• Testo DDL 393

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Atto a cui si riferisce:
S.393 Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell'accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 393
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori ORELLANA, AIROLA, BATTISTA, BLUNDO, LEZZI, MONTEVECCHI, BENCINI, BOTTICI, BUCCARELLA, CAMPANELLA, CASALETTO, CASTALDI, CRIMI, DONNO, GAETTI, MOLINARI, MANGILI, NUGNES e PAGLINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 APRILE 2013

Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell'accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso

Onorevoli Senatori. -- Il presente disegno di legge intende far propria una proposta normativa della Rete Lenford, avvocatura per i diritti LGBT, fondata per rispondere al bisogno di informazione e di diffusione della cultura e del rispetto dei diritti delle persone omosessuali nel nostro Paese.

Nel 1990 l'Organizzazione mondiale della sanità ha derubricato definitivamente l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali, definendola semplicemente come una «variante del comportamento umano» (Decisione OMS, 17 maggio 1990). Il «mutamento di paradigma» derivatone, ha progressivamente indotto gli ordinamenti dei paesi occidentali a decriminalizzare le condotte omosessuali e a riconoscere i diritti delle persone omosessuali, declinando la condizione di omosessualità, in ambito giuridico, in tutela dell'orientamento sessuale, intesa come condizione personale rispetto alla quale, al pari della razza, del genere, della lingua, dell'orientamento religioso o delle opinioni politiche, vige il principio di non discriminazione. Così negli Stati Uniti diverse Corti Supreme si sono richiamate alla pregressa giurisprudenza in tema di discriminazione razziale per accogliere le eccezioni di incostituzionalità al divieto di matrimonio e alcune recenti costituzioni nazionali hanno introdotto l'orientamento sessuale tra le «condizioni personali» tutelate dall'ordinamento. In molti Paesi il trend di una maggiore protezione giuridica, realizzata più diffusamente per via legislativa, è proseguito fino a giungere alla parità di trattamento nel diritto di famiglia, attraverso l'istituzione di nuove figure quali le registered o civil partnership (Francia, Germania, Austria, Lussemburgo, Regno Unito, Andorra, Repubblica Ceca, Ungheria, Irlanda, Slovenia, Svizzera e Lichtenstein), l'apertura del matrimonio alle coppie formate da persone dello stesso sesso (Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Belgio, Spagna, Islanda, Portogallo), il riconoscimento della genitorialità sociale (intesa come il rapporto di parentela che si consolida emotivamente e legalmente, indipendentemente dal vincolo genetico, tra genitore e prole e che consente l'adozione del partner, consentita in: Danimarca, Belgio, Francia, Germania, Finlandia, Islanda, Irlanda, Svezia, Spagna, Olanda, Norvegia, Regno Unito), nonché dell'adozione da parte di coppie dello stesso sesso (Regno Unito, Belgio, Danimarca, Islanda, Olanda, Andorra, Norvegia, Spagna Svezia), e da parte del/la singolo/a persona omosessuale (Germania, Francia, Belgio, Estonia, Danimarca, Portogallo, Polonia, Finlandia, Islanda, Svezia, Spagna, Norvegia, Regno Unito).

Lo stesso accade, fuori dall'Europa, in Sud Africa, in Canada, in sette Stati degli Stati Uniti d'America e in alcuni degli Stati federati messicani, in Argentina e in Brasile. Inoltre, l'attuale presidente degli Stati Uniti d'America si è detto favorevole all'estensione del matrimonio ugualitario all'intera federazione e svariati altri Paesi nel mondo si muovono nella direzione dell'apertura del matrimonio in senso egualitario, tra di essi la Francia e la Gran Bretagna. Si tratta, evidentemente, di un processo globale di sviluppo della civiltà e del diritto, che -- ancorché recente e lento -- appare inarrestabile. In Italia il dibattito politico su questi temi è rimasto ancorato a posizioni ideologiche, che non tengono conto né dell'esperienza, rappresentata da un numero sempre crescente di persone omosessuali che portano fuori dall'invisibilità giuridica le loro relazioni affettive, le loro famiglie e i loro figli, né dell'elaborazione giurisprudenziale intervenuta negli ultimi anni, a livello nazionale e europeo. La vita di coppia è alla base dell'organizzazione della famiglia che, come ha avuto modo di affermare la Corte costituzionale nella sentenza n. 138 del 15 aprile 2010, non costituisce una struttura cristallizzata, ma si modifica di pari passo alle trasformazioni della società, dei costumi e dell'ordinamento giuridico. La famiglia, così come il matrimonio, costituiscono istituti duttili che pur menzionati nella Costituzione, la sociologia e l'antropologia ci raccontano mutevoli nel tempo e nello spazio.

Nella società e nel diritto italiano, famiglia e matrimonio sono cambiate radicalmente nel volgere di pochi decenni, passando attraverso l'affermazione della competenza statale e non religiosa sul matrimonio, l'uguaglianza giuridica dei coniugi, la dissolubilità del vincolo, l'eguaglianza giuridica dei figli nati dentro e fuori il matrimonio, di recente regolata, la protezione contro le violenze domestiche etc.. In definitiva, il diritto vigente ha dovuto modificarsi radicalmente per adeguare il matrimonio alle modificazioni nel frattempo determinatesi nella società e nelle relazioni familiari.

La duttilità umana e sociale della famiglia italiana è confermata anche dai dati diffusi dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), che descrive modelli e strutture che sono cambiati e si sono moltiplicati. Sono rilevate, per esempio, le famiglie senza figli, quelle biparentali e monoparentali, ricostruite, allargate, coniugate oppure di fatto. Si tratta di modelli familiari non irrilevanti o occasionali, ma che sono ricorrenti e hanno sovente carattere di stabilità. Nel rapporto 2011 «Come cambiano le forme familiari» (relativo all'anno 2009), l'ISTAT ha confermato che le nuove forme familiari continuano a crescere: sono 6.866.000 i single non vedovi, i monogenitori non vedovi, le coppie non coniugate e le famiglie ricostituite coniugate. Vivono in queste famiglie 12 milioni di persone, il 20 per cento della popolazione, dato quasi raddoppiato rispetto al 1998. Nel «Rapporto sulla coesione sociale 2012», lo stesso istituto ha analizzato le tipologie familiari mostrando che nel 2010 il 28,4 per cento delle famiglie è rappresentato da persone sole, con una incidenza percentuale in continua crescita. Subisce una flessione, invece, l'incidenza delle coppie con figli, passando dal 62,4 per cento del 1995 al 55,3 per cento del 2010, a cui corrisponde un andamento crescente della percentuale delle coppie senza figli e dei monogenitori. Il numero di matrimoni celebrati continua a diminuire (16.000 in meno nel 2009 e quasi 13.000 in meno in ciascuno degli anni precedenti nel 2010 e nel 2011), mentre crescono i matrimoni celebrati con rito civile, i quali rappresentano quasi il 40 per cento del totale nel 2011 (80.000, contro i 124.000 religiosi), triplicati rispetto al 1980. Crescono anche le coppie di fatto, arrivate a 972.000 nel biennio 2010-2011 (quasi il 6,5 per cento sul totale delle coppie). In tale contesto, l'espressione «famiglia» deve essere declinata al plurale per essere rappresentativa della realtà.

Nel quadro statistico che si è illustrato le famiglie formate da persone dello stesso sesso non sono per nulla prese in considerazione. Esse non furono rilevate dal censimento del 2001, perché ritenute non conferenti per le finalità della raccolta e perché -- si disse -- sarebbe mancata, nel regolamento di esecuzione del censimento, un'autorizzazione ad hoc per il trattamento di dati ritenuti sensibili. Nel corso del censimento 2011, invece, i dati relativi alle coppie same sex sono stati finalmente censiti, nonostante un intervento del Garante per la protezione dei dati personali abbia impedito che nel questionario ci fosse un esplicito riferimento alla convivenza in coppia formata da persone dello stesso sesso. Di questa prima rilevazione ancora non si conoscono i risultati, ma è probabile che non restituisca il numero reale delle famiglie omosessuali residenti in Italia, dal momento che esse vivono ancora fortemente un problema di visibilità legato alla percezione dello stigma sociale. Tuttavia, quale che sia il numero, si tratterà di un dato utilissimo. Negli Stati Uniti d'America, ad esempio, è successo che durante il primo censimento (2000) che ha rilevato le famiglie costituite da persone dello stesso sesso, si siano dichiarate solo la metà delle famiglie che si è dichiarato nel censimento successivo. Quest'ultimo (2010) ha rilevato circa 650.000 coppie (il 51 per cento formato da due donne, il 49 per cento da due uomini); di queste coppie 131.729 hanno dichiarato di essere sposate e 115.064 di avere figli minorenni. Tutte insieme rappresentano solo lo 0,5 per cento della popolazione, ma è un dato di estrema rilevanza. Esso testimonia con certezza l'esistenza di famiglie costituite da una minoranza sociale, verso la quale la maggioranza ha il dovere e la necessità di attivarsi per realizzare parità di diritti personali e familiari. Anche la prima ricerca statistica mai condotta in Italia sulla popolazione omosessuale (ISTAT 2012) ha fatto emergere che circa un milione di persone dichiara di essere lesbica, gay o bisessuale (circa il 2,4 per cento della popolazione residente), mentre il 15,6 per cento non ha fornito nessuna risposta al quesito sull'orientamento sessuale. Come rilevato dall'ISTAT, si può ragionevolmente arguire che il numero della popolazione omosessuale e bisessuale italiana sia significativamente più alto rispetto al milione di persone che ha voluto dichiarare di esserlo. Tra gli altri dati è emerso che il 61,3 per cento dei cittadini tra i 18 e i 74 anni di età ritiene che in Italia gli omosessuali sono molto o abbastanza discriminati e il 43,9 per cento è d'accordo con l'affermazione che è giusto che una coppia omosessuale si sposi se lo desidera.

Oggi in Italia il mancato accesso al matrimonio costringe molte coppie omosessuali, che rappresentano una realtà di fatto senza alcuna regolamentazione giuridica, a recarsi all'estero per potersi sposare. Il presente disegno di legge intende superare tale stato di cose, rendendo il matrimonio accessibile anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso, nel solco di una mutata coscienza sociale e, soprattutto, dei princìpi della Costituzione, che affermano l'uguaglianza e la pari dignità delle persone, il divieto di discriminazione, la promozione e la tutela dei diritti fondamentali della persona in tutte le formazioni sociali in cui svolge la sua personalità. Invero, l'elaborazione giurisprudenziale della Corte costituzionale ha ricondotto la famiglia omosessuale tra le formazioni sociali riconosciute e garantite dall'articolo 2 della Costituzione riconoscendo che «l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso», ha «il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri», specificando che il Parlamento deve «individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette» (sentenza n. 138 del 2010). La Corte ha indicato al Parlamento la possibilità di optare nella scelta della regolamentazione tra l'apertura del matrimonio o l'introduzione di una diversa regolamentazione, aggiungendo inoltre che è possibile riscontrare la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, in relazione ad ipotesi particolari, anche in assenza di un intervento legislativo, mediante un controllo di ragionevolezza riservato ai giudici. Fino ad oggi, però, il Parlamento non ha raccolto l'invito proveniente dalla Corte costituzionale, cosicché nell'attuale quadro normativo, mentre alle famiglie formate da un uomo e da una donna è consentita la scelta tra l'accesso al matrimonio e la possibilità di rimanere una realtà di fatto, alle famiglie formate da due uomini o da due donne non è consentito optare nessuna scelta. È importante sottolineare che questa diversità di trattamento giuridico è stabilita unicamente in base ad una caratteristica personale, qual è l'orientamento sessuale, che l'articolo 3 della Costituzione impedisce di prendere come elemento di discriminazione normativa tra le persone. Pertanto, in ambito familiare, la legge continua a dare rilevanza e dignità sociali unicamente all'orientamento eterosessuale e non a quello omosessuale. Questo è un pregiudizio antico non più tollerabile da parte dello Stato e che il presente disegno di legge intende rimuovere consentendo l'accesso al matrimonio civile alle persone omosessuali. Non operare questa apertura avrebbe il significato di tollerare il pregiudizio e la discriminazione in relazione ad un diritto, quello di sposarsi, che la Costituzione e le convenzioni internazionali inseriscono tra quelli fondamentali.

La libertà di contrarre matrimonio costituisce un diritto fondamentale della persona nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948 (articolo 16), nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848 (articolo 12) e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 12 dicembre 2009 (articolo 9). In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), nella sentenza del 24 giugno 2010 Shark and Kopf contro Austria, successiva alla sentenza della Corte costituzionale, ha considerato «artificiale sostenere l'opinione che, a differenza di una coppia eterosessuale, una coppia omosessuale non possa godere della "vita familiare" ai fini dell'articolo 8» della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e che «conseguentemente la relazione dei ricorrenti, una coppia omosessuale convivente con una stabile relazione di fatto, rientra nella nozione di "vita familiare", proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione». La Corte ha anche compiuto un revirement interpretativo dell'articolo 12 della Convenzione dichiarando che esso potrà essere considerato -- alla luce dell'articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea -- come fonte di protezione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

La stessa Corte di cassazione, nella sentenza n. 4184 del 15 marzo 2012, riprendendo i contenuti delle già richiamate sentenze della Corte costituzionale e della CEDU, ha concluso che il matrimonio contratto all'estero tra due persone dello stesso sesso non è inesistente per il nostro ordinamento, come invece fino ad allora è stato creduto, ma è incapace di produrre effetti in Italia, a causa dell'assenza di una disciplina matrimoniale posta dal nostro legislatore a favore delle coppie omo