• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00500 premesso che: l'applicazione delle direttiva nitrati (91/676/CEE) che l'Italia ha adottato nel 2006 a seguito di una procedura di infrazione per mancato recepimento, ha comportato...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00500presentato daCAON Robertotesto diMartedì 28 ottobre 2014, seduta n. 319

La XIII Commissione,
premesso che:
l'applicazione delle direttiva nitrati (91/676/CEE) che l'Italia ha adottato nel 2006 a seguito di una procedura di infrazione per mancato recepimento, ha comportato l'obbligo da parte di tutte le regioni di predispone specifici piani di azione, che definiscono quantitativi, modalità e periodi per la distribuzione dei fertilizzanti, e di perimetrare le «zone vulnerabili ai nitrati» che hanno compreso la totalità dei comprensori nazionali a più alta vocazione zootecnica. In queste aree, la possibilità di utilizzare azoto organico sui terreni viene ridotta della metà, passando dai 340 kg/ha/anno delle aree «non vulnerabili» alla quantità di 170 kg/ha/anno delle «aree vulnerabili»;
nel 2011, al termine di un negoziato che si è protratto per oltre due anni, la Commissione Europea ha autorizzato una deroga ad un gruppo di regioni della pianura padana (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto) che sono state autorizzate ad elevare la quantità di azoto utilizzabile nelle aree vulnerabili, su richiesta dei singoli agricoltori e sotto condizioni di gestione molto rigorose e stringenti, da 170 a 250 kg/ha/anno;
i parametri di utilizzo dell'azoto organico sui terreni previsti dalla direttiva nitrati sono molto stringenti e, all'epoca dell'emanazione della direttiva, calcolati facendo riferimento alle condizioni pedoclimatiche e zootecniche delle regioni del nord Europa. A titolo di esempio, è stato possibile dimostrare che nelle zone della pianura padana le condizioni di gestione imposte per la deroga permettono di migliorare il livello di assorbimento dell'azoto rispetto ai parametri della direttiva, pur in presenza di un incremento da 170 a 250 kg/ha (+ 50 per cento circa). Da rilevare poi che la medesima direttiva, pur precisando limiti così stringenti per l'azoto organico, nulla dice dell'utilizzo dell'azoto chimico, sostanzialmente libero;
in realtà, sulla base di ricerche condotte dalla regione Lombardia con l'università di Milano, la sovrapposizione della mappa delle zone vulnerabili con quella dei punti di superamento della concentrazione dei nitrati rivela che ci sono intere zone designate che non presentano alcun superamento della soglia dei 50 mg/l, necessaria a giustificare la designazione come vulnerabile dell'area. Altre aree mostrano, invece, un diffuso superamento della soglia dei 50 mg/l, ma non risulta che rivesta un ruolo realmente significativo il carico zootecnico, quanto, invece, la pressione delle acque reflue urbane in relazione alle criticità depurative o delle acque reflue di origine industriale;
ciò nonostante, la perimetrazione delle aree vulnerabili copre ampie aree del nord Italia, mettendo in enorme difficoltà le attività di allevamento, pur in presenza di una concentrazione urbana ed antropica che ha certamente effetti importanti e decisivi sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee, tenuto anche conto come l'Italia sia stata condannata per avere omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire il rispetto delle prescrizioni comunitarie riguardo agli scarichi civili ed industriali (sentenza della Corte di Giustizia, 10 aprile 2014 – causa C-85/13 Commissione europea/Italia);
nell'area padana, ma non solo, le aziende agricole non sono in condizione di rientrare in tempi brevissimi neppure nei parametri di deroga (e tanto meno nei parametri delle aree vulnerabili), in quanto mancano letteralmente superfici agricole in quantità sufficiente a sostenere il carico zootecnico, che peraltro non potrebbe essere distribuito in misura sostanziale nelle altre aree del Paese;
l'articolo 36, comma 7-ter, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 pone a carico delle regioni e delle province autonome l'obbligo di provvedere all'aggiornamento delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, secondo quanto concordato sulla base dell'Accordo Stato-regioni, stipulato il 5 maggio 2011 ed in conformità ai criteri ivi indicate;
l'accordo citato, in particolare, prevedeva, tra l'altro, la predisposizione di uno studio da parte di ISPRA, finalizzato alla verifica della congruità dell'attuale perimetrazione rispetto ai monitoraggi ed alla definizione dei carichi inquinanti attribuibili ai diversi settori civili e produttivi, per una razionale ed equa ripartizione delle rispettive responsabilità e dei conseguenti oneri. La norma assegnava alle regioni ed alle province autonome il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (termine scaduto il 18 marzo 2013), prevedendo che, in caso di inerzia degli enti competenti, il Governo dovesse esercitare il potere sostitutivo entro un anno dalla data di entrata in vigore della medesima legge di conversione (termine scaduto il 18 dicembre 2013). La decorrenza infruttuosa dei termini lascia irrisolto il problema della necessaria rivisitazione delle zone vulnerabili e dei relativi criteri di individuazione, con conseguenze onerosissime sulle imprese agricole che operano all'interno dei territori designate;
Ispra, in attuazione dell'Accordo, ha avviato gli studi e, a febbraio 2014, ha prodotto i primi risultati. Obiettivo del lavoro è stato quello di predispone un quadro sinottico complessivo, per cinque regioni indagate (Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna), della potenziale pericolosità sino alla scala comunale, a cui sono esposte le acque sotterranee in ragione delle pressioni esercitate sul suolo dal territorio e da alcune attività antropiche;
dai primi risultati prodotti, applicando differenti metodologie di analisi, è emerso che circa il 50 per cento del territorio può essere descritto da un basso grado di pericolo e che la maggior parte del territorio, indipendentemente dal grado di pericolo ad esso associabile, è prevalentemente soggetto alla presenza di sorgenti multiple. Il quadro sinottico complessivo evidenzia, inoltre, come il contributo «prevalente» di natura «zootecnica», così come soprattutto quello «civile» interessino non più del 10 per cento delle superfici regionali (tranne nel Piemonte in cui il primo raggiunge il 19 per cento), né interessano le aree esposte a pericolo alto ed elevato d'impatto, se non per limitatissime percentuali delle superficie regionale in Piemonte ed in Lombardia. Tale risultato evidenzia la non attribuibilità a tali tipologie di sorgenti, cioè allo «zootecnico prevalente» ed al «civile prevalente», di una comunemente e aprioristicamente assunta, unica e significativa responsabilità del processo di contaminazione da nitrati;
nella sostanza, quindi, il settore agricolo, ancora oggi, paga un prezzo pesantissimo in termini di limitazioni e costi produttivi e della sovrapposizione, nei valori rilevati dalle analisi periodicamente comunicate alla Commissione europea, degli scarichi civili con quelli agricoli;
la ricerca nel campo propone sempre diverse e più efficaci tecnologie per la gestione degli effluenti di allevamento e per il miglioramento dell'efficienza della gestione delle componenti azotate nelle aziende agricole;
le possibili soluzioni alla problematica degli eccessi di nutrienti sul territorio incidono anche per gli aspetti economici sull'economia dell'azienda;
ultimamente alcune tecnologie avanzate utilizzano specifici prodotti nelle lettiere per neutralizzare i nitrati e arrivano ad abbattere anche del 50 per cento le componenti azotate degli effluenti con significative riduzioni dei costi di gestione delle aziende;
l'articolo 26 del decreto ministeriale 7 aprile 2006 prevede che nel periodo dal 1o novembre al 28 febbraio sia vietato lo spandimento degli effluenti zootecnici e delle acque reflue nonché dei concimi azotati e degli ammendanti organici di cui alla legge n. 748 del 1984, quindi all'interno di un periodo di 120 giorni sono previsti 90 di blocco;
è in corso da alcuni anni, ma in particolare dal maggio 2014, la revisione del suddetto decreto ministeriale riguardo una significativa modifica del fermo invernale, che prevede una apertura al digestato equiparabile, elaborata dalle regioni e condivisa dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sottoposta ora al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
il 5 agosto 2014 si è svolta una riunione del tavolo nitrati nazionale nella quale sembrava in dirittura di arrivo la modifica al decreto e che sarebbe stato esaminato in conferenza Stato regioni entro il mese di settembre. Al momento, però, questo non è ancora avvenuto e quindi c’è il rischio fondato che le regole da applicare al prossimo divieto invernale siano quelle in vigore e non quelle nuove proposte,

impegna il Governo:

individuare ed attuare efficaci strumenti per garantire la proporzionalità e l'adeguatezza delle misure di contenimento dell'apporto di nitrati applicate al settore agricolo;
ad adottare le opportune iniziative per promuovere tecniche innovative per l'abbattimento dei nitrati provenienti dalla gestione degli effluenti di allevamento, allo scopo di prevenire i rischi di inquinamento del territorio e delle falde derivanti dall'attività agraria, con costi sostenuti per le aziende;
ad intervenire affinché si proceda, in tempi utili per consentire alle regioni di applicarlo prima dell'inizio della brutta stagione, alla revisione del decreto ministeriale 7 aprile 2006 per le parti di interesse delle imprese agricole allo scopo di dare maggiore elasticità alle aziende nel periodo invernale;
a porre in essere le seguenti azioni prioritarie:
a) assicurare tramite lo studio ISPRA, la tempestiva analisi dell'inquinamento da nitrati e delle fonti di pressione, distinguendo la responsabilità del sistema agricolo rispetto ai sistemi civili ed industriali;
b) ad assumere ogni iniziativa di competenza per la tempestiva revisione dell'estensione delle aree vulnerabili basata su dati scientifici innovativi ed aggiornati, da presentare alla Commissione europea;
c) assumere un'iniziativa normativa, in modo da inserire, tra i criteri di riferimento per la perimetrazione delle zone vulnerabili, l'obbligo di valutazione, da parte delle regioni, delle concorrenti fonti di pressione;
d) provvedere ad una revisione, delle modalità di calcolo degli apporti di azoto provenienti dalle diverse tipologie di allevamento, definendo le riduzioni percentuali da applicare in caso di accertata concorrenza di altri fattori di pressione;
e) sollecitare l'Unione europea, al fine di rivedere, sulla base dei dati scientifici oggi disponibili e dei monitoraggi effettuati puntualmente negli ultimi venti anni, la direttiva 91/676/CEE, distinguendo i limiti in funzione almeno delle macro regioni agricole europee;
f) provvedere alla revisione del programma nazionale nitrati, in modo da aggiornarne le opzioni alla realtà tecnologica attuale ed ai dati oggi disponibili e dare finalmente il via, d'intesa tra i Ministeri coinvolti, a semplificazioni e razionalizzazioni normative anche funzionali alla realizzazione degli investimenti necessari, da inserire nelle previsioni dei piani di sviluppo rurale regionali.
(7-00500) «Caon, Guidesi».