• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/00107 ROMANI Maurizio, FATTORI, TAVERNA, FUCKSIA, GIARRUSSO, SCIBONA, VACCIANO, CASTALDI, COTTI, MONTEVECCHI, BATTISTA, GAETTI, SERRA, MASTRANGELI, BENCINI - Al Ministro della salute - Premesso...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-00107 presentata da MAURIZIO ROMANI
mercoledì 5 giugno 2013, seduta n.034

ROMANI Maurizio, FATTORI, TAVERNA, FUCKSIA, GIARRUSSO, SCIBONA, VACCIANO, CASTALDI, COTTI, MONTEVECCHI, BATTISTA, GAETTI, SERRA, MASTRANGELI, BENCINI - Al Ministro della salute - Premesso che:

la legge 22 maggio 1978, n. 194, all'art. 4, garantisce la possibilità di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) alla donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali, o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito. All'art. 6 si prevede che, dopo i primi 90 giorni, l'interruzione volontaria di gravidanza possa essere praticata limitatamente ai casi in cui la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna o quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna;

all'art. 9 si disciplina l'esercizio dell'obiezione di coscienza da parte del personale sanitario che, attraverso una dichiarazione preventiva, ritiene di voler essere esonerato dalle procedure connesse all'interruzione di gravidanza. Appare utile sottolineare come l'obiezione di coscienza riguardi esclusivamente quelle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione di gravidanza e non quelle di assistenza prima e dopo l'intervento. Così come non è possibile invocarla quando, data la particolarità delle circostanze, l'intervento del personale sanitario sia indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. Al fine garantire l'accesso al servizio su tutto il territorio nazionale il comma 4 impone alle Regioni di controllare e garantire l'attuazione delle procedure previste dalla legge, anche attraverso la mobilità del personale. Si prevede dunque, accanto alla tutela dell'obiettore, la necessità di misure adeguate a garantire l'erogazione dei servizi in modo tale che né gli obiettori né i medici non obiettori siano discriminati nelle loro scelte, fermo restando che la tutela del diritto all'obiezione di coscienza non può limitare né rendere più gravoso l'esercizio di altri diritti riconosciuti per legge;

secondo i dati forniti dal Ministero della salute l'8 ottobre 2012 nella "Relazione sull'attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza", la riduzione delle IVG in termini assoluti e su tutto il territorio nazionale è stato del 50,4 per centro tra il 1983 e il 2010. Tale decrescita conferma lo spirito che aveva mosso il legislatore al momento della stesura della legge, laddove aveva esplicitato all'art. 1 il principio secondo il quale l'interruzione volontaria di gravidanza non può essere considerata come un mezzo di controllo delle nascite. La stessa relazione fornisce inoltre una tabella comparativa contenente, sempre in valori assoluti, i dati relativi alle variazioni tra l'anno 2010 e 2011 in base alla quale si può verificare una riduzione delle IVG del 5,6 per cento su base nazionale;

per quanto riguarda i dati relativi all'obiezione di coscienza, dopo il forte aumento registrato negli ultimi anni, si registra una stabilizzazione generale nel 2010 tra i ginecologi e gli anestesisti. Infatti, a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008, al 70,7 per cento nel 2009 e al 69,3 per cento nel 2010. Dunque una media, aggiornata al 2010, che vede 7 medici obiettori su 10. Ma se si analizzano a fondo le percentuali è facile intuire come la distribuzione territoriale di questi dati sia tutt'altro che omogenea e come questo si possa tradurre in una copertura nulla in molti ospedali italiani. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi si osservano principalmente al Sud: 85,7 per cento in Molise, 85,2 in Basilicata, 83,9 in Campania e 80,6 per cento in Sicilia;

considerato che:

questi ultimi dati vengono però messi in discussione da presidi ospedalieri di riferimento per le IVG come il San Camillo di Roma, che ha recentemente discusso in un convegno lo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, dalla Laiga (Lega associazione italiana ginecologi per l'applicazione della legge n. 194 del 1978), dall'Aied (Associazione italiana per l'educazione demografica) e dall'associazione "Luca Coscioni". Ne emerge un quadro preoccupante: la percentuale di personale sanitario obiettore sarebbe anche maggiore di quella registrata dal Ministero della salute. Secondo quanto denunciato dalla Laiga nel Lazio l'obiezione dei ginecologi raggiungerebbe il 91,3 per cento e in solo 10 strutture su 31 è possibile interrompere la gravidanza, mentre il numero scende a 4 nel caso in cui la richiesta riguardi un aborto terapeutico. Altre indagini svolte in Lombardia evidenziano come il dato relativo alla regione debba essere corretto all'83 per cento, ben 8 punti percentuali in più rispetto a quanto registrato dal Ministero. Questo significa che le poche strutture che ancora garantiscono l'IVG sono sovraccariche e i tempi d'attesa si dilatano a dismisura, con il rischio di superare il numero di settimane entro le quali l'interruzione è consentita;

organi di stampa riportano come siano sempre più frequenti casi come quello denunciato a Bari durante il mese di marzo 2013 dove in tutta la provincia non sarà più possibile praticare l'IVG ad eccezione del Policlinico, che in ogni caso non fa parte della Asl ("La Repubblica" 17 marzo). Al "San Paolo", ultimo presidio che garantiva l'erogazione di questo servizio, tutti i ginecologi e le ostetriche sono diventati obiettori. Lo scorso anno a Napoli la morte dell'unico ginecologo non obiettore del policlinico "Federico II" ha causato la sospensione del servizio, rendendo necessaria una deroga al blocco del turnover previsto dal piano di rientro della Regione Campania ("Il Sole-24ore" Sanità 21 maggio);

gli aborti illegali sono in forte aumento. Al riguardo gli ultimi dati forniti dal Ministero parlano di circa 20.000 aborti clandestini, dati che però risalgono al 2008 e che, per stessa ammissione del Ministero, rappresentano valori sottostimati in quanto riferiti solo al tasso di abortività delle donne italiane. Se si considera infatti che il tasso di abortività delle donne immigrate è quasi pari a 3 volte quello delle donne italiane è ragionevole credere che il dato fornito dal Ministero non rappresenti nemmeno la metà degli aborti illegali praticati nel nostro Paese. Parallelamente si assiste ad una crescita considerevole degli aborti spontanei, stimati dall'Istat in circa 73.000 casi l'anno rispetto ai circa 50.000 degli anni '80. Un incremento che nelle minorenni raggiunge addirittura il 70 per cento. È possibile che questa crescita sia dovuta anche al ritorno del cosiddetto "aborto clandestino mascherato", esattamente come avveniva prima dell'approvazione della legge n. 194 del 1978 quando le donne, dopo aver tentato da sole di interrompere la gravidanza, si recavano in ospedale dove i medici non potevano far altro che completare la procedura di interruzione registrando gli aborti come "spontanei";

è parere degli interroganti che, ferma restando la salvaguardia della legittima scelta di obiezione nei confronti dell'IVG, una percentuale così elevata di medici obiettori si traduca di fatto nella cosiddetta "obiezione di struttura". E il risultato è quello che i dati descrivono chiaramente: 188 procedimenti penali aperti solo nell'ultimo anno, sequestri di ambulatori e cliniche fuorilegge, spaccio e contrabbando di farmaci abortivi. Una situazione che porta il Paese indietro nel tempo di decenni, dove le donne hanno ricominciato a morire di setticemia o sono costrette a migrare da una regione ad un'altra nella ricerca di ospedali pubblici che garantiscano ancora l'IVG;

il tema dell'interruzione di gravidanza risulta essere pressoché ignorato sia nel corso di laurea in medicina che nelle scuole di specializzazione, determinando il paradosso secondo il quale le donne vengono sollecitate ad effettuare la diagnosi prenatale, sia nel pubblico quanto nel privato, ma poi non sono messe nella condizione di trarne le dolorose conseguenze. Lo stesso personale medico non obiettore vive il peso e la pressione di questa responsabilità e non sono pochi i casi in cui viene anche denunciata una sostanziale discriminazione dal punto di vista professionale;

l'interruzione di gravidanza, nei limiti e così come definita dalla legge n. 194 del 1978, deve essere garantita e nessun ospedale pubblico, o privato convenzionato, può sottrarsi dall'erogare questo servizio. Da parte degli interroganti non vi è dunque nessuna volontà di riaprire il dibattito relativo alle questioni etiche e morali connesse all'IVG, né tantomeno di mettere in discussione la legittima decisione del ginecologo, ostetrica o anestesista che senta di non poter sopportare la pratica di tale procedura. Il legislatore ha chiaramente disciplinato i casi entro i quali lo Stato si fa garante dei diritti espressi dal personale sanitario obiettore da un lato e dei diritti di tutela della salute e di autodeterminazione della donna dall'altro. Una legge dunque, e come tale deve essere rispettata,

si chiede di sapere:

quali misure il Ministro in indirizzo intenda assumere, per le parti di sua competenza, per garantire l'effettiva applicazione su tutto il territorio nazionale della legge n. 194 del 1978;

se intenda attivarsi affinché le strutture sanitarie universitarie si impegnino nella formazione degli specializzandi in ginecologia circa le problematiche e le tecniche mediche proprie dell'interruzione volontaria di gravidanza;

se non consideri prioritario promuovere un'indagine al fine di verificare l'esatto numero e distribuzione territoriale del personale sanitario obiettore e fornire dati aggiornati riguardo alla pratica degli aborti clandestini.

(3-00107)