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Atto a cui si riferisce:
C.4/01085 un bene culturale, anche qualora non abbia una quotazione economica, si può considerare tale in quanto ha una legittimazione sociale, derivante dal riconoscimento che una comunità dà...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 7 agosto 2014
nell'allegato B della seduta n. 281
4-01085
presentata da
ROSATO Ettore

Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, con la quale l'interrogante chiede a questo Ministero e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se non ritengano opportuno proteggere e valorizzare le testimonianze dell'archeologia industriale e se intendano valutare un'iniziativa straordinaria per la conservazione del pontone-gru galleggiante Ursus, «uno dei pochissimi esemplari di pontone-gru del primo novecento», si comunicano le informazioni fornite dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, dipendente da questo Ministero, e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
La direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia ha comunicato che: «in data 9 febbraio 2011, con nota protocollo 890, la direzione regionale ha avviato il procedimento di dichiarazione di riconoscimento di interesse culturale ex decreto legislativo n. 42 del 2004, relativa alla gru galleggiante denominata Pontone Galleggiante “Ursus” di proprietà della guardia costiera ausiliaria del Friuli Venezia Giulia, con sede in Trieste.
Nella relazione storica, che costituisce parte integrante del decreto dirigenziale sopra citato, viene delineata a grandi linee l'evoluzione del porto di Trieste e vengono descritte in dettaglio le vicende storiche del pontone galleggiante, a partire dalla progettazione che risale al 1911 fino alla sua cancellazione dai ruoli nel gennaio del 1997.
Nel 1911, l'allora “stabilimento tecnico triestino” aveva pensato alla costruzione di un pontone-gru semovente, a portale fisso, capace di sollevare fino a 350 tonnellate per un'altezza di 70 metri, che avrebbe reso il cantiere San Marco autonomo per il sollevamento dei cannoni di grosso calibro, di cui venivano dotate le navi da guerra in costruzione, delle caldaie e delle macchine che raggiungevano dimensioni sempre più elevate. Nel 1913 viene realizzata la chiglia. Il pontone, privo di macchinari e gru, viene varato il 28 gennaio 1914.
Nel 1931 i magazzini generali, che gestivano il porto, danno l'incarico ai cantieri riuniti dell'Adriatico della progettazione per il completamento dell'Ursus. Sullo scafo viene installato un sistema di propulsione autonoma e un braccio di sollevamento a torre girevole, per una portata di 150 tonnellate. L'Ursus era operativo sia presso i cantieri di Trieste che quelli di Monfalcone.
Nel maggio del 1945 fu sventato un maldestro tentativo di furto, da parte delle truppe jugoslave di Tito che allora occupavano Trieste. Il pontone fu bloccato da una cannoniera inglese mentre era diretto al porto di Capodistria.
Nel periodo post bellico è stato molto importante per la ricostruzione e bonifica del porto; fu attivo nella costruzione di nuove banchine, dei bacini in muratura nei cantieri di Trieste e Monfalcone.
Nel 1975, per l'adeguamento alle norme di sicurezza, fu sottoposto a grossi lavori, furono sostituiti i motori e rifatta parte dello scafo. Il pontone è stato impegnato fino agli anni novanta, fu messo in disarmo alla fine del 1994 e cancellato dai ruoli nel 1997. Il periodo di abbandono ha causato un degrado generale del suo aspetto e ha consentito anche il furto di parti di valore delle sue dotazioni e dell'arredo interno.
Il pontone Ursus, in quanto importante testimonianza di archeologia industriale, elemento rilevante per la storia del porto e della città di Trieste, e rappresentante dell'operato dell'attività cantieristica italiana del Novecento, è stato dichiarato, con il decreto dirigenziale 14 luglio 2011, d'interesse culturale ai sensi dell'articolo 10, comma 1 e comma 4, lettera i) del decreto legislativo n. 42 del 2004.
Per la tutela del bene è stato ritenuto indispensabile che la struttura del pontone navigante e della gru, le caratteristiche architettoniche, le installazioni, le installazioni meccaniche, la strumentazione e gli impianti presenti a bordo siano mantenuti integri, funzionanti e che, più in generale, si provveda al ripristino di tutti gli elementi funzionali, ferma restando la possibilità di adibire il pontone ad usi temporanei e compatibili con l'obiettivo di fruizione e valorizzazione del bene. Inoltre è stato ritenuto indispensabile che la collocazione del pontone Ursus resti nel porto di Trieste.
Nel 2004 la guardia costiera ausiliaria del Friuli Venezia Giulia, proprietaria del pontone, inizia a progettare il recupero dell'Ursus.
Nel 2011 la direzione regionale, in seguito all'emanazione del decreto d'interesse, in sede di programmazione triennale dei lavori pubblici 2012/2014, ha proposto un intervento sul pontone finanziato con risorse ordinarie del Ministero per i beni e le attività culturali. Nel gennaio 2012 è stata adottata la programmazione e l'elenco annuale dei lavori, comprensiva dei lavori sul pontone Ursus per un ammontare di euro 80.000.
A seguito dell'accreditamento a favore della direzione regionale, sul capitolo di spesa 7434/4 e.f. 2012, dell'importo messo a disposizione del Ministero per il restauro del pontone galleggiante “Ursus”, tra la guardia costiera ausiliaria del Friuli Venezia Giulia e il Responsabile del procedimento, si sono tenuti vari incontri per concertare la tipologia dell'intervento di restauro da attuare sul pontone “Ursus”, in relazione anche ad altri finanziamenti a disposizione della proprietà».
Tuttavia, nonostante gli incontri svoltisi al fine di definire gli interventi di recupero, messa in sicurezza e restauro da effettuare, è emersa la difficoltà di individuare un obiettivo specifico per un efficace utilizzo dei fondi in questione. Pertanto, in attuazione di quanto disposto dalla circolare del segretariato generale di questo Ministero n. 17 del 9 aprile 2014, lo scorso 8 maggio, con nota protocollo 3143, l'importo di euro 80.000 è stato segnalato al segretariato generale come somma da restituire.
La direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia è, comunque, disponibile a valutare la possibilità di ogni forma di iniziativa da parte di enti o istituzioni finanziarie finalizzata a garantire la conservazione, la valorizzazione e la pubblica fruizione del bene.
Per quanto di sua competenza, la Direzione generale per la protezione della natura e del mare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, concordando con la valenza di iniziative volte a tutelare nonché valorizzare testimonianze dell'archeologia industriale del mare, ha informato che «nel settembre 2004 la Direzione nell'esprimere, nel complesso, un giudizio favorevole sull'obiettivo principale e, in particolare, sulla innovatività delle tecniche per la valorizzazione del progetto pilota e start up di Areamedinit – Archeologia Industriale del mare e beni Ambientali “individuazione e recupero promozione e valorizzazione dei siti più significativi dell'Archeologia industriale del mare anche nell'ottica di un turismo ecocompatibile” – assentì un finanziamento di euro 70.000,00 a favore della società Nautital s.p.a.
Nell'agosto 2005, tenuto conto del consenso riscontrato in occasione della presentazione e del buon esito delle iniziative intraprese nel corso del 2004 e nell'esprimere l'avviso che il progetto stesso fosse in grado di contribuire ad affermare la concezione delle aree naturali protette, quali territori di particolare pregio naturalistico di cui estendere la conoscenza, con lo sviluppo di iniziative attente a ripercorrere un patrimonio storico-culturale di inestimabile valore, venne comunicata la volontà di assentire ulteriori euro 30.000,00 sottolineando l'interesse della Direzione ai risultati relativi, in particolare al censimento e catalogazione dei siti di archeologia industriale e beni ambientali italiani».
Il segretario generale dello stesso Ministero, informando, però, che le attuali limitate risorse finanziarie non consentono, al momento, di intraprendere iniziative conservative per la salvaguardia dell'Ursus, ha dichiarato che le richieste avanzate nell'interrogazione, «potranno, tuttavia, trovare auspicabilmente soddisfazione nell'ambito di proposte del Ministero dell'Ambiente relative ad una proposta di azione integrata» con questo scrivente Ministero, «volte a promuovere iniziative di valorizzazione in chiave ambientale di tale patrimonio archeologico industriale del mare».
Anche da parte della regione Friuli Venezia Giulia vi è stato uno stanziamento di 150.000 mila euro per un parziale restauro, per il quale però servirebbe un importo complessivo di almeno 2 milioni di euro.
Inoltre il consiglio comunale del comune di Trieste ancora nel 2012 ha approvato un ordine del giorno affinché il comune stesso assuma la proprietà del pontone, che la associazione guardia costiera ausiliaria è disponibile a cedere gratuitamente all'ente locale. Al momento l'ente ha avviato una istruttoria tecnica interna agli Uffici.
Tale ultima prospettiva appare di particolare interesse, poiché l'acquisizione del pontone alla proprietà dell'Ente pubblico lo collocherebbe nello spazio di applicazione dell'articolo 1 del recentissimo decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo, il cui articolo 1, come è noto, ha introdotto rilevanti agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali in denaro per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, quale il pontone «Ursus» verrebbe a qualificarsi ove acquisito al patrimonio del comune.
Anche in tale prospettiva, in conclusione, è intendimento di questo Ministero promuovere, attraverso le proprie strutture territoriali, un tavolo di lavoro fra le istituzioni interessate, al fine di valutare gli interventi necessari, la fattibilità e le risorse occorrenti ad assicurare la salvaguardia del pontone «Ursus».
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo: Dario Franceschini.