• Testo ODG - ORDINE DEL GIORNO IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.9/02629-AR/0 ... premesso che: nel presente decreto «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere...



Atto Camera

Ordine del Giorno 9/02629-AR/024presentato daSANI Lucatesto diMartedì 28 ottobre 2014, seduta n. 319

La Camera,
premesso che:
nel presente decreto «Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive» (AC 2629) sono presenti norme relative alle bonifiche ambientali ed alla sicurezza di siti contaminati;
sul territorio italiano a partire dal secondo dopoguerra, comparti tradizionali della produzione industriale hanno subito significative trasformazioni e pesanti contrazioni; in alcuni casi attività caratteristiche di territori geograficamente, marginali hanno subito il sostanziale abbandono;
un esempio rappresentativo di questo progressivo abbandono è costituito dalle attività estrattive e di processo connesse con l'industria mineraria del nostro Paese. In poco più di un decennio, tra la fine degli anni ’70 e l'inizio degli anni ’90 del secolo scorso, questo comparto industriale è pressoché scomparso dal panorama produttivo nazionale. Con la chiusura delle miniere è venuta a mancare non solo una parte dell'economia, ma si è conclusa una storia produttiva che in Italia, per continuità e per concentrazione, ha attraversato i millenni e segnato le trasformazioni sociali, dall'antichità fino alla fase contemporanea. Le miniere, il loro sfruttamento, gli insediamenti connessi ad esso, la lavorazione dei metalli sono state e inevitabilmente continuano ad essere, parti costitutive dell'identità e della storia nazionali;
giacimenti minerari, miniere antiche e moderne, impianti e architetture della produzione, insediamenti umani e paesaggi che conservano le tracce antiche e recenti della storia della lavorazione dei metalli racchiudono dunque un valore storico, sociale e costituiscono un patrimonio culturale da valorizzare;
tuttavia, a causa della rapidità e della vastità dei processi di dismissione delle attività industriali, gli strumenti, le metodologie e le strutture materiali connesse alla produzione, sono inevitabilmente soggette ad abbandono;
esiste dunque il rischio concreto che il significato storico e sociale delle attività estrattive, le potenzialità di valorizzazione culturale delle tradizioni e dei luoghi, l'equilibrio ambientale, connesso con la messa in sicurezza delle miniere, vengano compromessi;
un rischio aggravato dal fatto che ancora oggi in Italia si stenta ad attribuire valore culturale alle testimonianze delle produzioni in generale e di quella mineraria in particolare, che pure sono state determinanti per la storia e le trasformazioni del territorio: sviluppo e declino di antiche città in epoca classica, nascita e abbandono di villaggi minerari medioevali, sviluppo e declino della moderna industria metallurgica e siderurgica, ma anche imponenti trasformazioni del paesaggio, arte e produzione monumentale sono tutti episodi connessi allo sfruttamento delle risorse minerarie e alla lavorazione dei metalli che, nei secoli, hanno concorso a configurare l'economia, la storia sociale e urbanistica, la cultura e le tradizioni di buona parte del nostro Paese;
poiché la vastità dei processi di dismissione e la complessità strutturale dei luoghi edificati a fini industriali, così come del sottosuolo, non consentono l'integrale conservazione dei beni minerari, occorre definire un quadro legislativo finalizzato a conoscere approfonditamente il patrimonio archeo-minerario, catalogarne gli elementi costitutivi, analizzarne i profili di interesse culturale. Dunque, in prima istanza, selezionare siti, impianti, architetture e paesaggi d'interesse storico per i quali è necessario intervenire con gli strumenti propri della tutela e della valorizzazione;
in mancanza, in forma sistemica, di un indirizzo legislativo di livello nazionale, sono state numerose le iniziative locali volte alla conservazione della cultura archeo-mineraria. In alcuni casi sono state le regioni a promuovere ricerche sulle attività minerarie dismesse con lo scopo di suscitare attenzioni di tipo storico e possibili processi di recupero turistico-culturale;
nel corso degli anni ottanta e novanta del secolo scorso, ad esempio, la regione Toscana, con la collaborazione delle università presenti sul territorio regionale, ha promosso un'importante ricognizione dei siti minerari e mineralogici finalizzata alla sensibilizzazione delle comunità locali sulla consistenza e sull'importanza di questo patrimonio. La regione Sardegna, con la collaborazione dell'Ente minerario sardo, in occasione della Conferenza generale dell'Unesco tenutasi a Parigi nel novembre 1997, ha proposto l'inserimento del parco geominerario storico e ambientale della Sardegna nella rete mondiale dei geositi e dei geoparchi;
nel corso degli anni novanta e nei primi anni duemila si sono registrate, inoltre, iniziative diffuse in molte zone d'Italia (come ad esempio Piemonte, Lombardia, Toscana, Sardegna, Marche, Sicilia) con l'obiettivo di mantenere viva la memoria del lavoro minerario, prefigurando possibili scenari di recupero e di valorizzazione di tipo culturale;
queste iniziative, che prendono consistenza anche sotto il profilo della forma organizzativa e della gestione, con una pluralità di modelli che vanno da atipici parchi istituiti con decreti nazionali, a consorzi di enti, alle società per azioni, fino a semplici associazioni, si sono comunque concretizzate in assenza di un quadro legislativo nazionale di riferimento che ne potesse orientare forme organizzative e strumenti operativi, a partire dal mancato riconoscimento del valore culturale delle testimonianze delle attività minerarie;
soltanto nel 2004, con il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i siti minerari d'interesse storico ed etnoantropologico sono stati indicati tra i beni culturali da tutelare (articolo 10, comma 4, lettera h);
la mancanza, però, di un quadro conoscitivo specifico da parte degli organi statali di questo settore fa si che ancora oggi, a distanza di dieci anni dall'approvazione del citato codice, pochissimi siano stati i beni e i siti effettivamente vincolati;
si tratta di lacune che richiedono un impegno straordinario dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali territoriali per colmare i vuoti legislativi e, soprattutto, per avviare il censimento, la valutazione e l'apposizione dei vincoli sul patrimonio archeo-minerario d'interesse culturale e paesaggistico di cui ancora disponiamo. Questo censimento rappresenta inevitabilmente un'azione propedeutica ed un punto di partenza imprescindibile per costruire una normativa organica di riferimento per l'intero comparto;
in questo contesto va inoltre sottolineato come i soggetti pubblici che hanno intrapreso le iniziative di valorizzazione non dispongono comunque di specifici strumenti per la tutela dei beni che si propongono di salvaguardare. Se si escludono i siti minerari d'interesse storico, infatti, non esistono adeguate disposizioni legislative a supporto dei soggetti istituzionali che hanno l'obiettivo di tutelare i parchi minerari;
negli anni scorsi, in mancanza di una normativa organica, sono stati comunque istituiti, attraverso singoli decreti ministeriali, alcuni parchi di carattere «minerario»:
il Parco tecnologico ed archeologico delle Colline Metallifere Grossetane (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 28 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 9 maggio 2002);
il Parco museo minerario delle miniere di zolfo delle Marche (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 20 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 7 luglio 2005);
il Parco museo delle miniere dell'Amiata (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 28 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2002);
il Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna (istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 16 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2001);
in questo contesto è significativo rimarcare che uno degli obiettivi prioritari dei parchi sopracitati sia stato quello di promuovere e realizzare la messa in sicurezza, il recupero dei manufatti e la tutela ambientale dei siti minerari dismessi. Non va infatti dimenticato che, in molte occasioni, l'istituzione di un parco minerario è stata il punto di arrivo di una complessa, strutturata e multifunzionale azione di recupero e bonifica di un ex sito produttivo. Un sito che diviene al tempo stesso testimone storico e culturale di un paesaggio antropizzato ed una opportunità di crescita e sviluppo economico e sociale in un territorio legato alle sue nuove e riscoperte peculiarità paesaggistiche, ambientali e faunistiche; complice una rinnovata e moderna interazione sostenibile fra uomo ed ambiente;
va comunque specificato che tali organismi, pur godendo del riconoscimento di parchi nazionali, sono però estranei alla legge quadro nazionale sui parchi (Legge numero 394 del 1991), concepita per la tutela delle aree protette intese sostanzialmente come luoghi per la conservazione degli elementi naturali e della biodiversità: paesaggi, beni forestali, aree umide, fauna;
tali tipologie di siti, al contrario, sembrano escludere, concettualmente, gli assetti territoriali scaturiti da attività produttive di tipo minerario, nate per interessi di natura economica e che hanno concorso in modo spesso dirompente ad alterare la «naturalità» del territorio;
si tratta invece di aree che, con un'accezione più ampia di quella connessa alla sola naturalità dei beni protetti, possono tuttavia configurarsi come paesaggi antropizzati che meritano di essere tutelati per il loro valore storico-documentale e per le profonde interazioni tra il lavoro e le trasformazioni ambientali che questi rappresentano (oltre che per le grandi potenzialità di sviluppo sociale, economico ed occupazionale dei territori di riferimento);
appaiono, quindi, evidenti i limiti della legislazione nazionale del settore che, anche quando ha previsto la possibilità di istituire parchi minerari, non ha concesso la possibilità a questi enti di approvare un proprio piano, prevalente su quello dei comuni che ricadono nel perimetro del parco. Anche i parchi minerari, dunque, a differenza dei parchi istituiti ai sensi della legge numero 394 del 1991, non dispongono di uno strumento autonomo di pianificazione e di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico per il quale sono stati istituiti;
emerge con tutta la sua urgenza, anche la necessità di colmare la lacuna normativa dei parchi minerari istituiti con decreti ministeriali attraverso il pieno riconoscimento di tali siti quali parchi nazionali, ai sensi della legge numero 394 del 1991, consentendo a tali istituzioni una dotazione di strumenti finanziari, direttivi e di programmazione stabili nel tempo per poter elaborare un piano gestionale, di attività e di recupero concreto, efficace e strutturato;
sono presenti attualmente in Parlamento numerosi provvedimenti che prevedono modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394. In particolare l'iter dei seguenti testi è in avanzata fase di discussione presso le Commissioni competenti;
alla Camera dei deputati: «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014 – AC numero 2093 presentato dal governo)»;
al Senato della Repubblica: «Nuove norme in materia di parchi e aree protette (AS numero 1034)»,

impegna il Governo

a favorire il pieno riconoscimento legislativo e giuridico dei «parchi geominerari» di interesse nazionale, assicurando gli strumenti normativi ed i finanziamenti necessari atti a promuoverne le attività complessive, al fine di consentire una programmazione funzionale delle attività e delle finalità degli enti stessi anche per ciò che concerne la completa bonifica dei territori interessati sui cui ricadevano siti minerari inquinanti.
9/2629-AR/24. Sani, Dallai, Arlotti.