• Testo DDL 391

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Atto a cui si riferisce:
S.391 Nuove disposizioni per il contrasto dell'omofobia e della transfobia


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 391
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori MONTEVECCHI, AIROLA, BATTISTA, ORELLANA, BENCINI, BLUNDO, BOCCHINO, CASTALDI, FATTORI, GAETTI, MARTON, NUGNES, SCIBONA, SIMEONI e VACCIANO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 APRILE 2013

Nuove disposizioni per il contrasto dell’omofobia e della transfobia

Onorevoli Senatori. -- Il presente disegno di legge intende far propria una proposta normativa della Rete Lenford, avvocatura per i diritti LGBT, fondata per rispondere al bisogno di informazione e di diffusione della cultura e del rispetto dei diritti delle persone omosessuali nel nostro Paese.

Sulla scia degli episodi di omofobia e transfobia, che hanno funestato il nostro Paese negli ultimi anni, è diventato ineludibile affrontare un problema che da tempo le associazioni a tutela delle persone LGBTI denunciano. L’omofobia e la transfobia sono fenomeni affatto nuovi, ma l’eco mediatica di quanto accaduto di recente ha destato finalmente l’attenzione sociale e della classe politica. Nella violenza e nella discriminazione di stampo omofobico e transfobico la peculiarità dell’orientamento sessuale della vittima, ovvero l’essere omosessuale oppure l’essere transessuale, così come l’essere donna, per fare un esempio, nella violenza sessuale contro di essa, non sono neutrali rispetto al reato, del quale costituiscono il fondamento, la motivazione e, in senso tecnico, il movente, né è neutrale rispetto ad essi l’autore del reato stesso, che si trova in uno stato soggettivo di disprezzo o odio rispetto alla vittima. Si ritiene che, per contrastare i reati motivati da stigma sessuale in particolar modo nei confronti delle persone omosessuali e transessuali, sia più efficace, rispetto alla mera introduzione di una circostanza aggravante, prevedere l’estensione dei reati puniti dalla legge Mancino-Reale anche alle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere della vittima, così come previsto in numerose proposte di legge già depositate in Parlamento nelle precedenti legislature.

Si è sostenuto che l’estensione della legge Mancino-Reale potrebbe condurre alla condanna tanto della mamma che suggerisse alla figlia di non sposare un bisessuale, quanto del padre che decidesse di non affittare una sua casa al figlio che volesse andare a vivere nell’immobile con il proprio compagno.

È evidente che in una normale dinamica processuale queste ipotesi di scuola non potranno mai verificarsi per un motivo molto semplice, e cioè che la legge Mancino-Reale si basa su una nozione di discriminazione il cui significato si può trarre sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sia dalla Convenzione internazionale di New York del 7 marzo 1966 sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, sia dall’articolo 43, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, successivamente meglio puntualizzata nella direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, recepita con il decreto legislativo n. 215 del 2003, nonché nella direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, recepita con il decreto legislativo n. 216 del 2003, che fa menzione anche dell’orientamento sessuale. Il bene giuridico tutelato è quindi ben individuato. In base al principio dell’offensività, che deve caratterizzare la condotta penalmente rilevante e che vincola il giudice nell’interpretare e applicare la legge penale, ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, del codice penale, se si verificassero le ipotesi richiamate, le stesse ricadrebbero nell’ambito dei reati impossibili, in quanto la condotta non sarebbe idonea a ledere o a porre in pericolo il bene giuridico protetto. Inoltre, la fattispecie delittuosa descritta dalla legge Mancino-Reale è molto chiara e precisa, individuando condotte che vanno ben al di là della semplice manifestazione di un’opinione. Infatti, essa punisce l’istigazione a commettere una discriminazione o una violenza, non delle opinioni, quand’anche esprimano un pregiudizio. La differenza tra un mero pregiudizio e una reale discriminazione dipenderà ovviamente dalle condizioni di tempo e di luogo, nel corso delle quali si manifesterà il messaggio, dalle modalità di estrinsecazione del pensiero, da condotte precedenti dell’autore, e così via, in modo da verificare se il fatto si possa ritenere realmente offensivo del bene giuridico protetto. Il testo originario della legge 22 maggio 1975, n. 152, cosiddetta «legge Reale» stabiliva l’applicazione della sanzione penale solo per le discriminazioni e le violenze «nei confronti di persone perché appartenenti ad un gruppo nazionale, etnico o razziale». Nel 1993, con il decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, cosiddetto «decreto Mancino», vennero introdotte altre norme a tutela di altre fattispecie, come ad esempio il fattore religioso, ed altre ancora ne furono introdotte in fase di conversione in legge, fino ad arrivare all’elenco attualmente presente nell’articolo 3 della legge n. 654 del 1975. Il presente disegno di legge si pone due obiettivi: da un lato intende ripristinare, con lievi modifiche, l’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 13 ottobre 1975, n. 654, nel testo introdotto dall’articolo 1 del decreto Mancino; da un altro lato intende estenderne l’applicazione alle discriminazioni motivate dall’identità sessuale della vittima del reato, come definiti – ai fini della legge penale – dall’articolo 1 del presente disegno di legge. L’articolo 3 della citata legge n. 654 del 1975, che ratifica e dà esecuzione alla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, è stato infatti successivamente modificato dall’articolo 13 della legge 24 febbraio 2006, n. 85, sotto due profili: la descrizione della condotta incriminata e le pene previste. Nel testo risultante dalle modifiche apportate nel 1993 la disposizione prevedeva, infatti, la reclusione fino a tre anni per chiunque diffondesse in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incitasse a commettere o commettesse atti di discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi. La legge n. 85 del 2006 ha dimezzato la pena della reclusione (ora prevista fino a un anno e sei mesi) e ha introdotto la pena della multa fino a 6.000 euro, in alternativa a quella della reclusione; sotto un altro profilo, la condotta è stata ridefinita modificando il termine «diffusione» con quello di «propaganda» e sostituendo il termine «incitamento» con quello di «istigazione». La legge n. 85 del 2006, non punendo più la diffusione delle idee discriminanti, ma la propaganda, e non più l’incitamento a discriminare o a delinquere ma l’istigazione, introduce modifiche che potrebbero sembrare solo terminologiche, ma che in realtà dal punto di vista della legge penale introducono fattispecie più circoscritte e riducono il numero dei comportamenti punibili. L’articolo 1 del disegno di legge definisce ai fini della legge penale l’identità sessuale e le sue componenti, in modo che la norma penale rispetti i princìpi di tassatività e determinatezza. Nella definizione delle componenti dell’identità sessuale sono ricompresi l’identità o i ruoli di genere, nonché i diversi orientamenti sessuali (omosessuali, eterosessuali o bisessuali) così come pacificamente riconosciuti dalla legislazione e dalle scienze psico-sociali, che nulla hanno in comune con i comportamenti genericamente afferenti alla sfera sessuale, siano essi leciti o illeciti.

L’articolo 2 reintroduce, in luogo della propaganda, la condotta della diffusione, in qualsiasi modo, delle idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale; prevede nuovamente, sia alla lettera a), sia alla lettera b), del nuovo comma 1 dell’articolo 3 della legge n. 654 del 1975, la condotta di incitamento in luogo dell’istigazione (fattispecie più circoscritta), in linea con la citata Convenzione e con lo stesso articolo 3, comma 3, della suddetta legge (il quale incrimina l’associazione a fine di incitamento dell’odio razziale). Le pene previste differiscono per la gravità delle condotte realizzate. In caso di incitamento a commettere o di commissione di atti di discriminazione è mantenuta l’attuale previsione della reclusione fino a un anno e sei mesi, eliminando, tuttavia, l’alternatività con la multa come previsto dalla riforma del 2006. In caso di incitamento alla violenza o di commissione di atti violenti, la pena prevista rimane invariata rispetto al testo attualmente in vigore e va da sei mesi a quattro anni. Ai fattori di discriminazione considerati dall’articolo 3 della citata legge Mancino-Reale il presente disegno di legge aggiunge l’identità sessuale. L’articolo 3 coordina le restanti disposizioni o rubriche degli articoli dello stesso decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993, con il contenuto del disegno di legge, e sostituisce il comma 2 dell’articolo 3 del medesimo decreto-legge specificando che la circostanza aggravante, nel caso di reati commessi per le finalità indicate dal comma 1, deve sempre essere considerata prevalente dal giudice rispetto alle circostanze attenuanti concedibili all’imputato. Attualmente, tale previsione, è formulata in modo da prevedere che le attenuanti non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto all’aggravante. L’articolo 4 introduce l’articolo 1-bis al decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993, disponendo che il tribunale applichi obbligatoriamente, e non solo facoltativamente come fino ad ora previsto, con la sentenza di condanna, la comminazione della sanzione accessoria dello svolgimento dell’attività non retribuita a favore della collettività da parte del condannato. Tra i soggetti presso i quali predetta attività può essere svolta, sono inserite le associazioni che si occupano di tutela delle persone omosessuali e transessuali.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Definizioni)

1. Ai fini della legge penale si intende per:

a) «identità sessuale» di una persona, l’insieme, l’interazione o ciascuna delle seguenti componenti: sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere, e orientamento sessuale;

b) «identità di genere» la percezione che la persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico;

c) «ruolo di genere» qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse all’essere uomo o donna;

d) «orientamento sessuale» l’attrazione emotiva o sessuale nei confronti di una persona dello stesso sesso, di sesso opposto o di entrambi i sessi.

Art. 2.

(Modifiche all’articolo 3 della legge13 ottobre 1975, n. 654)

1. Il comma 1 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione dell’articolo 4 della convenzione, è punito:

a) con la reclusione fino a un anno e sei mesi chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima;

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».

2. Al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».

Art. 3.

(Modifiche al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205)

1. Al titolo del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «e religiosa» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosa o motivati dall’identità sessuale della vittima».

2. Alla rubrica dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o motivati dall’identità sessuale della vittima».

3. All’articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «commessi per finalità» sono inserite le seguenti: «o per motivi» e dopo le parole: «o religioso» sono inserite le seguenti: «o motivati dall’identità sessuale della vittima»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. La circostanza aggravante prevista dal comma 1 del presente articolo è sempre considerata prevalente sulle ritenute circostanze attenuanti, ai fini di cui all’articolo 69 del codice penale».

Art. 4.

(Modifiche al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205)

1. Dopo l’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è inserito il seguente:

«Art. 1-bis. - (Attività non retribuita a favore della collettività) -- 1. Con la sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, il tribunale dispone la sanzione accessoria dell’obbligo di prestare un’attività non retribuita a favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 2.

2. L’attività non retribuita a favore della collettività, da svolgersi al termine dell’espiazione della pena detentiva per un periodo tra sei mesi e un anno, deve essere determinata dal giudice con modalità tali da non pregiudicare le esigenze lavorative, di studio o di reinserimento sociale del condannato.

3. Possono costituire oggetto dell’attività non retribuita a favore della collettività: la prestazione di attività lavorativa per opere di bonifica e restauro degli edifici danneggiati con scritte, emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui al comma 3 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654; lo svolgimento di lavoro a favore di organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, quali quelle operanti nei confronti dei portatori di handicap, dei tossicodipendenti, degli anziani, degli extracomunitari o a favore delle associazioni a tutela delle persone omosessuali e transessuali; la prestazione di lavoro per finalità di protezione civile, di tutela del patrimonio ambientale e culturale.

4. L’attività può essere svolta nell’ambito e a favore di strutture pubbliche o di enti ed organizzazioni privati».

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia determina, con proprio decreto, le modalità di svolgimento dell’attività non retribuita a favore della collettività di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, come introdotto dall’articolo 4, comma 1, della presente legge.

3. All’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, i commi 1-bis, lettera a), 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies, sono abrogati.