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Atto a cui si riferisce:
C.1/00614 premesso che: il periodo di crisi economica avviatosi nel 2008 e tuttora ancora non concluso, ha provocato un duro impatto sull'economia meridionale: tra il 2007 e il 2012, il...



Atto Camera

Mozione 1-00614presentato daPALESE Roccotesto diLunedì 13 ottobre 2014, seduta n. 308

La Camera,
premesso che:
il periodo di crisi economica avviatosi nel 2008 e tuttora ancora non concluso, ha provocato un duro impatto sull'economia meridionale: tra il 2007 e il 2012, il Mezzogiorno ha perso il 10 per cento del prodotto interno lordo per un valore di circa 35 miliardi di euro: in base alle stime tale perdita, dovrebbe aumentare a 47,7 miliardi di euro (-13,5 per cento) considerando il periodo 2007-2013; una riduzione ancora più intensa (-34,3 per cento con una perdita di circa 28 miliardi) nel medesimo periodo si stima per quanto riguarda gli investimenti fissi lordi;
in tale ambito, le analisi che emergono dal «Rapporto Svimez» per il 2014 sullo stato dell'economia del Mezzogiorno, ribadiscono una situazione di estrema gravità, in cui si evidenzia un quadro nazionale diviso e disuguale, tra le due aree del Paese, ove la parte meridionale scivola sempre più nell'arretramento: nel 2013 il divario del PIL pro capite è tornato ai livelli di dieci anni fa, negli anni di crisi 2008-2013 i consumi delle famiglie sono crollati quasi del 13 per cento, gli investimenti nell'industria addirittura del 53 per cento, i tassi d'iscrizione all'Università sono tornati ai primi degli anni duemila e per la prima volta, il numero di occupati ha sfondato al ribasso la soglia psicologica dei 6 milioni, il livello più basso dal 1977;
al rischio di desertificazione industriale e umana per intere aree meridionali: dalla Campania, alla Sicilia, connesso al processo emigratorio che risulta essere inarrestabile (dal 2001, al 2011 1,5 milioni di individui sono emigrati verso il Centro-Nord di cui 188 mila laureati) si associano elementi socioeconomici di evidente debolezza, determinati dal calo delle nascite (nel 2013 si sono registrate solo 180mila nascite, un livello che riporta al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l'unità d'Italia) e dall'aumento della povertà assoluta (2,3 milioni di individui, pari a circa il 50 per cento del totale delle persone che vivono nella povertà assoluta in Italia, le cui conseguenze hanno determinato un calo generale della domanda interna con ulteriori effetti negativi sull'attività economica delle imprese), nonché dal persistente calo della spesa pubblica e degli investimenti in particolare quelli infrastrutturali;
le manovre di finanza pubblica e di politica economica, effettuate in particolare dai Governi Monti e Letta, rapportate al PIL, hanno gravato più nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord (secondo le stime contenute nel medesimo documento di previsione territoriale), considerato che nel 2015, il valore cumulato della spesa pubblica sarà ridotto del doppio rispetto al Centro-Nord: ovvero il 6,2 per cento contro il 2,9 per cento, penalizzando le aree territoriali interessate, in particolare per quanto riguarda le spese in conto capitale, che rappresentano una delle poche variabili in grado di stimolare la crescita dell'economia meridionale, già strutturalmente meno capace di agganciare la ripresa;
le difficoltà economiche e finanziarie determinate in particolare dagli effetti del credit crunch del sistema delle imprese e della famiglie meridionali e la stretta dei bilanci pubblici si sono riflesse sulla dinamica occupazionale;
l'emorragia della perdita di posti di lavoro rilevata trimestralmente dai principali organismi di rilevazione statistica e di ricerca, evidenzia nel complesso, che tra il 2007 e il 2013 il Mezzogiorno ha registrato la perdita di 617mila occupati: un calo del numero di occupati che conferma un quadro allarmante e con pochi precedenti, proseguito anche nel corso del primo trimestre del 2014, quando sono stati registrati oltre 100mila occupati in meno rispetto alla media del 2013 e addirittura 170mila occupati in meno rispetto all'anno precedente;
il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno cresciuto al 19,7 (all'11 per cento nel 2007), superiore sia al valore medio italiano (12,2 per cento) sia a quello dell'Unione europea a 28 (10,8 per cento), nel corso dei primi tre mesi del 2014 ha fatto segnare un ulteriore peggioramento (21,7 per cento nel Mezzogiorno e 13,6 per cento in Italia); in tale ambito la fascia della popolazione maggiormente colpita dalla crisi occupazionale risulta essere quella giovanile (nel 2007, il tasso di disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno era pari al 32,3 per cento, a differenza del 2013 che è aumentato al 51,6 per cento, interessando un giovane su due) e considerando i dati relativi al primo trimestre dell'anno che mostrano un ulteriore peggioramento (60,9 per cento per il Mezzogiorno e 46 per cento per l'Italia), emerge nel complesso uno scenario di estrema preoccupazione sia economica che, dei rischi di destabilizzazione di ogni forma di coesione e tenuta sociale per le aree territoriali del Mezzogiorno;
il drastico calo di investimenti pubblici, manifestati dall'alleggerimento della spesa in conto capitale ridotta nel Mezzogiorno a 5 miliardi di euro (periodo 2009-2013) tornata ai livelli del 1996, che ha contribuito ad una diminuzione degli appalti pubblici, che quelli privati, diminuiti oltre il 34 per cento, dal 2007 al 2013, con punte superiori al 45 per cento, nell'industria in senso stretto (periodo 2007-2012), secondo il check up Confindustria – Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno), sullo stato di salute dell'economia meridionale, configura una situazione paradossale, se si considerano le difficoltà economiche che suggerirebbero l'opportunità di una azione pubblica decisamente anticiclica;
a tal fine, risulta ancor più grave il ritardo nell'utilizzo delle risorse del complesso della politica di coesione e della mancata incisività dell'Agenzia per la coesione, la cui leva tecnica utilizzata per monitorare la spesa ed intervenire in casi di inerzia, avviata dal Governo Letta e proseguita dal presente esecutivo Renzi, prosegue con estrema lentezza ed inefficienza;
le risorse del Piano d'azione coesione e del Fondo sviluppo e coesione, che ammontano a circa 20 miliardi di euro relative al ciclo dei fondi strutturali 2007-2013 da utilizzare entro il 31 dicembre 2015, di cui 5 miliardi di euro in capo alle amministrazioni centrali che su alcuni programmi segnano il passo al pari delle regioni Campania, Sicilia e Calabria, ribadiscono sia le persistenti difficoltà nelle procedure di utilizzo dei fondi, che al contempo, l'esigenza e la necessità d'introdurre in tempi rapidi misure di accelerazione volte a utilizzare le risorse non spese a favore dell'economia del Mezzogiorno e del tessuto imprenditoriale e sociale investito da una crisi senza precedenti dopo la seconda guerra mondiale;
il rischio della perdita di circa 6-7 miliardi di euro, secondo le recenti affermazioni del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega ai fondi comunitari, evidenzia infatti, come nell'attuale stagione di crescita mancata, la restituzione in sede europea dei fondi non utilizzati comprometterebbe fortemente, la credibilità dell'azione del Governo e dell'intero Paese, aumentando il gap di competitività con l'Europa;
nello scenario consolidato in cui si muove il Mezzogiorno ampiamente caratterizzato da risultati negativi: ridimensionamento della struttura imprenditoriale, perdita di occupati, ridotta capacità di produrre, ripresa dell'emigrazione (con conseguente invecchiamento della popolazione), peggioramento della qualità della vita, ove la spesa corrente ha ripreso a crescere e quella pubblica per gli investimenti ha proseguito il suo andamento declinante, la politica di coesione, riveste un ruolo decisivo e fondamentale, in grado di invertire addirittura la tendenza da negativa a positiva;
le elaborazioni predisposte dalla Svimez e da altri organismi di ricerca e di analisi delle politiche sociali ed economiche per il Mezzogiorno, confermano infatti che se per ipotesi si riuscissero a spendere tutte le risorse tecnicamente disponibili l'impatto potenziale sul PIL nell'intere macro-aree del meridione sarebbe pari all'1,3 per cento, determinando 34 mila nuovi posti di lavoro nel 2014, 282.400 nel 2015;
un utilizzo pieno ed efficace delle risorse per la politica di coesione, comunitarie e nazionali, rappresenta a tal fine, un'occasione unica per promuovere la ripresa degli investimenti, anche e soprattutto nella prospettiva della programmazione 2014 – 2020, per rilanciare l'economia del Mezzogiorno, le cui regioni sono strutturalmente più legate ai flussi di domanda interna, sia pubblica (investimenti pubblica amministrazione e consumi collettivi), che ai consumi delle famiglie, come dimostrato in dati decrescenti in Campania e Sicilia;
a tal fine per favorirne l'utilizzo, appare necessario, una risoluzione in ambito europeo, connessa alle criticità derivanti dal vincolo del Patto di stabilità, che escluda il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali e il Fondo sviluppo e coesione dal calcolo del Patto di stabilità interno, non conteggiando la spesa per investimenti, almeno quelli cofinanziati, nella spesa considerata per gli obiettivi di deficit;
le pressioni e le titubanze dimostrate dal Governo Renzi, sia in ambito europeo che nazionale, sulla definizione concreta dei meccanismi di flessibilità nell'attuazione del Patto e di una più rigorosa programmazione delle risorse del Fondo di coesione e sviluppo, impongono una più marcata attenzione da parte del Parlamento, affinché non si disperdano le ingenti risorse a disposizione, al fine di garantire che ogni euro speso costituisca un effettivo volano di sviluppo per l'auspicata ripresa economica delle regioni del Mezzogiorno;
interventi da parte delle amministrazioni centrali e regionali volti ad accelerare la spesa delle risorse residue della programmazione 2007-2013, a cui affiancare in parallelo azioni per un rapido avvio della nuova programmazione 2014-2020 che può mobilitare, risorse per oltre 60 miliardi di euro, di cui una rilevante parte per le macro-aree meridionali, risultano a tal fine urgenti e prioritari, in considerazione peraltro del semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo, come peraltro ribadito dall'Agenda strategica per l'Unione europea;
il monitoraggio volto a definire la conclusione dell'Accordo di partenariato con la Commissione europea unitamente a tutti i programmi operativi presentati, da parte delle regioni e delle amministrazioni centrali, al fine di avviare, concretamente, la spesa già dal primo gennaio 2015 appare altresì indifferibile, per rivedere le strategie d'indirizzo e utilizzare il potenziale della politica di coesione in favore delle aree interessate;
iniziative amministrative e finanziarie, per accelerare l'utilizzo delle risorse vecchie e nuove del Fondo per lo sviluppo e la coesione e del Piano d'azione coesione, che integrano e completano, anche dal punto di vista tematico, le risorse dei fondi strutturali, per favorire la competitività del tessuto produttivo e migliorare la dotazione infrastrutturale e di servizi, per sostenere l'istruzione e le competenze dei cittadini meridionali, non potranno a tal fine che innestare un processo favorevole, sebbene graduale in termini di ripresa sociale ed economica dell'Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e recuperare e valorizzare un patrimonio naturale, turistico e culturale che costituisce nell'insieme la maggiore risorsa inutilizzata;
l'azione di intervento dell'Agenzia per la coesione, attualmente inefficace e ritardata, come in precedenza richiamato, necessita di essere sollecitata, non solo per assicurare l'utilizzo dei fondi non utilizzati, necessari per il riequilibrio territoriale degli investimenti pubblici, ma per favorire la ripartenza dell'intero Mezzogiorno;
il proseguimento della ridefinizione dei programmi comunitari avviato con Piano di azione coesione concordato negli anni precedenti con la Commissione europea, dall'ex Ministro per gli affari regionali e la coesione territoriale Raffaele Fitto e proseguito dal medesimo Dicastero guidato da Fabrizio Barca, all'interno del quale indicare le priorità d'intervento e soprattutto di revisione dei meccanismi di attribuzione dei fondi, nonché di accorciare i tempi che intercorrono tra decisioni programmatiche ed attuazione degli interventi, rappresenta una linea di continuazione indispensabile per l'impatto che l'utilizzo che i fondi strutturali avrà sull'economia del Mezzogiorno,

impegna il Governo

ad intervenire in tempi rapidi al fine di accelerare le procedure di utilizzo dei Fondi europei del ciclo 2007-2013 dei residui di spesa non utilizzati delle regioni del Mezzogiorno;
a porre in essere misure più incisive in grado di migliorare l'attività dell'Agenzia per la coesione, le cui difficoltà operative e di monitoraggio, nell'attività di spesa e soprattutto di esercizio dei poteri sostituivi in caso di inoperosità, si sono dimostrate nel corso del 2014 manifestamente evidenti;
ad intervenire in sede comunitaria, affinché nell'ambito del pacchetto legislativo sulla coesione 2014 – 2020 si confermi l'esclusione del calcolo al Patto di stabilità e crescita, il cofinanziamento nazionale alla politica di coesione, in coerenza peraltro con la risoluzione approvata dal Parlamento europeo dell'8 ottobre 2013, «sugli effetti dei vincoli di bilancio per le autorità regionali e locali con riferimento alla spesa di Fondi strutturali dell'Unione europea negli Stati membri»;
ad intervenire altresì in sede comunitaria, al fine di introdurre in favore della Campania e delle altre regioni del Mezzogiorno, una serie di misure, anche in via temporanea, di carattere eccezionale, sia di alleggerimento fiscale e contributivo, che finanziarie in grado di rilanciare l'economia reale del meridione, in considerazione della fase socioeconomica di estrema emergenza che investe le macro-aree delle regioni interessate;
ad adottare ulteriori iniziative, per quanto di competenza, volte a tutelare il tessuto socioeconomico delle famiglie e delle imprese, specie nel Mezzogiorno, dagli effetti del credit crunch, la cui contrazione creditizia ha contribuito a determinare un impatto sul PIL fortemente negativo;
ad invertire le linee di indirizzo e di programmazione nei confronti del Mezzogiorno, ribadite peraltro dall'assenza di interventi degni d'importanza all'interno della nota di aggiornamento del DEF, la cui politica economica e industriale, a distanza di quasi nove mesi dall'insediamento del Governo, si sta dimostrando estremamente deludente ed inefficace come dimostrato dai principali indicatori statistici ed economici;
a prevedere infine interventi ad hoc nell'ambito del disegno di legge per la stabilità per il 2015, in coerenza con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato, in favore della Campania e delle altre regioni del Mezzogiorno, per sostenere le famiglie e le imprese, ed evitare che gli effetti derivanti dalle manovre di finanza pubblica degli anni precedenti, che hanno concorso a penalizzare in maniera significativa l'economia meridionale, possano configurarsi anche in questa occasione.
(1-00614) «Palese».