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Atto a cui si riferisce:
C.4/02188 in data 4 ottobre 2013, il Ministro dell'interno, intervenendo alla Camera dei deputati per lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sul naufragio che ha avuto luogo presso l'isola di...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 23 settembre 2014
nell'allegato B della seduta n. 296
4-02188
presentata da
PALAZZOTTO Erasmo

Risposta. — L'affondamento di un barcone in prossimità della costa dell'isola di Lampedusa e la presenza di innumerevoli persone in mare sono stati segnalati intorno alle 7 del mattino del 3 ottobre 2013.
Secondo quanto comunicato dal comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, le operazioni di soccorso si sono svolte in maniera corrispondente alle previsioni normative e agli standard operativi in particolare, l'Ufficio circondariale marittimo di Lampedusa, alla ricezione dell'allarme, ha disposto l'immediato invio in zona di tutti i mezzi disponibili e ha informato tempestivamente il superiore Centro secondario di soccorso marittimo di Palermo, che ha assunto il coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso per tutta la loro durata.
Il giorno stesso del tragico episodio sono intervenuti sul posto sei motovedette, un elicottero, un aereo e sommozzatori della capitaneria di porto, una motovedetta della Guardia di finanza, una motovedetta dei carabinieri, un battello e sommozzatori del vigili del fuoco, una nave e un elicottero della Marina militare Vega, un elicottero dell'Aeronautica militare, pattuglie dell'Esercito italiano, oltre ad alcune imbarcazioni private.
A partire dal 4 ottobre 2013 e fino al termine delle operazioni, a tali mezzi si sono aggiunti tre navi e sommozzatori della Marina militare, un aereo della Guardia costiera, un elicottero e sommozzatori della Guardia di finanza, un elicottero dell'Esercito italiano, un aeromobile a pilotaggio remoto dell'Aeronautica militare, nonché sommozzatori della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri.
L'imbarcazione è stata individuata a circa 40 metri di profondità, a 1,4 miglia a sud di Lampedusa. Complessivamente, sono state tratte in salvo 156 persone, tutte di nazionalità eritrea, a eccezione di un cittadino di nazionalità tunisina, che successivamente è stato sottoposto a fermo di polizia giudiziaria, perché autoaccusatosi di aver condotto l'imbarcazione affondata. Le attività di recupero si sono concluse con il ritrovamento di 366 cadaveri.
Per quanto riguarda le dotazioni di avvistamento da terra per monitorare ravvicinamento e la navigazione di imbarcazioni nelle acque prospicienti l'isola, a Lampedusa sono installati due radar in dotazione alla Marina militare, che forniscono dati alla Centrale operativa di sorveglianza marittima di Roma, sede del Comando in Capo della squadra navale. Il giorno dell'episodio, uno dei due radar era funzionante e attivo, sebbene predisposto per effettuare la scoperta a grande distanza, mentre l'altro era in avaria.
Al sistema di sorveglianza contribuiscono anche un radar in dotazione alla Guardia di finanza e due radar in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto.
Questi ultimi, installati a Pantelleria (Montagna Grande) e a Lampedusa (ex Stazione Loran), fanno capo alla centrale operativa ubicata nella capitaneria di porto di Pantelleria e sono parte integrante della rete nazionale VTS (Vessel traffic Service) preposta al monitoraggio del traffico marittimo per finalità connesse alla sicurezza della navigazione civile e alla tutela dell'ambiente marino. Sempre nell'ambito della citata rete nazionale VTS, in Sicilia operano altri sistemi radar con centrali operative ubicate nelle Capitanerie di porto di Messina, Catania, Pozzallo, Palermo, Trapani e Mazara del Vallo.
Le strutture VTS di cui il Corpo delle capitanerie è responsabile consentono l'identificazione dei soli natanti muniti di dispositivi radio AIS (automatic identification system) e non, quindi, di ogni oggetto galleggiante che si trovi sulla superficie del mare, anche di piccole dimensioni, come sono, nella quasi totalità dei casi, i natanti che trasportano migranti.
Il predetto AIS è previsto come dotazione obbligatoria di bordo per le navi passeggeri, per le navi da carico che superano le 300 tonnellate di stazza e per i pescherecci di almeno 18 metri di lunghezza, ma è assente sulle fatiscenti imbarcazioni che trasportano migranti verso le coste italiane.
Pertanto, in uno scenario operativo quale quello delle acque circostanti l'isola di Lampedusa, caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di imbarcazioni e natanti di piccole dimensioni (piccole unità da diporto, natanti di vario genere, piccoli pescherecci), i sistemi radar rilevano in ogni istante un'elevata quantità di tracce non identificate. Ed è questa la ragione per cui, nella notte tra il 2 e il 3 ottobre 2013, il natante affondato non era in alcun modo riconoscibile come natante adibito al trasporto di migranti o, comunque, come natante bisognoso di assistenza e soccorso.
Per quanto riguarda le unità aeree e navali impegnate nelle operazioni di pattugliamento e sorveglianza dell'area marittima di Lampedusa, il dispositivo del Corpo delle capitanerie è articolato su due guardacoste d'altura e su un elicottero.
In generale, le unità navali della Guardia costiera, specializzate per le operazioni di ricerca e soccorso, sono dotate di equipaggi appositamente addestrati e integrati con soccorritori rescue swimmer che operano in acqua per il salvataggio delle persone; esse sono dotate, inoltre, di attrezzature atte ad accelerare le operazioni di recupero di naufraghi, come reti di recupero, dispositivi di salvataggio individuati e collettivi (salvagenti e zattere gonfiabili), mezzi di visione notturna e sistemi di comunicazione sulle frequenze di emergenza. I mezzi navali della Marina Militare, che sono classificati come mezzi specializzati per la ricerca e il soccorso, hanno pari capacità di scoperta e dotazioni specifiche per il recupero dei naufraghi.
I mezzi ad ala rotante della Guardia costiera, di stanza a Catania, sono dotati di battelli autogonfiabili di emergenza e imbarcano un aerosoccorritore per il recupero del naufraghi, mentre i mezzi aerei ad ala fissa della Guardia medesima sono dotati di zattere aviolanciabili; entrambe le tipologie sono configurate per operazioni di ricerca e soccorso, con equipaggi specializzati, e sono munite di sensori radar e dispositivi per la visione notturna. Gli elicotteri dell'Aeronautica militare sono configurati per operazioni di ricerca e soccorso e sono anch'essi muniti di aerosoccorritore; i relativi equipaggi sono addestrati per le operazioni di soccorso.
Quanto alla procedura in vigore per il salvataggio adottata dalle Capitanerie di porto in fattispecie analoghe a quelle verificatesi il 3 ottobre 2013, occorre richiamare il decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1994 n. 662, in base al quale:
il comando generale delle capitanerie di porto è l'organismo nazionale che assicura il coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo nell'ambito dell'intera regione di interesse italiano e, in quanto tale, esercita la direzione tecnica del dispositivo SAR (Search and rescue) nazionale;
le direzioni marittime, quali centri secondari di soccorso marittimo, assicurano, nella zona di propria competenza territoriale, il coordinamento delle operazioni marittime di ricerca e salvataggio, secondo le direttive specifiche o le deleghe del predetto comando generale;
i comandi di porto, quali unità costiere di guardia, dispongono l'intervento delle unità navali e aeree di soccorso marittimo da essi dipendenti dislocate nella loro giurisdizione e ne mantengono il controllo operativo;
le unità di soccorso del Corpo delle capitanerie di porto intervengono nelle operazioni di soccorso secondo le pianificazioni dei comandi di porto;
le risorse delle Forze armate, di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture e corpi prestano il proprio concorso all'attività di soccorso sotto il coordinamento delle varie articolazioni del Corpo delle capitanerie di porto.

Sulla base di tale quadro normativo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del 25 novembre 1996, ha approvato il «Piano nazionale per il SAR marittimo» sostanzialmente strutturato in una parte preliminare, che si riferisce all'organizzazione generale e funzionale del servizio SAR nazionale, e in una seconda parte, costituita dal piani locali dei predetti centri secondari di soccorso marittimo, contenente la globalità delle risorse disponibili e i collegamenti operativi locali.
Infine, con riferimento alla richiesta di rafforzamento del sistema di sorveglianza, pattugliamento e salvataggio in mare, proprio in seguito alla tragedia di Lampedusa, è stata avviata – come noto – Mare Nostrum, operazione di salvataggio e soccorso in mare di evidente imponenza e di particolare complessità tecnica – in ragione del concorso congiunto di assetti militari e delle forze di polizia, dell'ampiezza dell'area di intervento e del suo carattere continuativo –, che si è palesata quale unica misura emergenziale idonea nel breve periodo ad attenuare il rischio che l'ondata migratoria potesse dare luogo ad ulteriori sciagure.
L'obiettivo della missione è stato finora pienamente raggiunto, come testimonia il fatto che, a partire dal 18 ottobre 2013, circa 77 mila persone sono state tratte in salvo.
Al di là dei suoi meriti, ora l'operazione Mare Nostrum è oggetto di riconsiderazione, dato che essa – come detto – è stata concepita come missione di breve periodo, mentre lo scenario internazionale conduce a ritenere che i flussi migratori nel Mediterraneo siano diventati ormai un fenomeno strutturate. Il già iniziato semestre di presidenza italiana dell'Unione sarà l'occasione per tornare a chiedere con forza alle autorità di Bruxelles e ai singoli Paesi membri un'adeguata compartecipazione organizzativa e finanziaria a un'iniziativa, di cui, finora il nostro Paese si è fatto carico integralmente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.