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Atto a cui si riferisce:
S.265 Strumenti finanziari per la raccolta di risorse di mercato a sostegno delle imprese in crisi


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 265
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori SANGALLI, BERTUZZI, Rita GHEDINI, FEDELI, FABBRI, TOMASELLI, Stefano ESPOSITO, LIUZZI, FAVERO, Luigi MARINO, PEZZOPANE, Gianluca ROSSI, AMATI, CANTINI, SCALIA, MICHELONI, PAGLIARI, D'ADDA, MARTINI e SOLLO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 MARZO 2013

Strumenti finanziari per la raccolta di risorse di mercato a sostegno delle imprese in crisi

Onorevoli Senatori. -- Con il presente disegno di legge si intende supportare il piano di ristrutturazione delle aziende in crisi mediante la raccolta diretta di risparmio sui mercati dei capitali.

In luogo di risorse rivenienti dal bilancio dello Stato -- che potrebbero facilmente violare la disciplina comunitaria in tema di aiuti di Stato -- o di finanziamenti bancari (che richiedono il «pluriaffidamento» dell'imprenditore in crisi che, per coprire il fabbisogno finanziario, è costretto a ricorrere a fidi frammentati presso diversi istituti di credito, con costi aggiuntivi derivanti dall'esigenza di garantire fidi multipli con cespiti patrimoniali) si propone un incentivo alla sottoscrizione di fondi specializzati nell'acquisizione di azioni o quote di imprese quotate o non quotate, dichiarate in crisi, mediante la tassazione agevolata del capital gain che si determina, alla fine del periodo di crisi, sulla base della differenza fra valore dell'investimento alla fine della crisi e prezzo di realizzo.

Si prevede che la dichiarazione della situazione di crisi intervenga, con procedura amministrativa, per un'impresa in temporanea difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni; occorre, peraltro, che vi siano comprovate possibilità di risanare l'impresa (e non ricorrano pertanto i presupposti per attivare una procedura concorsuale).

La dichiarazione di «stato di crisi» è subordinata alla presentazione di un piano di ristrutturazione al Ministero dello sviluppo economico che deve contenere una completa informazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa in funzionamento e sulla crisi (nonché sulle opportunità di risanamento e di sviluppo derivanti dall'attuazione del piano) tale da giustificare il trattamento agevolato dei redditi del venture capital investito nell'impresa in crisi.

Sono molte le ragioni per cui è preferibile favorire, mediante strumenti di mercato, l'afflusso di capitali verso le imprese in crisi in luogo di finanziamenti pubblici o derivanti dall'accensione di prestiti bancari.

Storicamente l'intervento diretto dello Stato nelle imprese in crisi non ha determinato i risultati attesi perché l'intervento finanziario non è stato affiancato da una procedura di governance adeguata, da un qualificato supporto manageriale e dalla definizione di tempi e di limiti quantitativi.

L'attivazione del meccanismo di mercato di cui al presente disegno di legge consente di dare risposta a molte di queste esigenze.

Il previsto meccanismo di concedere sgravi fiscali per i fondi chiusi che investano in imprese in crisi consente di controbilanciare il maggior rischio assunto dai risparmiatori con l'investimento nelle quote di tali fondi, con un maggior ricavo potenziale.

L'intervento proposto si basa quindi su una nuova filosofia. Con la dichiarazione dello stato di crisi effettuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico e con le modalità di cui all'articolo 3, lo Stato propone al mercato di offrire supporto alle imprese in crisi, consentendo al mercato di scegliere se, e per quanto tempo, intervenire. Di fatto, in tal modo viene rispettato il principio comunitario dell'investitore privato in economia di mercato di cui al paragrafo 2.4, punto 16), della comunicazione 1999/C 288/02 della Commissione delle Comunità europee in materia di orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

L'investitore privato «fondo» attiverà le procedure di governance e fornirà il supporto adeguato affinché sia massimizzata l'efficienza produttiva dell'azienda e quindi il rendimento dell'investimento.

Il meccanismo previsto inoltre favorisce l'entrata di capacità manageriali nell'azienda tramite i fondi interessati. Con le procedure previste dall'articolo 4 che richiedono, ai fini della dichiarazione dello stato di crisi dell'impresa, l'analisi delle condizioni che hanno determinato tale crisi e la messa a punto di un adeguato piano di ristrutturazione, il disegno di legge identifica nell'azienda un collaboratore attivo in tutte le fasi del processo di «salvataggio».

La crescita dei fondi dedicati al finanziamento delle imprese in forma di venture capital è un fenomeno comune all'Italia e all'Europa.

Il venture capital è quel tipo di investimento finanziario dove un fondo investe in un'azienda a fronte di un piano di sviluppo. Il piano di sviluppo può essere promosso dai manager, a spese della vecchia proprietà, nel qual caso si finanzia l'acquisizione o buy out, o dalla proprietà stessa, nel qual caso si parla di expansion financing.

Quando invece il fondo acquista, in vario modo, dall'azionista esistente per rivitalizzare un'azienda in difficoltà o in crisi, come nel caso in questione, si parla di rescue financing, replacement financing, o turnaround financing.

In Italia il replacement financing rappresenta il 6 per cento degli investimenti dei Fondi.

Peraltro in generale in Italia il venture capital interessa solo un numero limitato di imprese. Gran parte delle piccole e medie imprese italiane è direttamente controllata dagli imprenditori, e, soprattutto nel Mezzogiorno, ha una struttura proprietaria concentrata sul nucleo familiare; la successione e lo sviluppo dimensionale dell'impresa sono ostacolati dall'assenza di un mercato, anche locale, dei capitali, dove attingere risorse alternative ai prestiti bancari.

Questo ha precluso l'esercizio della corporate governance e quindi la capacità dei finanziatori-investitori di incidere sugli assetti proprietari delle imprese mediante le leve del finanziamento, della consulenza e dell'intervento sugli equilibri di controllo.

Favorire la creazione di veicoli di investimento del tipo replacement capital per permettere l'acquisizione della società a valle da parte di fornitori, dipendenti dell'impresa o terze parti interessate, è quindi uno degli obiettivi del disegno di legge dal punto di vista tecnico.

Il provvedimento parte dalla considerazione che, non ultimo nei casi FIAT e Cirio, operatori connessi con le aziende in crisi si sono mostrati interessati ad investire nelle stesse o a tramutare i propri crediti in azioni.

Allo stesso modo si è registrato l'interesse ad entrare di gruppi privati terzi.

Nel caso delle grandi imprese, ipotizzando la capacità della proprietà di identificare una nuova direzione, nuovi manager, per l'azienda i benefìci attesi dal provvedimento sono soprattutto finanziari. Nel caso delle piccole e medie imprese oltre ai benefìci finanziari, si potrebbero ottenere vantaggi notevoli nel caso in cui l'investitore finanziario possa fornire anche capacità industriali.

L'individuazione dello stato di crisi e la richiesta della relativa dichiarazione, corredata da relazione giurata, sono demandate al legale rappresentante. Tale procedura è particolarmente innovativa e viene introdotta per la prima volta nell'ordinamento italiano in concomitanza con analoghe iniziative in Europa e negli Stati Uniti.

La definizione di impresa in crisi, di cui all'articolo 3, non riporta valori soglia degli indicatori dello stato di crisi al fine di evitare non appropriati meccanicismi. Una diminuzione del fatturato, ad esempio, può essere dovuta alla concorrenza conseguente all'uscita di nuovi prodotti mentre l'incremento delle scorte può essere dovuto alla chiusura di un mercato. Solo una valutazione d'insieme delle variabili indicate può efficacemente definire lo stato dell'azienda. Si è scelto quindi di selezionare un sistema di grandezze la cui considerazione congiunta indichi uno stato di crisi.

La scelta del Ministero dello sviluppo economico quale autorità certificante è dovuta ad ovvie ragioni di competenza. Ragioni altrettanto forti avrebbero potuto trovarsi tuttavia anche per il coinvolgimento di altri Ministeri, dati i risvolti economici e sociali dello stato di crisi di un'azienda. Tuttavia si è preferito prevedere l'attivazione della procedura in capo al Ministero dello sviluppo economico in quanto è all'interno della Direzione generale per il sostegno alle attività imprenditoriali del Dipartimento per la competitività che sono concentrate le professionalità necessarie.

Il reddito ricavato dal fondo durante il periodo di crisi, ai fini dell'agevolazione, è ottenuto per differenza dai valori dell'investimento all'inizio e alla fine del periodo di crisi.

L'anello terminale dell'investimento del venture capital è infatti, necessariamente, la cessione. Il venture capitalist è, in estrema sintesi, il paradigma dell'imprenditore neoclassico, che entra nelle imprese dove il profitto previsto è più alto di quello medio, e ne esce quando questo si allinea per cercare altre imprese.

Ai fini della prevista detassazione del reddito ricavato dall'investimento, il periodo di crisi ha una durata massima di quattro anni (è lo stesso decreto del Ministro dello sviluppo economico che, ai fini di certezza giuridica, stabilisce la data di inizio e di fine del periodo di crisi) e la relativa dichiarazione è rinnovabile una sola volta per un periodo massimo di ulteriori quattro anni. La durata media dell'investimento in venture capital in Europa è infatti di quattro anni, all'incirca uguale alla durata degli ultimi due cicli economici.

Gran parte delle piccole e medie imprese italiane, soprattutto nel Mezzogiorno, ha una struttura proprietaria concentrata sul nucleo familiare; in questo caso si hanno imprenditori che controllano direttamente l'impresa impiegando di frequente nell'attività le migliori risorse umane e professionali della propria famiglia. Il controllo diretto dell'impresa e il rilievo delle relazioni familiari sono le ragioni per cui la maggior parte dei piccoli e medi imprenditori italiani è poco propensa alla quotazione in borsa della propria impresa e in genere a ricorrere -- per la raccolta di fondi -- a qualsiasi meccanismo finanziario che determini la circolazione delle azioni o quote dell'impresa. Il ricorso diretto al mercato dei capitali viene visto come un costo, un rischio, un vincolo. Un costo, per le spese di pubblicità e di informazione necessarie a raggiungere il risparmiatore prima e meglio degli altri; un rischio, per l'instabilità del controllo e per il timore di diventare «ostaggio del mercato» nel caso di ampie e imprevedibili oscillazioni dei corsi delle proprie azioni; un vincolo, perché il piccolo imprenditore mal sopporta controlli burocratici e ingerenze nei conti e nella gestione dell'azienda.

Al fine di riconoscere il ruolo dell'imprenditore e della sua famiglia nella creazione e nello sviluppo dell'impresa, all'articolo 4 è stata prevista espressamente la prelazione dei soci «fondatori» alla fine dello stato di crisi, quando il Fondo offre sul mercato le quote o le azioni del capitale dell'impresa risanata. Per l'esercizio della prelazione -- a parità di condizioni con tutti gli altri potenziali acquirenti -- il fondo concede un termine non superiore a cinque giorni a decorrere dalla pubblicazione dell'offerta.

Uno degli ostacoli principali alla raccolta di risorse finanziarie alternative ai canali tradizionali della finanza pubblica e del credito è la necessità di rispettare parametri di trasparenza molto severi. Alcune delle operazioni necessarie a garantire la piena trasparenza delle scritture contabili e l'affidabilità nella gestione d'impresa per i finanziatori «fondi» hanno costi elevati (soprattutto quando l'impresa in crisi è una piccola o media, con fatturato ridotto). Si tratta inoltre di oneri fissi che possono essere ammortizzati solo qualora il piano di salvataggio abbia successo e si mettano in moto risorse per finanziare investimenti aggiuntivi che aumentino la produttività e favoriscano -- in qualche caso -- lo sviluppo dimensionale dell'impresa.

Ad esempio, la certificazione dei bilanci, obbligatoria per le società le cui azioni sono quotate in Borsa, è uno strumento essenziale per favorire l'integrazione dell'impresa con l'attività di venture capital e di merchant banking, soprattutto nelle aree sottoutilizzate. La selezione delle imprese in crisi in cui investire è infatti resa più agevole dalla possibilità di disporre di dati e di risultati confrontabili, nonché di una completa informazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa in funzionamento.

Affinché il dispositivo finanziario previsto nel presente disegno di legge possa funzionare in modo efficiente, è altresì necessario che i fondi che operano nell'ambito della rescue financing o replacement financing trovino conveniente investire anche nei titoli delle imprese localizzate nelle aree sottoutilizzate. Per questo, nel presente disegno di legge si prevede che i fondi chiusi che abbiano intenzione di investire in tali imprese, il cui stato di crisi sia stato dichiarato con decreto ai sensi dell'articolo 4, possano richiedere contributi ad un apposito Fondo, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico per il finanziamento dell'attività di selezione dei titoli delle imprese in crisi e per la valutazione dei relativi piani di ristrutturazione e di sviluppo, e per le necessarie analisi di mercato, in misura non superiore al 50 per cento del costo documentato di tali indagini e istruttorie. Lo stesso Fondo potrà altresì erogare contributi, su domanda, a società di capitali, quotate o non quotate sui mercati regolamentati, che abbiano sede legale in tali aree sottoutilizzate, il cui stato di crisi sia stato dichiarato con decreto con le procedure di cui al presente disegno di legge.

I contributi potranno essere richiesti per il finanziamento delle seguenti attività, finalizzate all'acquisizione di quote, azioni, obbligazioni convertibili in azioni, di tali società da parte di fondi chiusi:

a) certificazioni di bilancio;

b) ristrutturazioni di bilancio;

c) elaborazione del piano economico-finanziario;

d) consulenza per eventuali cessioni o ampliamenti tramite fusioni e acquisizioni;

e) consulenza tecnico-finanziaria per elaborare progetti di sviluppo dell'impresa volti a favorire l'accesso di soci istituzionali, temporanei, in grado di offrire competenze complementari a quelle dell'imprenditore;

f) assistenza all'emissione di prestiti con contenuti azionari sotto forma di diritti di conversione e di opzione.

Il contributo richiesto potrà essere erogato anche a titolo di cofinanziamento di agevolazioni e programmi di finanziamento dell'Unione europea e di contributi previsti da leggi regionali accordati per le medesime finalità.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge si intende per:

a) «aree sottoutilizzate»: le aree di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni;

b) «fondo» o «fondi»: i fondi chiusi costituiti ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

c) «imprese in crisi»: le società di capitali il cui stato di crisi sia stato dichiarato con decreto ai sensi del comma 4 dell'articolo 3;

d) «mercati regolamentati»: i mercati di strumenti finanziari autorizzati dalla Commissione nazionale per le società e la borsa ai sensi dell'articolo 63 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni;

e) «periodo di crisi»: il periodo di tempo compreso tra la data di inizio e quella di fine dello stato di crisi, incluso l'eventuale rinnovo;

f) «periodo di esenzione»: il periodo di tempo, al massimo coincidente con il periodo di crisi, durante il quale i fondi possono usufruire dei benefìci di cui alla presente legge;

g) «titoli»: le quote, azioni ed obbligazioni convertibili di imprese in crisi.

Art. 2.

(Determinazione del risultato di gestione)

1. Il risultato di gestione dei fondi si determina sottraendo dal valore della quota di patrimonio netto del fondo investita in titoli di imprese in crisi alla fine del periodo di esenzione al lordo dell'imposta sostitutiva accantonata, aumentato dei rimborsi e dei proventi eventualmente distribuiti nell'anno, il valore di tale quota di patrimonio netto del Fondo all'inizio del periodo di esenzione e i proventi di partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti ad imposta sostitutiva, nonché i proventi esenti e quelli soggetti a ritenuta a titolo d'imposta.

2. All'inizio del periodo di esenzione, il valore del patrimonio netto del fondo investito in titoli di imprese in crisi è calcolato:

a) per i titoli negoziati sui mercati regolamentati:

1) al prezzo di acquisto, qualora i titoli siano stati acquistati successivamente alla dichiarazione dello stato di crisi di cui all'articolo 3;

2) al prezzo di chiusura dell'ultimo giorno del mese antecedente la dichiarazione dello stato di crisi, qualora al momento della medesima dichiarazione i titoli fossero già in proprietà del fondo;

b) per i titoli non negoziati sui mercati regolamentati:

1) al prezzo di acquisto, qualora i titoli siano stati acquistati successivamente alla dichiarazione dello stato di crisi;

2) in base a perizia giurata di stima, ai sensi dell'articolo 64 del codice di procedura civile, di soggetti iscritti nel registro dei revisori legali, ovvero nell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, qualora al momento della dichiarazione dello stato di crisi i titoli fossero già in proprietà del fondo.

3. Alla fine del periodo di esenzione, il valore del patrimonio netto del fondo investito in titoli di imprese in crisi è calcolato:

a) per i titoli negoziati sui mercati regolamentati, in base al prezzo di chiusura dell'ultimo giorno del mese antecedente la fine dello stato di crisi;

b) per i titoli non negoziati sui mercati regolamentati, in base a perizia giurata di stima, ai sensi dell'articolo 64 del codice di procedura civile, di soggetti iscritti nel registro dei revisori legali, ovvero nell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Art. 3.

(Dichiarazione dello stato di crisi)

1. Ai fini della presente legge, un'impresa può chiedere la dichiarazione dello stato di crisi, con le modalità di cui al comma 2, in presenza di una temporanea difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni e qualora vi siano comprovate possibilità di risanare l'impresa.

2. La domanda di dichiarazione dello stato di crisi, approvata all'unanimità dal consiglio di amministrazione o di gestione dell'impresa, è trasmessa al Ministro dello sviluppo economico corredata da una relazione giurata sottoscritta dal legale rappresentante della società da cui risultano:

a) l'andamento delle perdite;

b) la diminuzione del fatturato;

c) l'andamento delle scorte;

d) l'andamento della capacità produttiva rispetto alle vendite medie degli ultimi otto anni;

e) l'aumento dell'indebitamento e degli oneri per interessi.

3. La domanda di cui al comma 2 è corredata altresì da un piano di ristrutturazione che contiene, in particolare, le seguenti informazioni:

a) il piano economico-finanziario relativo alla strategia di ristrutturazione dell'impresa per i successivi otto anni, anche in considerazione dell'evoluzione di mercato attesa;

b) la descrizione delle possibili conseguenze economiche e sociali, a livello regionale e nazionale, della cessazione dell'impresa e dell'attuazione del piano di ristrutturazione;

c) il verbale della concertazione con i sindacati maggiormente rappresentativi a livello nazionale in merito alla ristrutturazione prevista.

4. Entro un mese dalla trasmissione della domanda di cui al comma 2, il Ministro dello sviluppo economico provvede, ove ne ricorrano i presupposti, con proprio decreto, alla dichiarazione dello stato di crisi dell'impresa, definendo altresì le date di inizio e di fine del periodo di crisi.

5. La durata del periodo di crisi non può essere superiore a quattro anni, salvo rinnovo. La dichiarazione dello stato di crisi può essere rinnovata una sola volta, su richiesta dell'impresa, con le modalità di cui al comma 2.

Art. 4.

(Prelazione dei soci)

1. Se il fondo, dopo la fine dello stato di crisi, senza che sia intervenuta dichiarazione d'insolvenza, intende cedere le partecipazioni detenute nell'impresa in crisi, tali partecipazioni sono offerte in prelazione, a parità di condizioni, ai soggetti iscritti nel libro dei soci alla data della dichiarazione dello stato di crisi, in proporzione ai titoli ceduti al Fondo.

2. L'offerta in prelazione deve essere depositata presso l'ufficio del registro delle imprese. Per l'esercizio del diritto di prelazione il fondo concede un termine non superiore a cinque giorni a decorrere dalla data di pubblicazione dell'offerta.

3. Il diritto di prelazione sulle azioni o quote della società in crisi può essere escluso mediante specifico patto tra l'alienante la partecipazione ed il fondo acquirente.

Art. 5.

(Incentivi all'investimento dei fondinelle aree sottoutilizzate)

1. I fondi che intendono investire in titoli di imprese in crisi che hanno la sede legale nelle aree sottoutilizzate da non meno di dodici mesi antecedenti la dichiarazione dello stato di crisi, possono richiedere un contributo a carico di un Fondo speciale, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico. Tale contributo copre, in misura non superiore al 50 per cento, il costo documentato delle attività di selezione di titoli e la valutazione dei piani di ristrutturazione e di sviluppo, nonché i costi relativi alle necessarie analisi di mercato.

2. Il Fondo di cui al comma 1 può altresì erogare contributi, su domanda, a imprese in crisi che hanno la sede legale nelle aree sottoutilizzate da non meno di dodici mesi antecedenti la dichiarazione dello stato di crisi, per il finanziamento delle seguenti attività:

a) certificazioni di bilancio;

b) ristrutturazioni di bilancio;

c) elaborazione del piano economico-finanziario;

d) consulenza per eventuali cessioni o ampliamenti tramite fusioni e acquisizioni;

e) consulenza tecnico-finanziaria per elaborare progetti di sviluppo dell'impresa volti a favorire l'accesso di fondi in grado di offrire competenze complementari a quelle dell'imprenditore;

f) assistenza all'emissione di prestiti con contenuti azionari sotto forma di diritti di conversione e opzione.

3. Per le medesime finalità di cui al comma 2 i contributi di cui ai commi 1 e 2 possono essere erogati a titolo di cofinanziamento di agevolazioni e programmi di finanziamento dell'Unione europea e di contributi previsti da leggi regionali.

4. Per il finanziamento dei contributi di cui ai commi 1 e 2, il Fondo speciale istituito presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi del comma 1, ha una dotazione iniziale pari a 5 milioni di euro.

Art. 6.

(Copertura finanziaria)

1. Ai maggiori oneri di cui alla presente legge, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2013 e a 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, si provvede a valere sui risparmi di spese di cui al comma 2.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, commi 12, 13, 14 e 15, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e dall'articolo 1, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, al fine di consentire alle amministrazioni centrali di pervenire ad una ulteriore riduzione della spesa corrente primaria in rapporto al PIL, le spese di funzionamento relative alle missioni di spesa di ciascun Ministero, le dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di ciascun Ministero, previste dalla legge di bilancio, relative alla categoria interventi, e le dotazioni finanziarie per le missioni di spesa per ciascun Ministero previste dalla legge di bilancio, relative agli oneri comuni di parte capitale e agli oneri comuni di parte corrente, sono ridotte in via permanente a decorrere dall'anno 2013, in misura tale da garantire risparmi di spesa per un ammontare complessivo non inferiore a 50 milioni di euro per l'anno 2013 e a 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. I Ministri competenti predispongono, entro il 30 settembre di ciascun anno a decorrere dall'anno 2013, gli ulteriori interventi correttivi necessari per assicurare, in aggiunta a quanto previsto dalla legislazione vigente, i maggiori risparmi di spesa di cui al presente comma.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 15 ottobre di ciascun anno, a decorrere dal 2013, verifica gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dagli interventi correttivi di cui al comma 2, ai fini del rispetto degli obiettivi di risparmio di cui al medesimo comma. A seguito della verifica, gli interventi correttivi di cui al comma 2 predisposti dai singoli Ministri e i relativi importi sono inseriti in un apposita tabella allegata alla legge di stabilità. Qualora, a seguito della verifica, le proposte di cui al comma 2 non risultino adeguate a conseguire gli obiettivi in termini di indebitamento netto, il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce al Consiglio dei Ministri e con il disegno di legge di stabilità è disposta la corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato, necessarie a garantire il rispetto degli obiettivi di risparmio di cui al comma 2, nonché tutte le modificazioni legislative eventualmente ritenute indispensabili per l'effettivo raggiungimento degli obiettivi di risparmio di cui al medesimo comma.