• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.6/00096 esaminata la Relazione recante variazione alla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2-ter); premesso che: dopo le richieste di...



Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00096presentato daSCOTTO Arturotesto diGiovedì 30 ottobre 2014, seduta n. 321

La Camera,
esaminata la Relazione recante variazione alla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2-ter);
premesso che:
dopo le richieste di chiarimento da parte della Commissione dell'Unione europea, il Governo ha ulteriormente accentuato il carattere recessivo della manovra di finanza pubblica accettando nei fatti una correzione del deficit di «poco superiore allo 0,3 per cento», anche se da altri documenti risulterebbe essere pari a circa lo 0,4 per cento (0,38 per cento = 1,6 miliardi (0,1 per cento) + 4,5 miliardi (0,28 per cento);
la diminuzione del deficit atteso per il 2015, rispetto a quanto indicato nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014 e dunque pari a circa 4,5 miliardi;
l'indebitamento netto diminuisce dal 2,9 per cento del PIL al 2,6 per cento (forse sarebbe meglio dire al 2,5 per cento), mentre il debito salirebbe per il 2015 dal 131,6 per cento del PIL al 133,4 per cento. L'indebitamento netto strutturale nel 2015 diverrebbe di poco superiore a 0,3 punti percentuali del PIL;
dopo i fuochi d'artificio del Premier contro l'Europa dei burocrati al Consiglio Europeo della scorsa settimana la verità alla fine emersa; il Governo italiano ha scelto di seguire i diktat dell'Europa modificando sensibilmente la legge di Stabilità. Dopo la lettera alla Unione europea, il Documento di Economia e Finanza è ulteriormente cambiato e gli obiettivi sono altri;
si tratta di una sconfitta del Governo Renzi che aveva provato a trattare con l'Europa i dati del deficit. Trattativa respinta dall'Unione europea ed ora il Governo ha scelto la strada del rispetto delle politiche di austerità e di quei parametri in altre occasioni definiti «stupidi»;
lo slittamento al 2017 del pareggio di bilancio non rappresentava, in realtà una vera sfida alla Commissione europea come lo è la decisione francese di mantenere il deficit sopra il 4 per cento per i prossimi anni;
la Francia ha infatti dichiarato che non rientrerà nei limiti del deficit del 3 per cento fino al 2017, l'Italia è vicina a sforarlo anche se continua ad affermare che lo rispetterà. La Banca centrale europea è da tempo ben sotto all'obiettivo dell'inflazione al 2 per cento a cui è vincolata dal suo mandato. La Germania è in surplus commerciale eccessivo. Tutte le parti coinvolte sono in evidente difetto rispetto alle regole che si sono collettivamente e consensualmente date;
la decisione francese, se assecondata da una analoga presa di posizione del Governo italiano, poteva rappresentare una grande opportunità per rimettere in discussione la parte fiscale dei trattati europei. Il Governo italiano ha preferito adattarsi alle indicazioni, forse sarebbe meglio chiamarle diktat, di alcuni funzionari europei. L'unico risultato ottenuto, in tempi di deflazione e recessione, è che il deficit calerà in misura minima ma continueranno a crescere lo stock del nostro debito. È stata persa una occasione storica forse irrepetibile;
si pone, inoltre, con drammaticità ed urgenza in Europa il terna dell'elezione democratica degli organismi europei, ad iniziare dalla stessa Commissione, da parte del Parlamento;
sono previste le seguenti modifiche al disegno di legge di Stabilità 2015:
l'utilizzo dei 3,3 miliardi assegnati per il 2015 al Fondo per la riduzione della pressione fiscale;
l'estensione del meccanismo dell'inversione contabile per l'IVA al settore della grande distribuzione, subordinata al rilascio di una deroga da parte dell'Unione europea, e di conseguenza, una ulteriore clausola di salvaguardia in materia di aliquote Iva e di accise pari a circa 730 milioni a decorrere dal 2015;
l'ulteriore riduzione delle risorse per il cofinanziamento dei fondi strutturali europei di circa 500 milioni;
di fatto, stante l'incertezza sui risultati dei tagli previsti alle spese e sull'entità effettiva del recupero di risorse provenienti dalle misure di contrasto all'evasione, la manovra finirà per contenere una clausola di salvaguardia «monstre» che scatterà dal 2016 e che si aggiunge a quella già prevista dal Governo Letta in termini di aumenti di imposte (la quale prevede, al netto dei 3 miliardi inglobati nei saldi dell'attuale legge di stabilità, 4 miliardi per il 2016 e 7 miliardi a decorrere dal 2017);
in pratica, si tratterà di ottenere con aumenti dell'Iva e delle accise e con tagli alle detrazioni d'imposta, risorse per 730 milioni nel 2015, 17.130 milioni nel 2016, 25.530 milioni nel 2017 e 29.130 milioni nel 2018. La clausola se esercitata avrebbe un forte effetto recessivo di diversi punti di PIL nel triennio 2016-2018 dovuta ad una contrazione complessiva di consumi ed investimenti per alcuni miliardi;
in pratica, la manovra, non volendo affrontare una vera discussione sulla revisione dei parametri di bilancio stabiliti dalla Unione europea, rinvia ai prossimi anni le scelte più dolorose ed impegnative;
l'ulteriore riduzione delle risorse per il cofinanziamento dei fondi strutturali europei di circa 500 milioni penalizza ancora una volta il Mezzogiorno, mentre, come certifica l'ultimo Rapporto dello SVIMEZ, in 5 anni le famiglie del Sud in stato di povertà assoluta sono più che raddoppiate, le imprese chiudono e l'emigrazione continua a ritmi spaventosi. Nel nostro Mezzogiorno siamo al settimo anno di recessione, il PIL è in caduta libera, solo una giovane donna su cinque lavora, sono crollati gli investimenti e la discesa dell'occupazione non conosce fine;
la variazione alla Nota di aggiornamento del DEF 2014 poteva essere, inoltre, l'occasione per correggere quanto contenuto nella tabella n. 1 della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc. LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) ovvero la tabella delle revoche e delle riassegnazioni della legge obiettivo ove compare come reimpiego di legge, l'assegnazione alla Società Stretto di Messina SpA (decreto-legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102 del 3 agosto 2009) di una quota pari a 1 miliardo e 287 milioni di euro (segnatamente 1.287.324.000 euro), chiarendo in via definitiva che l'attuale Esecutivo non intende in alcun modo riaprire il dossier «Ponte sullo Stretto di Messina».
per avviare a soluzione una crisi economico finanziaria dai disastrosi effetti sociali che dura ormai da più di Otto anni, un periodo talmente lungo che il sistema capitalistico non ha mai affrontato prima, è necessario adottare misure shock sul piano economico che mal si conciliano con un misero allentamento della stretta di bilancio e con il solo slittamento al 2017 del pareggio di bilancio. Ben altre sarebbero le soluzioni che però trovano ostacoli insormontabili nelle troppo rigide regole europee non più al passo con la situazione profondamente cambiata e che richiederebbero una forte e reale flessibilità temporanea concordata, almeno sul rispetto del rapporto deficit/Pil, per un reale rilancio economico e produttivo salvaguardando nel contempo l'occupazione e i diritti fondamentali del lavoro;
il Documento di Economia e Finanza, dunque, dopo la Nota di aggiornamento e dopo la variazione della Nota di aggiornamento, rimane sempre di più dentro la cornice delle politiche di austerità caratterizzate in modo significativo dalla precarizzazione del lavoro, dalle privatizzazioni e dai tagli alla spesa pubblica;
non approva la Relazione recante variazione alla Nota di aggiornamento del DEF 2014 (Doc. LVII, n. 2-ter) ed impegna il Governo a riaprire una vera trattativa con la Commissione europea nei termini illustrati in premessa.
(6-00096) «Scotto, Marcon, Melilla, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Matarrelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti».