• Testo DDL 562

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Atto a cui si riferisce:
S.562 Modifica dell'articolo 11, comma 2 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 in materia di nuova organizzazione dei Tribunali ordinari, ai sensi dell'articolo 1, comma 2 della legge 14 settembre 2011, n. 148


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 562
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori PANIZZA, ZELLER, BERGER, FRAVEZZI e TONINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 APRILE 2013

Proroga del termine di cui all’articolo 11, comma 2,
del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, in materia
di nuova organizzazione dei tribunali ordinari

Onorevoli Senatori. -- La legge 14 settembre 2011, n. 148, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari», all'articolo 1, comma 2, ha previsto che: «Il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza...».

Il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», dispone, all'articolo 1, la soppressione dei tribunali ordinari, delle sezioni distaccate e delle procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al decreto stesso. Inoltre l'articolo 11, comma 2, del medesimo decreto legislativo stabilisce che: «salvo quanto previsto al comma 3, le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 7 acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto».

Con la disposizione de quo, il decreto legislativo, in contrasto ed in eccesso di delega rispetto a quanto stabilito dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica con la legge n. 148 del 2011, ha soppresso tutti i cosiddetti «tribunali minori» e tutte le sezioni distaccate di tribunale, nonché le procure della Repubblica di cui alla tabella allegata al decreto.

Ciò è avvenuto in palese contrasto innanzitutto con il contenuto della delega.

All'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, nelle lettere da a) a q) venivano, infatti, indicati i princìpi e i criteri direttivi in base ai quali il Governo, nell'esercizio della delega, avrebbe dovuto riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari.

Viceversa, il Governo ha provveduto, con il decreto legislativo n. 155 del 2012, a sopprimere tutti i tribunali ordinari delle sezioni distaccate, senza osservare i criteri di delega.

Un ulteriore profilo di criticità costituzionale risiede nella procedura di approvazione della delega legislativa in violazione dell'articolo 77 della Costituzione.

La delega al Governo, presente nella legge n. 148 del 2011, di conversione del decreto–legge n. 138 del 2011, che ha portato all'emanazione del decreto legislativo n. 155 del 2012 non è stata introdotta come emendamento nel testo del decreto-legge ma è stata aggiunta come comma 2 dell'articolo 1 della legge di conversione.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 22 del 2012, la quale ha qualificato il procedimento volto alla conversione del decreto-legge da parte del Parlamento come un potere che la Costituzione attribuisce con speciale modalità e procedura allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge, ha precisato che, nel delineare i diversi procedimenti legislativi, la Costituzione pone limiti e regole e che il rispetto delle norme costituzionali che dettano tali limiti e regole è condizione di legittimità costituzionale degli atti approvati.

Uno di tali punti, corrispondente alla funzione tipica della legge di conversione, è dunque il divieto di introdurre norme estranee all’oggetto del decreto-legge. La delega, pertanto, di cui all'articolo 2 della legge n. 148 del 2011 non era presente nel testo originario del decreto-legge n. 138 del 2011.

Un secondo profilo di illegittimità costituzionale trae ragione nel divieto costituzionale di inserire deleghe legislative nei decreti-legge. Naturalmente tale divieto non può non valere ugualmente per la legge di conversione.

Il divieto di introdurre deleghe legislative in un decreto-legge si evince dall'articolo 77, primo comma, della Costituzione: «Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria». Inoltre la Costituzione, richiedendo che la delegazione provenga dalle Camere, pone una riserva di legge formale in materia di delega legislativa, escludendo che la delega sia data con atti aventi forza di legge.

L'atto formale corrisponde ad un'esigenza sostanziale: le leggi di delega presuppongono un dualismo tra Governo e Parlamento perché non sarebbe ammissibile che il Governo si autodelegasse e autoapprovasse i provvedimenti legislativi.

In conclusione l'illegittimità costituzionale va ravvisata nel fatto che il decreto-legge non poteva contenere la delega al Governo e quindi la legge di conversione non poteva inserirla come disposizione aggiuntiva.

Un'altra violazione che palesa un'illegittimità costituzionale del decreto legislativo è quella prevista dal quarto comma dell'articolo 72 della Costituzione secondo cui la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa.

Da ultimo si ravvisa un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale per violazione dell'articolo 5 della Costituzione.

Il riordinamento posto in essere con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, incide su servizi che dipendono dallo Stato, per i quali l’articolo 5 dispone che sia attuato il più ampio decentramento amministrativo: un contesto dal quale certamente non è esclusa l'amministrazione della giustizia.

La soppressione delle sedi giudiziarie esistenti ed operanti nei centri di media dimensione e la concentrazione degli affari nelle sedi centrali risultano dunque incoerenti con la volontà espressa dalla Costituzione nei suoi princìpi fondamentali.

Dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012, vi sono state molteplici denunce di illegittimità costituzionale già pendenti presso la Corte costituzionale, la prima delle quali, attivata dalla regione Friuli-Venezia Giulia, verrà discussa l'8 ottobre 2013.

La proroga qui richiesta si giustificherebbe già solo con il fatto che i tribunali minori e le sezioni distaccate verrebbero soppresse ancor prima dell’esame di costituzionalità della norma.

In aggiunta a quanto sopra vi sono i profili territoriali del Trentino-Alto Adige Südtirol che richiedono di ripensare il contenuto del decreto legislativo n.155 del 2012 e, a tal fine, giustificano una proroga dei termini per la sua esecuzione.

Questi motivi qui evidenziati sono già contenuti nella nota del Consiglio giudiziario della Corte d’appello di Trento nella propria deliberazione del 27 luglio 2012, sollecitata dal Parlamento (più correttamente dalle due Commissioni giustizia di Camera e Senato) e completamente disattesa dal Governo nel decreto legislativo 155 del 2012.

È evidente, infatti, che con la centralizzazione si fa confluire tutto sui capoluoghi costringendo i cittadini, gli avvocati ed i professionisti periferici di ogni genere a convergere su di essi per ogni attività, con conseguente congestione dei capoluoghi medesimi e difficoltà diffusa per tutti. Se la differenza si riducesse a dover percorrere qualche chilometro in più di comode autostrade, o a doversi servire di impeccabili collegamenti di linea ferroviaria o su gomma, non sarebbe nemmeno il caso di approfondire il tema. Nel Trentino-Alto Adige Südtirol, invece, la assoluta particolarità dell'orografia, fatta esclusivamente di montagne e di lunghe valli, collegate tra loro da passi, sovente chiusi per neve o ghiaccio nei periodi invernali, mette in risalto una particolarità che non può essere ignorata o sottovalutata, tanto che le comunità locali, per quanto consta da informazioni giornalistiche, petizioni ed appelli, hanno fatto sentire la loro voce in contrasto e in disapprovazione, cui si è unita quella delle organizzazioni sindacali e degli stessi Consigli degli Ordini forensi.

Ma anche al di là del dato macroscopico appena evidenziato, le ragioni di merito sono così sintetizzabili:

a) all'epoca della istituzione del giudice unico furono condotti approfondimenti dall'Ufficio statistiche del Ministero della giustizia per la migliore determinazione della distribuzione delle sedi distaccate sul territorio e furono allora individuate quelle che ora si vorrebbero sopprimere; si tratterebbe, cioè, di far scomparire sedi ritenute necessarie in epoca recente (quella riforma decollò nel 1998), che già attuavano una ponderata revisione delle circoscrizioni giudiziarie in ambito locale;

b) nel territorio del Trentino-Alto Adige Südtirol vige il Sistema tavolare, che trova nelle sedi distaccate altrettanti fulcri di operatività, al punto che nel solo anno 2010 le quattro sedi che fanno capo a Trento hanno prodotto oltre 20.000 decreti tavolari. Tutto questo carico convergerebbe sul capoluogo, con forsennato spostamento di utenti ad avviare e concludere le relative procedure. Il problema sarebbe attenuabile in seguito con l'adozione di procedure informatizzate utilizzabili a distanza, ma per il momento questa modernizzazione non c'è;

c) la legge n. 97 del 1994, sulla salvaguardia e valorizzazione delle comunità montane, espressamente prevede, all'articolo 22, che ai fini della «Riorganizzazione degli uffici e dei servizi dello Stato»: «Gli uffici statali esistenti nei comuni montani possono essere accorpati previo parere dei loro sindaci e dei presidenti delle comunità montane» (comma 1) e che «I provvedimenti adottati in contrasto tra i pareri resi ai sensi del comma 1 devono contenere le ragioni che hanno indotto a discostarsene» (comma 2). Questa obiezione è rivolta ad evidenziare che nemmeno sarebbe legittima una modifica di assetto, quale quella in corso, senza una previa consultazione di autorità ed enti esponenziali delle comunità locali coinvolte;

d) in termini di spesa si è calcolato che, esemplificativamente, nell'anno 2010, il costo di gestione delle quattro sedi distaccate di Trento ha comportato per lo Stato un aggravio finanziario pari a poco meno di 90.000 euro complessivi e che esborso non dissimile è stato sostenuto per quelle di Bolzano; somme, queste, giudicate poca cosa se rapportate al grande servizio reso alle popolazioni in termini di efficienza, speditezza e qualità del lavoro svolto. Da più parti, infatti, si è scritto e ripetuto che le sole sedi distaccate di Trento hanno smaltito, nell'anno, un terzo del contenzioso complessivo ordinario del circondario del tribunale, con grande tempestività e secondo medie di attesa largamente inferiori a quelle nazionali;

e) per rimanere sul piano della spesa, è stato anche calcolato, quasi a voler fornire una esemplificazione paradossale nella enfatizzazione dei dati di sintesi, che la soppressione delle sole quattro sedi distaccate di Trento costerebbe alla cittadinanza ben euro 2.446.920,00 per viaggi ed, in più, 6.991 quintali di anidride carbonica dispersa nell'atmosfera. Questi calcoli sono stati effettuati partendo dall'analisi delle casistiche trattate nelle varie sedi e degli spostamenti che si renderebbero necessari per compiere le stesse attività su Trento;

f) un motivo di ulteriore preoccupazione è stato evidenziato con riguardo alle complicazioni cui si andrebbe incontro per i procedimenti di volontaria giurisdizione; in particolare quanto a quelli per la nomina e le attività di gestione degli amministratori di sostegno, e specificamente per la materia tutelare, caratterizzata da rapporti diretti ed anche frequenti del cittadino con il giudice;

g) nota comune a tutte le osservazioni sollevate è che l'iniziativa di soppressione sia nel segno di una controtendenza rispetto agli sforzi sempre fatti sul piano legislativo ed amministrativo per trattenere i cittadini negli entroterra montuosi e contrastare la loro naturale spinta all'emigrazione verso i capoluoghi, con impoverimento economico e culturale delle comunità locali più disagiate: effetto, questo, fatalmente destinato ad accentuarsi con il venir meno dei servizi;

h) una differenza è stata pure rimarcata nel rilevare la mancata estensione alle sedi distaccate della provvida previsione presente nella legge delega con riguardo ai giudici di pace, per i quali è stata lasciata una possibilità di scelta alle comunità locali di optare, nei sessanta giorni dalla pubblicazione nel bollettino ufficiale e nel sito internet del Ministero, per la sopravvivenza degli uffici soppressi, a condizione che esse se ne assumano la spesa. Una possibilità del genere, non contemplata per l'abolizione delle sedi distaccate, è stata vista come un'occasione mancata e che, ove esista, sarebbe sicuramente foriera della conservazione, a furor di popolo, delle sedi distaccate medesime.

La conclusione è, dunque, che, se si voglia tener conto delle istanze locali e della particolarità del territorio, nessuna sede distaccata andrebbe eliminata. Semmai, ove possibile, andrebbe sollecitato un intervento legislativo rivolto a consentire un trasferimento della spesa sulle comunità locali e sulle province autonome che, da quanto è dato comprendere, la assumerebbero di buon grado, con completo assecondamento delle finalità stesse della legge di riforma.

La situazione si presenta uguale per tutti i tribunali minori soppressi così come per tutte le altre sezioni distaccate anch'esse soppresse.

Sono state attivate presso le sedi dei tribunali minori, accorpati presso le sezioni distaccate, molteplici controversie con proposizione di eccezione di illegittimità costituzionale, già al vaglio della Corte costituzionale.

Riesce difficile poter ipotizzare un trasferimento così corposo di fascicoli, magistrati e personale, per complessivi 4.998 impiegati e 386 magistrati, un esodo che coinvolge quindi una larga fetta della popolazione, con costi incalcolabili per essi e per lo Stato.

Analogo esodo vi dovrebbe essere per gli avvocati che operano nelle sedi soppresse per organizzare e/o trasferire gli uffici nelle nuovi sedi, con ricadute occupazionali rilevanti connesse a detto spostamento.

Si rende, pertanto, necessario quantomeno prorogare il termine previsto dall'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 155 del 2012, in attesa di una rilettura di tutta la materia senza pregiudizi centralistici e mere volontà di soppressione che non contemplano in alcun modo la reale situazione del Paese al fine di realizzare inesistenti risparmi di spesa.

In sede di discussione in Commissione giustizia, sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica, il sottosegretario di Stato al Ministero dell'economia e delle finanze, dott. Gianfranco Polillo, precisò che i presunti risparmi di spesa (e quindi gli oneri da coprire) sarebbero ammontati a 17,5 milioni di euro per l'anno 2013 e 31,5 milioni di euro per l'anno 2014. Pertanto, all'articolo 2 del presente disegno di legge si prevede la copertura finanziaria.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Proroga del termine di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155)

1. All'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, le parole: «dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «trenta mesi».

Art. 2.

(Copertura finanziaria)

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 17,5 milioni di euro per l'anno 2013 e 31,5 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni.

Art. 3.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.