• Testo ODG - ORDINE DEL GIORNO IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.9/02660-A/033 considerato che: la proposta di legge in esame, denominata Jobs Act, incide in modo sostanziale sul diritto del lavoro e sui diritti dei lavoratori, attribuendo al Governo numerose...



Atto Camera

Ordine del Giorno 9/02660-A/033presentato daPLACIDO Antoniotesto diMartedì 25 novembre 2014, seduta n. 338

La Camera,
considerato che:
la proposta di legge in esame, denominata Jobs Act, incide in modo sostanziale sul diritto del lavoro e sui diritti dei lavoratori, attribuendo al Governo numerose deleghe che introducono una nuova riforma del mercato del lavoro, a distanza di appena due anni dall'ultima che porta il nome dell'allora Ministro del lavoro, Elsa Fornero (legge n. 92 del 2012);
sulla base delle deleghe conferite, diverse disposizioni dei decreti delegati andranno ad incidere su disposizioni di natura previdenziale e dovranno affrontare la problematica della continuità contributiva dei lavoratori e delle lavoratrici che oggi hanno lavori discontinui;
pensare di riformare il diritto del lavoro o di razionalizzarlo, d'altra parte, non è possibile se non si ripensa e si risistema l'ultima riforma pensionistica che porta ancora una volta il nome dell'allora Ministro del lavoro, Elsa Fornero (articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) e che ha fallito sul piano sociale e giuridico le finalità che si proponeva;
la riforma Fornero del 2011 ha trasformato il sistema previdenziale innalzando di molti anni l'età per la pensione, sia in termini anagrafici che contributivi e a distanza di tre anni contiene ancora errori che non sono stati corretti;
come è stato ormai acclarato non di una «riforma» si è trattato di una «manovra», perché le casse della previdenza dei lavoratori, ovvero i loro risparmi pensionistici, sono state utilizzate per drenare risorse per ridurre il debito pubblico;
una «manovra» scritta in una notte, senza alcun dibattito pubblico, che non ha considerato l'impatto immediato e di lungo termine che produceva su lavoratrici e lavoratori;
l'assenza di disposizioni transitorie che consentissero il passaggio graduale alle nuove regole previdenziali ha prodotto l'inumano fenomeno dei cosiddetti esodati, lavoratori a cui è stato tolto il pane, la dignità e la speranza; la «sesta» salvaguardia che stiamo approvando non può essere un merito del Governo, della sua maggioranza o del Parlamento, ma ribadisce l'incapacità delle istituzioni di rimediare in maniera definitiva e strutturale a una situazione inaccettabile e indegna di un Paese come l'Italia. A distanza di tre anni l'INPS e il Governo non hanno saputo e voluto indicare quanti e quali sono le lavoratrici e i lavoratori esodati;
un problema di «coperture» e di risorse non esiste dal momento che i risparmi che la «manovra» Fornero avrebbe dovuto produrre erano stati calcolati dalla nota tecnica della ragioneria generale dello Stato in circa 23 miliardi nel decennio 2012-2021, mentre l'ufficio attuariale dell'INPS nel 2013 ha calcolato che verranno generati circa 90 miliardi di risparmio nello stesso periodo;
tali risorse devono tornare o rimanere nelle casse previdenziali. Il Governo e la sua maggioranza non possono pensare di destinarle per coprire i 50 miliardi che bisogna mettere da parte ogni anno in base al Fiscal compact, come è lecito desumere dalle parole del Ministro Poletti, che nel corso della riunione del 30 giugno 2014 con le rappresentanze degli esodati e di altre categorie, ha dichiarato di non poter risolvere le tante situazioni gravi che la manovra Fornero ha prodotto «per mancanza di risorse»;
tra gli errori della manovra Fornero ci sono i lavoratori del settore ferroviario, tra cui i macchinisti, non proprio esodati, ma che dovrebbero andare in pensione a 67 anni, mentre hanno un'aspettativa di vita media di solo 63 anni; oppure i lavoratori della scuola, cosiddetta «quota 96» che sono rimasti imprigionati nella Fornero perché a loro non si è voluta applicare la regola, posta dallo Stato, che gli consente di andare in pensione un solo giorno all'anno, il primo settembre; e poi ci sono i lavoratori e le lavoratrici delle poste o quelli che hanno trovato un nuovo lavoro a tempo indeterminato, ma poi lo hanno riperso perché l'azienda è fallita e sono stati puniti e si potrebbero fare molti altri esempi;
ci sono troppi casi e eccessive fattispecie di lavoratori che la «manovra» Fornero ha lasciato sul lastrico e nella disperazione. Forse è possibile salvaguardarli tutti con tante minute disposizioni speciali, ma non si sa quando e come, essendo ormai arrivati alla sesta salvaguardia;
per sanare con certezza tutti gli errori serve tornare ad una disposizione che abbia il carattere della legge generale e astratta che possa coprire tutte le fattispecie, ovvero una riforma strutturale della «manovra» Fornero;
la «manovra» Fornero è intervenuta su un sistema pensionistico che non aveva problemi di sostenibilità perché messo in sicurezza dalle numerose riforme succedutesi negli anni 90 e nel primo decennio del 2000. I suoi costi erano già nella media della spesa pensionistica europea, per incidenza sul PIL, nonostante solo nella spesa pensionistica italiana vengano conteggiati anche il TFR o il TFS, che però sono retribuzioni differite;
bisogna prendere atto di tale fallimento e procedere ad una vera riforma pensionistica che abbia il coraggio politico di rafforzare la previdenza rimettendo i lavoratori e la loro dignità al centro del sistema; è necessario abbassare l'età pensionistica, distinguere i lavori, riconoscere ai fini contributivi il lavoro domestico e quello di cura, di donne e di uomini, per superare le troppe procedure aperte dall'Unione europea contro l'Italia con riferimento all'età pensionistica delle donne, assicurare che la pensione non valga meno del 60 per cento dell'ultimo salario,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento una riforma del sistema previdenziale che tenga conto di quanto indicato in premessa che abroghi la «manovra» Fornero in materia di pensioni.
9/2660-A/33. Placido, Airaudo, Sannicandro.