• Testo MOZIONE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.1/00063 premesso che: sull'art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53 (che attribuisce ai pubblici ufficiali ivi espressamente previsti la competenza ad eseguire le autenticazioni delle firme dei...



Atto Senato

Mozione 1-00063 presentata da RICCARDO NENCINI
martedì 11 giugno 2013, seduta n.038

NENCINI, MATTESINI, LANIECE, DI GIORGI, BUEMI, LONGO Fausto Guilherme, FRAVEZZI, MARTINI, D'ADDA - Il Senato,

premesso che:

sull'art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53 (che attribuisce ai pubblici ufficiali ivi espressamente previsti la competenza ad eseguire le autenticazioni delle firme dei sottoscrittori delle liste e candidature), vi è storicamente una divergenza di interpretazioni tra il Ministero della giustizia ed il Ministero dell'interno: il primo ha espresso il parere secondo il quale i predetti pubblici ufficiali dispongono del potere di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente nel territorio di competenza dell'ufficio di cui sono titolari. Al contrario il Ministero dell'interno, che sovrintende alle operazioni elettorali per gli enti locali ed appresta la struttura di supporto, ha sostenuto che "per quanto concerne il potere di autenticazione demandato dal citato art. 14 anche ai Consiglieri provinciali e comunali che comunichino la propria disponibilità rispettivamente al presidente della provincia e al sindaco, si fa presente che tale potere, non essendo stato espressamente limitato dalla legge, può essere esercitato dai consiglieri in carica anche se candidati alle prossime consultazioni elettorali. Analogamente, in mancanza di contraria disposizione normativa, i consiglieri provinciali e comunali sono competenti ad eseguire le autenticazioni di cui si tratta indipendentemente dal tipo di elezione per la quale le sottoscrizioni vengono raccolte. Si raccomanda in particolare che, nell'espletamento delle suddette funzioni, tutti i pubblici ufficiali autenticanti adottino ogni misura organizzativa idonea ad assicurare pienamente la più assoluta parità di trattamento nei confronti di tutte le forze politiche che intendono partecipare alla competizione: ciò risulta fondamentale al fine di garantire il godimento più diffuso dell'elettorato passivo costituzionalmente tutelato" (circolare del Ministero dell'interno 11 febbraio 2008, n. 7);

in mancanza di contraria disposizione normativa, le proposte de iure condendo vanno tutte in direzione dell'interpretazione estensiva, senza ritenere cioè necessario precisare una delimitazione territoriale in ordine al "consigliere provinciale o consigliere comunale che abbia comunicato la propria disponibilità rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco" (si veda anche l'art. 1 del disegno di legge 2039, d'iniziativa dei senatori Poretti e Perduca, comunicato alla Presidenza del Senato il 25 febbraio 2010, recante "Disposizioni per l'autenticazione delle firme negli atti presentati agli uffici elettorali");

il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 8 maggio 2013, n. 2501, ha innovato in via perentoria, dichiarando che il consigliere comunale esercita il potere di autentica delle sottoscrizioni esclusivamente in relazione alle operazioni elettorali dell'ente nel quale opera ovvero in relazione alle altre riguardo alle quali l'art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, glielo attribuisce, "esclusivamente nei limiti della propria circoscrizione elettorale ed in relazione alle operazioni elettorali dell'ente nel quale opera". Di conseguenza il ius novorum - secondo il quale il consigliere di un ente locale non è legittimato ad autenticare le firme degli elettori e dei candidati di una competizione elettorale al quale l'ente in cui sono incardinate le sue funzioni sia estraneo, come in quelle per il rinnovo del consiglio di altro comune per il consigliere comunale o di altra provincia per il consigliere provinciale - ha colpito situazioni di raccolta firme già in essere, o addirittura già completate, come quelle attinenti alla tornata elettorale del 26 maggio 2013;

va evidenziata l'estrema opinabilità di una pronuncia che comprime la parità di trattamento nei confronti di tutte le forze politiche che intendono partecipare alla competizione: ciò non solo va contro ogni considerazione di opportunità (aver stabilito una sorta di gerarchia tra i soggetti concorrenti, a danno in particolare delle liste appartenenti a coalizioni di soggetti nuovi, fu motivo del proprio voto contrario espresso dal senatore Labellarte, della "Rosa nel pugno", in sede di approvazione della delibera 1° febbraio 2006 presso la Commissione bicamerale per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi), ma mette seriamente a rischio la fairness della competizione elettorale (il che è sintomo della violazione dell'articolo 3 del Primo Protocollo alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), in quanto non può dirsi che il sacrificio sia proporzionato sotto il profilo della diversa considerazione delle forze politiche) e sancisce di fatto la primazia autenticatoria di soggetti in conflitto di interessi almeno potenziale, cioè i consiglieri comunali uscenti e quindi potenzialmente appartenenti a soggetti politici già competitors nell'elezione in questione;

adottare come linea di condotta amministrativa una pronuncia non resa dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato non solo appare prematuro, ma, se applicato alle situazioni di raccolta firme già avvenute prima dell'8 maggio, costituisce una classica situazione che ricade sotto la nozione di ignorantia legis prodotta da errore scusabile, di cui alla sentenza della Corte costituzionale 24 marzo 1988, n. 364: una previsione di pura creazione (neppure legislativa, ma) giurisprudenziale non solo non può produrre, per i fatti anteriori, disvalore giuridico, ma (Cassazione, 5 settembre 1995, Nitti) rappresenta la classica situazione di buona fede amministrativa che esclude qualsivoglia coscienza dell'antigiuridicità,

impegna il Governo:

1) a diramare tassative disposizioni a tutti i prefetti - competenti sui territori in cui si sono svolte elezioni amministrative fino al 26 maggio 2013 - invitandoli a non promuovere azioni di decadenza di amministratori comunali eletti in quelle tornate elettorali, laddove siano fondate su un'applicazione della sentenza 8 maggio 2013, n. 2501, della Sez. V del Consiglio di Stato;

2) nel caso in cui venga proposta azione popolare di accertamento in sede giurisdizionale ai sensi dell'articolo 70 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, a costituirsi in giudizio a favore dell'amministratore eletto in virtù di una candidatura sottoscritta con modalità di autenticazione fondate sull'interpretazione sostenuta dal Ministero dell'interno nella citata circolare del 2008;

3) ad addebitare ai componenti dei consigli comunali, che, in sede di proclamazione degli eletti, dovessero procedere retroattivamente ad applicare la sentenza 8 maggio 2013, n. 2501, della Sez. V del Consiglio di Stato, il costo della costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato nell'eventuale contenzioso giurisdizionale, che scaturirebbe dalla decadenza dell'amministratore locale eletto alle elezioni amministrative fino al 26 maggio 2013, ascrivendone gli oneri processuali alla responsabilità contabile dei componenti che abbiano votato a favore;

4) ad emanare una circolare interpretativa che chiarisca, a decorrere dalla data di sua entrata in vigore, la disciplina per i futuri casi di raccolta delle firme, per le elezioni delle tornate successive a quella del 26 maggio 2013.

(1-00063)