• Testo DDL 1606

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Atto a cui si riferisce:
S.1606 Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico e urgenti misure per la pianificazione di Protezione civile nell'area flegrea e vesuviana


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1606
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatori PEPE, SOLLO, SPILABOTTE, Eva LONGO, CAPACCHIONE, CASALETTO, BOCCHINO, BENCINI, GAMBARO, Giuseppe ESPOSITO, CAMPANELLA, BIGNAMI e Maurizio ROMANI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 SETTEMBRE 2014

Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico e urgenti misure per la pianificazione delle attività di protezione civile nell'area flegrea e vesuviana

Onorevoli Senatori. -- Come certamente è noto a tutti, la provincia di Napoli è caratterizzata da un elevatissimo rischio vulcanico determinato, principalmente, dal Vesuvio e dai Campi Flegrei. Meno nota, forse, è la scandalosa situazione della pianificazione dell'emergenza per queste aree, nonostante siano passati diciannove anni dalla trionfalistica presentazione del «Piano Vesuvio» (avvenuta nel lontano 25 settembre 1995), nonostante i 18 milioni di euro di fondi FESR che, proprio in questi giorni, la regione Campania sta erogando a pioggia ai comuni per dotarsi di un piano di protezione civile e nonostante l'ennesima ciclopica deresponsabilizzante «Commissione» prospettata dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2014 recante «Disposizioni per l'aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico del Vesuvio», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12 maggio 2014.

I perché non sia stato ancora varato un piano di protezione civile degno di questo nome sono molti.

Intanto, così come è stato per la questione rifiuti, l'emergenza vulcanica per molti è un problema ma per qualcuno sembra essere una risorsa e, in assenza di un preciso quadro che individui responsabilità, compiti e tempi per portarla a termine, la pianificazione dell'emergenza vulcanica nell'area napoletana è diventata in questi diciannove anni un mero paravento per assunzioni, spese incontrollate, ineffabili e costose esercitazioni di protezione civile, consulenze, corsi di formazione, studi e progetti di ricerca che servono, talvolta unicamente, ad allungare i curriculum accademici.

Questo andazzo ha avuto, e continua ad avere, come premessa una situazione unica al mondo: l'inesistenza di una qualsiasi struttura delegata alla redazione del Piano. Può apparire incredibile che in un Paese come il nostro -- dove ogni frana, ogni alluvione è pretesto per far spuntare l'immancabile commissariato straordinario, gonfio di impiegati e risorse -- non esista né al Dipartimento della protezione civile, né all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, né al Ministero dell'interno, né alla prefettura -- Ufficio territoriale del Governo di Napoli, né alla regione Campania, né alla provincia di Napoli eccetera -- un qualsivoglia ufficio preposto alla pianificazione dell'emergenza vulcanica nell'area vesuviana e flegrea. Ma così è, e a differenza di quanto avviene all'estero dove i piani di emergenza (firmati da un responsabile, collaudati spesso da una società di certificazione esterna e tradotti in disposizioni legislative e normativa) prevedono precise disposizioni (che devono essere attuate da precisi soggetti, secondo precise modalità) per il «Piano Vesuvio» (e per il pochissimo che è stato fatto, per il «Piano Campi Flegrei»), da diciannove anni, miriadi di commissioni, comitati, sottocomitati, strutture universitarie, orde di consulenti ed «esperti» riempiono carte con considerazioni che rimandano ad ulteriori studi e approfondimenti da realizzarsi, di scarsa o nessuna utilità in caso di emergenza. Non a caso, come è stato fatto notare da numerosi sindaci di queste aree, nessuna indicazione concreta sul «che fare» in caso di emergenza o di allarme è stata data alle comunità locali, niente è stato fatto per identificare le aree e gli alloggi destinati ad accogliere gli evacuati in caso di emergenza mentre la Conferenza Stato-regioni -- indetta finalmente, il 6 febbraio 2014, dopo appena diciannove anni di attesa, per definire la predisposizione degli indirizzi operativi (e altre fumisterie) del «Piano Vesuvio» ancora oggi non ha dato alcun convincente riscontro all'obiezione dell'ANCI che chiedeva per quale motivo si pretende di evacuare preventivamente, disseminandole in tutte le regioni d'Italia, centinaia di migliaia di persone per affrontare una situazione di indeterminato «allarme vulcanico» che, così come è stato per il bradisismo di Pozzuoli del 1982-83 può durare anche anni.

Tra l'altro, questa pretesa militaresca dell'evacuazione preventiva di tutta l'area a rischio e l'imposizione per la pianificazione dell'emergenza di un unico scenario di riferimento (quello dell'eruzione catastrofica del 1631 che -- sia ben chiaro -- nessun vulcanologo né, tanto meno, l'INGV dichiara caratterizzerà il prossimo risveglio del Vesuvio) è uno dei motivi che impediscono una seria pianificazione dell'emergenza Vesuvio. Ovviamente non deve spettare ad un parlamentare dettare le direttive per un lavoro così complesso e difficile quale la pianificazione dell'emergenza Vesuvio. Non si può, comunque, qui non evidenziare come questa pretesa di scegliere arbitrariamente l'eruzione più catastrofica tra le tante che ha conosciuto il Vesuvio (attivo, ininterrottamente dal 1631 al 1944, pur conoscendo l'area in questi tre secoli e mezza una progressiva urbanizzazione) e la velleità di fare conseguentemente allontanare preventivamente, non si sa per quanto tempo e a centinaia di chilometri di distanza, più di un milione di persone, se certamente è la scelta più deresponsabilizzante, per chi dovrà gestire l'emergenza, è una direttiva clamorosamente difforme da quella che regola la pianificazione dell'emergenza, vulcanica in molte aree urbanizzate del pianeta. Quasi dappertutto, infatti, di fronte all'insorgere di anomalie strumentali o di fenomeni (quali l'intensificarsi di fumarole, bradisismi, terremoti eccetera) che possono lasciar presagire una eventuale attività eruttiva esterna, si privilegia un allontanamento selettivo della popolazione: prima i degenti, poi -- se è si prospetta un peggioramento della situazione -- le persone anziane, poi -- eventualmente -- famiglie con bambini, poi -- eventualmente -- ampie fasce di popolazione che vengono comunque alloggiate, temporaneamente, non già a centinaia di chilometri di distanza ma a ridosso dell'area considerata a rischio.

Come già detto, finora la rigidità della pianificazione dell'emergenza Vesuvio imperniata su un solo arbitrario scenario eruttivo e su una sola strategia in diciannove anni ha prodotto non già piani di emergenza ma solo studi. Ed è una strada che rischia oggi di essere ripercorsa con lo studio di L. Gurioli e altri, Pyroclastic flow hazard assessment at Somma-Vesuvius based on the geological record, che, dal gennaio 2014, viene spacciato come «il nuovo Piano Vesuvio al quale tutti i comuni devono adeguarsi». E se a questo si aggiunge la dichiarazione di Franco Gabrielli, capo della Protezione civile: «È inutile stare nell'attesa messianica di un piano nazionale da parte del governo centrale. Il piano nazionale non è altro che la risultanza dei piani di settore che ciascuna istituzione deve fare» («Il Mattino» dell'11 gennaio 2014) ci sarebbe da domandarsi sconsolati a cosa mai possa servire la pioggia di euro che la regione Campania sta disseminando oggi nell'area vesuviana e flegrea per la realizzazione dei piani comunali di protezione civile.

Ma se la riproposizione degli stessi sbagli e della stessa faciloneria rischia di rimandare di altri decenni il varo di un valido Piano Vesuvio (per quanto riguarda i Campi Flegrei, siamo ancora all'anno zero, al pari del Piano di emergenza vulcanica per l'isola di Ischia) altrettanto desolante è l'inesistenza di una qualsiasi pianificazione territoriale finalizzata alla mitigazione del rischio vulcanico. Del non disprezzabile «Progetto Vesuvia» (che, tramite una politica di incentivi si prefiggeva di ridurre la presenza antropica nell'area vesuviana), trasferito dalla regione Campania, che lo aveva varato nel 2002, alla Provincia di Napoli, si sono perse ormai le tracce; e le uniche opere di «mitigazione» del rischio vulcanico oggi proposte sono la costruzione di nuove strade per garantire la fuga che -- oltre ad istituzionalizzare la pericolosa credenza di una eruzione come evento improvviso e immediatamente distruttivo -- finiranno per trasformarsi in nuovi assi di urbanizzazione.

E così, in assenza di un qualsiasi valido strumento di pianificazione, nonostante il mare di chiacchiere sull'importanza della prevenzione, la provincia di Napoli -- vede il sorgere dell’Ospedale del Mare (che dovrebbe inglobare ben quattro attuali ospedali napoletani) in un'area già percorsa dai flussi piroclastici dell'eruzione del 1631. Uguale follia nell'area flegrea: cinque milioni di metri cubi da edificare a Bagnoli, in un area identificata come «rossa» e cioè a massimo rischio vulcanico.

Ancora peggio per Pozzuoli: nel 1982, ai tempi del bradisismo, aveva 69.000 abitanti; rientrata l'emergenza, con l'edificazione del quartiere Monteruscello, il completamento di Rione Toiano il recupero del Centro storico e il proliferare dell'abusivismo, è passata agli 83.000 abitanti di oggi.

Di fronte a questa grave situazione si pone l'irrimandabile esigenza di strutturare una serie di iniziative proposte nel presente disegno di legge.

L'articolo 1 -- richiamandosi, per l'area vesuviana all'unica normativa esistente (la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2014) classifica trenta comuni, come «Aree ad elevato rischio vulcanico» per le quali sono previsti i benefici contemplati nel Programma straordinario di interventi (contemplato nell'articolo 2). Il comma 2 dell'articolo contempla, comunque una ridefinizione di questo elenco che, certamente, dovrà essere effettuata quando saranno finalmente definiti -- al pari di quanto avviene oggi per le aree a rischio sismico o idrogeologico -- differenti scenari di evento e la probabilità del verificarsi di questi.

È da sottolineare come i comuni indicati dall'articolo 1 diventano -- con i successivi articoli 3, 4, e 5 -- finalmente parte attiva nella pianificazione dell'emergenza vulcanica, cancellando quella sudditanza che, finora, li aveva relegati nel ruolo di meri esecutori di disposizioni spesso contraddittorie e stravaganti, o che, addirittura, li aveva trasformati -- nelle dichiarazioni di dirigenti della Protezione civile nazionale chiamati a rispondere sui ritardi della redazione dei piani di emergenza -- in mero «capro espiatorio».

L'articolo 2, comma 1, lettera a), istituisce il «Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico nell'area vesuviana e flegrea», della durata di cinque anni, mirante a favorire un progressivo decongestionamento dei comuni a rischio vulcanico. Come già detto, un tentativo in tal senso fu fatto nel 2002 dalla regione Campania con il varo del «Progetto Vesuvia», che ben presto naufragò tra un mare di «interventi a pioggia», anche di stampo clientelare e successiva chiusura dei fondi. La strada del diradamento della popolazione, comunque, è l'unica che può evitare che la prossima eruzione in Campania si trasformi in una catastrofe, anche economica, con un fiume di profughi alla disperata ricerca di un alloggio e di un sostentamento.

Le proposte da mettere in cantiere per garantire questo diradamento sono molte e certamente l'Ufficio speciale qui proposto per elaborarle dovrà confrontarsi con i cittadini e le istituzioni anche ai sensi della VAS (Valutazione Ambientale Strategica, ai sensi della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001). Ci permettiamo, comunque, qui di suggerire per la programmazione in questione, anche sulla scia di altre esperienze maturate all'estero, l'erogazione di incentivi per l'acquisto di case fuori dell'area a rischio, la priorità nell'assegnazione di alloggi popolari, un punteggio preferenziale nei concorsi pubblici e nei trasferimenti (per lavori da svolgersi fuori da queste aree), la gratuità dei trasporti pubblici (per chi, pur dovendo lavorare nelle aree vulcaniche, si sposta fuori zona), la creazione di reti a banda larga e altro per rendere appetibili territori oggi abbandonati, come quelle dell'entroterra campano, che potrebbero assorbire gradualmente le popolazioni vesuviane.

L'articolo 2, comma 1, alle lettere b) e c), definisce le caratteristiche dei piani di emergenza da redigere per l'area vesuviana e flegrea. Non già i vecchi corposi «studi» né «libri dei sogni» che si limitano ad auspicare iniziative e misure future, ma precisi strumenti di intervento, da rodare e migliorare con apposite esercitazioni. Piani di protezione civile che devono essere condivisi con una popolazione oggi frastornata da una percezione della minaccia vulcanica così enfatizzata che finisce per rimuovere ogni consapevolezza del rischio.

L'articolo 3 istituisce l'Ufficio di supporto all'Ufficio speciale per il Piano Vesuvio e Piano Campi Flegrei, composto da dipendenti in posizione di comando -- anche part time -- dei comuni. Un ufficio assolutamente indispensabile per far sì che il Piano di protezione civile si traduca in utile strumento per la definizione di precise iniziative da mettere in atto nei territori in caso di allarme o emergenza vulcanica.

Gli articoli 4 e 5 istituiscono un Ufficio speciale delegato alla redazione dei Piani di protezione civile e del Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico. Non crediamo, ovviamente, che problemi così complessi come la mitigazione del rischio e la pianificazione dell'emergenza Vesuvio e Campi Flegrei possano essere risolti semplicemente istituendo una nuova struttura. I problemi derivanti dalle molteplici competenze, oggi distribuite tra Dipartimento della protezione civile, Ministero dell'interno, regione Campania, provincia di Napoli (oggi Città metropolitana), prefettura di Napoli e comuni non possano continuare, comunque, ad essere sublimati con ineffabili «coordinamenti» o con elefantiaci quanto deresponsabilizzanti «comitati» (che già si sono susseguiti in questi ultimi decenni senza concludere pressoché nulla) ma devono essere affrontati da un preciso organo, con precisi compiti da attuare in precisi tempi. Si propone, quindi, una struttura agile, che può contare sul supporto di tecnici e dipendenti pubblici operanti nelle stesse aree vulcaniche, certamente capaci di un valido contributo alla pianificazione dell'emergenza, ma che finora sono stati messi da parte per far posto a sedicenti «esperti» imposti dal notabile di turno.

Di particolare importanza il comma 4 dell'articolo 4 che evidenzia come la direzione di una futura emergenza vulcanica debba restare affidata al capo del Dipartimento della protezione civile. Non si vuole, infatti qui riproporre lo stesso errore commesso nel 1981 quando, di fronte all'evidente fallimento della Direzione generale della protezione civile del Ministero dell'interno nella gestione dell'emergenza terremoto del 23 novembre 1980, fu creata ex novo una struttura parallela (affidata inizialmente a Zamberletti, trasformatasi poi in Dipartimento della protezione civile) preposta all'emergenza. Un errore che, protraendo per decenni una duplicazione delle strutture preposte sostanzialmente agli stessi compiti, è stata pagata a caro prezzo dal Paese. A tal proposito intendiamo qui ribadire che il presente disegno di legge non vuole avere alcuna valenza «punitiva» nei confronti del Dipartimento della protezione civile, preposto per legge alla redazione di Piani nazionali di emergenza ma bensì prefigurare uno straordinario e provvisorio strumento meramente organizzativo al quale il Dipartimento darà, certamente, il suo valido contributo.

Tralasciando la disamina dell'articolo 7 -- che si limita ad evitare incompatibilità con tutti i provvedimenti del presente disegno di legge -- un'ultima considerazione. Questo disegno di legge -- nato, nella sua prima stesura all'interno del Movimento Cinque Stelle ha conosciuto, grazie anche al sito http://viveretraivulcani.wordpress.com/ e al Portale LEX, una davvero esaltante partecipazione da parte di innumerevoli cittadini di ogni parte politica che ha portato, oltre ad una ristesura del testo anche alla crescita della consapevolezza per un problema finora affrontato con irrazionali paure, spesso alimentate dai mass-media. Paradossalmente, come già accennato, questa percezione porta, nella vita di tutti i giorni, alla rimozione di ogni consapevolezza del rischio. E gli stessi che oggi metterebbero a repentaglio la vita gettandosi in una folle corsa in caso di «allarme vulcanico» non hanno nessuna remora a costruirsi una casa (eventualmente abusiva) su un cratere vulcanico. Anche per questo, per continuare a vivere nell'area vesuviana e flegrea, serve una nuova cultura del territorio. Come quella insita in questo disegno di legge.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Classificazione territoriale delle aree ad elevato rischio vulcanico)

1. Ai fini dell'articolo 2, comma 1, lettera a), della presente legge, sono classificate «aree ad elevato rischio vulcanico» i territori dei seguenti comuni:

a) area vesuviana, corrispondente alla zona rossa di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2014 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12 maggio 2014): Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, Napoli (parte della circoscrizione di Barra -- Ponticelli -- San Giovanni a Teduccio), Nola, Ottaviano, Palma Campania, Poggiomarino, Pollena Trocchia, Pomigliano d'Arco (enclave nel territorio di Sant'Anastasia), Pompei, Portici, San Gennaro Vesuviano, San Giorgio a Cremano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano del Vesuvio, Sant'Anastasia, Scafati, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase;

b) area flegrea: Bacoli, Giugliano, Marano, Monte di Procida, Napoli («zona occidentale») Pozzuoli, Quarto.

2. Altre aree a rischio vulcanico suscettibili di inserimento nei piani e nei programmi previsti dalla presente legge potranno essere identificate secondo quanto previsto dall’articolo 5.

Art. 2.

(Programma e piani di protezione civile per la salvaguardia delle popolazioni e la mitigazione del rischio vulcanico)

1. Al fine della salvaguardia delle popolazioni e della mitigazione del rischio vulcanico, vengono istituiti;

a) «Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico nell'area vesuviana e flegrea», di durata quinquennale, volto a favorire la progressiva delocalizzazione della popolazione residente nelle aree di cui all'articolo 1 prevedendo in particolare:

1) incentivi di ordine finanziario, normativo, tariffario ed amministrativo per la delocalizzazione territoriale;

2) disposizioni urbanistiche e opere per la mitigazione dell'impatto di specifici fenomeni vulcanici;

3) iniziative e misure, da realizzare in aree della Campania non esposte a rischio, per favorire il trasferimento delle popolazioni residenti nelle aree di cui all'articolo 1;

4) campagne educative e informative sul rischio vulcanico;

5) consultazione con i soggetti istituzionali e le popolazioni interessate anche ai sensi di quanto previsto dalla valutazione ambientale strategica (VAS), di cui alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001;

b) «Piano di protezione civile per l’area vesuviana» volto, in particolar modo, alla salvaguardia delle popolazioni nonché alla protezione dei beni e delle attività nel territorio di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a);

c) «Piano di protezione civile per l’area flegrea» volto, in particolar modo, alla salvaguardia delle popolazioni, nonché alla protezione dei beni e delle attività nel territorio di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b).

2. Ciascuno dei suddetti piani di protezione civile, ai sensi del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, è inserito nel Piano di protezione civile della regione Campania e costituisce parte integrante, per i rispettivi comuni di cui all'articolo 1, delle linee guida per la redazione del Piano comunale di protezione civile.

3. Il Piano comunale di protezione civile approvato dal Consiglio comunale, costituisce regolamento per i dipendenti del comune, ai quali sono assegnati precisi compiti da svolgere in caso di allarme o emergenza vulcanica, come individuati negli strumenti attuativi dei piani medesimi. Analoghe disposizioni, ai sensi dell'articolo 15 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, possono essere emanate dal sindaco per servizi di emergenza, volontari di protezione civile, associazioni e aziende operanti sul territorio comunale.

4. Il Piano comunale di protezione civile si avvale delle risorse immediatamente disponibili al momento della sua redazione. Per eventuali interventi e per la realizzazione di strutture finalizzati ad un miglioramento nella gestione dell'emergenza deve essere richiesto dal comune l'inserimento nel «Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico nell'area vesuviana e flegrea».

5. Il Piano comunale costituisce oggetto di esercitazioni, da tenersi con cadenza almeno biennale in tutti i comuni di cui all'articolo 1. Il Piano deve essere reso pubblico e divulgato presso la popolazione a cura del sindaco, con il supporto dell'Ufficio speciale di cui all'articolo 4.

6. La regione Campania coadiuva i comuni nella stesura dei suddetti piani di emergenza secondo quanto previsto dalla delibera della Giunta regionale della Campania n. 146 del 27 maggio 2013 nell’ambito del programma operativo regionale (P.O.R.) per la Campania del Fondo europeo sviluppo regionale (FESR) 2007/2013 - Obiettivo operativo 1.6.

Art. 3.

(Ruolo dei comuni)

1. Ai fini del coordinamento delle attività di cui alla presente legge, i comuni di cui all'articolo 1 attivano forme di convenzione obbligatoria ai sensi dell'articolo 30 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, provvedendo in particolare alla costituzione di un Ufficio di supporto all'Ufficio speciale di cui all'articolo 4. L'Ufficio di supporto si avvale delle risorse umane e strumentali messe a disposizione dai comuni medesimi, secondo quanto previsto dalle relative intese tra comuni.

Art. 4.

(Istituzione dell’Ufficio speciale per il Piano Vesuvio e il Piano Campi Flegrei)

1. Nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l'Ufficio speciale per il Piano Vesuvio e il Piano Campi Flegrei, di seguito denominato «Ufficio speciale»; l'Ufficio speciale ha una durata, non prorogabile, di cinque anni, decorsi i quali tutte le sue competenze sono trasferite al Dipartimento della protezione civile.

2. L'Ufficio speciale, ha sede in Campania, ed è diretto da un esperto di comprovata esperienza nel settore della protezione civile e del rischio vulcanico in particolare, nominato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei ministri, ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentiti il capo del Dipartimento della protezione civile, la regione Campania, la città metropolitana di Napoli, e i comuni di cui all'articolo 1.

3. Il Direttore dell'Ufficio speciale rimane in carica cinque anni ed assume, ai fini di cui alla presente legge, tutte le competenze inerenti la pianificazione dell'emergenza vulcanica nell'area vesuviana e flegrea previste dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, già affidate al Dipartimento della protezione civile, alla prefettura - ufficio territoriale del Governo di Napoli, alla regione Campania e alla provincia di Napoli, nonché ai comuni di cui all'articolo 1.

4. In caso di emergenza vulcanica, ai sensi dell'articolo 2 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la direzione dell'emergenza resta comunque affidata al capo del Dipartimento della protezione civile sulla base dei piani di cui all'articolo 2.

5. Per lo svolgimento dei compiti ad esso affidati, l'Ufficio speciale si avvale, oltre che dell'Ufficio di supporto di cui all'articolo 3, di dipendenti dell'amministrazione pubblica distaccati o comandati e, qualora tra questi non fossero rinvenibili le necessarie professionalità, della consulenza di persone, società o istituti di ricerca nazionali o internazionali di comprovata esperienza nel settore oggetto di intervento.

Art. 5.

(Compiti dell'Ufficio speciale)

1. Sono compiti dell'Ufficio speciale:

a) l’eventuale riformulazione dell'elenco dei comuni di cui all'articolo 1;

b) la redazione dei piani di protezione civile per le aree di cui all'articolo 1, lettere a) e b);

c) la redazione del Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico nell'area vesuviana e flegrea;

d) informazione, trasparenza degli atti, esercitazioni.

2. L’articolazione e la tempistica dei compiti assegnati all’Ufficio speciale sono definite come segue:

a) entro un anno dal suo insediamento, provvede all'eventuale riformulazione dell'elenco dei comuni di cui all'articolo 1 e all'eventuale identificazione di altre aree a rischio vulcanico presenti nella regione Campania suscettibili di inserimento nei piani e nei programmi previsti dalla presente legge;

b) entro dodici mesi dalla sua istituzione, provvede a redigere gli schemi del Piano di Protezione civile per l'area vesuviana e del Piano di Protezione civile per l'area flegrea. Gli schemi sono trasmessi al capo del Dipartimento della protezione civile, al presidente della Giunta regionale della Campania, al sindaco della città metropolitana di Napoli, ai sindaci dei comuni di cui all'articolo 1, ai fini dell'acquisizione dei relativi pareri ed osservazioni che devono pervenire entro i successivi trenta giorni; scaduto questo periodo, se dagli enti suddetti non pervengono all'Ufficio speciale pareri ed osservazioni, gli schemi si intendono tacitamente accettati;

c) entro trenta giorni dalla acquisizione dei pareri e delle osservazioni, provvede alla redazione dei definitivi piani che sono trasmessi al Presidente del Consiglio dei ministri il quale li adotta con proprio decreto;

d) provvede all'aggiornamento annuale dei piani;

e) entro dodici mesi dalla sua istituzione, provvede a redigere lo schema di Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico nell'area vesuviana e flegrea. Lo schema è trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari europei, Dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport e Dipartimento per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, nonché ai Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell’interno, dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nonché al presidente della Giunta regionale della Campania, al sindaco della città metropolitana di Napoli, e ai sindaci dei comuni di cui all'articolo 1 ai fini dell'acquisizione dei relativi pareri ed osservazioni entro i successivi sessanta giorni;

f) entro sessanta giorni dall'acquisizione dei pareri e delle osservazioni di cui alla lettera e), provvede a trasmettere al Presidente del Consiglio dei ministri il Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico nell'area vesuviana e flegrea per i provvedimenti di legge in merito;

g) semestralmente trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri, alle competenti Commissioni parlamentari, al presidente della Giunta regionale della Campania, al sindaco della città metropolitana di Napoli e ai sindaci dei comuni di cui all'articolo 1, una relazione sull'attività svolta;

h) assicura, anche tramite pubblicazione sul proprio sito internet, la tempestiva pubblicazione e il continuo aggiornamento dei documenti, degli atti, delle procedure in corso e di quant'altro utile per un attivo coinvolgimento dei cittadini nella pianificazione dell'emergenza;

i) sovraintende allo svolgimento di periodiche esercitazioni finalizzate al miglioramento dei piani di emergenza e alla diffusione tra la popolazione di una cultura di protezione civile.

Art. 6.

(Disposizioni finali)

1. Sono sciolte tutte le Commissioni di nomina governativa inerenti la pianificazione dell'emergenza nell'area flegrea e vesuviana, le quali provvedono a consegnare all'Ufficio speciale la documentazione in loro possesso.

2. A partire dalla data di adozione del Piano di protezione civile per l’area vesuviana e del Programma straordinario di interventi per la mitigazione del rischio vulcanico nell’area vesuviana e flegrea di cui all’articolo 2 della presente legge cessano di avere efficacia:

a) la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2014 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12 maggio 2014;

b) la direttiva «Pianificazione nazionale d'emergenza dell'area vesuviana», della Commissione incaricata di provvedere all'aggiornamento dei piani di emergenza dell'area vesuviana e flegrea connessi a situazioni di emergenza derivanti dal rischio vulcanico, di cui al decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 1828/2012;

c) il Piano strategico operativo dell'area vesuviana della provincia di Napoli 2003.