• C. 2481 EPUB Proposta di legge presentata il 20 giugno 2014

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Atto a cui si riferisce:
C.2481 Modifica all'articolo 125-quater del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in materia di recesso dai contratti di credito ai consumatori


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2481


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BOCCIA, PALMA, COVELLO, CASTRICONE, ALBANELLA, CAPONE, CARLONI, CARRA, CASATI, CIRACÍ, FAMIGLIETTI, FOLINO, FUCCI, GALGANO, GINOBLE, GITTI, GIULIETTI, GULLO, IACONO, KRONBICHLER, LAFORGIA, LIBRANDI, MANFREDI, MARCHI, MATARRESE, MONTRONI, PASTORELLI, SALVATORE PICCOLO, ROMANINI, ROSSI, RUBINATO, SCHULLIAN, SGAMBATO, VALERIA VALENTE, VARGIU, VIGNALI, ZACCAGNINI, ZARDINI
Modifica all'articolo 125-quater del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, in materia di recesso dai contratti di credito ai consumatori
Presentata il 20 giugno 2014


      

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Onorevoli Colleghi! Il malessere che affligge il rapporto tra banche e imprese è un fatto ormai noto ed il segnale più immediato è offerto dalla lettura dei dati relativi ai prestiti in sofferenza e alle perdite sui crediti.
      In tale contesto assume sempre più peso il fenomeno della revoca o della restrizione improvvisa del fido concesso, che determina una situazione critica irreversibile, sia per l'esigibilità del credito di restituzione, sia per l'interruzione delle fonti di liquidità.
      Il recesso ad nutum dalla linea di affidamento determina infatti, quasi sempre, l'insolvenza dell'impresa rispetto alle proprie obbligazioni, con conseguenze disastrose (impossibilità di saldare i debiti esistenti e i canoni locativi dell'azienda, blocco delle operazioni di acquisto e di vendita, inutilizzabilità del servizio relativo al rapporto interbancario diretto – RID) che possono condurre fino all'eventuale dissesto della società.
      Non vi è dubbio, allora, che la definizione delle modalità e, soprattutto, delle condizioni alle quali il recesso (giustificato o ingiustificato) deve essere esercitato rappresenta una tappa fondamentale nel processo di ricostruzione del rapporto fiduciario tra banca e impresa, che necessariamente passa attraverso la corretta valutazione della meritevolezza o del rischio del credito.
      Per quanto concerne il quadro normativo, va osservato che il codice civile, all'articolo 1845, terzo comma, prevede la possibilità per ciascuna delle parti di recedere dal contratto di apertura del credito a tempo indeterminato, dandone preavviso all'altra «nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni».
      L'articolo 125-quater, comma 2, lettera a) del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 386 del 1993 (TUB), derogando alla disposizione generale, specifica che i contratti a tempo indeterminato possono prevedere la facoltà del finanziatore di recedere «con un preavviso di almeno due mesi», da comunicare al consumatore su supporto cartaceo o altro supporto durevole (tale norma, inderogabile in quanto posta a tutela dei consumatori, è applicata anche nel caso in cui il soggetto finanziato sia una piccola o media impresa, stante l'evidente prossimità di ratio di tutela della stessa e del singolo consumatore, qualora l'affidamento appaia, in concreto, finalizzato all'ottenimento di una liquidità essenziale per la sussistenza dell'impresa). Il recesso implica l'immediata sospensione dell'utilizzo del credito.
      Nella prassi, tuttavia, le banche prevedono la clausola «fido fino a revoca», la quale attribuisce loro la facoltà di recedere in qualsiasi momento, anche con comunicazione, verbale, dall'apertura del credito.
      La presente proposta di legge, pertanto, non può che partire dal citato articolo 125-quater del TUB, che costituisce norma primaria di settore a cui la prassi, se non espressamente richiamata, deve necessariamente adeguarsi.
      Nelle ipotesi di recesso senza giusta causa, l'iniziativa si sostanzia, innanzitutto, nell'obbligo per il finanziatore di indicare chiaramente la volontà di recedere, che non può più essere dedotta implicitamente da generiche comunicazioni indicanti, ad esempio, la necessità di un «contatto» con la banca.
      Ai fini della tutela del cliente è inoltre richiesta, in conformità alla disciplina inderogabile delle norme in materia di trasparenza, la forma scritta del recesso (contrariamente a quanto previsto dalla clausola «fido fino a revoca»).
      Ad assumere particolare rilievo è anche la durata del preavviso, che passa dagli attuali due mesi a sei mesi, durante i quali la banca dovrà comunque consentire al cliente di continuare a utilizzare il credito concesso, alle condizioni originariamente pattuite.
      Così modificata, la norma appare idonea a consentire all'imprenditore o al consumatore:

          1) di cercare un'altra controparte contrattuale;

          2) di evitare ulteriori difficoltà nello svolgimento dell'attività imprenditoriale;

          3) di reperire la provvista per il saldo del conto.

      Al verificarsi di una giusta causa, invece, è prevista la sospensione immediata del credito. In tali casi, tuttavia, alla base della revoca del fido deve esservi una motivazione seria, considerate le gravi ripercussioni che l'improvvisa interruzione del flusso finanziario può avere sull'equilibrio economico dell'impresa. In particolare, la proposta di legge individua, quale giusta causa di recesso, la presenza di specifici sintomi che alterino in maniera grave e definitiva le previsioni di rischio.
      Sono da considerarsi sintomi:

          a) la presenza di finanziamenti in sofferenza;

          b) la presenza di finanziamenti con almeno 180 giorni consecutivi di esposizioni scadute o sconfinanti cumulate superiori al 5 per cento dell'intera esposizione di fine periodo;

          c) la scarsa mobilitazione del conto;

          d) la presenza di procedure monitorie o esecutive promosse da terzi nei confronti del consumatore o dell'impresa;

          e) la presenza di notizie preoccupanti circa le condizioni economiche del consumatore o dell'impresa.

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Il comma 2 dell'articolo 125-quater del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, è sostituito dai seguenti:
      «2. I contratti di credito a tempo indeterminato possono prevedere il diritto del finanziatore a recedere dal contratto con un preavviso di almeno sei mesi, comunicato al consumatore o all'impresa in forma scritta e in modo che risulti chiara ed inequivocabile la volontà di interrompere il rapporto. Nei sei mesi di preavviso, il finanziatore deve comunque consentire al consumatore o all'impresa l'utilizzo del credito concesso, secondo le condizioni originariamente pattuite.
      2-bis. Il recesso sospende immediatamente l'utilizzo del credito solo al verificarsi di una giusta causa, la quale deve essere comunicata al consumatore o all'impresa, su supporto cartaceo o altro supporto durevole, nei tre giorni successivi.
      2-ter. Costituisce giusta causa di recesso la presenza di sintomi che alterino in maniera grave e definitiva le previsioni di rischio. Sono da considerare sintomi:

          a) l'esistenza di finanziamenti in sofferenza;

          b) l'esistenza di finanziamenti con almeno centottanta giorni consecutivi di esposizioni scadute o sconfinanti cumulate superiori al 5 per cento dell'intera esposizione di fine periodo;

          c) la scarsa mobilitazione del conto;

          d) l'esistenza di procedure monitorie o esecutive promosse da terzi nei confronti del consumatore o dell'impresa;

          e) l'esistenza di notizie relative al rischio di insolvibilità determinato dalle precarie condizioni economiche del consumatore o dell'impresa».