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Atto a cui si riferisce:
C.5/03894 a ottobre 2012 il Governo italiano ha aderito insieme ad altri dieci Paesi membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia,...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 30 ottobre 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze)
5-03894

Con il documento di sindacato ispettivo in oggetto, l'onorevole interrogante, tenuto conto che l'Italia ha aderito insieme ad altri 10 Paesi Membri dell'Unione Europea al progetto di cooperazione rafforzata, autorizzata dal Consiglio Economia e Finanza dell'Unione europea il 22 gennaio 2012, per l'introduzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie, chiede di conoscere lo stato di avanzamento delle procedure negoziali preordinate all'accordo sul disegno della prima fase della tassa sulle transazioni finanziarie in termini di base imponibile, principi di tassazione, nonché volte alla definizione del processo, relativo al graduale allargamento della menzionata imposta nelle fasi successive ed alla definizione del comune impegno degli Stati per la destinazione del relativo gettito per le politiche di lotta alla povertà, di aiuto allo sviluppo e di lotta ai cambiamenti climatici a livello internazionale.
Preliminarmente giova ricordare, che la proposta di cooperazione rafforzata sopra menzionata è stata presentata su richiesta di undici Stati membri, tra i quali l'Italia, a seguito dell'impossibilità, accertata nel 2012 dal Consiglio dell'Unione europea e dal Consiglio Europeo, di raggiungere un accordo unanime in tempi ragionevoli sulla proposta di direttiva mirante ad introdurre l'imposta in oggetto in tutti i Paesi dell'Unione.
Come evidenziato dall'onorevole interrogante, dieci degli undici Stati cooperanti hanno sottoscritto, in occasione della riunione Ecofin del 6 maggio 2014 uno statement congiunto nel quale hanno affermato la volontà di dare vita ad un regime armonizzato di tassazione delle transazioni finanziarie attraverso il raggiungimento di un possibile accordo di compromesso entro la fine del 2014, per la successiva implementazione a partire dal 1o gennaio 2016.
Gli Stati cooperanti hanno, inoltre, stabilito di voler implementare in maniera progressiva l'imposta in questione, allo scopo di valutarne in itinere gli impatti economici, concentrandosi in una prima fase sulla tassazione delle azioni e di alcuni strumenti derivati.
L'Italia ha assunto la Presidenza del Consiglio dell'Unione europea il 1o luglio scorso e, di conseguenza, in tal data ha iniziato a coordinare i lavori relativi al dossier in oggetto.
È opportuno precisare che l'approvazione della proposta darebbe vita al primo esempio di cooperazione rafforzata in ambito fiscale, e che, a livello nazionale, con legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013), è già stata introdotta una forma di tassazione delle transazioni finanziarie.
Ciò premesso, occorre segnalare che il dossier sull'imposizione in esame, per il suo carattere innovativo, è fortemente avversato da alcuni Paesi non cooperanti.
Al riguardo, è utile ricordare che il 30 aprile 2014 la Corte di giustizia ha rigettato il ricorso del Regno Unito, motivato dalla presunta portata extraterritoriale del tributo, per l'annullamento della decisione di autorizzazione della cooperazione rafforzata, affermando che l'atto impugnato non contiene alcun elemento sostanziale della futura imposta. Il Regno Unito ha tuttavia preannunciato un nuovo ricorso laddove la direttiva approvata rischi di recare danno al mercato unico.
In ragione della forte connotazione politica del dossier, della preesistenza di forme di prelievo sulle transazioni finanziarie in alcuni Paesi cooperanti e dei rischi di delocalizzazione connessi alla limitata estensione geografica della cosiddetta area FTT, formata dagli undici Paesi cooperanti, il contesto negoziale si presenta, pertanto, assai complesso.
L'Italia, sin dalla sua presentazione, ha assunto un ruolo attivo sia per quanto riguarda la discussione della proposta sui tavoli tecnici, sia da un punto di vista politico. Assumendo la Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, pur essendosi modificato il suo ruolo istituzionale, il Governo italiano ha continuato ad attribuire grande importanza al dossier in esame, lavorando all'individuazione di possibili soluzioni di compromesso in coordinamento con le istituzioni dell'Unione interessate.
In particolare, gli sforzi della Presidenza si concentrano attualmente sulla definizione del campo di applicazione dell'imposta nella prima fase di implementazione, alla luce dello statement congiunto di maggio, e del principio di tassazione da applicare.
Con riferimento al campo di applicazione dell'imposta, sono stati fatti progressi rispetto all'individuazione delle tipologie di azioni da assoggettare a tassazione. La Presidenza sta inoltre lavorando per facilitare il raggiungimento di un consenso sull'individuazione degli strumenti derivati da assoggettare a tassazione nella prima fase di applicazione dell'imposta.
Con riguardo alla scelta del principio di tassazione da utilizzare, è emerso un largo consenso tra gli Stati cooperanti per l'utilizzo combinato dei principi del luogo di residenza delle parti e del luogo di emissione dello strumento, sebbene non sia stato ancora raggiunto un accordo circa le modalità di interazione di tali principi.
Al prossimo Consiglio dei ministri economici e finanziari (ECOFIN) del 7 novembre 2014 il dossier sulla nuova imposta figurerà in agenda per una valutazione dello stato dell'arte delle discussioni.
Inoltre, deve precisarsi che, come anzidetto, l'attenzione degli Stati è attualmente concentrata sulla definizione degli elementi strutturali dell'imposta; pertanto non è stata ancora avviata una discussione sostanziale sulla destinazione del gettito, che, sulla base dell'idea originaria della Commissione, avrebbe dovuto dar vita ad una nuova risorsa propria dell'Unione europea.
Infine, il Dipartimento del tesoro fa presente che ferma è la posizione di escludere la tassazione degli scambi di titoli di Stato sul mercato secondario, tanto dalla prima fase, quanto in futuri possibili allargamenti dell'ambito di applicazione della tassa, e di escludere, altresì, tutte le transazioni che possano avere impatti sul mercato dei titoli di Stato stessi.
Ciò al fine di salvaguardare i relativi collocamenti, evitando gli incrementi dei tassi di interesse che sarebbero causati dall'incidenza della tassa stessa. Infatti, essa graverebbe in definitiva sull'emittente, anche riducendo la liquidità e l'efficienza del mercato secondario.