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Atto a cui si riferisce:
C.1/00644 premesso che: il 2 settembre 2014 in occasione dell'apertura della kermesse «Pizza Village» di Napoli, il già Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Pecoraro...



Atto Camera

Mozione 1-00644presentato daMONGIELLO Colombatesto diGiovedì 23 ottobre 2014, seduta n. 316

La Camera,
premesso che:
il 2 settembre 2014 in occasione dell'apertura della kermesse «Pizza Village» di Napoli, il già Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Pecoraro Scanio, insieme all'associazione «Pizziauoli Napoletani» hanno lanciato la petizione popolare sulla piattaforma «Change.org», con la quale si chiede all'Unesco di inserire l'arte della pizza napoletana nella speciale lista del patrimonio culturale immateriale che necessita di essere urgentemente salvaguardato. Ad oggi sono già state raccolte oltre 30.000 firme per sostenere la petizione e per sollecitare il consiglio direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco ad indicare nella sua prossima seduta del marzo 2015 la designazione dell'arte della pizza napoletana quale patrimonio immateriale dell'umanità;
va fatto presente al riguardo che il 26 Marzo 2011 è stato presentato ufficialmente il dossier di candidatura dell'Arte della Pizza al Segretariato del Patrimonio Culturale immateriale di Parigi, ma dal 2012 l'Unesco ha cambiato procedura e chiede ai singoli paesi di segnalare un solo dossier ogni anno per il patrimonio immateriale e quindi l’iter di esame dossier relativo all'arte della pizza napoletana quale patrimonio immateriale dell'umanità non è stato più avviato essendo rimasto in una fase di sospensione;
nel corso del Forum internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione di Cernobbio, svoltosi nel mese di ottobre 2014, è stata messa in atto una importante iniziativa promossa dalla federazione agricola Coldiretti, volta a sensibilizzare il pubblico sui gravi danni che la speculazione alimentare arreca al patrimonio enogastronomico, storico e culturale della tradizione italiana;
il caso posto all'attenzione dell'opinione pubblica è stata la perdita dell'identità culturale e dell'originarietà che subisce la pizza napoletana sui mercati, soprattutto su quelli internazionali;
è stato realizzato un classico esempio di pizza napoletana taroccata con «Pomarola» del Brasile, olio «Pompeian» del Maryland e «Zottarella» venduta in Germania, ma anche pelati San Marzano fatti in California, messa a confronto con la tradizionale ed autentica pizza napoletana e rispetto alla quale ha perso rovinosamente il confronto;
all'estero però la pizza napoletana è costantemente sotto attacco da parte di speculatori, di atti di pirateria alimentare e spesso di frodi che rischiano di compromettere la reputazione e la rinomanza di questo gioiello della cultura e della tradizione agroalimentare italiana;
tratta di un rischio diffuso all'estero ma anche di una effettiva opacità di conoscenza presente pure in Italia, dove, secondo la predetta confederazione agricola, quasi due pizze su tre (63 per cento) sono ottenute da un insieme di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori;
secondo la Coldiretti troppo spesso si riscontrano prodotti preparati con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell'extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale. In Italia sarebbero stati importati nel 2013 — secondo la Coldiretti ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero con una tendenza all'aumento del 20 per cento nei primi due mesi del 2014. Una mole di materia prima che avrebbe purtroppo compromesso notevolmente l'originalità Made in Italy del prodotto servito nelle 50 mila pizzerie presenti in Italia che generano un fatturato stimato di 10 miliardi, ma non offrirebbero effettive garanzie al consumatore sulla provenienza degli ingredienti utilizzati;
in realtà un primo riconoscimento della propria tradizionalità la pizza napoletana l'ha già conseguito nel 2010 con la registrazione a livello comunitario della STG, specialità tradizionale garantita ai sensi del Regolamento (UE) n. 97/2010;
il regolamento in questione ha riconosciuto la specificità della ricetta della pizza napoletana la cui comparsa può essere fatta risalire ad un periodo storico che si colloca tra il 1715 ed il 1725. L'Oritano Vincenzo Corrado, Cuoco generale del Principe Emanuele di Francavilla, in un trattato sui cibi più comunemente utilizzati a Napoli, dichiara che il pomodoro veniva impiegato per condire la pizza e i maccheroni, accomunando due prodotti che hanno fatto nel tempo la fortuna di Napoli e la sua collocazione nella storia della cucina. Da ciò si riconduce la comparsa ufficiale della «pizza napoletana», un disco di pasta condito con il pomodoro;
numerosi sono i documenti storici che attestano che la pizza è una delle specialità culinarie di Napoli, e lo scrittore Franco Salerno afferma che tale prodotto è una delle più grandi invenzioni della cucina napoletana;
gli stessi dizionari della Lingua italiana e l'Enciclopedia Treccani parlano specificatamente di pizza napoletana. E il termine pizza napoletana viene citato addirittura in numerosi testi letterari. Le prime pizzerie, senza dubbio, sono nate a Napoli e fino a metà del 900 il prodotto era un'esclusiva di Napoli e delle Pizzerie. Fin dal 1700 erano attive nella città diverse botteghe, denominate «pizzerie», la cui fama era arrivata sino al re di Napoli, Ferdinando di Borbone, che per provare questo piatto tipico della tradizione napoletana, violò l'etichetta di corte entrando in una tra le più rinomate pizzerie. Da quel momento la «pizzeria» si trasformò in un locale alla moda, luogo deputato alla esclusiva preparazione della «pizza». Le pizze più popolari e famose a Napoli erano la «marinara» nata nel 1734 e la «margherita» del 1796 — 1810, che venne offerta alla Regina d'Italia in visita a Napoli nel 1889 proprio per il colore dei suoi condimenti (pomodoro, mozzarella e basilico) che ricordano la bandiera dell'Italia;
nel tempo le Pizzerie sono nate in tutte le città d'Italia e anche all'estero, ma ognuna di queste, se sorta in una città diversa da Napoli, ha sempre legato la sua stessa esistenza alla dizione «Pizzeria Napoletana» o, in alternativa, utilizzando un termine che potesse rievocare in qualche modo il suo legame con Napoli, dove da quasi 300 anni questo prodotto è rimasto pressoché inalterato. Nel 1984 nel mese di maggio, quasi tutti i vecchi pizzaioli napoletani procedettero alla stesura di un breve disciplinare firmato da tutti e registrato con atto ufficiale davanti al notaio Antonio Carannante di Napoli;
il termine «Pizza Napoletana» nei secoli si è talmente diffuso che ovunque, anche fuori dall'Europa, dall'America Centro Settentrionale (ad esempio Messico e Guatemala) all'Asia (ad esempio Thailandia e Malesia), pur non avendo in alcuni casi cognizione della collocazione geografica della città di Napoli, conoscono il prodotto in argomento con il nome di «Pizza Napoletana»;
purtroppo, nonostante il riconoscimento della STG e pur in presenza di un notevole patrimonio storico e culturale, la pizza napoletana, come evidenziato, rischia di perdere la propria identità soprattutto all'estero, dove tra l'altro le protezioni previste dai regimi comunitari per la tutela delle denominazioni di origine e per la tutela delle specialità tradizionali dei prodotti agroalimentari non hanno potere giurisdizionale;
uno strumento formidabile per superare tale criticità di protezione e per assicurare una elevata ed effettiva tutela della originarietà della vera pizza napoletana potrebbe essere quello del riconoscimento da parte dell'Unesco dell'Arte della Pizza Napoletana quale bene immateriale dell'umanità. Con tale riconoscimento si garantirebbero i consumatori sull'autenticità del prodotto e si farebbe anche definitivamente chiarezza sull'origine italiana degli ingredienti e sulle modalità di preparazione della pizza;
l'iscrizione, da parte dell'Unesco, dell'arte della pizza napoletana nella Lista del patrimonio culturale immateriale che necessita di essere urgentemente salvaguardato, avrebbe un valore straordinario per l'Italia essendo il Paese dove è più radicata la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell'identità nazionale ma sarebbe anche un modo straordinario per garantire l'origine nazionale degli ingredienti e l'effettività delle modalità di lavorazione della pizza napoletana quali elementi peculiari della nostra storia e criterio di distintività nei confronti della concorrenza sleale;
l'Unesco da oltre trent'anni sta operando per salvaguardare i valori delle manifestazioni culturali dell'uomo, sia se trattasi di beni del patrimonio materiale e naturale, sia se si tratta del patrimonio culturale immateriale. In tale ambito, nel 1972, ha approvato la Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e dei beni naturali, mentre nel 2003 ha approvato la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale;
con i cambiamenti geopolitici in atto, con l'estensione dell'economia di mercato, con le possibilità di riproduzione digitale ed il rapidissimo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e della riproduzione non naturale delle biodiversità, è aumentato anche il fabbisogno di misure efficaci volte a tutelare ed a preservare la cultura tradizionale e in questo senso l'Unesco ha inteso adottare uno strumento giuridico vincolante per darvi riscontro;
la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale è stata adottata il 17 ottobre 2003, nel corso della 32a sessione della Conferenza Generale dell'Unesco ed è entrata in vigore il 20 aprile 2006, dopo tre mesi dalla data di deposito del trentesimo strumento di ratifica. L'Italia ha ratificato la Convenzione ai sensi della legge 27 settembre 2007, n. 167;
in base alla Convenzione del 2003, il patrimonio culturale immateriale, definito anche «patrimonio vivente», è considerato la base della diversità culturale e la sua tutela rappresenta la garanzia di continuità della creatività umana. Essa ha lo scopo di contribuire agli sviluppi socioeconomici duraturi e di rafforzare le identità culturali;
gli scopi della Convenzione sono assicurare il rispetto per il patrimonio culturale immateriale delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati e di promuovere la cooperazione internazionale;
il patrimonio tutelato dalla Convenzione, inoltre, è tradizionale e vivente e comprende prassi, conoscenze e capacità, nonché gli strumenti, gli oggetti, i prodotti ad esse collegati;
rientrano nell'ambito degli oggetti della Convenzione le conoscenze agricole ed alimentari tradizionali, spesso di rilevanza fondamentale per lo sviluppo sostenibile ed anche in quanto sono costantemente ricreati in risposta all'ambiente ed alla interazione con la natura e la storia, dando un senso di identità e di continuità;
la Convenzione istituisce una Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità, per garantire maggiore visibilità a tale patrimonio e una Lista del patrimonio culturale che necessita di una salvaguardia urgente i cui elementi sono inseriti non già sulla base di un loro straordinario od universale valore, ma per il fatto che siano rappresentativi della creatività e della diversità culturale dell'umanità o che esprimano il patrimonio immateriale di gruppi e comunità;
la Convenzione accorda agli Stati contraenti la possibilità di chiedere l'iscrizione delle voci dei loro patrimoni nella lista patrimonio culturale immateriale che necessita di essere urgentemente salvaguardato e fornisce l'assistenza internazionale per la realizzazione di programmi e progetti mettendo a disposizione un Fondo per finanziarli;
l'arte della pizza napoletana può rientrare nel patrimonio culturale immateriale oggetto della Convenzione dell'Unesco,

impegna il Governo

a sostenere in tutte le sedi allo scopo competenti l'iscrizione dell'arte della pizza napoletana nella lista del patrimonio culturale immateriale che necessita di essere urgentemente salvaguardato di cui alla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell'Unesco.
(1-00644) «Mongiello, Palma, Carloni, Sgambato, Monaco, Montroni, Mazzoli, Mognato, Terrosi, Martelli, Realacci, Chaouki, Grassi, Cenni».