• C. 2680-2679-bis-A-ter EPUB CASTELLI Laura, Relatore di minoranza

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Atto a cui si riferisce:
C.2679-BIS [Legge di Stabilità 2015] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)


Frontespizio Relazione
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2680-A-ter
   N. 2679-bis-A-ter


DISEGNO DI LEGGE
N. 2680
presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017
Presentato il 23 ottobre 2014
e
DISEGNO DI LEGGE
N. 2679-bis
presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)
(Testo risultante dallo stralcio, disposto dal Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 120, comma 2, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 30 ottobre 2014, dell'articolo 17, commi 11, 20, 22 e 23, dell'articolo 20, comma 2, dell'articolo 21, commi 8 e da 15 a 20, dell'articolo 28, commi 15, da 23 a 27 e 31, dell'articolo 31, commi da 8 a 10 e 20, dell'articolo 32, comma 6, e dell'articolo 41 del disegno di legge n. 2679)
(Relatore di minoranza: CASTELLI)


      

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Onorevoli Colleghi!

PREMESSA

      Nonostante le modifiche apportate in Commissione Bilancio, in particolare:

          1) l'applicazione anche nell'anno 2015 delle norme che consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti commerciali e professionali, non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato;

          2) l'integrazione delle risorse assegnate all'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza di 650.000 euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017;

          3) l'inserimento della classe di inquinamento tra i criteri per la ripartizione tra le regioni delle risorse autorizzate per il rinnovo dei mezzi del trasporto pubblico locale;

          4) la trasmissione anche alle competenti Commissioni parlamentari, oltre che al CIPE, della relazione di RFI Spa sullo stato di avanzamento lavori dei programmi di investimento della strategia di sviluppo della rete ferroviaria previsti dal contratto di programma-parte investimenti tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI;

          5) l'eliminazione della riduzione di trasferimenti verso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale- ISPRA;

          6) la soppressione dell'autorizzazione, dal 1 gennaio 2015, all'impiego di personale in turni di servizio diversi da quelli ordinari per esigenze di tutela dell'ordine e delle sicurezza pubblica e di prevenzione e contrasto alla criminalità, tramite una semplice informazione alle organizzazioni sindacali firmatarie dell'Accordo nazionale quadro, indipendentemente dalla durata del medesimo impiego, andando anche in deroga agli orari previsti dagli accordi in vigore,
      anche questa volta emerge il rammarico per aver perso una ulteriore occasione di mettere in campo quelle soluzioni utili per il rilancio del Paese. Purtroppo questa legge di stabilità è nella sua sostanza insufficiente a produrre effetti benefici per l'Italia. Infatti, come già emerso dagli studi del MoVimento 5 Stelle e poi ripreso dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF 2014, nell'attuale quadro macroeconomico vanno riviste verso il basso le iniziali previsioni di crescita, causa anche l'inefficienza delle misure adottate.

      Nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014:

          viene rivisto verso il basso il PIL per il 2014 (-0,3 per cento) e per il 2015 ( 0,6 per cento);

          il deficit si assesterà intorno al tetto massimo del 3 per cento del PIL;

          il rapporto debito pubblico e PIL è previsto al 131,6 per cento per il 2014 e al 133,4 per cento per il 2015.

      Va altresì tenuto presente che la disoccupazione continua ad aumentare raggiungendo livelli insostenibili. Dalle statistiche ISTAT di agosto 2014, il tasso di disoccupazione è pari al 12,6 per cento, in aumento di 0,1 punti percentuali sia in termini congiunturali sia nei dodici mesi.

Le politiche attuate negli ultimi anni hanno avuto come unico risultato quello di svelare che l'ipotetica flessibilità dei lavoratori altro non è che mero precariato e disoccupazione.
      La recente crisi è stata affrontata facendo ricorso a politiche monetarie che si sono rivelate nei fatti poco efficaci per stimolare la ripresa economica. In particolare nell'Europa mediterranea si è assistito ad imprese che non investono e banche che limitano la concessione di prestiti (credit crunch), nonché a disavanzi e debiti pubblici aumentati. Da ciò si desume che i moltiplicatori fiscali siano stati piuttosto bassi in termini reali ed abbiano quindi avuto un effetto esiguo sulla domanda globale.
      Le politiche di austerity, quindi, sono state e continuano ad essere un errore, in quanto accanto alla riduzione della spesa pubblica, anche quella di privati e imprese è stata frenata, con un conseguente incamminarsi sempre più velocemente verso la depressione e allontanandosi dalla ripresa.
      Tali politiche sono state, e sono tutt'ora, una tossina per l'economia. Infatti, le rigidità imposte hanno generato e continuano a generare fenomeni involutivi nell'economia del nostro Paese.
      Oltre a essere dannose, le politiche di austerity sono anche tarate su vincoli oramai anacronistici. Il numero «3» del famoso vincolo del 3 per cento deficit/PIL deriva da una mera espressione algebrica e serviva a stabilizzare il rapporto debito/PIL al valore medio (60 per cento) dei primi paesi che negli anni Novanta sono entrati nell'Unione Monetaria Europea, tutto ciò a condizione che il PIL reale crescesse, in media, attorno al 3 per cento annuo. Tale obiettivo (60 per cento rapporto debito/PIL) e tale ipotesi (3 per cento crescita annua PIL) si sono rivelati, nei trascorsi 20 anni, palesemente irrealistici.
      Tale numero «mantra» non era nato da considerazioni di tipo politico, e a maggior ragione non lo è dopo 20 anni dal suo primo utilizzo, ma sembra quasi essere riutilizzato sistematicamente quasi fosse un «feticcio».
      Oltre all'anacronismo della misura di austerity, va tenuto presente che, da ricerche effettuate sia dal Fondo Monetario Internazionale che in ambito accademico, emerge che in periodo di crisi finanziaria i moltiplicatori assumono valori molto più alti. Da ciò si desume che è proprio nei momenti di crisi che l'investimento genera i maggiori benefici.
      Essendo ormai chiaro che tali vincoli sono troppo penalizzanti per la nostra economia, appare evidente che la miglior strategia da adottare per superare lo stallo in cui è precipitato il nostro Paese e rilanciarne la crescita economica, è quella di superare tali vincoli.
      Ci sarebbe piaciuta, ed infatti abbiamo provato a suggerire tale direzione con i nostri emendamenti, una legge di stabilità che mirasse a dare certezze e stabilità ai cittadini, sia in merito alle loro entrate, sia tramite la collocazione sul mercato del lavoro, che, ad esempio, tramite veri ammortizzatori sociali che garantiscano un reddito (ad esempio, reddito di cittadinanza). Una legge di stabilità, quindi, che desse fiducia nel futuro anche alle fasce più deboli, sottraendoli alla morsa perversa del precariato, che finisce poi per provocare fenomeni di risparmio dovuti meramente all'incertezza del reddito futuro, ovvero un testo che mirasse a tutelare e rilanciare concretamente le piccole e medie imprese, e tutti quei buoni investimenti, anche sforando il dannoso tetto anacronistico del 3 per cento deficit/PIL, per consentire finalmente l'innesco di un volano di crescita economica e rilancio del Paese.
      Notiamo il patetico tentativo di un ulteriore rilancio di promesse fatte all'Unione Europea con il solo fine di ritardare gli effetti strangolatori di ulteriori misure correttive, per non dire il piegarsi a mere logiche «numeriche» al fine di rientrare in sterili parametri, anche tramite il rinunciare alla pienezza della sovranità nazionale, attuando riforme volute in altre sedi e altri luoghi, lontane dall'essere utili al nostro Paese.

La visione del MoVimento 5 Stelle.

      Questa poteva e doveva essere l'occasione utile per rilanciare gli investimenti, riattivare la domanda, non affossare il Paese in morse fiscali, ma anzi, dandogli respiro tramite la spinta di utili investimenti nei diversi settori produttivi nonché nella green economy. Tenendosi ben lontani dalle tetre morse dell'austerità e, per il bene dei cittadini, avendo il coraggio di porsi al fianco di paesi come la Francia, anche oltrepassando l'anacronistico e deleterio vincolo del 3 per cento deficit/PIL.
      Invece, pur di giocare coi numeri e far artificialmente salire il PIL, assistiamo ad una ulteriore umiliazione che ha visto inserire nel calcolo del PIL anche attività criminali, prostituzione e droga, rendendo di fatto antieconomico per il Governo debellare tali mali.
      Noi sappiamo cosa vuol dire lottare e sacrificarsi ogni giorno, da cittadini comuni, fuori dalle dorate sedi istituzionali piene di privilegi, facendo fronte a chi sta trasformando il vivere nel nostro Stato, in un trovarsi in una gabbia che reprime ogni sogno di tranquillità e volontà di vivere onestamente, sfruttando lo stato di bisogno e la necessità di sopravvivere delle persone perbene. Trovandoci troppo spesso emarginati dai loschi intrighi e ripartizioni di biechi interessi a causa della sola colpa di saper bene cosa vuol dire amare il proprio Paese, che ci spinge a tenere sempre dritta la barra dell'onesta allontanandoci da malsani porti di spartizioni di potere, utili solo a vessare ulteriormente i cittadini.
      Tant’è che riteniamo gravissime ed inique le scellerate manovre frutto di un sostanziale menefreghismo nei confronti di tutti quei cittadini che lottano strenuamente ogni giorno per assicurare un futuro a se stessi e alle proprie famiglie. Si pensi all'incremento dell'aliquota IVA del 10 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1 gennaio 2016, quindi 12 per cento, e di un ulteriore punto percentuale a decorrere dal 1 gennaio 2017, quindi 13 per cento, nonché l'aumento dell'aliquota IVA del 22 per cento (già incrementata l'ottobre scorso dal 21 per cento al 22 per cento) di due punti percentuali a decorrere dal 1 gennaio 2016, quindi 24 per cento, di un ulteriore punto nel 2017, quindi 25 per cento e di un ennesimo mezzo punto percentuale dal 1 gennaio 2017, quindi 25,5 per cento. Un bel regalo che il Governo fa a tutti gli italiani.
      In luogo di continuare a opprimere indiscriminatamente i cittadini e le famiglie italiane, tante ed altre erano le misure da prendere, colpendo in primis gli ignobili privilegi della «casta». In primo luogo la rinuncia da parte dei Parlamentari ai loro stratosferici compensi, allineandosi non solo alla realtà dei compensi dei lavoratori italiani, ma anche alla media degli stipendi dei parlamentari nei Paesi europei, con un dimezzamento dell'indennità parlamentare che porterebbe alle casse dello Stato circa 62 milioni di euro. Ma sembra ormai evidente che tale ritorno alla realtà sembra una utopia.
      Troppi sprechi vengono ancora perpetrati e troppi investimenti vengono puntualmente dimenticati, quali, a mero titolo di esempio:

          il mantenimento di enti inutili, il cui farne a meno arrecherebbero un risparmio di più di 400 milioni di euro;

          il non sbloccare degli stipendi, gli adeguamenti, gli scatti automatici, gli assegni funzionali e altro per le forze del comparto pubblica sicurezza (800 milioni di euro);

          l'aver creato 26.000 cariche a causa delle legge Delrio sulla riorganizzazione delle province, di cui è ormai nota la loro inutilità.

      Nel comparto giustizia la riduzione del contributo unificato (costo: 200 milioni), avrebbe l'effetto di non estromettere la parte debole della popolazione, quella economicamente più svantaggiata, dalla possibilità di accedere alla giustizia. Inoltre, al

fine di migliorare le condizioni delle nostre carceri, condizione disastrose segnalate anche dalle istituzioni europee, andavano assunti 500 operatori socio-pedagogici nonché 500 unità amministrativo-contabili (60 milioni annui), non dimenticandosi che sarebbero stati utilissime le assunzioni di 350 cancellieri e 150 ufficiali giudiziari, data la notoria lentezza della macchina giudiziaria, fonte di inique mancate compensazioni per i cittadini onesti, ma che per i disonesti diventano scappatoie dal pagare il pegno dei propri comportamenti fraudolenti.
      Abbiamo suggerito il semplice ricordarsi del primo capoverso dell'articolo 11 della nostra Costituzione che recita: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», con la conseguente cancellazioni di alcune missioni di guerra, perché di guerra si tratta, anche se camuffate dalle parole «missioni di pace», che oltre a farci rispettare i dettami costituzionali ed evitare vittime, avrebbero un effetto benefico per le casse dello Stato di 350 milioni. Piuttosto riteniamo utile puntare sul rapporto di cooperazione e partenariati con i paesi esteri, su azioni per sradicare la povertà, innescare meccanismi di sviluppo sostenibile, porre l'accento sui diritti umani e la propagazione della pace (180 milioni). Nonché un taglio di 2,1 miliardi di euro ai fondi per i programmi militari, inutili per un paese di pace e che ripudia la guerra, a beneficio semmai di politiche sociali.
      Segnaliamo che diverse soluzioni in ambito finanziario sono state da noi individuate e suggerite, come l'abolizione della TASI (4 miliardi), l'introduzione dei certificati di credito fiscale utili per rilanciare l'edilizia e favorire l'emersione del sommerso. Considerando che ci troviamo di fronte un paese basato su piccole e medie imprese (PMI), nonché professionisti, abbiamo auspicato il rafforzamento di 200 milioni di euro del «fondo Sabatini» così da poter ampliare l'accesso al credito delle PMI e l'introduzione di un nuovo regime fiscale dei minimi (costo: 1 miliardo).
      Pensando alle parole dello scrittore Karl Kraus: «Quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l'aspetto di giganti», ci si domanda quanto il voler scientemente non intervenire sulle problematiche dell'edilizia scolastica, quanto il non voler investire 300 milioni di euro per ridurre il fenomeno delle «classi pollaio», il non voler tagliare 50 milioni per le scuole non statali a favore di quelle pubbliche e il non voler investire 300 milioni per ridurre e rimodulare le tasse universitarie, abbia prodotto effetti positivi e sani per le future generazioni.
      Sempre tenendo presenti le future generazioni, stiamo lasciando un Paese con un ambiente sempre più malato, nel quale, come da cronache degli ultimi tempi, basta qualche fenomeno del tutto naturale e ciclico nel tempo, come una semplice pioggia, per provocare disastri e morte. Sarebbero bastati 3 miliardi di euro per scorporare dal patto di stabilità i fondi per il dissesto idrogeologico, ripubblicizzare il servizio idrico e ristrutturare le reti idriche e legate alla depurazione dei reflui urbani. La sicurezza e salute devono essere le priorità e l'acqua è un bene che deve essere fruibile a tutti i cittadini, non merce di scambio su cui lucrare, l'acqua è vita!
      Alle catastrofi generate dai mancati accorgimenti per evitarle, ci rammarica aggiungere anche la mancata volontà di voler valorizzare i piccoli borghi (costo 50 milioni di euro), mancando in un colpo solo nella duplice opportunità di preservare parte del patrimonio nazionale e rilanciare virtuosi volani economici tramite il turismo.
      Il testo che esce dalla commissione ha mancato anche l'importante appuntamento con il millennio in cui ci troviamo, nel quale le idee dovrebbero essere messe a disposizione di tutti e dovrebbero poter circolare agevolmente, grazie alla tecnologia, a causa della mancanza di investimenti nella banda larga e ultralarga (costo 500 milioni). Nei documenti oggetto di esame non risultano essere contenute misure che favoriscano una mobilità sostenibile sia di beni che di persone. Oltre ad una revoca degli stanziamenti destinati a finanziare gli incentivi per la rottamazione dei veicoli meno inquinanti per l'anno 2015 e dei contributi ventennali per gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l'ammodernamento della flotta, risultano del tutto assenti stanziamenti in favore del trasporto pubblico locale.
      Non sono nemmeno state messe in atto quelle misure per rilanciare le micro-imprese, quali l'abolizione dell'IRAP per queste ultime (costo. 3,5 miliardi). Non si è stabilizzato l’ecobonus e nemmeno sono stati investiti 50 milioni per introdurre l'ecoprestito per gli investimenti in edilizia sostenibile e risparmio energetico.
      Le piattaforme petrolifere restano esenti dall'IMU (per un mancato gettito nelle casse dello stato di 200 milioni).
      Non sono stati adottati quegli accorgimenti per tutelare il vero «made in Italy» tramite, ad esempio, l'inasprimento delle pene per la fallace indicazione.
      La legge di stabilità era una buona occasione per abolire la riforma Fornero, dando quindi respiro ai cittadini e semmai porre un vero e sostanziale tetto alle «pensioni d'oro» con conseguente gettito nelle casse dello Stato di 1,5 miliardi di euro.
      I lavoratori, ormai sempre più tartassati, potevano vedere migliorate le loro condizioni, anche semmai tramite l'incentivo alla loro partecipazione al capitale e agli utili dell'impresa. I lavoratori non sono gli unici ad uscirne penalizzati dal testo in oggetto, mancano infatti degli stanziamenti per il potenziamento del fondo nazionale per le politiche sociali (500 milioni), 200 milioni per potenziare il fondo per le non autosufficienze, 50 milioni per il fondo per la prevenzione, cura e riabilitazione del gioco d'azzardo patologico, 100 milioni per potenziare il fondo per dare il cinque per mille alle associazioni di volontariato e promozione sociale. Mentre si continuano a mantenere 1 miliardo di euro di sprechi tramite la mancata riduzione delle auto di servizio in ASL e enti del Servizio Sanitario Nazionale.
      In aggiunta, anche in ambito di agricoltura, si è mancati di stabilizzare le accise sul gasolio agricolo.
      Per concludere rimarchiamo la incompletezza dei lavori dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), che in luogo di essere un organo indipendente nei confronti del Governo, gioca coi numeri e con le parole per far sembrare coerenti le valutazioni del Governo fatte nel DEF e nella Nota di aggiornamento. Infatti, per stessa ammissione dell'UPB, nel rapporto sulla politica di bilancio del 2015, lo stesso UPB utilizza come dati di partenza gli stessi dati del Governo, per quindi asserire che le stime ufficiali del Governo rientrano ampiamente negli intervalli di previsione da loro stimati. Solo che lo stesso UPB riconosce, come ha già fatto più volte il M5S, che le previsioni del Governo risultano partire da considerazioni sulla crescita dell'economia del Paese alquanto ottimistiche. In aggiunta il modello per le stime utilizzato dall'UPB è il DSGE. È molto pericoloso usare tali modelli, in quanto è risaputo che in tali modelli le politiche fiscali non producono effetti. Inoltre, come da ricerche effettuate da Stiglitz e Wooford, basarsi su ipotesi di equilibrio dei mercati e agenti economici lungimiranti, produce risultati non attendibili e lontani da quella che sarà poi la realtà. Tali modelli non vanno mai usati da soli, ma vanno sempre accompagnati da altri modelli macroeconomici più complessi, al fine di avere una visione meno parziale dei risultati. Va anche tenuto presente che tali modelli sono inaffidabili, in quanto, cambiando i modelli DSGE, possono tranquillamente cambiare i risultati.
      Per questo la legge di stabilità va rifiutata e sostituita con un testo che contenga quantomeno le proposte appena esposte.

Laura CASTELLI,
Relatore di minoranza.