Testo DDL 69
Atto a cui si riferisce:
S.69 Misure per la trasparenza delle operazioni di fusione a seguito di acquisizioni societarie mediante indebitamento
Senato della Repubblica | XVII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 MARZO 2013
Misure per la trasparenza delle operazioni di fusione
a seguito di acquisizioni societarie mediante indebitamento
Onorevoli Senatori. -- Il leveraged buy-out (L.B.O.) è sorto negli Stati Uniti come una delle più audaci operazioni finanziarie finalizzate all'acquisizione della proprietà di società senza utilizzo di risorse proprie da parte dell'acquirente. L'operazione, infatti, consiste nell'acquisizione di un'azienda mediante il ricorso ad un finanziamento che è destinato ad essere successivamente rimborsato mediante l'utilizzo di assets della società acquisita. In altri termini, il L.B.O. consente la traslazione del costo dell'acquisizione dalla società acquirente alla società acquisita.
Nella prassi economico-finanziaria, soprattutto internazionale, sono via via emerse numerose varianti rispetto allo schema classico del L.B.O., ma la connotazione tipica di ciascuna operazione, pur nell'eterogeneità delle fattispecie, è rimasta pressoché ancorata allo schema originario.
In Europa, la diffusione delle operazioni di L.B.O. ha incontrato ostacoli, sia in sede di Unione europea sia nei singoli ordinamenti statali, in ragione dei rischi connessi alla sua utilizzazione, da molti giudicata «predatoria dei patrimoni societari» e spesso a danno di imprese prive di reali problemi economici e finanziari.
In Italia, le prime operazioni di questo tipo sono avvenute agli inizi degli anni novanta del secolo scorso e l'effettiva legalità delle stesse è stata da subito oggetto di contenzioso civilistico e tributario e di accesi dibattiti, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, in ragione del conflitto del L.B.O. con le norme civilistiche, in particolare con gli articoli 2357 e 2358 del codice civile.
La piena legittimità all'utilizzo di tale strumento è stata riconosciuta dal legislatore nazionale soltanto con la riforma del diritto societario (decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6), che ha introdotto nel nostro ordinamento una espressa disciplina contenuta nell'articolo 2501-bis del codice civile relativa alla «Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento». Essa corrisponde a quella che nella terminologia anglosassone è nota come «Merger leveraged buy-out (M.L.B.O.)», che, nella prassi, si articola nelle seguenti fasi: i promotori dell'operazione costituiscono una società (Newco) al fine specifico di realizzare un'operazione di L.B.O. La Newco ricorre ad un finanziamento per raccogliere i fondi sufficienti ed acquista le azioni, o i beni del patrimonio della società Target. Completata l'operazione di acquisizione, viene effettuata la fusione tra la società Newco e la società Target.
Al fine di evitare abusi nell'utilizzo del suddetto strumento, in particolare per fini elusivi, il legislatore ha espressamente stabilito che l'operazione finanziaria è valida soltanto in presenza di una serie di adempimenti utili a dimostrarne il vantaggio economico, produttivo ed imprenditoriale e di un congruo piano economico -- finanziario a tutela dei soci, dei lavoratori e dei creditori.
Sotto il profilo fiscale, in assenza delle suddette «valide ragioni economiche» l'amministrazione finanziaria può disconoscere l'operazione di M.L.B.O. ai sensi dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, secondo il quale sono inopponibili all'amministrazione stessa gli atti, fatti e negozi, anche collegati tra dì loro, che siano «contemporaneamente privi di valide ragioni economiche e diretti ad aggirare norme tributarie allo scopo di ottenere una riduzione del carico fiscale altrimenti indebita».
L'operazione può essere, pertanto, considerata elusiva qualora sia stata posta in essere al solo scopo di abbattere il reddito imponibile della società operativa con gli interessi passivi dei prestiti ottenuti per finanziare l'operazione (utilizzo improprio dell'articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto legislativo 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), oppure se c'è identità tra i soci della Newco ed i soci della società Target.
Sulla spinta di interpretazioni estensive dell'articolo 2501-bis del codice civile numerose operazioni di M.L.B.O. sono state, tuttavia, realizzate in assenza di adeguate motivazioni di natura economica, ed un primo rimedio è stato posto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) che ha notevolmente ridotto i vantaggi fiscali dell'operazione. Ma ciò non è stato comunque sufficiente a ridurre i numerosi contenziosi civilistici e tributari in essere, tanto che da più parti si chiede di approfondire, perfezionare e chiarire l'effettiva portata dell'articolo 2501-bis del codice civile.
In dottrina si sostiene che l'operazione di M.L.B.O. non configura un disegno elusivo quando contemporaneamente si ravvisino i seguenti elementi: a) l'acquisto della società target avviene tra soggetti giuridicamente indipendenti b) il finanziamento per effettuare l'acquisizione viene erogato da un istituto di credito e non dai soci stessi c) la fusione è finalizzata a permettere il rimborso del debito utilizzando la liquidità generata dalla società target.
Il fatto che l'operazione complessiva avvenga tra soggetti non collegati e la circostanza che il finanziamento (necessario per l'acquisto della società target) non sia erogato dagli stessi soci della società veicolo ma da istituti bancari consentono di escludere un utilizzo dell'operazione di M.L.B.O. strumentale alla conversione di dividendi in interessi passivi. Infatti gli utili della società target che affluiscono ai soci non si qualificano come dividendi ma come interessi passivi che questa corrisponde ai soci che hanno provveduto al finanziamento, interessi passivi che, naturalmente, la società può dedurre.
In sintesi, affinché l'operazione possa essere considerata legittima e non elusiva è necessario che «la traslazione del debito non sia il fine esclusivo dell'operazione» bensì «uno dei mezzi idonei ad effettuare una riorganizzazione societaria, sostenuta da valide ragioni economiche e da concrete esigenze imprenditoriali».
Al fine di ridurre il contenzioso tributario generato dall'interpretazione estensiva dell'articolo 2501-bis del codice civile, l'articolo 1 del disegno di legge, eliminando ogni possibile diversa interpretazione, stabilisce che in caso di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, di cui all'articolo 2501-bis del codice civile, ai fini dell'applicazione della disciplina di deducibilità degli interessi passivi contenuta nell'articolo 96 del TUIR, entro il termine di tre mesi dalla data di effetto della fusione, la società incorporante o risultante deve presentare un interpello all'Agenzia delle entrate, ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per consentire la verifica in concreto, anche per i successivi esercizi, che l'operazione risponda a obiettivi di sviluppo economico industriale della società acquisita attraverso l'espansione delle sue attività al di fuori di quelle già possedute dal gruppo di nuova appartenenza.
L'interpello deve essere presentato anche in assenza di successiva fusione, qualora la società acquirente si avvalga della facoltà riconosciuta dai commi 7 e 8 dell'articolo 96 del TUIR. In tale caso, i tre mesi decorrono dalla data di esercizio dell'opzione per il regime di consolidato fiscale o per il suo rinnovo.
Tale previsione appare un valido rimedio al vuoto normativo che ha consentito negli scorsi anni un utilizzo improprio del M.L.B.O. ed uno strumento atto a salvaguardare e a valorizzare le operazioni di ristrutturazione aziendale che possono essere utili a ridurre i costi e a migliorare l'efficienza in un contesto sempre più competitivo caratterizzato dalla internazionalizzazione e globalizzazione dell'economia.
Infatti, gli scenari economici internazionali caratterizzati da un unico mercato globale nel quale devono competere tutti i soggetti economici determinano la necessità di ristrutturazioni aziendali che consentano limiti dimensionali atti a permettere la permanenza sul mercato e a conseguire maggiori livelli di redditività e competitività. Al legislatore, pertanto, spetta il compito di meglio disciplinare questa tipologia di operazione a livello civilistico e fiscale per consentire alle imprese di porre in essere, garantendo al tempo stesso la stabilità dei mercati finanziari e la loro piena legittimità economica e fiscale.
Necessità tanto più urgente in ragione del fatto che, attualmente, nel dibattito politico è riemersa con forza la tematica delle privatizzazioni di società a controllo pubblico e con le disposizione proposte si vuole evitare il ripetersi di casi come quelli di Telecom ed Autostrade.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. In caso di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento di cui all'articolo 2501-bis del codice civile, ai fini dell'applicazione della disciplina di deducibilità degli interessi passivi contenuta nell'articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, entro il termine di tre mesi dalla data di effetto della fusione, la società incorporante o risultante deve presentare un interpello all'Agenzia delle entrate, ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per consentire la verifica in concreto, anche per i successivi esercizi, che l'operazione risponde a obiettivi di sviluppo economico industriale della società acquisita attraverso l'espansione delle sue attività al di fuori di quelle già possedute dal gruppo di nuova appartenenza. L'interpello deve essere presentato anche in assenza di successiva fusione, qualora la società acquirente si avvalga della facoltà riconosciuta dai commi 7 e 8 dell'articolo 96 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986. In tale caso, i tre mesi decorrono dalla data di esercizio dell'opzione per il regime di consolidato fiscale o per il suo rinnovo.