei diritti;

2) attività di informazione e comunicazione nei servizi sociali e sui diritti degli utenti;

3) studio e sperimentazione di metodologie avanzate e interventi innovativi di servizio sociale svolte in tutti i settori di esercizio della professione e nelle forme previste;

4) negoziazione e concertazione tra i soggetti sociali per la progettazione di sistemi di benessere locale;

5) attivazione di programmi di integrazione tra i vari ambiti operativi, tra mondi vitali delle persone e terzo settore;

6) progettazione e conduzione di programmi di sensibilizzazione, responsabilizzazione e protezione sociale di gruppi e comunità;

7) programmazione e gestione di servizi d'informazione, comunicazione e promozione dei diritti dei cittadini;

8) attivazione e conduzione di osservatori sugli interventi, servizi e politiche sociali;

c) area della organizzazione, progettazione e gestione:

1) collaborazione alla programmazione degli interventi nel campo delle politiche e dei servizi sociali;

2) attivazione e gestione di flussi informativi nel campo dei servizi;

3) progettazione e gestione di interventi di servizio sociale e di servizi ad alta complessità;

4) pianificazione, progettazione, organizzazione e gestione manageriale nel campo delle politiche e dei servizi sociali, nonché dell'educazione ai diritti, alla coesione sociale, alla solidarietà, alla salute;

5) analisi, costruzione e coordinamento di reti di servizi e prestazioni, nell'ambito delle proprie competenze;

6) apporto tecnico per la costruzione di progetti territoriali e piani di zona;

7) gestione di risorse umane, strutturali ed economiche nell'ambito dei servizi e delle politiche sociali;

8) analisi e valutazione di qualità dei servizi sociali e delle prestazioni;

9) gestione di processi per l'accreditamento dei servizi sociali;

d) area didattico -- formativa e di ricerca:

1) raccolta dati e studio di dati sociali e psico-sociali a fini di ricerca;

2) attività formativa nel campo dei servizi alla persona;

3) attività di coordinamento e supervisione di operatori dei servizi sociali, socio-sanitari e socio-educativi;

4) ricerca e monitoraggio nell'ambito degli interventi di servizio sociale, dei servizi e delle politiche sociali;

5) docenza e attività formativa e didattica nelle materie proprie del servizio sociale e delle discipline affini;

6) supervisione professionale degli assistenti sociali, interprofessionale e del tirocinio didattico come previsto nel corso di studi indicato dall'articolo 5, comma 1.

Capo II

FORMAZIONE E ACCESSO ALLA PROFESSIONE DI ASSISTENTE SOCIALE

Art. 4.

(Formazione universitaria)

1. È istituita la classe di laurea magistrale a ciclo unico quinquennale denominata «LMCU in servizio sociale».

2. Il Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca istituisce con proprio decreto, sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) ed il Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali, all'interno dell'area 14 - Scienze politiche e sociali di cui all'allegato A del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 29 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 203 del 1° settembre 2011, il Macrosettore l4/E - Servizio sociale. Il Macrosettore comprende l'attività scientifica e didattico-formativa nei campi di competenza concernenti la propedeutica teorica, storica e metodologica del servizio sociale, i confini epistemologici del servizio sociale, gli strumenti teorico-metodologici e le tecniche del servizio sociale. Il Macrosettore si articola in varie aree quali princìpi e fondamenti del servizio sociale, storia del servizio sociale e del pensiero del servizio sociale, modelli, metodologia e tecnica del servizio sociale, metodologia e tecnica della ricerca di servizio sociale, politiche sociali connesse alle diverse tipologie di welfare, progettazione e valutazione dei servizi sociali e degli interventi di servizio sociale, programmazione, amministrazione e organizzazione dei servizi sociali, etica e deontologia, processi del servizio sociale.

3. Per essere iscritto all'albo degli assistenti sociali è necessario essere in possesso di diploma di laurea afferente alla classe di laurea di cui al comma l, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22.

4. In ragione della specificità dei contenuti dell'attività professionale, i contenuti scientifici dei corsi di laurea afferenti alla classe di laurea di cui al comma l sono determinati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali.

5. In attesa dell'espletamento dei concorsi per l'incardinamento nei ruoli delle università dei docenti di servizio sociale, gli insegnamenti di servizio sociale possono essere affidati mediante conferimento di contratto di diritto privato ad assistenti sociali di comprovata esperienza professionale, sulla base della valutazione dei curricula attestanti lo svolgimento della professione, nonché le attività formative e scientifiche realizzate nei settori di interesse della professione.

6. Nell'ambito dell'organizzazione dei dottorati di ricerca di cui all'articolo 19 del citato decreto ministeriale 29 luglio 2011, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) acquisisce il parere del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali riguardo ai criteri e ai parametri che definiscono gli obiettivi formativi e il relativo programma di studi dei dottorati di ricerca in servizio sociale.

Art. 5.

(Tirocinio)

1. Il tirocinio ha durata di diciotto mesi e può svolgersi per sei mesi in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea di cui all’articolo 4, comma 3, sulla base di apposite convenzioni stipulate tra gli atenei ed i consigli regionali dell'ordine, sulla base di una convenzione quadro stipulata tra il Ministero dell'istruzione, dell’università e della ricerca ed il Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Il tirocinio è svolto in ambito professionale specifico con la supervisione di un assistente sociale esercitante la professione da almeno cinque anni.

2. Il Consiglio regionale dell'ordine degli assistenti sociali vigila sul corretto esercizio del tirocinio e sulla qualità della supervisione, secondo le modalità stabilite dalla convenzione quadro, dalle convenzioni regionali e da apposito regolamento adottato dal consiglio nazionale, sentiti i consigli regionali.

Art. 6.

(Esame di Stato)

1. L'iscrizione all'albo è subordinata al superamento di apposito esame di Stato.

2. Per l'ammissione all'esame di Stato è richiesto il possesso della laurea magistrale a ciclo unico LMCU in servizio sociale.

3. L'esame di Stato è articolato nelle seguenti prove:

a) una prima prova scritta nelle seguenti materie o argomenti: aspetti teorici e applicativi delle discipline dell'area di servizio sociale; princìpi, fondamenti, metodi, tecniche del servizio sociale, del rilevamento e trattamento di situazioni di disagio sociale;

b) una seconda prova scritta, sui seguenti argomenti: teoria e metodi di pianificazione, organizzazione e gestione dei servizi sociali; metodologie di ricerca nei servizi e nelle politiche sociali; metodologie di analisi valutativa e di supervisione di servizi e di politiche dei servizi alla persona; princìpi di politica sociale; princìpi e metodi di organizzazione e offerta di servizi sociali;

c) una prova pratica nelle seguenti materie o argomenti: analisi, discussione e formulazione di proposte di intervento in relazione ad un caso prospettato dalla commissione nelle materie di cui alla lettera b);

d) una prova orale, sulle seguenti materie o argomenti: legislazione e deontologia professionale, discussione dell'elaborato scritto, esame critico dell'attività svolta durante il tirocinio professionale.

Art. 7.

(Albo degli assistenti sociali)

1. Presso ciascun Consiglio regionale dell'ordine degli assistenti sociali è istituito l'albo degli assistenti sociali.

2. Agli iscritti all'albo spetta il titolo professionale di assistente sociale.

3. L'iscrizione all'albo professionale dell'ordine degli assistenti sociali è obbligatoria per esercitare la professione. Costituiscono requisiti per l'iscrizione all'albo:

a) avere conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione;

b) avere la residenza o il domicilio professionale nella regione o in una delle regioni che costituiscono l'ambito territoriale dell'ordine;

c) non essere stato già radiato dall'albo o condannato, con sentenza passata in giudicato, per un reato che comporta l'interdizione dalla professione.

4. Gli interessati presentano domanda al consiglio regionale o interregionale dell'ordine allegando i documenti attestanti il possesso del requisito di cui al comma 3, lettera a), e il versamento delle tasse di iscrizione e di concessione governativa.

5. Il Consiglio provvede sulle domande di iscrizione, in ordine di presentazione, nel termine di trenta giorni. Trascorso tale termine la domanda si intende accolta.

6. L'iscrizione all'albo è requisito necessario per l'esercizio della professione sia in forma autonoma di libera professione che alle dipendenze della pubblica amministrazione o di soggetti privati.

Art. 8.

(Servizio sociale professionale,accesso alla dirigenza)

1. Ai sensi dell'articolo 12 della legge 8 novembre 2000, n. 328, è istituita la dirigenza dell'area sociale e del servizio sociale professionale.

2. Costituiscono titolo per l'accesso ai livelli funzionali dell'area sociale e del servizio sociale professionale e per lo svolgimento di funzioni dirigenziali presso enti, amministrazioni ed organismi, il possesso della laurea nella classe LMCU in servizio sociale o di titolo equivalente rilasciato in base agli ordinamenti didattici previgenti, nonché l'iscrizione all'albo degli assistenti sociali, fatto salvo, nelle more dell'applicazione delle norme, le posizioni acquisite dagli assistenti sociali in servizio.

Capo III

NORME ORGANIZZATIVE

Art. 9.

(Organizzazione e funzionamentodei consigli regionali dell'ordinee del Consiglio nazionale)

1. L'organizzazione, il funzionamento, le modalità di elezione dei consigli regionali dell'ordine e del Consiglio nazionale, nonché la tenuta dell'albo restano disciplinati dal regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia 11 ottobre 1994, n. 615, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169, fatto salvo quanto previsto dal presente capo.

2. L'assistente sociale componente di un consiglio regionale, del Consiglio nazionale o di un consiglio di disciplina ha diritto di astenersi dalle prestazioni lavorative a favore dell'amministrazione di appartenenza al fine di partecipare alle attività istituzionali dell'ordine, secondo modalità concordate tramite apposita convenzione tra l'amministrazione di appartenenza e il competente organo istituzionale.

Capo IV

ORGANI DI DISCIPLINA E PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Art. 10.

(Consiglio regionale di disciplina)

1. Nella seduta di insediamento, o comunque nella prima seduta utile successiva, il Consiglio regionale dell'ordine nomina il Consiglio regionale di disciplina.

2. Il Consiglio regionale di disciplina è composto da cinque membri nominati tra gli iscritti all'albo da almeno dieci anni, che garantiscano indipendenza di giudizio e nei confronti dei quali non siano state irrogate in precedenza sanzioni disciplinari.

3. Il Consiglio regionale dell’ordine nomina inoltre quale membro senza diritto di voto del Consiglio regionale di disciplina un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, scelto tra gli iscritti agli albi degli avvocati.

4. Il Consiglio nazionale, sentiti i consigli regionali, disciplina con apposito regolamento le modalità di costituzione e funzionamento dei consigli regionali di disciplina e del Consiglio nazionale di disciplina di cui all'articolo 17.

5. Il regolamento di cui al comma 4 può prevedere che, sulla base di accordo tra i consigli regionali della medesima area geografica o comunque limitrofi, e sentito il Consiglio nazionale, siano costituiti consigli interregionali di disciplina, competenti ad esercitare le funzioni di cui all'articolo 11.

6. Il regolamento di cui al comma 4 definisce i criteri per l'esercizio della facoltà di cui al comma 5, con particolare riguardo al numero degli iscritti agli albi di riferimento, ed alla necessità di assicurare il rispetto dei princìpi di efficienza ed economicità delle funzioni esercitate.

7. La carica di membro del Consiglio regionale di disciplina è incompatibile con quella di membro del Consiglio regionale dell'ordine, con quella di Consigliere nazionale e con quella di membro del Consiglio nazionale di disciplina.

8. Il Consiglio regionale di disciplina resta in carica per una durata corrispondente a quella del Consiglio regionale dell'ordine che lo ha nominato, ed ha sede presso il Consiglio regionale dell'ordine.

Art. 11.

(Competenze del Consiglio regionaledi disciplina)

1. Il Consiglio regionale di disciplina esercita l'azione disciplinare nei confronti degli iscritti all'albo e adotta le sanzioni disciplinari previste dall'ordinamento professionale.

2. Esso elegge un presidente tra i membri iscritti all'albo.

3. Le sedute del Consiglio regionale di disciplina sono valide se è presente la maggioranza dei componenti.

4. Il Consiglio regionale di disciplina delibera a maggioranza dei presenti.

5. Per ogni procedimento disciplinare, è nominato un relatore tra i membri iscritti all'albo.

6. Il Consiglio regionale di disciplina riferisce annualmente al Consiglio regionale dell'ordine sull'attività svolta.

Art. 12.

(Il procedimento disciplinare)

1. Il procedimento disciplinare nei confronti degli iscritti all'albo è volto ad accertare la sussistenza della responsabilità disciplinare dell'incolpato per le azioni od omissioni che integrino violazione di norme di legge e regolamenti, o del codice deontologico, adottato ai sensi del comma 3, o siano comunque ritenute in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro, a tutela dell'interesse pubblico al corretto esercizio della professione.

2. Il procedimento disciplinare deve svolgersi secondo i princìpi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, nonché nel rispetto delle garanzie del contraddittorio.

3. Il Consiglio nazionale, sentito il Consiglio nazionale di disciplina di cui all’articolo 17, adotta ed aggiorna il codice deontologico della professione e disciplina, con propri regolamenti, l'esercizio della funzione disciplinare a livello regionale e nazionale, nel rispetto dei princìpi enunciati nei commi seguenti. Per quanto non espressamente previsto, si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura civile.

4. Il procedimento ha inizio d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero presso il tribunale nel cui circondario ha sede il Consiglio, ovvero su richiesta degli interessati.

5. La responsabilità disciplinare è accertata ove siano provate l’inosservanza dei doveri professionali e l’intenzionalità della condotta, anche se omissiva.

6. La responsabilità sussiste anche quando il fatto è commesso per imprudenza, negligenza od imperizia, o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline.

7. Del profilo soggettivo deve tenersi conto in sede di irrogazione dell'eventuale sanzione, la quale deve essere comunque proporzionata alla gravità dei fatti contestati e alle conseguenze dannose che possano essere derivate dai medesimi.

8. Il professionista è sottoposto a procedimento disciplinare anche per fatti non riguardanti l'attività professionale, qualora siano lesivi dell'immagine e della dignità professionale.

9. Nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza che l'iscritto sottoposto a procedimento, sia stato invitato a comparire avanti il Consiglio di disciplina, con l'assegnazione di un termine non inferiore a trenta giorni per essere sentito. L'incolpato ha facoltà di presentare documenti e memorie difensive e di farsi assistere da un avvocato.

10. L'autorità giudiziaria è tenuta a dare comunicazione al Consiglio regionale di disciplina dell'esercizio dell'azione penale nei confronti di un iscritto.

11. Le deliberazioni disciplinari sono notificate entro trenta giorni all'interessato ed al pubblico ministero presso il tribunale. La delibera è altresì comunicata al procuratore generale presso la corte di appello ed al Ministero della giustizia.

12. Il professionista che sia sottoposto a giudizio penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell'imputazione, tranne ove sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non l'ha commesso.

13. L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dal compimento dell'evento che dà luogo all'apertura del procedimento disciplinare.

Art. 13.

(Astensione e ricusazione)

1. I membri del Consiglio regionale di disciplina devono astenersi quando ricorrono i motivi di astensione indicati nell'articolo 51 del codice di procedura civile e possono essere ricusati per gli stessi motivi.

2. Sull'astensione e sulla ricusazione decide il Consiglio regionale di disciplina.

3. Se non è disponibile il numero dei componenti del Consiglio regionale di disciplina che è prescritto per la validità delle sedute, la competenza è del Consiglio regionale di disciplina avente sede nella città più vicina, individuata dal Consiglio nazionale dell'ordine.

Art. 14.

(Sanzioni)

1. Al termine del procedimento disciplinare, il Consiglio regionale di disciplina può irrogare le seguenti sanzioni:

a) l'ammonizione;

b) la censura;

c) la sospensione dall'esercizio professionale per un periodo di tempo non superiore ad un anno;

d) la radiazione dall'albo.

Art. 15.

(Sospensione cautelare)

1. La sospensione cautelare può essere disposta, in relazione alla gravità del fatto, per un periodo non superiore a cinque anni.

2. La sospensione cautelare è comunque disposta in caso di applicazione di misura cautelare o interdittiva, di sentenza definitiva con cui si è applicata l'interdizione dalla professione o dai pubblici uffici.

3. L'iscritto sottoposto a procedimento disciplinare, deve essere sentito prima della deliberazione. Ove ciò non sia possibile per causa di forza maggiore, sentita l'autorità competente, si provvede nei modi e mezzi indicati.

Art. 16.

(Impugnazioni)

1. Avverso le decisioni assunte dal Consiglio regionale di disciplina, l'interessato e il pubblico ministero possono proporre, entro trenta giorni dalla notificazione, ricorso al Consiglio nazionale di disciplina di cui all’articolo 17.

2. Il Consiglio nazionale di disciplina può sospendere l'efficacia dei provvedimenti.

3. Il Consiglio nazionale di disciplina riesamina integralmente i fatti e, valutate tutte le circostanze, può infliggere una sanzione disciplinare anche più grave.

Art. 17.

(Consiglio nazionale di disciplina)

1. Nella seduta di insediamento, o comunque nella prima seduta utile successiva, il Consiglio nazionale dell’ordine nomina un Consiglio nazionale di disciplina, composto da sei membri. Cinque membri sono nominati tra gli iscritti all'albo da almeno dieci anni che garantiscano indipendenza di giudizio e nei confronti dei quali non siano state irrogate in precedenza sanzioni disciplinari. Il sesto membro -- senza diritto di voto -- è un avvocato, abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, scelto tra gli iscritti agli albi degli avvocati. Il Consiglio nazionale dell'ordine nomina altresì un componente avvocato supplente che sostituisce il componente effettivo in caso di impedimento.

2. La carica di membro del Consiglio nazionale di disciplina è incompatibile con quella di Consigliere nazionale, di Consigliere regionale e di membro del Consiglio regionale di disciplina.

3. Il Consiglio nazionale di disciplina resta in carica per una durata corrispondente a quella del Consiglio nazionale che lo ha nominato.

4. Esso elegge un presidente tra i membri iscritti all'albo.

5. Le sedute del Consiglio nazionale di disciplina sono valide se è presente almeno la maggioranza dei membri del Consiglio iscritti all'albo.

6. Il Consiglio nazionale di disciplina delibera a maggioranza dei presenti.

7. Per ogni procedimento disciplinare, è nominato un relatore tra i membri iscritti all'albo.

8. Il Consiglio nazionale di disciplina si pronuncia sulle impugnazioni delle decisioni adottate dai Consigli regionali di disciplina nel rispetto delle norme legislative e regolamentari, nonché del regolamento adottato dal Consiglio nazionale ai sensi dell’articolo 12, comma 3. Al procedimento dinanzi al Consiglio nazionale di disciplina si applicano in ogni caso le disposizioni di cui agli articoli 12, 13, 14 e 15.

9. Il Consiglio nazionale di disciplina riferisce annualmente al Consiglio nazionale sull'attività svolta.

Capo V

OBBLIGHI DELL'ASSISTENTE SOCIALE

Art. 18.

(Formazione permanente)

1. L'iscritto all'albo ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al miglior esercizio della professione nell'interesse degli utenti.

2. Le modalità di adempimento dell'obbligo di formazione permanente di cui al comma 1 sono disciplinate da apposito regolamento adottato dal Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali.

3. La violazione dell'obbligo dà luogo a responsabilità disciplinare.

4. I Consigli regionali dell'ordine stipulano convenzioni con le amministrazioni competenti al fine di concordare le modalità di svolgimento delle attività di formazione permanente compiute dagli assistenti sociali che esercitano la professione presso di esse, con particolare riferimento alla necessità di prevedere permessi che consentano la frequenza delle attività formative, compatibilmente con le esigenze degli utenti fruitori dei servizi sociali interessati.

Art. 19.

(Assicurazione obbligatoria)

1. L'iscritto all'albo deve stipulare, anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal Consiglio nazionale dell’ordine degli assistenti sociali, polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione.

2. L'iscritto rende noti all'utente al momento dell'assunzione dell'incarico gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

3. Degli estremi della polizza assicurativa e di ogni sua successiva variazione è data comunicazione al Consiglio regionale dell'ordine.

4. La mancata osservanza delle disposizioni previste nel presente articolo costituisce illecito disciplinare.

5. Le condizioni essenziali e i massimali minimi della polizza sono stabiliti e aggiornati ogni cinque anni con decreto dal Ministro della giustizia, sentito il Consiglio nazionale dell’ordine degli assistenti sociali.

Art. 20.

(Pubblicità informativa)

1. È consentito all'iscritto dare informazioni sul modo di esercizio della professione, purché in maniera veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa.

2. Il contenuto e la forma dell'informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell'affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza, nonché nel rispetto dei princìpi del codice deontologico di cui all’articolo 12, comma 3.

3. Il Consiglio nazionale determina i criteri concernenti le modalità e gli strumenti dell'informazione e della comunicazione.

4. L'inosservanza dei commi 1 e 2 comporta illecito disciplinare.

Art. 21.

(Segreto professionale)

1. Gli assistenti sociali iscritti all'albo professionale istituito con legge 23 marzo 1993, n. 84, hanno l'obbligo del segreto professionale su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero-professionale.

2. Agli assistenti sociali di cui al comma l si applicano le disposizioni di cui agli articoli 249 del codice di procedura civile e 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste dall'articolo 103 del codice di procedura penale per il difensore.

3. Agli assistenti sociali si applicano, altresì, tutte le altre norme di legge in materia di segreto professionale, in quanto compatibili.

Capo VI

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 22.

(Disposizioni transitorie e finali)

1. Coloro i quali sono iscritti nella sezione A e nella sezione B dell'albo di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti di diritto, a cura del competente Consiglio regionale dell'ordine, nell'albo unico degli assistenti sociali.

2. Coloro i quali sono in possesso dell'abilitazione professionale per la sezione A e per la sezione B dell'albo di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001, alla data di entrata in vigore della presente legge possono iscriversi a domanda all'albo.

3. Per l'accesso alla sezione A dell'albo, fino all'istituzione del corso di laurea magistrale a ciclo unico LMCU, coloro che fanno domanda per sostenere l'esame di stato devono essere in possesso della laurea magistrale nella classe LM87 e del titolo di laurea triennale nella classe L39.

4. Per tutto quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, si applica la legge 23 marzo 1993, n. 84.

5. È abrogata la legge 3 aprile 2001, n. 119.