• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.4/00152 l'inceneritore Fenice di Melfi tratta 65.000 tonnellate annue di rifiuti di cui 30.000 di rifiuti solidi assimilati agli urbani e 35.000 di rifiuti industriali; l'inceneritore Fenice di...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-00152presentato daLIUZZI Mirellatesto diMercoledì 3 aprile 2013, seduta n. 7

LIUZZI, DE ROSA, TOFALO, TERZONI, MANNINO, ZOLEZZI e BUSTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
l'inceneritore Fenice di Melfi tratta 65.000 tonnellate annue di rifiuti di cui 30.000 di rifiuti solidi assimilati agli urbani e 35.000 di rifiuti industriali;
l'inceneritore Fenice di Melfi è stato posto al centro di indagini giudiziarie da parte della procura della Repubblica di Potenza, che ipotizza il reato di disastro ambientale, per il quale risultano essere stati indagati responsabili di dipartimento regionale, responsabili aziendali e dell'ex-direttore generale dell'ARPAB, nonché del suo responsabile per la provincia di Potenza, Agenzia regionale per l'ambiente della Basilicata, nei confronti dei quali, l'11 ottobre 2011, sono state emesse ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari;
il CTU, il professor Francesco Fracassi del dipartimento di chimica dell'università degli studi di Bari, nominato dalla procura di Melfi, nella sua relazione del 24 maggio 2010 evidenziava un inquinamento, conosciuto dai proprietari dell'impianto Fenice già dal 29 giugno 2000 (o dal maggio 2002) e dall'ARPA Basilicata (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Basilicata) dal 10 gennaio 2002;
dalla relazione del professor Fracassi, è emersa quindi la condotta omissiva dell'impianto Fenice srl – EDF e dell'ARPA Basilicata i quali erano già a conoscenza di un disastro ambientale a partire dalle date prima citate. Tuttavia dagli atti risulta che l'ARPA Basilicata non ha inviato alcuna comunicazione alla procura di Melfi (ai sensi dell'articolo 244 del Testo unico ambientale) se non prima del 3 marzo 2009;
solo dal 2009, è in atto la procedura di messa in sicurezza di emergenza (M.I.S.E) dell'impianto Fenice, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 153 del 2006;
a distanza di quattro anni dal provvedimento di messa in sicurezza di emergenza, dai monitoraggi bimestrali dell'ARPA Basilicata sulle falde acquifere, l'emergenza non risulta essere rientrata, ma sono certificati (sempre dall'ARPAB) la prosecuzione e l'aggravamento dell'inquinamento della falda acquifera e di conseguenza del territorio. Nello specifico risultano essere presenti ferro, nickel, manganese, composti organici Volatili (VOC) e fluoruri ben oltre la soglia dei parametri consentiti;
l'ARPA Basilicata, nella sua nota – Al 2 – n. 0008981 class.ne 26/03/2001 del 14 ottobre 2011 inviata a vari enti, ha sostenuto che gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (peraltro non ancora completati a 4 anni dall'inizio dei primi) avessero sensibilmente ridotto i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa degli interventi di bonifica, questi ultimi non ancora concordati operativamente;
il dottor geol. Giampiero D'Ecclesiis, dopo un'ampia relazione redatta su iniziativa del Comitato di «Diritto alla Salute» di Lavello, ebbe a dichiarare nel penultimo capoverso della predetta relazione, citando testualmente «Appare quindi necessario richiedere gli indispensabili approfondimenti numerici e, laddove non fossero stati eseguiti, gli accertamenti in situ necessari per determinare tutte le principali grandezze idrogeologiche indispensabili per procedere ad una modellizzazione del fenomeno esaminato tale da validare l'ipotesi di genesi, propagazione e diffusione dell'inquinamento e sulla base del quale procedere ad un mirato piano di bonifica dell'area» (Giampiero D'Eclessiis, 26 aprile 2012);
si ipotizza che l'inquinamento dell'inceneritore potrebbe far si che si rilevino anche molti altri valori ben oltre la soglia consentita, quali ad esempio diossine, furani e PCB dei camini;
l'impianto continua ad operare in base ad autorizzazioni provvisorie rilasciate dalla provincia di Potenza nelle more del rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale da parte della regione Basilicata da tempo scaduta; fatto che ha contribuito a far condannare l'Italia dalla Corte europea per violazione della direttiva 200/1/CE (sentenza del 31 marzo 2011 causa C-50/10);
la Commissione d'inchiesta istituita dalla regione Basilicata sull'impianto Fenice di Melfi, istituita dal consiglio regionale il 4 ottobre 2011, ha concluso il 20 marzo 2012 i propri lavori denunciando gravi responsabilità sottolineati da una corposa relazione finale con inadempienze, omissioni, ritardi con cui gli organi di controllo regionali hanno adempiuto ed adempiono ai loro compiti istituzionali, al di là dei precisi profili di responsabilità giuridica dei singoli responsabili, la definizione dei quali è compito della magistratura approfondire. Tale situazione evidenzia inoltre responsabilità degli uffici regionali e provinciali che avrebbero dovuto esercitare i controlli, oltre che dei vertici passati ed attuali dell'Agenzia di protezione ambientale della Basilicata;
con ordinanza sindacale a seguito della conferenza di servizi di giugno 2012, alla quale la società non si è presentata si intima a Fenice Ambiente srl entro 15 giorni di presentare il progetto della barriera idraulica realizzata e nel contempo essa dovrà fornire anche una relazione tecnica giustificativa del persistente superamento dei contaminanti nei pozzi di monitoraggio. L'ordinanza prescrive inderogabilmente l'obbligo di presentare una relazione descrittiva dei metodi proposti per l'introduzione dei fluidi traccianti al fine di verificare l'integrità dell'impianto sul quale si nutrono preoccupazioni circa il suo corretto funzionamento. Le attività di monitoraggio delle acque sotterranee dovranno essere svolte per un trimestre, con cadenza mensile, all'esito delle quali saranno adottate conseguenti ulteriori prescrizioni. A Fenice è stato prescritto anche di fornire una relazione specialistica contenente tutti i chiarimenti, gli approfondimenti tecnici, la raccolta sistematica dei dati acquisiti ed ogni altra integrazione, utile a risolvere tutte le criticità e le osservazioni rilevate dal documento ISPRA, dal parere espresso dalla Conferenza di servizi nella seduta del giugno 2012 e dalle integrazioni richieste dalla delibera del Commissario straordinario nel 2011. In caso di inottemperanza del soggetto obbligato si procederà a termini di legge denunciando quanto dovuto all'Autorità Giudiziaria ed assumendo tutti gli opportuni provvedimenti a tutela della salute e della pubblica incolumità;
l'ordinanza succitata ha prolungato i tempi di intervento non garantendo la salvaguardia ambientale tant’è vero che le istituzioni territoriali e strumentali della Basilicata regione, provincia di Potenza, comune di Melfi, ARPA Basilicata, azienda sanitaria del potentino, non sono sembrate capaci di individuare le cause dell'inquinamento oltre a far ricondurre i valori al di sotto della concentrazione della soglia di contaminazione (C.S.C);
nonostante quanto affermato nella nota ARPA Basilicata del 14 ottobre 2011, dai controlli della stessa istituzione strumentale, è emerso il 25 settembre 2012 che al camino del forno rotante i valori di emissione del mercurio immesso in atmosfera sono risultati essere oltre tre volte la soglia massima consentita: 0,177 mg/Nm3 rispetto allo 0.05 tollerato;
nelle falde acquifere continua a verificarsi il superamento dei valori limite di concentrazione di sostanze inquinanti; il soggetto attualmente gestore «Fenice Ambiente srl» che ha rilevato l'impianto da EDF Fenice spa, a quanto consta agli interroganti, non ottempera ai piani di bonifica ed alle prescrizioni del comune di Melfi circa il piano di bonifica che comprenda anche le aree a valle delle barriere idrauliche a ridosso dell'impianto, nella piana di San Nicola di Melfi. Detta società a responsabilità limitata non sembra a giudizio degli interroganti offrire garanzie non solo economiche ma anche tecniche per assolvere alla bonifica, ricorrendo alla giustizia amministrativa contro i provvedimenti e le ordinanze sindacali del comune di Melfi;
è in atto un ricorso al TAR della Basilicata da parte della società che gestisce l'impianto, la quale considera insostenibile il sequestro dell'impianto di sua proprietà e la nomina di custodi giudiziari atti a garantire l'eliminazione del sequestro in atto;
le istituzioni locali si sono dimostrate, a giudizio degli interroganti, inadeguate e poco trasparenti nella gestione virtuosa della riduzione, riciclo e riuso dei rifiuti prodotti dai residenti della Basilicata;
dalle diverse interrogazioni parlamentari rivolte negli ultimi anni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su queste problematiche, sulla base anche delle audizioni svoltesi in Commissione ambiente è sempre emersa, oltre alle problematiche legate all'inquinamento pluriennale delle falde idriche, anche l'assenza di un monitoraggio della matrice ambientale aria, fatto salvo uno studio dell'Istituto superiore di sanità autonomamente realizzato;
il Governo Monti ed i Ministri interrogati, hanno approvato l'8 marzo 2013 una strategia energetica nazionale (SeN) in cui si ipotizza la prosecuzione del pagamento dei CIP6 e il recupero energetico dai rifiuti;
si è consapevoli che quanto enunciato nella strategia energetica nazionale è dissonante con l'indirizzo della risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 nel quale si determina che si mira alla realizzazione di «Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse». Tale risoluzione, pur non essendo una direttiva, costituisce un documento preparatorio da un lato per il settimo programma europeo d'azione per l'ambiente e dall'altra per la nuova direttiva quadro sui rifiuti prevista per il 2014;
il trattato di Maastricht, recepito dalla normativa italiana nel «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n. 152 del 2006), all'articolo 301, recita: «In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva...»;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ottemperanza dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, può esercitare interventi sostitutivi «per mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza» del decreto legislativo n. 152 del 2006, diffidando la regione Basilicata a provvedere ad attuare le azioni di bonifica entro il termine massimo di centottanta giorni, ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale e, in caso di persistente inadempienza da parte della società Fenice Ambiente srl;
nell'esercizio dei poteri sostitutivi, di cui al comma 1 dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario ad acta per la gestione delle aree contaminate che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico della regione, anche al fine dell'organizzazione di un efficace sistema dei controlli –:
quali iniziative i Ministri interroganti intendano assumere, per quanto di propria responsabilità, nel rispetto dei profili di competenza della magistratura;
quali iniziative per quanto di competenza, intendano porre in essere per verificare in modo estensivo ed esaustivo l'entità dei possibili danni all'ambiente prodottisi nel tempo e per monitorare e tutelare la salute della popolazione locale dagli effetti delle emissioni inquinanti;
se non si ritenga doveroso un intervento tempestivo e diretto ai sensi dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in particolare con la nomina di un commissario ad acta, affinché, sulla base di un piano di caratterizzazione dell'intera area sottesa all'inceneritore Fenice, venga attuata la bonifica dell'area con oneri a carico dell'ente inadempiente;
se intendano assumere iniziative, alla luce di quanto esposto ed in relazione a circostanze analoghe registrate in altre parti del territorio nazionale, per rafforzare con urgenza e con decisione i parametri di tutela ambientale e le conseguenti azioni in caso di superamento dei valori limite, con particolare riferimento alle emissioni di diossina. (4-00152)